N. inventario: IG 140621b Materiale: pietra di Aurisina
3.8.3. L’uso della pietra nell’anfiteatro di Aquileia: bacini di approvvigionamento e
modalità di impiego
I risultati delle analisi petrografiche hanno dimostrato che nell’anfiteatro di Aquileia vennero utilizzati esclusivamente litotipi di provenienza locale, cavati in bacini estrattivi posti a ridotta distanza dalla città. In particolare, l’analisi con- dotta ha permesso di verificare che le pietre in opera nell’edificio448vennero estratte sul Carso, un altopiano situato a est di Aquileia e affacciato sul mare Adriatico449. All’interno di questa macro- area, per l’approvvigionamento della pietra ven- nero sfruttate due diverse aree estrattive: il bacino di Aurisina, nel Carso triestino, e un altro bacino a oggi non identificato, situato forse nel Carso ison- tino (fig. 116).
Se la presenza del calcare di Aurisina non stupi- sce, dal momento che si tratta di un materiale cavato in una località situata a ridotta distanza da Aquileia (circa 30 km), dove in età romana erano presenti numerose cave da cui vennero estratti ingenti quantitativi di pietra destinata agli edifici urbani450, di grande interesse appare invece l’indi- viduazione di un tipo di calcare proveniente da un altro bacino estrattivo, situato sempre nel Carso,
ma a oggi ancora non identificato e da ricercarsi forse nella zona del Carso isontino. Tale area infatti è stata finora solo parzialmente considerata nel panorama dei possibili bacini sfruttati in epoca antica per l’approvvigionamento della pietra, men- tre invece l’analisi condotta sembrerebbe dimo- strare non solo che questa zona estrattiva fu utiliz- zata in età romana, ma anche che, considerate le dimensioni dell’anfiteatro, fu in grado di produrre ingenti quantitativi di pietra.
Sebbene solo analisi più approfondite permet- teranno di verificare l’ipotesi avanzata circa la pro- venienza di questo tipo di calcare, non vi è dubbio che in fase di cantiere per l’approvvigionamento della pietra i costruttori dell’anfiteatro si rivolsero a più bacini estrattivi, a cui vennero “ordinati” lotti di materiali diversi. I diversi litotipi vennero quindi messi in opera in modi e forme differenti, ma seguendo una precisa logica costruttiva, come dimostrato dai risultati delle analisi petrografiche e dall’esame macroscopico delle strutture.
I paramenti delle murature furono infatti costruiti interamente con blocchetti parallelepipedi del calcare di colore grigio chiaro cavato forse sul Carso isontino. Questo materiale venne selezio- nato sia per la sua buona qualità, che lo rendeva adatto a costruire strutture resistenti e durevoli, sia perché, essendo omogeneo e compatto, si prestava ad essere tagliato con facilità. Si può ipotizzare che il taglio dei blocchetti da impiegare nelle strutture murarie sia avvenuto a piè d’opera, e che si debba ad operai non specializzati, considerato che i bloc- chetti sono solo approssimativamente squadrati.
Per la realizzazione degli elementi architetto- nico-decorativi si preferì invece utilizzare il calcare di Aurisina, come dimostra il campione CP 4. Tale scelta trova motivazione da un lato nel fatto che si tratta di un materiale esteticamente più gradevole, dall’altro che presso Aurisina (e/o forse anche presso Aquileia) vi erano sicuramente degli arti- giani specializzati capaci di lavorare questo tipo di pietra e di realizzare in modo rapido e accurato elementi architettonici e decorativi, come dimo- stra la grande quantità di manufatti di questo tipo che in età romana vennero esportati dalle cave ad Aquileia e in molte altre località dell’Italia setten- trionale e delle regioni limitrofe451.
447A proposito dell’uso dell’arenaria ad Aquileia, cfr. PREVIATo
2015, pp. 446-451.
448 Nelle considerazioni che seguono non verrà preso in considera-
zione il campione CPA 5, in quanto prelevato da un blocco sporadico.
449Per un inquadramento delle caratteristiche geologiche del Carso
si rimanda a CARULLIoNoFRI1960.
450A proposito delle cave di Aurisina, cfr. PREVIAToc.s., con
bibliografia di riferimento.
451È attualmente in corso d’opera un censimento dei manufatti
realizzati in calcare di Aurisina e conservati nei musei dell’Italia set- tentrionale e delle regioni limitrofe. Per quanto riguarda gli elementi architettonici in calcare di Aurisina di Aquileia, Trieste e Pola, si rimanda alle indicazioni contenute nel catalogo di G. Cavalieri Manasse, relativo a manufatti di età repubblicana, augustea e giulio- claudia (CAVALIERIMANASSE1978).
Una maggiore varietà di litotipi venne impie- gata invece nell’opera cementizia delle volte del- l’edificio (cfr. fig. 114). Le analisi condotte hanno infatti permesso di verificare la compresenza, nei blocchi in crollo, di caementa di calcare di Aurisina (CPA 15 e CPA 16), di calcare grigio del Carso isontino (CPA 14) e di almeno un altro tipo di pie- tra, e cioè un calcare nero di ignota provenienza (CPA 17). La compresenza di vari tipi di pietra in queste strutture non desta particolare stupore, dal momento che è verosimile che per la realizzazione dell’opera cementizia siano stati riutilizzati fram- menti lapidei di scarto, esito della lavorazione di blocchi lavorati e/o elementi architettonici impie- gati nell’anfiteatro o in altri edifici urbani. Se dun- que questa scelta costruttiva sembrerebbe trovare
una giustificazione di carattere “economico”, essa appare poco razionale se si considera il tipo di strutture cui i blocchi di opera cementizia apparte- nevano, e cioè le volte, in cui ci si sarebbe aspettati l’impiego di materiali lapidei resistenti ma più leg- geri del calcare, secondo una pratica largamente attestata nel mondo romano e anche ad Aquileia, nelle Grandi Terme452.
Nonostante questa “anomalia”, l’analisi con- dotta sui materiali lapidei in opera nell’anfiteatro sembra dimostrare che la costruzione di questo monumentale edificio fu l’esito di un dettagliato progetto, in cui le modalità di approvvigiona- mento e messa in opera della pietra vennero accu- ratamente pianificate.
(C.P.)
452 Sulla volta delle Grandi Terme, cfr. PREVIATo2015, pp. 403-404
e supra nota 435.
Marco Marchesini, Silvia Marvelli, Laura Pancaldi
Durante lo scavo archeologico condotto dall’Università di Verona, considerando l’impor- tanza del contesto rinvenuto, è stato program- mato ed effettuato un esaustivo campionamento botanico per successive analisi di laboratorio, che si sono concentrate in particolare sui macroresti vegetali (semi/frutti, legni/carboni, ecc.). Sono inoltre stati prelevati alcuni campioni ritenuti importanti ai fini della cronologia da sottoporre a datazione al radiocarbonio presso un laboratorio specializzato.
Nel presente contributo vengono presentati i risultati delle indagini archeobotaniche condotte presso il Laboratorio di Palinologia e Archeobota- nica del C.A.A. G. Nicoli nella sede di San Gio- vanni in Persiceto (Bo) su un campione di macro- resti vegetali prelevato da un livello ritenuto importante per la storia del sito e quattro campioni sottoposti a datazione al radiocarbonio conside- rati molto significativi ai fini cronologici.
3.9.1. Prelievo di macroresti e analisi