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Ripetitività

Tra le tendenze stilistiche proprie dell'opera spicca in modo macroscopico la propensione alla ripetitività210, che si pone a più livelli, da quello semplicemente verbale a quello concettuale-tematico.

Iterazione ravvicinata di parole. Si rileva la tendenza alla ripetizione dei medesimi termini a breve distanza di verso, indice di scarsa abilità formale e capacità di variazione. Talvolta si tratta si una parola chiave in quel determinato contesto: si veda per es. la n. ai vv. 154-155 riguardo all'insistenza sul termine corpus, la n. ai vv. 225- 226 sul ricorrere quasi ossessivo dei termini appartenenti all'ambito semantico della

fortuna nella prima sezione lirica, la frequenza delle parole terra/tellus ai vv. 317-322;

il ricorrere del sostantivo cantus e del verbo corrispondente nel coro relativo a Orfeo (1031 cecinit; 1046, 1051, 1090 cantibus, in fine di verso; 1054, 1088 cantus; 1071

cantu). Più spesso si tratta di semplici ripetizioni: cfr. per es., solo all'interno della rhesis di Filottete, 1656 fallet, 1658 fallunt; 1655 certa, 1657 certam; 1671 uocibus,

1672 uoce; 1672 feminea, 1675 femineus; 1686 haesere, 1689 haesit; 1743 ardens, 1744

ardentem. Non di rado una parola è ripetuta nella stessa sede metrica: per es. il termine manus ricorre 68 volte in fine di verso, di cui 18 sono concentrate tra il v. 846 e il v.

985, all'interno della sezione in cui Deianira argomenta la decisione di togliersi la vita. Melzer e Ackermann211 controbattono che anche in Seneca sono presenti talvolta ripetizioni ravvicinate di parole. Tuttavia, anche solo confrontando i passi portati ad esempio da questi studiosi, si nota che tale tendenza è accentuata nell'HO.

Ripetizione di un singolo concetto, espresso più volte di fila con parole diverse212: cfr. i vv. 288-290 (in due versi sono nominati per quattro volte i mostri uccisi da Ercole con quattro termini distinti), 425-427 (è ripetuto per tre volte di fila il concetto secondo cui chi ricusa di concedere la propria figlia a Ercole viene da lui colpito), 1655-1659 (Ercole elogia l'affidabilità del suo arco), e cfr. i vv. 454-464 con i vv. 469-472 (Deianira ripete, quasi con le stesse parole, i poteri magici vantati dalla Nutrice, per dichiararne l'inutilità).

Iterazioni di temi e moduli retorici, sviluppati in modo variato in una sorta di esercizio virtuosistico di 'tema e variazione'. Alcuni esempi:

- nella fase, ai vv. 256 ss., in cui medita di uccidere Ercole, Deianira sviluppa per tre volte il tema del confronto con Giunone, variando la propria prospettiva in rapporto allo stato d'animo: ai vv. 271-275 considera Giunone come un modello nell'azione ed esorta la dea ad agire servendosi di lei come uno strumento (cfr. la

210

Questa caratteristica era portata come prova della non autenticità dell'HO già da Heinsius D., pp. 347- 348.

211

MELZER 1891, p. 30; ACKERMANN 1907, p. 346.

212

Questa tendenza non è estranea a Seneca: cfr. per es. il caso di Phae. 367-377 in cui la Nutrice fa riferimento per tre volte al passo vacillante di Fedra (citato da LEO 1878, p. 57). Anche in questo caso, tuttavia, nell'HO la tendenza è molto più accentuata.

n. ai vv. 270-271); successivamente, ai vv. 295-298, nel momento di massima esasperazione dell'ira, afferma addirittura di poter "insegnare" questo sentimento alla dea; toccato l'apice della collera, segue un passaggio meditativo che la porta ad un arrestarsi dei desideri di vendetta, per cui si rivolge alla dea per avere in lei una guida nell'azione (vv. 311-314).

- vv. 307-315 e 434-436: momento in cui Deianira sente languire l'impeto dell'ira, seguito dalla domanda della Nutrice perimes maritum? La ripetizione del modulo passa però quasi inosservata, a causa dei molteplici mutamenti di stati d'animo che intercorrono tra i due passi.

- Nella battuta ai vv. 842-884 Deianira, dopo aver appreso da Illo quanto è accaduto a Ercole, decide di uccidersi e contempla varie modalità di morte; esprime per tre volte l'intenzione di uccidersi con una spada e per tre volte respinge questa possibilità come pena troppo lieve per la sua colpa (vv. 845 ss., 858 ss. e 868 ss.); ogni ricorrenza del modulo retorico è espressa in forma variata e con il ricorso ad argomenti diversi.

Questa tendenza produce come effetto la singolare prolissità delle scene che compongono il dramma, caratteristica che risalta se si confrontano alcune scene dell'HO con quelle delle tragedie di Seneca che vi corrispondono per tematica e situazione drammatica: per esempio, il II atto dell'HO (vv. 233-582), interamente occupato dal dialogo Deianira-Nutrice, è molto più lungo delle corrispondenti scene di Agamennone (100 vv. Clitemnestra-Nutrice; 80 vv. Clitemnestra-Egisto), Medea (due dialoghi Medea-Nutrice, il primo di 30 vv. e il secondo di 50), Fedra (il più lungo: quasi 150 vv.); la battuta di Deianira ai vv. 842-884 corrisponde a quella di Giocasta in Oed. 1024-1039 (per altro, dopo queste parole Giocasta si uccide, mentre Deianira continua a discutere con la Nutrice e Illo sull'opportunità di togliersi la vita fino al v. 1024).

Ringkomposition

In alcuni casi di sezioni particolarmente ripetitive e monotone si rileva la presenza di una precisa struttura argomentativa che 'organizza', e quindi in un certo senso giustifica, queste ripetizioni: cfr. per es. l'analisi del prologo svolta in Commento § 1.1. Spesso questa struttura è data dalla Ringkomposition, un espediente formale che ricorre a tutti i livelli nell'HO, sia nei singoli passaggi di un discorso che nelle macrostrutture drammatiche, con una sistematicità che non mi sembra abbia riscontro nelle tragedie di Seneca213.

Esempi di strutture anulari all'interno dell'articolazione di un discorso: le sezioni del lamento di Ercole nel IV atto dei vv. 1131-1150, 1161-1206 e 1218-1278 (cfr. Introduzione § 2.2); i vv. 1821-1827 del lamento di Alcmena; si rimanda inoltre alle osservazioni svolte nelle note ai vv. 318-319 e 351-352. Tutti questi passi sono organizzati secondo lo schema: tema-variazione-riproposizione del tema. Tale struttura è usata sistematicamente quando sono introdotte digressioni esemplificative: cfr. i vv. 14-29 con il catalogo delle dodici fatiche, i vv. 65-75 con l'elenco delle fiere uccise da Ercole che sono divenute costellazioni, i vv. 123-132 con la fantasticheria del coro di

213

prigioniere sulla sorte della patria distrutta; i vv. 365-377 con il catalogo di donne amate da Ercole (si vedano in proposito le note ai singoli passi).

Esempi di applicazione della Ringkomposition alle macrostrutture: all'inizio della tragedia Ercole dichiara di essersi sostituito a Giove, prevenendo l'intervento divino di scagliare fulmini (vv. 6-7); nella preghiera finale del Coro (vv. 1992-1996) viene sancita la 'sostituzione' di Ercole a Giove, come protettore divino degli uomini, in quanto a lui è attribuita la prerogativa di Giove di scagliare i fulmini (cfr. in proposito la n. ai vv. 6-7); la prima sezione lirica si apre e si chiude con riflessioni generali del Coro sulla vita e sulla morte, espresse nella forma del makarismos (cfr. la nota ai vv. 228-232); cfr. anche la nota ai vv. 88-89.

Brachilogia

Si rileva la tendenza dell'A. a costruire frasi fortemente ellittiche, al punto, talvolta, che viene meno perfino la chiarezza del significato. Alcuni esempi:

— 191-193 uel in Edonas tollite siluas, / qualis natum Daulias ales / solet Ismaria flere

sub umbra: Iole chiede di essere trasformata in usignolo; la costruzione è ellittica, in

quanto non c'è alcuna corrispondenza tra l'azione del periodo principale (tollite) e quella della comparativa (solet … flere).

— 254-255 sonuere postes: ecce praecipiti gradu / secreta mentis ore confuso exerit: è assente il verbo di moto; l'azione dell'accorrere precipitosamente è espressa tramite l'ablativo praecipiti gradu.

— 345-347 si quid ex nostro Hercule / concepit Iole, manibus euellam meis / ante et per

ipsas paelicem inuadam faces: non è chiaro a che cosa si riferisca ante: prima che Iole

partorisca (come ci si aspetterebbe dal contesto), oppure prima che io (Deianira) muoia? — 402-403 quis sub hoc mundo mihi / dabitur maritus?: è sottinteso un "pari a Ercole" parallelo a Ioui parem del v. 401.

— 498 [scil. Achelous] unoque turpe subdidit cornu caput: l'uso assoluto del verbo è ambiguo, in quanto non specifica a che cosa Acheloo sottomette il capo, lasciando aperte due possibilità di interpretazione: (1) il fiume china la testa in segno di sottomissione; (2) la immerge nell'acqua (per maggiori dettagli cfr. la n. ad loc.).

— 586-591: cfr. la n. ai vv. 590-591.

A questa tendenza stilistica rimandano inoltre i casi in cui è omesso il soggetto anche quando questo cambia rispetto alla frase precedente: cfr. vv. 353, 427, 472, 512, 572, 665, 786, 812, 933. Nella maggior parte delle occorrenze il soggetto sottinteso è Ercole, il centro costante dell'attenzione.