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1 Strade ferrate, abolizione degli ademprivi e conseguente disboscamento

Come già evidenziato, la fruizione delle risorse boschive da parte delle popolazioni era regolata dai differenti diritti d’ademprivio o usi civici, che con la progressiva penetrazione del sistema economico capitalistico nelle campagne confliggono con lo sfruttamento dettato dalle leggi di mercato. Scrive Renato Sansa riguardo agli usi civici sui boschi nell’Umbria di metà Ottocento:

«L’opposizione all’azione di un mercante […] reca un segno non esclusivamente economico: era in gioco la stessa capacità degli abitanti di poter gestire le proprie risorse in maniera autonoma. In un clima sociale di diffusa povertà l’indigenza della popolazione trovava sollievo nelle pratiche di raccolta legate al bosco, tanto più necessarie se erano garantite nella loro gratuità dall’esistenza di usi civici su quel determinato territorio. L’uso civico è frutto di un’inveterata abitudine collettiva, il cui fine non poggia solo sulla consapevolezza di un vantaggio economico ma anche sulla possibilità di poter pianificare il quadro delle esistenze di un’intera collettività in maniera fortemente autonoma rispetto all’intervento di un’autorità esterna. Dunque l’autosufficienza economica significa, […] volontà di sottrarsi alle regole del mercato, a quelle regole che il nuovo individualismo agrario andava diffondendo anche negli angoli d’Europa economicamente meno sviluppati»192.

I ripetuti tentativi, veicolati anche dal Regolamento forestale del 1844, di intaccare i secolari diritti ademprivili, si intensificarono all’indomani dell’unificazione e culminarono con la legge del 26 aprile 1965 di abolizione degli ademprivi e delle cussorge.

Questo processo fu accelerato dalla stipula della Convenzione per la concessione delle strade ferrate nell’isola di Sardegna. Il 16 giugno 1862 i rappresentanti dell’Anglo

Sardinian Land Coal and Iron Company, che aveva già comprato la Contea di Oridda

per lo sfruttamento forestale e diverse miniere di carbone, piombo e ferro, presentano al Ministro dei Lavori Pubblici dell’appena nato Regno d’Italia la domanda di concessione per la costruzione delle strade ferrate in Sardegna193.

192 Renato Sansa, Il bosco tra difesa degli usi consuetudinari e conflitti di mercato, in «Storia Urbana» n°

69, Franco Angeli, Milano 1994, pp. 143-144.

193 Archivio Centrale dello Stato (ACS), Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio (MAIC) -

Fino alla metà del secolo nell’isola l’unica miniera in esercizio di una certa rilevanza era quella di Monteponi, nel circondario di Iglesias. È con la promulgazione della legge del 20 novembre 1859, applicata in tutto il Regno di Sardegna, che affidava al Ministero dei Lavori Pubblici le competenze in materia di “miniere, cave e usine”, che si assiste all’incremento esponenziale delle esplorazioni minerarie e delle successive autorizzazioni di coltivazione, concesse dallo Stato in quanto titolare di ogni diritto sul sottosuolo194.

Numerose compagnie minerarie cominciarono a considerare la Sardegna come la nuova frontiera delle loro speculazioni, che per essere redditizie necessitavano di condizioni favorevoli, come la disponibilità di vie di comunicazione e di legname. Nella loro richiesta di concessione infatti i rappresentanti della Compagnia ricordano al Ministro «i vantaggi che riceverebbero tutte queste industrie dalla costruzione delle strade ferrate nell’Isola; provvedimento che solo potrebbe rendere possibile la coltivazione del carbon fossile e del ferro in modo ed in quantità tali da somministrarne a tutta Italia»195.

La Compagnia «dopo essersi assicurati di poter mettere assieme in Inghilterra i capitali necessari»196 chiede in concessione la costruzione delle linee da Cagliari a

Terranova (passando per Oristano, Bono e Tolovò197), da Tolovò a Porto Torres

(passando per Sassari) e da Cagliari e Iglesias. Le linee Sassari-Porto Torres e Cagliari- Iglesias sarebbero state concluse entro due anni, le rimanenti entro sei. Tuttavia i punti salienti della concessione richiesta, che determinerà un profondo sconvolgimento dell’assetto fondiario in Sardegna, sono i seguenti:

«3° - Come incoraggiamento o premio a portare il capitale estero per la costruzione di strade di ferro in un’isola che conta una popolazione di 573.105 abitanti, il Governo dà in dono alla Società 300.000 ettari di terre demaniali che saranno a vantaggio degli azionisti.

4° - La Società concessionaria pagherà le tasse sulle terre cedutele dal Governo, obbligandosi inoltre a pagare al Governo il 5% del prodotto che ricaverà dalle vendite che potrebbe effettuare delle suddette terre. La Società si obbliga però a non effettuare alcuna vendita prima di avere speso nei lavori

194 Assunta Trova, Ricerca mineraria ed effetti ambientali nella Sardegna del secondo Ottocento, in

Angelo Varni (a cura di), Storia e ambiente in Italia tra Ottocento e Novecento, Il Mulino, Bologna 1999, pp. 61-93.

195 ACS, MAIC - D.G.A., 1° versamento, b. 266, f. 958, sf. 19, nota del 16 giugno 1862. 196 Ibidem..

delle strade di ferro un valore almeno uguale a quello delle terre che intenderebbe alienare»198.

Contemporaneamente la Società invia una nota anche al Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, cui dopo l’unificazione spetta la competenza della materia forestale, in cui specifica che

«Questi 300.000 ettari di terreno calcolandoli il maximum a £. 30 per ettaro rappresentano un capitale di £. 9.000.000, ossia un interesse di £. 450.000, il quale diviso sui 400 chilometri di strada porterebbe la garanzia del Governo a £. 21.875 circa per chilometro, somma che è molto inferiore a tutte le garanzie che il Governo ha dato fin qui ai concessionari di strade ferrate. I

sottoscritti credono che con questa loro dimanda l’Eccellenza Vostra possa sciogliere più facilmente la questione degli ademprivi, persuasi come essi sono che i comuni della Sardegna onde ottenere sollecitamente la strada di ferro non faranno difficoltà ad accordare questi 300.000 ettari di terreno»199.

Questa prospettiva dovette apparire immediatamente allettante, visto che viene richiesto «con premura e sollecitudine» il parere della Commissione per gli ademprivi riunita a Torino, composta da tutti i deputati e senatori sardi. Questa comunica le sue impressioni il seguente 24 giugno, appena otto giorni dopo la richiesta della Compagnia. Non viene messa in discussione l’utilità del progetto «e quanto venisse opportuno a sciogliere in modo così soddisfacente sia pei comuni che pel governo la questione degli ademprivi»200, le perplessità sorgono piuttosto in merito al quantitativo

di terreni demaniali da cedere:

«Avendo rilevato dai dati statistici pubblicati, che tutta la massa dei terreni ademprivili o demaniali nell’Isola non oltrepassa i 400 mila ettari, si è convinta che detrattine 300 mila, non resterebbe tanto quanto bastasse a dismettere equamente i cussorgiali, ed a sopperire agli attuali e più urgenti bisogni di tutti i comuni che od abbiano poca ed insufficiente quantità di terreni ademprivili, o ripongano nella pastorizia la principale risorsa al sostentamento della vita»201.

198 Ibidem. Rispetto al 4° punto il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio stabilirà che i terreni

non si potranno vendere senza prima aver speso nelle ferrovie il triplo del prezzo che si pensa di ricavare.

199 Ivi, nota del 17 giugno 1862 [corsivi nostri]. 200 Ivi, nota del 24 giugno 1862.

Alla Commissione non sfugge neanche il rischio che potrebbe derivare da questa transazione rispetto alle risorse boschive:

«La Commissione però non può prescindere dal pregare il Ministero di

volgere tutta la sua attenzione a che né la Compagnia né i Comuni abusino del taglio delle foreste, contenendo entrambi nei limiti richiesti

dall’igiene pubblica, e dal bisogno anzi che di distruggere a caso le foreste e di peggiorare le condizioni di quei terreni, d’usarne utilmente secondo i dettami della rurale e forestale economia. I regolamenti attuali sono senza dubbio impotenti a reprimerne gli abusi ed a procurare tanto benefizio, e forse sarà d’uopo per l’Isola adottare dei speciali provvedimenti»202.

Con queste premesse la Commissione propone di ridimensionare l’estensione dei terreni ceduti alla Compagnia, da 300 a 200 mila ettari «comprendendo in questi quella parte incontrastata di terreni boschivi ed incolti che per avventura possedesse tuttora nell’isola il demanio dello Stato, e lasciando tutto il rimanente dei terreni […] a pro dei comuni»203. La proposta viene accettata e la Convenzione con quella che verrà poi

chiamata Compagnia Reale delle ferrovie sarde, di Gaetano Semenza e soci, viene approvata con la legge 4 gennaio 1863 n° 1105. Prima di assegnare i terreni alla Compagnia si sarebbe dovuto procedere allo scorporo di tutti i terreni demaniali ademprivili, dividere in due lotti quelli ricadenti nel territorio di ciascun comune ed estrarre a sorte il lotto che sarebbe stato ceduto alla Compagnia.

Nella legge sono contenuti tre articoli (32-34) che hanno come scopo la salvaguardia del patrimonio forestale. Questi prevedono che i boschi ricadenti nei 200 mila ettari siano tutelati in base alla normativa prevista per i boschi comunali e che la Compagnia si obblighi a governare i boschi secondo i principi di una sana economia silvana, conservando quelli di alto fusto, introducendo la coltura a ceduo e coltivando le sughere.

I contrasti in merito però non tardarono a sorgere, come testimonia una fitta corrispondenza, risalente agli ultimi mesi del 1864204, tra il direttore della Compagnia

Giuseppe Sanna Sanna, il Consiglio di Amministrazione della stessa, il Prefetto di Cagliari e il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio. La Compagnia non riteneva infatti di dover chiedere l’autorizzazione agli organi dell’amministrazione forestale per il taglio di poche piante o per l’allestimento di carbonaie, ma di doversi

202 Ibidem. [corsivi nostri]. 203 Ibidem.

limitare ad una semplice comunicazione. Il Prefetto fa presente che tagliando le piante a una ad una si arriva prima o poi a radere al suolo un bosco e che comunque la Convenzione parla chiaro quando prescrive di attenersi a quanto disposto per i boschi comunali, avendo come scopo quello «di conservare con una ben intesa economia i tenimenti boschivi in quest’Isola dai quali tanti vantaggi ne risente la industria degli abitanti oltre all’influenza benefica che esercitano nelle regioni atmosferiche»205.

È importante sottolineare questa affermazione perché essa testimonia un aspetto nuovo, che tratteremo diffusamente più avanti: nella percezione degli attori sociali interessati alla tutela dei boschi comincia ad emergere la consapevolezza dell’influsso che le foreste esercitavano sul microclima circostante.

Il Ministero accoglie totalmente le ragioni del Prefetto, nonostante le veementi argomentazioni addotte dalla Compagnia. I contrasti si ripresentano però immediatamente dopo, allorché la Compagnia denuncia non solo che «taluni abitanti dell’Isola commettevano atti di devastazione nei terreni ademprivili cadenti in divisione, tagliando a man salva alberi ed arbusti; ora esso è fatto edotto che gli agenti demaniali stessi vanno martellando piante per essere atterrate»206. A detta della Compagnia il

Governo inoltre continuava a permettere lo scorzamento delle sughere, lucrando su terreni che potevano forse essere assegnati alla Compagnia in seguito all’estrazione, mentre la Convenzione stabiliva che i 200 mila ettari di terreno dovevano essere ceduti nello stato in cui si trovavano.

Alla richiesta di delucidazioni inoltrata dal Ministero, rispondono i due Prefetti di Cagliari e Sassari. Il primo, sentito l’Ispettore forestale, afferma che nella provincia nei due anni precedenti non erano stati fatti né tagli di piante né scorzamenti di sughere, escludendo «i permessi quotidiani legalmente rilasciati a favore degli utenti ademprivisti per carbonizzare, per tagliare legno da ardere, o per attrezzi agricoli, e per altri usi urgenti»207, e difende la scelta di continuare a concedere permessi nei terreni

non ancora scorporati, presa in accordo con la Direzione del Demanio e l’Amministrazione forestale, «consigliato pure da ragioni gravissime di ordine pubblico, per le quali avrebbero potuto destarsi seri malumori se tutto ad una volta si avesse dovuto negare ciò che forma una risorsa per le classi più povere e che è poi necessario agli usi quotidiani della popolazione»208. Fa presente anche che l’Ispettore forestale

205 Ivi, nota del 7 novembre 1864 [corsivi nostri]. 206 Ivi, nota del 24 gennaio 1865.

207 Ivi,, nota del 13 aprile 1865. 208 Ibidem.

«non omette di far osservare che egli declinerebbe ogni responsabilità del suo ufficio, qualora si dovesse proibire agli utenti di ademprivio l’esercizio di tali diritti»209.

Anche il Prefetto di Sassari dichiara che escluso l’esercizio dei diritti ademprivili, i boschi della provincia non sono stati in alcun modo danneggiati. È il 20 aprile 1865 e la questione si chiude con una laconica nota del Ministero apposta proprio in calce a questa comunicazione: «Provvederà ai reclami della Società la legge 23 aprile 1865 che abolisce gli ademprivi e i diritti di cussorgia nell’Isola di Sardegna»210.

La Compagnia, liberata almeno formalmente dall’ostacolo dei diritti ademprivili cominciò a utilizzare i boschi ad essa assegnati. Nel giugno 1865 chiede l’autorizzazione per la formazione di 5.150 carbonaie e per provvedersi di 13.900 carrate di legna, ma il procedimento é soggetto a delle lungaggini a causa della morte, presumibilmente per malaria, del Capo guardia forestale che aveva condotto le ispezioni nelle foreste di Sarroch, San Pietro e Domusdemaria. L’Ispettore forestale del Dipartimento di Cagliari Melis, nel comunicare al Ministero le motivazioni dei ritardi, tra cui anche la limitatezza dell’organico, costretto a continue missioni per redigere l’elenco dei boschi della provincia «malgrado lo stato atmosferico e pericoloso della stagione non lo consenta» sottolinea che

«sarebbe stato meglio che la ridetta Società avesse formato un piano regolare di coltivazione delle stesse foreste diviso in scompartimenti, sezioni e sotto sezioni, col genere di coltura per cadun bosco, invece di voler continuare nel pessimo inveterato sistema in quest’Isola dei tagli saltuari, cui ridonda grande danno alla conservazione forestale ed apporta pure rendita inferiore alla medesima Società»211.

La Società dovette affrontare molti più impedimenti di quanti immaginasse, e a causa delle opposizioni dei comuni e dei privati non riuscì mai ad entrare in possesso di una buona parte dei 200 mila ettari. I terreni contesi vennero riconsegnati allo Stato nel 1870 e, ormai privi di limitazioni alla proprietà, vennero messi in vendita con la promulgazione della legge 29 giugno 1873 n° 1473. Durante questi anni di incertezza i boschi vennero spesso lasciati in uno stato di abbandono, sollevando le proteste dei comuni limitrofi. Ne è una prova l’esposto presentato dal sindaco di Villacidro al Prefetto di Cagliari nel 1867:

209 Ibidem.

210 Ivi, nota del 20 aprile 1865. 211 Ivi, nota del 24 luglio 1865.

«Se le questioni insorte tra il governo e le Reale Compagnia delle Ferrovie Sarde intorno alla concessione di 200.000 ettari di terreni ademprivili, apportarono danni gravissimi a questo paese dal giorno dell’eseguito scorporo, maggiormente sarà pregiudicato nei suoi interessi se dovrà continuarsi nello stesso sistema di abbandono di essi terreni nella prossima epoca delle ghiande. […] È più che probabile che i proprietari dei porci, non venendo questi ricevuti mediante pagamento introdurranno per non morire, il loro bestiame prepotentemente in quei salti sottomettendosi a qualunque contravvenzione»212.

Il sindaco lamenta che gli agenti forestali impediscono l’ingresso del bestiame, ma a che titolo, domanda, se i terreni sono delle ferrovie, che non permettono di accedervi neanche a pagamento? Quindi si lasci che la società difenda da se le sue cose, oppure si lasci la gestione dei terreni al comune, visto che non è ammissibile lasciare un terreno chiuso senza padrone, e che le ghiande vadano sprecate. Il Ministero interpellato risponde che gli agenti forestali devono preoccuparsi solo che i terreni non vengano disboscati o dissodati, per il resto è questione privata.

Questa posizione lassista viene contestata più volte dall’Ispettore di Sassari. Nel 1867 dà notizia di abusi nei terreni destinati alla Compagnia nel comune di Torpè «sebbene codesto Ministero ripetutamente abbia dichiarato di non poter intervenire per la conservazione e custodia dei terreni ademprivili toccati alla Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde»213. Ancora due anni dopo denuncia che nei territori di Torpè, Siniscola

e Lodè c’è confusione nella ripartizione tra comuni, privati e società ferroviaria e che «terreni ademprivili già dichiarati d’assegno alla società ferroviaria vengono invasi dai privati i quali si fanno a vendere le piante ivi esistenti a speculatori, nazionali ed esteri che lavorano pel carbone per la Francia, per l’Inghilterra e per la Spagna, facendo sparire or questa or quell’altra foresta»214.

L’abolizione degli ademprivi e la costruzione delle strade ferrate furono due fenomeni che combinandosi ebbero un effetto devastante sulle foreste dell’isola. L’estensione delle aree boschive nell’isola si attestava intorno ai 500.000 ettari, senza consistenti variazioni quantitative sino alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento. Quello che cambiava sensibilmente, e questa sarà una costante nello svolgersi delle vicende del patrimonio forestale sardo, era il dato qualitativo: foreste sempre meno fitte, composte da piante sempre meno sane e con un sottobosco sempre più rado.

212 ACS, MAIC - D.G.A., 1° versamento, b. 220, f. 848, sf. 9, nota del 20 settembre 1867. 213 Ivi, nota del 12 ottobre 1867.

Da un lato la ferrovia richiedeva tagli consistenti per l’ottenimento delle traversine necessarie alla costruzione di circa 1.400 chilometri di strada ferrata, comprendendo sia la linea principale che quella a scartamento ridotto completata nel 1895. In un primo momento si utilizzava a questo scopo legno di pino proveniente dalla Corsica e dal Baltico, ma sperimentata la scarsa durata di questa essenza si optò per roverella e leccio autoctoni. Non si abbatterono solo gli alberi maturi ma tutti quelli di grandezza sufficiente a ricavare pezzi delle dimensione di 2,60 metri di lunghezza per 25 cm di larghezza e 12,5 cm di spessore215, per un totale stimato di circa 350.000 piante216.

Non si può di certo attribuire il disboscamento della Sardegna alle sole traversine, ma lo sviluppo delle linee ferroviarie ebbe anche come conseguenza quella di rendere più raggiungibili le foreste interne e, facilitando i trasporti, quella di incrementare la produzione delle miniere e delle fornaci, che a loro volta utilizzavano grandi quantitativi di legname. È in questo senso eloquente il postulato enunciato da Carlo Cattaneo, ispiratore più o meno indiretto della Convenzione:

«Il tronco di una quercia secolare, giacente in una selva inaccessibile, non ha valore; una strada nuova che passi accanto alla selva e la congiunga ai porti marittimi, agli arsenali, tramuta quell’ingombro della terra selvaggia in una preziosa merce. Il valore è la ricerca; la ricerca è il mercato; il mercato è la strada»217.

Dall’altro lato la legge sugli ademprivi, prevedendo l’obbligo per i Comuni di vendere tutti i terreni avanzati dalla ripartizione tra gli ademprivisti entro tre anni dalla promulgazione, diede nuova linfa al mercato del legname e del carbone sacrificando grandi estensioni boschive. Una volta effettuati i tagli da parte degli speculatori, completavano l’opera di devastazione gli incendi e il pascolo incontrollato che privava il bosco dei nuovi germogli, impedendone la ricostituzione.

Circa dieci anni dopo il Prefetto di Cagliari scrive al Ministero in merito ai tagli indiscriminati effettuati dai privati, affermando che «a peggiorare tale condizione di cose contribuì poi non poco la legge abolitiva degli ademprivi imperocché obbligati i comuni a vendere in un determinato periodo di tempo le porzioni loro assegnate, non

215 Cfr. Enea Beccu, Tra cronaca e storia…cit., p. 284.

216 Ivi, p. 286.

217 Carlo Cattaneo, Semplice proposta per un miglioramento generale dell’Isola di Sardegna (1860), ora

in Carlo Cattaneo, Geografia e storia della Sardegna, a cura di Carlo Carlino, Donzelli, Roma 1996, p. 95. Cfr. anche l’Introduzione di Gian Giacomo Ortu, pp.VII-XXII.

tutti i municipi furono previdenti nello imporre agli acquirenti condizioni valevoli a garantire la conservazione dei boschi»218.

L’apparato dell’amministrazione forestale locale compie notevoli sforzi per arginare i fenomeni descritti, sempre più consapevole dell’importante funzione svolta dalla vegetazione. L’Ispettore Melis, nel novembre 1865, chiede e ottiene che i comuni di Sicci e San Pantaleo suddividano i boschi comunali in sezioni, da cui gli abitanti potranno trarre legna da ardere a rotazione ogni 5 anni. Scrive al Ministero:

«Giacché le foreste oltre a somministrare il combustibile necessario, primo elemento eziandio al par dei cereali pella vita dell’uomo, ben conservate ed amministrate concorrono al prodotto del piano arrestando le correnti atmosferiche, frenando i venti e rendendoli meno freddi, attirando le meteore distruttrici, le tempeste, il grandine, le trombe d’aria ecc., regolando le acque che scorrendo con velocità cagionano l’escavazione, gli interramenti, le inondazioni, le frane e tante altre circostanze interessantissime già diverse volte fatte osservare»219.

I dissodamenti e i tagli si susseguono però sempre più frequenti, frutto anche dei pareri, spesso divergenti, dei diversi livelli gerarchici dell’Amministrazione forestale.

In teoria la procedura per ottenere i permessi necessari era molto rigorosa e i boschi interessati venivano sottoposti ed accurate ispezioni. I “verbali di verificazione”220 erano assai particolareggiati e dovevano contenere tutte le informazioni

necessarie a valutare correttamente il caso:

1- Sito (comune, regione, mappa, estensione) 2- Confini

3- Terra (composizione, proprietà fisiche, configurazione - esposizione, pendio, altezza, acque) 4- Clima

5- Piante (specie predominante, specie miste, specie sparse, distribuzione, stato)

6- Bosco (trattamento, governo, turno d’anni, produzione annua per ettaro, prodotti secondari) 7- Numero delle piante (alberi, matricini, ceppi, fruttici - per ogni specie e per ogni età e taglia)

8- Storia del bosco (proprietà, data misurazione, mappa, coltura, partizione, dritti d’uso, danni più