14 Strategia di gestione
14.1 Strategia per la sostenibilità ecologica
14.1.1 Strategie specifiche per gli habitat di importanza comunitaria
− Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex (cod 9210*)
In generale, questo habitat può essere interessato dai seguenti fenomeni:
− eccessivo calpestio in aree particolarmente frequentate dai visitatori, con danni alla rinnovazione di faggio (questo rischio lo si corre nel caso di popolazioni isolate);
− semplificazione strutturale e compositiva delle faggete, conseguente a pratiche selvicolturali non adeguatamente orientate a fini sistemici;
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− carico eccessivo del pascolo in bosco (domestico e di selvatici);
− assenza di forme di ordinaria gestione forestale.
In un’ottica di lungo periodo, una potenziale minaccia per la funzionalità degli habitat di faggeta è rappresentato dal più generale fenomeno del declino forestale (“ forest decline”).
Attualmente gli habitat di faggeta sono in gran parte governati a fustaia, meno frequente è il governo a ceduo; le condizioni di abbandono colturale o di libera evoluzione, quindi, non sono molto diffuse.
La condotta da seguire dipende dallo stato di conservazione in cui si trova l’habitat. Per quelle aree in cui l’habitat è in uno stato di conservazione soddisfacente, il principale obiettivo della gestione dovrà essere la sua conservazione.
Essa potrà essere perseguita attraverso:
− l’acquisizione dei diritti di taglio, nell’area occupata dall’habitat e nelle zone circostanti;
− la realizzazione di vivai in situ, per l’allevamento e la diffusione delle provenienze locali delle specie d’interesse (Ilex aquifolium e Taxus baccata);
− la definizione di misure di conservazione attive, per la conservazione e il miglioramento della biodiversità dei popolamenti relitti, secondo gli approcci della selvicoltura sistemica e l’adozione del metodo colturale incondizionato, per la determinazione della ripresa legnosa (Ciancio et al., 2002).
Per le formazioni governate a ceduo, deve essere verificata la possibilità di avviamento a fustaia.
Per gli habitat degradati, si devono intraprendere, innanzitutto, azioni per il ripristinarne la funzionalità biologica, cioè:
− nelle fustaie, attraverso l’adozione assestamentale del metodo colturale incondizionato (quando è necessario, nei terreni più degradati, devono essere acquisiti i diritti di taglio);
− nei cedui, attraverso l’avviamento a fustaia, quando le condizioni lo consentono;
altrimenti, tramite la sospensione, per periodi adeguati, delle utilizzazioni, l’allungamento del turno minimo, l’applicazione di tecniche di miglioramento dei soprassuoli cedui e i rinfoltimenti.
In generale, devono essere previste misure specifiche per regolamentare la fruizione da parte dei visitatori e la raccolta delle specie, e avviare idonei strumenti di pianificazione per la prevenzione e la tutela dagli incendi boschivi e per la gestione del pascolo.
E’ di fondamentale importanza evitare il taglio degli individui di Taxus e di Ilex, con particolare attenzione agli esemplari monumentali, e prestare la massima attenzione alle possibilità di rinnovazione delle specie dei generi Taxus e Ilex, favorendola in tutti i casi in cui la popolazione mostri segni di regressione.
Infine, nelle zone interessate da fenomeni di erosione occorre ridurre al minimo le azioni che li possano innescare (ad esempio, apertura di nuove strade) e nelle zone soggette a rischio di compattazione del suolo è necessario regolare opportunamente il traffico pedonale e di animali al pascolo (se necessario mediante recinzione).
− Arbusteti termo‐mediterranei e pre‐steppici (cod. 5330)
In linea generale, le principali cause di degrado di queste tipologia di habitat sono rappresentate dalla ricorrenza (passata e attuale) di fenomeni perturbativi legati all’incendio e al pascolo.
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La strategia gestionale in tali comunità, in genere lasciate alla libera evoluzione naturale, dovrà essenzialmente puntare:− su un’attenta pianificazione antincendio;
− sulla regolamentazione dell’attività di pascolo;
− su una attenta ricostruzione strutturale, al fine di ridurre la frammentazione; quest’ultima, oltre a portare problemi di carattere ecologico (riduzione della connettività e della funzionalità in termini di “rete ecologica territoriale”), rende tutto il sistema più a rischio d’incendio; comunque, in talune situazioni, non sono da escludere interventi indirizzati a una maggiore diversificazione del mosaico presente nel paesaggio, che favoriscano anche la diversità floristica e faunistica come i tagli selettivi, il pascolo razionato e, appunto, gli incendi controllati. Dato che può essere necessario combinare linee di intervento anche contraddittorie (favorire la microframmentazione o ridurre la frammentazione), è grande la necessità di approfondite conoscenze sul dinamismo in atto a scala di popolazioni, di comunità e di habitat.
− Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero‐Brachypodietea (cod.
6220*).
Questo habitat e costituito principalmente da praterie a carattere secondario, la cui conservazione è fortemente correlata a fattori di disturbo di origine antropica, quali l’incendio e il pascolo; pertanto è di fondamentale importanza ai fini gestionali favorire attraverso un’attenta pianificazione delle attività agro‐pastorali quei processi che ne hanno determinato la conservazione nel corso del tempo. Devono essere adottati criteri di pascolo controllato, preferibilmente razionato (ad esempio, distribuendo in modo adeguato gli abbeveratoi, localizzando idonee recinzioni, ecc.). Devono essere monitorate, mediante aree permanenti, le variazioni floristiche, che possono essere determinate da un carico zootecnico non equilibrato.
Nelle zone soggette a rischio di compattazione del suolo, occorre regolare opportunamente il traffico veicolare, pedonale e di animali al pascolo (se necessario mediante pascolamento a rotazione).
Nelle zone interessate da fenomeni di erosione, occorre ridurre al minimo le azioni che li possano innescare, come apertura di nuove strade, incendi e altre azioni di disturbo.
Anche le azioni di riforestazione in aree prative ormai consolidate sono assolutamente da evitare, poiché causano effetti negativi sia per le specie vegetali presenti che per quelle della fauna, e un impoverimento a livello di diversità biologica ed ecosistemica.
− Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco ‐Brometalia) (* notevole fioritura di orchidee) (cod. 6210)
Le praterie riferibili all’habitat 6210, tranne alcuni sporadici casi, sono formazioni tipicamente secondarie, il cui mantenimento è subordinato alle attività di sfalcio o di pascolamento del bestiame, pertanto, in un’ottica gestionale di medio e lungo periodo, è di fondamentale importanza garantire la persistenza delle tradizionali attività agro‐pastorali; in assenza di tale sistema di gestione, infatti, i naturali processi dinamici della vegetazione favoriscono l’insediamento nelle praterie di specie arbustive e di orlo. Devono essere adottati criteri di pascolo controllato, preferibilmente razionato (ad esempio, distribuendo in modo adeguato gli abbeveratoi, localizzando idonee recinzioni, ecc.).
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Devono essere monitorate, mediante aree permanenti, le variazioni floristiche, che possono essere determinate da un carico zootecnico non equilibrato.Nelle zone interessate da fenomeni di erosione del suolo (idrica incanalata e di massa), occorre infine ridurre al minimo le azioni che li possano innescare, come apertura di nuove strade, sovrappascolo e incendi. Nelle porzioni del SIC a rischio di compattazione del suolo, occorre regolare opportunamente il traffico veicolare, pedonale e di animali al pascolo (se necessario mediante pascolamento a rotazione).
In generale è necessario evitare interventi di eccessiva semplificazione di questi ambienti, per salvaguardarne l’elevata diversità e la ricchezza di ambienti ecotonali, che sono importanti per la fauna, ai diversi livelli trofici e tassonomici.
Anche le azioni di riforestazione in aree prative ormai consolidate sono assolutamente da evitare, poiché causano effetti negativi sia per le specie vegetali presenti che per quelle della fauna, e un impoverimento a livello di diversità biologica ed ecosistemica.
− Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica (cod. 8210)
Per una corretta gestione di questo habitat si ritiene opportuno evitare le azioni che possono innescare episodi di erosione del suolo e frane, come l’apertura di nuove strade, il sovrapascolo, gli incendi ed altre azioni di disturbo (inteso in senso stretto, come non equilibrato asporto di biomassa).
Occorre regolamentare le attività alpinistiche, come le scalate e le arrampicate (soprattutto rispetto agli effetti sull’Avifauna, vale ricordare l’uso per la nidificazione di Falconiformi Accipitriformi e Passeriformi).
− Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia (cod. 9340) In un regime di ordinaria gestione del sito, devono essere previste:
− la pianificazione antincendio, con sorveglianza permanente, durante i periodi critici (aridità estiva) e l’opportuna predisposizione di un sistema di accessi e viabilità forestale;
− la sospensione e/o regolamentazione del pascolo in bosco, soprattutto quello caprino;
− interventi tesi a favorire la ripresa della vegetazione potenziale nelle aree non utilizzate.
Nei settori dove l’habitat è in uno stato di conservazione soddisfacente, devono, inoltre, essere attuate le seguenti azioni di gestione forestale:
− prosecuzione della coltivazione a ceduo nei casi in cui essa sia strettamente necessaria per soddisfare esigenze economiche o tradizionali (ad esempio, usi civici) e le condizioni stazionai lo consentano; la coltivazione dovrà realizzarsi in un regime di selvicoltura a basso impatto e nel rispetto delle norme di gestione forestale sostenibile.
Per migliorare la funzionalità e la biodiversità dei popolamenti governati a ceduo sono auspicabili indirizzi colturali volti all’aumento dell’età dei soggetti e tecniche di matricinatura per la conservazione delle minoranze dendrologiche. Negli altri casi, si dovrà verificare la presenza di presupposti stazionali per un avviamento a fustaia.
Nei settori dove l’habitat si presenta particolarmente degradato, devono essere effettuate azioni per il ripristino della funzionalità biologica dell’habitat, quali:
− l’avviamento a fustaia, nei casi in cui le condizioni lo consentano; altrimenti, la
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sospensione delle utilizzazioni per periodi adeguati, con allungamento del turno minimo;− azioni di rinfoltimento e l’adozione di tecniche di miglioramento dei soprassuoli cedui.
Dal punto di vista fitocenologico, è essenziale favorire, nel complesso delle diverse situazioni, la presenza di altre specie arboree, al fine di avviare una possibile conversione verso cenosi miste. Si ricorda che l’intervento continuo dell’uomo tende a banalizzare in termini strutturali e floristici tali formazioni, riducendone evidentemente le potenzialità di costituire un adeguato habitat, sia per la fauna che per la flora.
Nelle zone interessate da fenomeni di erosione, occorre ridurre al minimo le azioni che li possano innescare, come apertura di nuove strade, sovrappascolo e incendi.
− Grotte non ancora sfruttate a livello turistico (cod. 8310)
Tenuto conto della fragilità di questi ecosistemi e dell’originalità dei singoli popolamenti, l’elemento guida più significativo è il mantenimento dei caratteri di biodiversità noti per i diversi ambiti in cui è stato individuato l’habitat.
Per la gestione di questo habitat è indicato:
− razionalizzare l’accesso, vietandolo per alcuni tratti, dove è necessario;
− evitare tipi di uso del suolo che possano inquinare le acque, nelle aree circostanti, collegate idrogeologicamente alle grotte. Dove non è possibile escludere l’uso agricolo, favorire l’agricoltura biologica e le colture permanenti;
− favorire la continuità della copertura vegetale, per evitare interventi che accelerino i deflussi superficiali e alterino la permeabilità dei suoli.
− Foreste di Castanea sativa (cod. 9260)
I castagneti sono habitat forestali la cui struttura e funzionalità è stata pesantemente condizionata dall’utilizzazione antropica, come cedui o castagneti da frutto. In molti casi queste forme di coltivazione sono state abbandonate, a seguito delle mutate condizioni socioeconomiche e al diffondersi di fenomeni di degrado, causati dagli attacchi di specie patogene. In generale, si può quindi delineare uno scenario in cui le principali possibilità di gestione forestale di questo habitat sono rappresentate da:
− una prosecuzione della coltivazione a fustaia, a castagneto da frutto e, a ceduo, nei casi in cui quest’ultima sia strettamente necessaria, per soddisfare esigenze economiche o tradizionali e purché l’habitat sia in uno stato di conservazione soddisfacente. La coltivazione deve seguire un regime di selvicoltura a basso impatto; per potenziare la funzionalità e la biodiversità dei popolamenti governati a ceduo, gli indirizzi colturali devono orientarsi verso l’aumento dell’età dei soggetti e l’adozione di tecniche di matricinatura finalizzate alla conservazione delle minoranze dendrologiche;
− una diversificazione strutturale dell’habitat dei castagneti, col mantenimento di particelle a ceduo giustapposte a particelle ad alto fusto (possibilmente in varie fasi di sviluppo), con la creazione di radure e con la risagomatura delle fasce marginali;
− un ripristino di habitat degradati; nel caso in cui i cedui siano degradati, sono prioritarie azioni di ripristino indirizzate alla lotta fitosanitaria, con mezzi meccanici (incluse le potature) e biologici ecologicamente compatibili, alla sospensione delle utilizzazioni per periodi adeguati,
− all’allungamento del turno minimo, ai rinfoltimenti e all’adozione di tecniche di miglioramento dei soprassuoli cedui.
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Per tutti i boschi cedui, comunque, si deve favorire la diffusione di specie arboree autoctone diverse dal castagno, al fine di far raggiungere alle formazioni forestali un maggior grado di naturalità.Per i castagneti da frutto, è necessario favorirne la prosecuzione o il ripristino della gestione (ad esempio, con misure contrattuali), sono da evitare le lavorazioni del terreno, mentre è molto importante la manutenzione delle opere di terrazzamento, anche come microhabitat specifici.
Questi indirizzi gestionali, ovviamente, devono essere accompagnati da un’adeguata pianificazione antincendio. In tal senso, si ritiene necessario adottare le seguenti misure:
− sistemazione di alcune telecamere nei punti a maggior rischio, in modo tale da poter individuare i focolai fin dalle prime fasi della combustione;
− pianificare dei turni di sorveglianza e controllo delle aree a maggior rischio da parte degli organi statali preposti alla vigilanza, soprattutto durante l’estate e nei periodi di massima affluenza turistica;
− creazione di piccole squadre antincendio dotate di rapidi mezzi per lo spostamento, capaci di raggiungere tempestivamente il luogo dell’incendio ed intervenire durante le fasi iniziali.
Nelle zone interessate da fenomeni di erosione del suolo (idrica incanalata e di massa), occorre infine ridurre al minimo le azioni che li possano innescare, come apertura di nuove strade, sovrappascolo e incendi.
− Dal momento che in generale i castagneti, più o meno puri, possono essere considerati il prodotto di interventi antropici operati nell’ambito di un bosco misto originario, al fine di incrementare il grado di naturalità del bosco presente all’interno del SIC, si suggerisce di individuare alcune aree di limitata estensione (circa 1‐2 ettari), che per caratteristiche stazionali e per capacità di rinnovazione del castagno, si prestino, attraverso la libera evoluzione della cenosi forestale, alla ricostituzione di un bosco misto quanto più
“naturale” possibile. Un aspetto particolarmente importante da tenere in considerazione dovrà essere la conservazione del legno morto del bosco: la necromassa rappresenta una componente dell’ecosistema forestale, la cui importanza dal punto di vista gestionale è stata riconosciuta a pieno titolo soltanto in questi ultimi anni, in particolare da quando si è affermato a livello internazionale il concetto di Gestione Forestale Sostenibile (GFS). In passato, secondo i canoni classici della selvicoltura tradizionale, la presenza di soggetti morti in bosco ha sempre rappresentato un fenomeno di disturbo sia per motivi fitosanitari sia per il maggior rischio d’incendi. Attualmente, grazie all’inserimento della necromassa presente in bosco tra gli indicatori pan‐europei di GFS e alla maggiore sensibilità della società nei confronti della biodiversità, questa componente è stata rivalutata mettendone in luce anche gli aspetti positivi. A livello terminologico la necromassa è definita dal Global Forest Resources Assessment 2005 come tutta la biomassa legnosa non vivente, non contenuta nella lettiera, sia essa in piedi, a terra o nel suolo; rientrano in questa definizione gli alberi interi o frammenti di legno appoggiato a terra, le radici morte e le ceppaie purché superiori ad una soglia dimensionale prestabilita (10 cm quella suggerita dalla FAO 2004).
Il ruolo della necromassa nell’ecosistema forestale è legato a svariati aspetti che comprendono il miglioramento della diversità naturale, lo stoccaggio e il lento rilascio del carbonio e dei nutrienti, il mantenimento della fertilità favorevole alla rinnovazione naturale, la conservazione del suolo e il miglioramento della stabilità dei versanti dal rischio idrogeologico.