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Teatro politico e teatro sociale: Boal, l'etnometodologo dell'azione drammatica

Nel mondo dei metodi e delle tecniche teatrali: il teatro come laboratorio sociale

3.7 Teatro politico e teatro sociale: Boal, l'etnometodologo dell'azione drammatica

Attualmente il termine "politico" è largamente in disuso, quasi demonizzato "poiché si è caricato attraverso gli anni, le polemiche, le distorsioni semplicistiche, trionfalistiche e propagandistiche, di molte grottesche stratificazioni". È come se fosse stato inghiottito dal più generale vocabolo "sociale" che ha sussunto la sua peculiare propensione al mutamento mantenendone in parte, per amplificarle, le finalità di una riflessione sui disagi della contemporaneità.

Il teatro sociale è una drammaturgia della cultura comunitaria e delle relazioni umane, mira alla costruzione della persona attraverso le attività performative e l'azione socio-culturale (teatro educativo, teatro di comunità). È rivolto agli esclusi e

128 alle fasce deboli della società civile dai carcerati, agli anziani, ai disabili, alle prostitute, ai malati mentali, alle minoranze etniche perché si occupa di disagio e conflitto sociale, di differenze culturali e partecipazione, di anomia e devianza.

Questo inciso sulla natura, i confini e gli scopi del teatro sociale ormai largamente diffusosi nel campo dell'arte ma anche nelle schiere associazionistiche dell'impegno civile affonda parte le proprie radici, oltre che nella pedagogia di Barba, nel metodo ideato dallo scrittore brasiliano Augusto Boal. Non si capisce come mai nonostante la sua morte sia avvenuta già cinque anni fa e nonostante il suo approccio abbia riscosso molta notorietà in tutto il mondo, uscendo dai confini dell'etnocentrismo culturale europeo e dai circoli dell'avanguardia sperimentale statunitense, questo autore non sia ancora presente in molti dei manuali di Storia del teatro o dell'attore (Alonge, Perrelli, Fo, Brockett) né tanto meno dell'Enciclopedia dello spettacolo Garzanti. Probabilmente questa esclusione può essere vista come l'emblema di quella volontà di sostituire agli ostici "politico", "popolare", "marxista", termini che hanno connotato gran parte del suo impegno e contraddistinto il suo pensiero, altri tipi di aggettivi come "sociale" ad esempio per rendere più ampia la connotazione del suo ideale teatrale. Infatti il suo lavoro costituisce una delle fonti primarie dell'approccio educativo e di quelle tecniche della comunicazione volte a mediare e gestire il conflitto. In effetti Boal si è sempre proposto di utilizzare gli strumenti teatrali per analizzare e trasformare la realtà, restituendo al popolo i mezzi di produzione teatrale (Boal 2005) per riappropriarsi della propria identità e dei propri spazi di libertà occupati da tutti i domini esercitate da cerchie ristrette. L'effervescenza degli intellettuali e degli artisti tra il sessantotto e il settantotto ha portato critici e compagnie stesse a parlare di "teatro rivoluzionario" di impostazione marxista ma Boal vede questi appellativi come espressione di una finalità pamphlettistica a cui l'azione drammatica non deve essere ridotta in quanto questa rappresenta una contraddizione di necessità sociali, in senso gramsciano, poiché ogni azione umana modifica la società e la natura (ibidem).

Boal è il fondatore del "Teatro dell'Oppresso" (TdO) che si serve di tutta una strumentazione espressiva per incidere in ambito politico con la costruzione di percorsi di cittadinanza attiva e la promozione di un controllo dal basso delle istituzioni politico-amministrative; sociale per dar voce ai gruppi discriminati e indagare i processi sociali che si attuano nella vita quotidiana; educativo per uno sviluppo della "teatralità umana" attraverso una scoperta di sentimenti come la

129 fiducia, dell'autostima, dell'empatia; in ambito terapeutico perché il malessere sociale non divenga sviluppo di una psicopatologia individuale e infine, ovviamente, teatrale per ridare un valore collettivo all'azione drammatica. Dunque, malgrado l'impostazione del regista brasiliano sia stata più volte inserita in quel filone di pensiero teatrale contraddistinto come "politico" a ben vedere il significato che questi ha dato alla parola, sul campo, è stato più vasto motivo per cui oggi è annoverato tra gli autori del teatro sociale.

Finora ho cercato di estrapolare dal panorama drammatico tutti quegli esempi di metodi e pratiche eseguiti da scrittori e compagnie che si sono posti chiaramente l'obiettivo di farsi e fare al pubblico delle domande sulla natura dell'uomo e della società, scegliendo altresì il fine di indurre un mutamento. C'è stato chi lo ha fatto soffermandosi maggiormente sui processi emotivi indotti dal sapere esperienziale, chi lo ha fatto concentrandosi sul dominio sociale esercitato sul corpo, chi ha guardato al teatro come spazio di intervento per mediare l'interazione e la comunicazione sociale. Boal ha provveduto a creare varie declinazioni della sua pedagogia drammatica per oppressi per indagare ciascuno di questi ambiti. Di seguito riporto alcuni dei più noti tipi di intervento e di esperienze proposti dal suo Teatro.

Uno degli strumenti più conosciuti e utilizzati nella gestione del conflitto e nella mediazione comunicativa, tra quelli ideati da Boal, è il teatro immagine perché consente di elaborare una riflessione analitica sul significato della gestualità e i suoi contenuti relazionali, mettendo spesso in evidenza i rapporti di forza, le diseguaglianze, gli atteggiamenti difensivi. Utilizzando i corpi e i movimenti si realizzano delle "istantanee", delle statue che mostrano visivamente l'espressione di un pensiero collettivo su uno specifico tema scelto a monte dell'esercizio come la disoccupazione, la differenza di genere, l'amore, la famiglia, gli immigrati o rappresentino delle circostanze comuni come un litigio, una discussione, una riappacificazione, un perdono, una punizione, eccetera. Vedere l'azione fermata ad un certo punto, incastonata nella fissità della posa plastica favorisce la comprensione dell'intenzione attribuita ad essa dal soggetto. Durante gli anni della ricerca ho seguito l'attività dei Maestri di Strada, un'associazione guidata da Cesare Moreno e nata per volontà ed impegno di docenti ed educatori per il recupero della dispersione scolastica e la realizzazione di progetti educativi territoriali per la cittadinanza dei giovani. L'associazione si avvale spesso dello strumento teatrale come metodo per

130 supportare l'apprendimento, promuovere la partecipazione e l'integrazione e programmare il lavoro educativo in contesti difficili. Nell'ultimo incontro di formazione tenutosi a Cosenza tutto il gruppo è stato coinvolto in un esempio di Teatro Immagine che mostrasse, attraverso l'efficacia della polisemia dell'immagine, la conflittualità che può generarsi tra ruoli spesso contrapposti. Il gruppo dei partecipanti prevedeva la presenza di insegnanti di ogni materia, ordine e grado, volontari, educatori, scout.

Al contrario dei training e dei laboratori cui ho partecipato negli altri contesti che prevedevano un'adesione spontanea, in questo caso specifico (visto che gli incontri dei primi due anni erano stati organizzati su richieste totalmente a base volontaria) era obbligatoria per alcuni docenti selezionati dai dirigenti delle scuole che avevano aderito al progetto e facoltativa per gli altri operatori e figure ausiliarie al supporto nelle classi. Riporto di seguito le mie annotazioni sull'esercizio.

Il pomeriggio dopo la pausa pranzo le attività sono state riprese subito con il laboratorio teatrale. Il cortile della scuola era probabilmente troppo dispersivo e la temperatura non consentiva ancora di trascorrere molto tempo fuori quindi siamo stati raggruppati nella palestra. Sessantasette persone era il totale dei partecipanti e coinvolti tutti nell'esercizio divisi. Siamo stati dapprima organizzati in coppie casuali scelte secondo l'ordine di prossimità nello spazio della stanza dove ci eravamo sparpagliati. La prima variante consisteva nell'iniziare una azione da parte di uno dei due che l'altro poi doveva "completare" unendosi con il proprio gesto una volta immaginata e supposta la natura intenzionale dell'atto altrui. Una volta immobilizzati all'indicazione dello "stop" si osservava l'immagine di una coppia scelta nel mucchio e la si analizzava discutendone tutti insieme, ciascuno osservandola dalla propria posizione.

La prima "statua" che abbiamo osservato era costituita da un lui in ginocchio che cingeva, a testa china e non visibile, le gambe di una lei in piedi con le braccia lungo il corpo. Nessuno dei due aveva assunto mimiche facciali che avrebbero potuto darci suggerimenti. Ciascuno, quindi, ha proseguito col dare la propria interpretazione dell'azione: per alcuni, quelli che fruivano l'immagine da una posizione frontale, si trattava di una richiesta di perdono a seguito di un cattivo comportamento; quelli in fondo alla stanza, che vedevano solo le spalle di lui sostenevano che l'uomo le stesse allacciando la scarpa. La ragazza al mio fianco, che come me godeva di una visione laterale ha detto di avervi visto la

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proposta di lui rivolta a lei di restare e non andare via. Ogni prospettiva del nostro sguardo cambiava totalmente il senso attribuito all'immagine. Cesare ci ha fatto riflettere su questo, ma non ha chiesto ai due interpreti di svelare il significato da loro stessi dato all'azione. [...] Per la seconda variante siamo stati divisi a gruppi di tre e ci è stato dato un tema da rappresentare: l'autorità. Allo stop la figura che si offriva ai nostri occhi era una persona sulla sinistra in piedi, bloccata nell'atto del parlare, con la bocca aperta e i palmi delle mani verso il cielo sollevate fino all'altezza del torace, un'altra all'estrema destra in piedi con le mani alle orecchie e una evidente espressione di disappunto sul volto e la persona al centro con il piede sinistro indietro verso quella che parla e la mano destra protesa verso la spalla di quella con le orecchie tappate. Chi si trovava difronte ha visto nella scena l'espressione di una lite tra due persone e di un mediatore, la figura al centro: una interpretazione che ha influenzato tutti ed è stata presa per buona. Ma quando ci è stato chiesto di capire chi, tra le due, il mediatore stesse cercando di sostenere la stanza si è divisa a metà. Una delle docenti ha detto che si trattava di un correre in aiuto delle argomentazioni di chi parlava, mentre l'educatrice aveva visto nel piede all'indietro del mediatore la volontà di occuparsi delle ragioni di chi non voleva ascoltare." (Cosenza 8 marzo 2014, laboratorio M.E.T.I.S. La scuola come teatro a cura di Cesare Moreno.)

Il teatro giornale è una di quelle tecniche che Boal ha istituito come occasione per soffermarsi sul mondo del giornalismo e dell'informazione per capire come si costruisce l'opinione pubblica e cosa può influenzarla. Si tratta, sostanzialmente, di prendere delle notizie di giornali o TV che si sente di voler analizzare perché appaiono false o parziali o tendenziose o altro, di metterle in relazione con il resto del giornale rappresentandola dal proprio punto di vista con l'improvvisazione o annunciandola come farebbero gli speaker nella formula corretta o del significato che ne trae il lettore. Contro ogni forma di passività dello spettatore teatrale e sociale questo strumento cerca di smitizzare l'imparzialità e l'obiettività del giornalismo e della comunicazione mediatica mostrando i processi di costruzione di una notizia per evitare che il messaggio venga sparato come un proiettile e "iniettato" nella pelle del ricevente (Lasswell 1927).

Uno strumento forte con il quale i gruppi di lavoro di Boal sotto la sua guida riuscirono a far approvare alla Camera ben tredici leggi sulla base di proposte avanzate nei workshop è il teatro legislativo. Esso consiste nell'attivazione di decine

132 di laboratori teatrali presso gruppi organizzati della popolazione: disoccupati, senza terra, donne, omosessuali, abitanti delle favelas, ecc, insistendo sulla costruzione di proposte articolate da questi avanzate ed emerse a seguito di una serie di esercizi. Si può intendere questa declinazione del metodo come un processo aperto di ricerca perché le leggi siano fatte a partire dai bisogni della popolazione intera e non di élites; come teatro politico che possa connettersi alle Istituzioni per rafforzare un rapporto tra queste e la base della popolazione che le ha legittimate a governare. Si può usarlo per produrre leggi che nascano da esigenze condivise dalla base cosa che pero' richiede la partecipazione delle istituzioni stesse (circoscrizioni, comuni, province) e inoltre necessita di una forza della società civile e di una sua precedente strutturazione, affinché le proposte siano poi sostenute; oppure come mezzo non di costruzione di leggi nuove ma di difesa e applicazione di quelle esistenti. Questo richiede un gruppo abile ad agire con rapidità , incisività e una base interessata all'applicazione di quella legge quindi associazioni, comitati, organismi vari. Delicato e' quindi il ruolo di chi guida/sostiene/stimola questo processo, come delicata e' la coscientizzazione (Freire 1970) perché non scivoli né nella trasmissione di verità precostituite, ne' nel lasciar passare tutto come espressione della volontà popolare. Con questa parola ci si riferisce alla ricerca pedagogica e politica che ha per obiettivo il potenziamento delle conoscenze e delle risorse dei gruppi facilitando un processo di apprendimento che diventa coscienza critica, transitiva e dialogica e potenzialità di liberazione. La coscientizzazione e' una pratica diffusa in molti paesi soprattutto in Sudamerica, centrata sulla fiducia nel "sapere" degli oppressi e sul ruolo problematizzante del conduttore che educa e al tempo stesso apprende dialogando (Id.).

Occuparsi dei disagi manifestati da una collettività e in quanto collettività sostenerli con l'azione drammatica ha spinto alcuni membri di uno stage tenutosi a Parigi a chiedersi come liberarsi anche dalle oppressioni personali affinché non divenissero psicopatologie. Questa richiesta spinse Boal ad investigare anche come pensieri e azioni che si muovono nella pratica sociale possano continuare a lavorare da dentro attraverso il loro introiettamento. Con questo scopo è nata la tecnica del flic dans la tete che letteralmente significa "il poliziotto nella testa". Gli esercizi mirano quindi a portar fuori delle paure individuali e a indagarne l'origine prendendo le forme quasi di un sociodramma moreniano e della sua successiva rielaborazione fatta dal Playback. Si inizia, infatti, con un racconto del protagonista a cui segue la

133 costruzione di immagini proposte da lui stesso o dal pubblico che ha ascoltato la sua storia e successive improvvisazioni in un susseguirsi di relazioni e di piani dove il reale, il simbolico, il fantastico e il grottesco si incontrano permettono un'esplorazione ricca di suggestioni.

Da ciò che si è detto finora si deduce espressamente che Boal si sia spinto oltre i confini della performance in un approccio che mostra delle forti somiglianze con i metodi di indagine propri delle ricerche sociali come nel caso della tecnica che chiama teatro invisibile la quale, a mio avviso, con i suoi esercizi, giochi, esperimenti, costituisce una dimostrazione di quella che definirei una etnometodologia teatrale.

Molestia sessuale. Questo spettacolo invisibile è stato recitato tre volte nella metropolitana di Parigi, sulla linea Vincennes-Neuilly. Il teatro scelto era sempre l'ultimo vagone davanti alla prima classe, a metà treno. Prima azione. Il gruppo (meno due attori) saliva alla prima stazione. L'inizio della scena era alla seconda: due attrici restavano in piedi presso la porta centrale; un'attrice, l' Aggredita, si sedeva, il Tunisino era sul seggiolino a fianco, la Madre e il Figlio un po' più lontani, gli altri attori sparsi nel vagone. Per due stazioni, niente di anormale; leggevano il giornale o iniziavano una piccola conservazione con gli altri passeggeri,ecc. Seconda azione. Alla terza stazione saliva un attore, l'Aggressore. Egli si sedeva di fronte all'Aggredita, o restava in piedi al suo fianco, se il posto era occupato. poco dopo, cominciava ad appoggiare la gamba su quella della ragazza che si metteva a protestare immediatamente. L'Aggressore diceva che non aveva fatto nulla, che era successo per caso. Mai nessun passeggero difendeva la ragazza. Un po' più tardi l'Aggressore tornava alla carica, e non solo appoggiava la gamba, ma passava ostentatamente la mano sul fianco della ragazza. Questa si indignava ma nessuno la sosteneva. Lei si alzava, si metteva di fronte e restava in piedi. Il Tunisino ne approfittava per sostenere...l'Aggressore. Qui finiva la seconda azione. Terza azione. Alla quinta stazione saliva l'Aggredito, un giovane attore veramente molto bello. Era appena entrato quando due attrici vicine alla porta, la Femminista e la sua Amica, facevano a voce alta delle riflessioni sulla bellezza del giovane. Qualche istante dopo la Femminista [...] gli chiedeva a quale stazione sarebbe sceso. Lui protestava [...] "io scendo alla Repubblica, e se voi voleste scendere potremmo passare un buon momento assieme". Ella diceva tutto ciò accarezzandolo, sotto gli occhi sbalorditi dei passeggeri che facevano fatica a credere a questa scena

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insolita. [...] Il giovane voleva fuggire ma era stretto tra la Femminista e l'Amica, che dichiaravano il loro diritto di baciarlo. Questa volta i passeggeri presero posizione...contro le donne. Già parecchi attori erano intervenuti direttamente nell'azione. L'Aggressore aveva preso le difese dell'Aggredito. L'Aggredita quelle della Femminista, spiegando che pochi momenti prima quando lei era stata molestata, nessuno l'aveva difesa, e che se un uomo aveva il diritto di molestare una donna, anche la donna doveva avere i, diritto di molestare un uomo che le piaceva (Boal 1993. trad. it. p.40

Sembra di leggere un breaching experiment, ovvero un esperimento di rottura/violazione tipico dell'equipe di Garfinkel. L'atteggiamento naturale della vita ordinaria è turbato da smarrimento e costernazione, tuttavia la "normalità" apparente è ancora fatta salva dalle giustificazioni degli attori. I gruppetti di sostenitori mantengono il clima della fiducia nel senso che si fidano dell'altro e della sua volontà di aderire a quel tipo di ordine, di pensiero comune.

Quarta azione. L'Aggredita, la Femminista e la sua Amica tentano di attaccare assieme il primo Aggressore, che sparisce. Gli attori restano nel vagone per ascoltare ciò che dicono i viaggiatori, e anche per indirizzare un po' le conversazioni sull'imbecillità della molestia sessuale nella metropolitana di Parigi o in qualsiasi altro posto. -come in un Focus Group - Per essere sicuri che tutto il vagone fosse al corrente di ciò che stava succedendo, la Madre domandava al Figlio di cosa si trattasse. Il giovane osservava e raccontava sempre molto forte (in modo che tutti lo sentissero), diffondendo così l'azione che si svolgeva più lontano. Nel corso di queste scene ci sono stati episodi deliziosi. Per esempio quella vecchia signora che esclamava: "Lei ha proprio ragione quel giovane è la bellezza in persona...". O quel signore che, difendendo con veemenza il diritto maschile, diceva:" È la legge della natura". Secondo lui le avances maschili erano una legge di natura, ma gli stessi gesti fatti da una donna erano un'aberrazione. Peggio ancora, un altro uomo aggiunse che quando una donna è aggredita sessualmente è perché "essa ha fatto qualcosa: lo sbaglio è sempre della donna". Uno dei due uomini che difendevano questa strana teoria era seduto a fianco della moglie. Il Tunisino non perse tempo [...] e fece finta di accarezzarla. Si arrivò ad un passo dalla lite! Il Tunisino dovette presentare le sue scuse e scendere prima della stazione prevista" (ibidem).

135 Lo scrittore brasiliano continua raccontando che in una delle rappresentazioni la metro si arrestò per i gran disordini che vi si crearono dentro, eventualità assolutamente imprevista dagli attori che dovettero improvvisare senza sapere cos'altro fare.

Nell'esempio lo spettatore si trasforma in protagonista dell'azione senza nemmeno averne coscienza perché ignora l'origine fittizia della circostanza attorno a lui e che, intanto, permette agli attori, cui l'identità è celata dal personaggio, di compiere una osservazione partecipante non palesata nei suoi confronti.

L'irrompere nella quotidianità e osservare cosa accade è una possibilità che la sociologia può sperimentare anche con l'ausilio di questi mezzi.

Tuttavia, al contrario, ci sono casi in cui è richiesta tutta la capacità critica e la coscienza dello spettatore che spesso, per essere incoraggiato a partecipare in modo attivo, viene coinvolto in una serie di giochi ed esercizi necessari a scaldarlo. Il teatro forum è uno di questi nonché, probabilmente, il campo di applicazione più diffuso del metodo dell'Oppresso, particolarmente efficace per inoltrarsi, senza generare traumi, nel mondo delle rappresentazioni sociali di gruppi culturalmente diversi tra loro e può essere considerato una sorta di brainstorming su temi sociali. La tecnica nasce in Perù casualmente per l'insoddisfazione di una spettatrice che non riusciva a veder realizzati dagli attori i propri suggerimenti. Utilizzata dal Dipartimento di sociologia della UEL nel progetto IPSA insieme allo storytelling del Playback essa prevede la realizzazione di una scena teatrale che rappresenta una