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Capitolo 2: La valorizzazione gli itinerari culturali e di pellegrinaggio come

2.2 Il turismo religioso

Come afferma Battilani (2001, p. 86), le trasformazioni culturali avvenute nel XV secolo, con l’affermazione dell’Umanesimo prima, e del Rinascimento poi, portarono ad una nuova e diversa concezione dell’individuo, concezione in cui arte, cultura e scienza assumono una nuova centralità. Tale rivoluzione

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culturale si ripercosse anche sul turismo: «gli itinerari dei viaggi si allontanarono da santuari e luoghi sacri per toccare le città d’arte dell’Europa centrale e mediterranea, poiché i nuovi viaggi non avevano più come obiettivo le indulgenze, ma quello di ricevere una formazione culturale ed acquisire una nuova sensibilità artistica o scientifica»4. Questo cambiamento radicale nelle motivazioni stesse di viaggio portò all’affermarsi del Grand Tour fra i giovani aristocratici europei fra Cinquecento ed Ottocento.

Oggi, in continuità con tale percorso, ci troviamo davanti ad un concetto di turismo religioso che condivide molto con quello culturale, tanto che spesso le due ‘anime’ coesistono nel viaggio: un po’, per un discorso di motivazione, per cui a quella religiosa si abbina un interesse culturale per la destinazione, e un po’ perché i beni religiosi costituiscono a tutti gli effetti beni culturali, per cui come si fa a stabilire se chi li visita lo fa spinto da ragioni di tipo religioso, culturale, o entrambi?

Secondo l’Osservatorio Nazionale del Turismo5, l’Italia ospita duemila santuari e tremila strutture ricettive dedicate (case religiose, case vacanza, strutture alberghiere, ostelli ecc..). Il turismo religioso rappresenta l’1,5% dei flussi (1,1% della domanda italiana, 2% di quella straniera), e le maggiori destinazioni sono Lazio, Umbria e Puglia, seguite da Marche, Campania, Molise, Liguria, Veneto, Abruzzo, Sicilia, Calabria.

Sempre secondo lo studio dell’ONT, la motivazione religiosa prevale (71,9%), ma compete con altre, quali la ricchezza del patrimonio artistico e monumentale (16,9% degli italiani e 59,3% degli stranieri), la partecipazione ad eventi religiosi (42,9% degli italiani e 33,1 degli stranieri) e, fra gli stranieri, il desiderio di vedere un posto nuovo (38,2%) e di conoscere usi e costumi locali (32,2%). È qui lampante come il turismo religioso si leghi per sua natura a quello culturale. A confermarlo sono anche le attività svolte dai turisti: visite nei centri storici (44,3% degli italiani, 77,7% degli stranieri), monumenti e siti archeologici (30,9% degli italiani e 78,3% degli stranieri),

4

P. Battilani (cit. nota 1), p. 86

5

Osservatorio Nazionale del Turismo, Analisi dei Prodotti Turistici, in collaborazione con ISNART e UnionCamere, Roma, dicembre 2011, pp. 132-147

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musei e mostre (20,3 degli italiani e 55,7 degli stranieri); compaiono, inoltre, degustazioni di prodotti locali (18%), escursioni (15,3%) e shopping (13,8%).

Il legame fra turismo e religione è, dunque, innegabile. Esiste infatti una continuità storica e culturale fra pellegrinaggi e turismo religioso (Nuzzo, 2008, pp. 108-109). Eppure, tale legame è stato ampiamente contestato: dalle autorità religiose in virtù di un presunto abbrutimento della pratica del pellegrinaggio puro da parte di quella turistica, ma anche da molti contributi teorici, per via di un mancato accordo su cosa possa essere definito comportamento turistico religioso (Nuzzo, 2008, pp. 10-11). Per esempio, chi visita un luogo per motivi puramente religiosi si definisce pellegrino o turista? In realtà, in entrambi i casi si parla di spostamento dal proprio luogo di residenza, di un fenomeno potenzialmente esteso, e dunque impattante sulla destinazione, cosicché si profila la necessità di organizzare la stessa a livello di servizi, infrastrutture, eccetera (pensiamo, ad esempio, alle conseguenze in termini territoriali di un Giubileo).

A nostro parere, la distinzione base fra le due figure sta essenzialmente nella motivazione: il pellegrino puro viaggia per penitenza, il turista della cultura lo fa per diletto, voglia di conoscere, interesse culturale e/o altre motivazioni. Verrebbe da puntualizzare che il pellegrino puro è una figura storica che oggi non esiste quasi più, e che nel viaggio – seppur religioso – interferiscono motivazioni culturali come di altra natura e, sicuramente, è stato messo in ombra l’aspetto penitenziale di un cammino periglioso ed incerto, per cui oggi chi anche si rechi presso luoghi cultuali per pura motivazione religiosa, spesso lo fa per rendere omaggio alla figura sacra, e quasi mai per sottoporsi ad una penitenza e, anzi, chi arriva contando esclusivamente sulle proprie gambe rappresenta una minoranza (altrimenti, mai e poi mai il fenomeno turistico religioso avrebbe raggiunto dimensione di massa). Cambia, dunque, anche proprio il modo di concepire la motivazione spirituale stessa, e si sposta l’attenzione dal cammino in sé, e dalla sua funzione penitenziale, alla destinazione.

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Come affermano Nuzzo (2008, pp. 108-109, 116), Murray e Graham (1997, p. 517), Lemmi e Siena Tangheroni (2015, p. 440), basandosi sulle teorie di Smith, turismo e pellegrinaggio si trovano ai lati opposti di un continuum, le cui vie di mezzo sono costituite da motivazioni, religiose e non, che si incastrano in modi diversi. Il turismo religioso si colloca al centro di questo continuum. Esso, dunque, ospita istanze legate alla fede, ma anche culturali e sociali, coerentemente con quella che è la cultura post-moderna attuale.

Abbiamo, dunque, da una parte un turismo religioso che assomiglia sempre meno al pellegrinaggio penitenziale di altri tempi (pellegrino nelle motivazioni, ma non nei modi), e dall’altra una tendenza di altri tipi di turismo (che nulla hanno a che fare con la motivazione religiosa) a utilizzare sempre di più le antiche vie di pellegrinaggio per altri scopi, valorizzandole secondo nuovi punti di vista (pellegrini nei modi, ma non nella motivazione).

Al di là del dibattito sulle motivazioni della domanda (il tema sarà ripreso nei prossimi capitoli), sta di fatto che questo flusso (religioso o non religioso, in cammino o con mezzi motorizzati) provoca impatti sulla destinazione, impatti che devono essere gestiti, e questo spinge non solo gli enti religiosi, ma anche il legislatore ad intervenire, soprattutto in corrispondenza degli eventi più imponenti (come il sopracitato Giubileo). Entrano, allora, in ballo temi tipici dello sviluppo turistico come la tutela dei beni (che sono religiosi ma anche culturali) e dei relativi finanziamenti, l’organizzazione e la regolamentazione dei servizi (anche quelli di intermediazione), la gestione delle infrastrutture, il controllo sugli effetti economici, sociali, culturali e ambientali sulla destinazione, le difficoltà di monitoraggio dei flussi. Si tratta, dunque, di una vera e propria pianificazione e gestione turistica.

Ed infatti, come afferma Nuzzo (2008, p. 117), quello religioso assume i caratteri del turismo moderno, il che ha permesso di praticarlo ad un numero sempre maggiore di persone, rendendolo a tutti gli effetti un fenomeno di massa. Oggi, il «viaggio sacro» privilegia aspetti culturali, solidali, sociali, che

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lo accomunano sempre di più alle forme di turismo sociale e culturale. È come se pellegrinaggio e turismo si fossero fusi in una forma intermedia.

Inoltre, come si è accennato in questo paragrafo e come si vedrà in particolare nel capitolo 3, il turista pellegrino odierno che sceglie un viaggio lento (assimilabile all’antico pellegrinaggio) lo fa per svariate ragioni, ma prima di tutto per ricercare una spiritualità che – permeata o meno dall’elemento religioso – si caratterizza per intimità e contatto con se stessi, equilibrio, riappropriazione dei ritmi naturali.

Quanto appena detto dimostra che, al di là del dibattito in corso, da una parte il turismo dei luoghi sacri muove masse, dunque sviluppa un potenziale turistico che implica, tuttavia, dei rischi in termini di degradazione sociale, culturale, economica ed ambientale; dall’altra, le antiche vie di pellegrinaggio esprimono oggi un potenziale che non si esaurisce esclusivamente all’interno del discorso religioso. E questo ci ricollega, come si vedrà nei paragrafi successivi, ai temi della sostenibilità e dell’organizzazione dell’offerta in un’ottica di qualità totale e integrata.

2.3 La valorizzazione degli itinerari culturali e di pellegrinaggio nella cornice