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Il “come” della tutela giuridica prenatale: danno al nascituro

3.3 Il nascituro quale autonomo centro di interessi giuridicamente

3.3.1 Il “come” della tutela giuridica prenatale: danno al nascituro

responsabilità aquiliana

Alla luce di quanto riportato, la tutela della vita prenatale assume la forma del riconoscimento della titolarità di situazioni giuridiche soggettive dirette a proteggere interessi di contenuto elementare come la vita, la salute, l’identità, il rapporto con le figure familiari.

Il problema che si pone a questo punto è quello relativo al “come” della loro protezione in sede processuale; ancora oggi, infatti, il tema in merito all’individuazione dello strumento civilistico più idoneo a porre rimedio alla lesione prenatale è oggetto di dibattito.

212 Secondo F.D.B

USNELLI, La tutela giuridica dell’inizio della vita umana, in La tutela giuridica della vita prenatale, a cura di R.ROSSANO S.SIBILLA,Torino, 2005, è proprio nel necessario bilanciamento dei diritti alla vita e alla salute del concepito con gli omologhi e (tendenzialmente) prevalenti diritti della madre che si prospetta, a favore del nascituro, «la singolare soggettività di essere umano, distinta dalla soggettività della “persona” codicisticamente intesa», 55.

213 P. S

TANZIONE, G. SALITO, La tutela del nascituro, una ricorrente vicenda giudiziaria, in Il dir. di fam. e delle pers., 2013, 473 ss..

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In un primo momento la tutela giudiziale del concepito è stata inquadrata nell’ambito delle regole civilistiche della responsabilità ex art. 2043 c.c.. Tale soluzione ha permesso di aggirare agevolmente il problema della formale mancanza di capacità giuridica del concepito.

E’ la stessa struttura dell’illecito civile, così come ricostruita ed interpretata dalla miglior dottrina, che consente, al di là degli articolati tentativi di attribuire al nascituro una parziale o anticipata capacità giuridica, di prescindere dagli ingombranti limiti insiti all’art. 1 c.c., ed affermare la piena compatibilità delle ipotesi di danno con la responsabilità aquiliana214.

Punto nevralgico della riflessione è stato ritenuto il principio generale della non necessaria contemporaneità tra condotta illecita ed evento dannoso215.

Nel corso di questo elaborato si è già osservato come l’art. 2043 c.c., affinché si possa parlare di responsabilità extracontrattuale, richieda la presenza dei requisiti della condotta antigiuridica («qualunque fatto»), dell’elemento soggettivo (colpa o dolo), del danno ingiusto, della relazione di causalità tra condotta e pregiudizio arrecato.

214

Cfr. R.SIMONE, Danno alla persona per nascita indesiderata, in Danno e resp., 2002, 489, il quale, appunto, rileva che «al fine di accordare la tutela risarcitoria in discorso, non sembra necessario arrovellarsi nel tentativo di superare le incoerenze tra la nozione codicistica di persona e la tutela della nascita sin dal suo inizio, cercando di costruire su base costituzionale la capacità del nascituro, bastando, invece, come sostenuto da parte della dottrina, una corretta applicazione dei principi di responsabilità civile».

215 In dottrina Cfr. P.R

ESCIGNO,Il danno da procreazione, Milano, 2006, secondo cui «se l’illecito e la conseguenza dannosa possono essere separati nel tempo, non è necessario che il soggetto passivo già esista al momento in cui l’atto è compiuto, così come non si richiede che tuttora esista l’autore dell’illecito nel momento in cui il danno si produce», cit. 633. In giurisprudenza cfr. Cass., 22 novembre 1993, n.11503, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, 690 ss. ha ribadito il principio per cui «al fine del risarcimento del danno extracontrattuale, non è necessaria la permanenza di un rapporto intersoggettivo tra danneggiante e danneggiato e che dunque quest’ultimo sia dotato di capacità giuridica essendo sufficiente che il soggetto passivo – nel caso di specie il nascituro – sia centro di interessi giuridicamente tutelati». Negli stessi termini si è espressa anche Cass. pen., 21 giugno 2000, n.11625, in Giust. civ., 2001, I, 711 ss..

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Come emerge dal tenore letterale della norma, l’articolo in esame non ricomprende tra gli elementi integrativi del fatto illecito quello della coincidenza temporale tra comportamento colposo e danno subito. Ciò che, invece, in base a quanto espressamente sancito dalla disposizione, acquista indubbio rilievo è la necessaria esistenza di un collegamento causale tra i due.

In altri termini, la corretta applicazione delle disposizioni previste dall’ordinamento in tema di responsabilità aquiliana non necessita che, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità, sia necessaria una contiguità temporale tra atto illecito e danno, ben potendo quest’ultimo verificarsi anche a distanza di tempo dal primo, a condizione che non intervenga alcun fattore esterno ad interromperne la consequenzialità eziologica216. A sua volta il nesso di causa opera in termini di normale idoneità della condotta a produrre il danno, secondo un giudizio di adeguatezza causale, indipendentemente dal momento in cui tale danno si verifica217.

La Corte di legittimità ha risolto il problema della tutela aquiliana del nascituro facendo leva su tali principi generali; si è potuto così affermare che, ad esempio, in ipotesi di danno per l’uccisione del padre, il danno morale al nascituro consiste nella sofferenza per la perdita luttuosa, perdita che, ad ogni modo, egli avvertirà, non già durante la vita endouterina, bensì successivamente alla nascita, quando egli potrà realmente percepirla ed elaborarla in termini psico-affettivi218.

216 G.F

ACCI, I nuovi danni nella famiglia che cambia, Milano, 2009, 266.

217 G. M

IOTTO, Il danno al nascituro e (molto) altro in una pronuncia della Cassazione penale: un’occasione per riflettere sulla svolta giurisprudenziale in tema di struttura dell’illecito civile, in Resp. civ. prev., 2001, 327 ss..

218 In questi termini Cass. pen., 13 novembre 2000, n.11625, in Resp. civ. e prev.,

2001, 327 ss., con nota di G. MIOTTO;in Corr. giur., 2001, 356 ss., con nota di P. MOROZZO DELLA ROCCA, Il danno morale al concepito ovvero il già e non ancora nella responsabilità civile. La decisione affronta un caso analogo a quello contemplato dal Cass.3467/1973; quest’ultima, al di là delle già ricordate considerazioni in merito alla mancanza di capacità giuridica del nascituro, aveva escluso la tutela aquiliana (anche) sulla base della considerazione per cui, affinché vi sia illecito, è necessario che si istauri una relazione intersoggettiva tra gli individui coinvolti. Il fatto che

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In quell’occasione il Collegio, con un’attenzione inusuale per un giudice penale rispetto al tema della struttura dell’illecito civile, ha riconosciuto, per la prima volta in giurisprudenza apertis verbis, come

«in realtà, nel caso della responsabilità extracontrattuale, il problema della tutela del nascituro concepito e successivamente nato può trovare una ragionevole e positiva soluzione con l’applicazione dei principi in tema di responsabilità civile per fatto illecito la cui struttura è delineata all’art. 2043 c.c.»219

.

La non necessaria contemporaneità tra l’illecito e il danno ingiusto consente di considerare il “danno al nascituro” quale «danno di una

persona effettivamente nata»220, posto che, in ogni caso, «se la nascita non si verifica […] il danno ingiusto non sorge»221

.

In altre parole, nella realtà dei fatti, si tratta di un danno che incide immediatamente e direttamente su di un soggetto venuto ad esistenza, sia pure per effetto di un fatto colposo commesso anteriormente al parto. Il danno di cui si chiede ristoro non incide esclusivamente sulla vita endouterina, ma è, invece, immediatamente collegabile alla nascita.

La soluzione appare coerente con il sistema anche al fine di evitare che si venga a creare la circostanza per cui da un lato vi sia un soggetto sicuramente danneggiato il quale, tuttavia, si trova discriminato rispetto

l’individuo danneggiato non fosse ancora venuto al mondo lo escludeva a priori. Tale impostazione risentiva di una concezione dell’illecito civile, oggi, ampiamente superata. Il fondamento di questa tesi è, infatti, da ricercare nelle teorie tradizionali, che scorgevano nel fatto illecito la mera violazione di un diritto soggettivo assoluto, posto da una norma di relazione. La motivazioni addotte a fondamento della pronuncia del 2000 hanno portato ad escludere che, affinché possa darsi ingresso alla responsabilità aquiliana a favore del concepito successivamente nato, sia necessario il requisito del «rapporto intersubiettivo attuale» con il danneggiante.

219

Cit. Cass. pen., 13 novembre 2000, n.11625.

220 Cit. Cass. pen., 13 novembre 2000, n.11625. Stando così le cose, secondo G.

MIOTTO, Op. cit., non vi sarebbero neanche dubbi in merito alla natura delle situazioni giuridiche soggettive lese: «nel caso del nascituro, infatti, le posizioni giuridiche lese dall’illecito hanno indiscutibilmente natura di diritto soggettivo, al pari di quelle di qualunque altra persona che venga a trovarsi nelle medesime condizioni può vantare. In questo caso parliamo di diritti del nato come la Corte stessa ci ricorda, e non già di interessi variamente qualificati (legittimi, diffusi..), di aspettative o di altro che diritto soggettivo non sia», 344.

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agli altri danneggiati solo perché il danno si è manifestato in un momento assai lontano dall’originaria condotta; dall’altro vi sia, invece, un soggetto danneggiante sicuramente responsabile, il quale è privilegiato rispetto agli altri danneggianti perché gli effetti lesivi della sua condotta si sono manifestati in un momento molto distante nel tempo.

Il ricorso alla disciplina di cui agli artt. 2043 ss. c.c. appare pertanto strumento idoneo ad offrire tutela agli interessi del nascituro lesi dalla condotta antigiuridica di un qualunque soggetto danneggiante.

Nell’ultimo decennio, tuttavia, conformemente a quanto verificatosi nella prassi giurisprudenziale, sempre più orientata a ricondurre tutte le ipotesi di responsabilità sanitaria all’area dell’inadempimento contrattuale, sono state postulate diverse proposte e soluzioni in merito al problema della tutela del diritto alla salute del concepito.