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La tutela dell’onore.

5. Il sistema dei limiti costituzionali alla libertà di manifestazione del pensiero.

5.2. I cosiddetti limiti impliciti alla libertà di manifestazione del pensiero.

5.2.1. La tutela dell’onore.

Come si è anticipato nel paragrafo precedente, il limite dell’onore non presenta un immediato ed esplicito collegamento con una determinata norma della Costituzione italiana. Di qui, il dibattito in dottrina circa l’individuazione del “referente costituzionale” dell’interesse sotteso all’operatività del predetto limite all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero110. Dibattito che non ha, peraltro, portato ad un orientamento unitario.

In particolare, mentre taluni hanno rinvenuto la norma di riferimento del predetto limite nella generale previsione contenuta nell’art. 2 Cost., talaltri hanno, invece, preferito fare riferimento al disposto del successivo art. 3

Cost.111, e, più nel dettaglio, alla nozione di “pari dignità sociale”, arrivando, così a qualificare il limite dell’onore come dovere di astensione dal proferire giudizi sull’altrui indegnità112.

In tale ultima prospettiva, si è giunti alla conclusione per cui non comporterebbe limitazione all’esercizio della libertà di espressione l’addebito di fatti lesivi altrui che, però, non determinino un contestuale giudizio disonorevole sulla persona113.

Non è mancato, peraltro, chi ha rinvenuto il fondamento costituzionale della tutela dell’onore proprio nel dettato dell’art. 21, comma primo, Cost.. Si è infatti, rilevato come tale disposizione, nella misura in cui estende la tutela in essa prevista anche alla libertà negativa di manifestazione del pensiero, ovvero il cosiddetto diritto al silenzio114, non può non estendere tale protezione, altresì, alla esigenza di non divulgare notizie e/o giudizi disonorevoli.

A prescindere dalla tesi cui si intenda aderire, il problema principale attiene alla esatta individuazione dell’interesse, costituzionalmente tutelato, dell’onore.

Ancora una volta, numerose sono state le definizioni di tale bene fornite dalla dottrina: fra le tante, l’individuazione, nell’onore, di quel complesso di

110

E’ incontestabile, in ogni caso, il collegamento tra il bene dell’onore ed altre norme costituzionali poste a tutela di ulteriori beni di pari rango: fra queste, l’art. 13 Cost., in materia di libertà personale, o l’art. 19 Cost., riguardante la libertà religiosa.

111

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza

distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione; di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

112

Esposito, cit., 44. 113

Così, Chiola, Manifestazione del pensiero, cit., 11. 114

condizioni da cui dipende il valore sociale della persona115, ovvero dell’opinione che delle qualità di un individuo ha la persona stessa o la società116.

Costituisce, peraltro, principio pacifico quello secondo cui l’onore rappresenta un valore intrinseco ed imprescindibile della persona, in quanto tale meritevole di tutela sempre e senza distinzione alcuna, costituendo un aspetto della personalità di ogni singolo uomo in quanto tale117. Di qui, si è giunti, altresì, ad una definizione dell’onore che tenga conto di entrambi gli aspetti dello stesso: da un lato, quello soggettivo, ovvero il sentimento che ogni soggetto ha della propria persona e dignità; dall’altro, quello più propriamente oggettivo, da intendersi quale giudizio e/o opinione e, più in generale, l’opinione che la collettività ha di quel soggetto.

Del resto, una simile definizione trova conferma nella tutela apprestata a tale bene dal codice penale, che, nel prevedere, quali delitti contro l’onore, le fattispecie criminose dell’ingiuria e della diffamazione, svela la natura ambivalente del bene dell’onore: la natura soggettiva, tutelata dalla norma relativa al reato dell’ingiuria, quella, invece, oggettiva, garantita dalla disciplina del reato di diffamazione118.

115

Antolisei, Manuale di diritto penale – parte speciale, Milano, 1986, vol. I, 153. 116

Mancini, Trattato di diritto penale, Torino, 1964, 475. 117

Alessandrini, E’ la stampa, bellezza, la stampa. E tu non puoi farci niente

(Diffamazione e libertà di stampa: un’indagine), cit., 1051.

118

Art. 594 c.p. (“Ingiuria”): “Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona

presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.

Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone”.

Art. 595 c.p. (“Diffamazione”): Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente,

comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.

Non sono, peraltro, mancate critiche ad una tale teoria, le quali hanno fatto leva, in particolar modo, sul rischio che la dicotomia del bene dell’onore possa far venir meno l’unitarietà dell’interesse stesso, nel senso di individuare nei due menzionati aspetti, quello soggettivo e quello oggettivo, due diversi beni giuridici: ovvero, da un lato, il bene dell’onore, dall’altro, quello della reputazione.

In ogni caso, indipendentemente dalla tesi cui si intenda aderire, il problema principale resta quello del contemperamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela dell’onore. Bilanciamento che si pone, in primo

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.

Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.

Al di là della tutela penale, unico strumento contemplato dall’ordinamento a tutela del bene dell’onore è costituito dal diritto di rettifica, così come previsto dall’art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, il quale così dispone: “Il direttore o, comunque, il

responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.

Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono. Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce.

Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate.

Qualora, trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma, l'autore della richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell'articolo 21, può chiedere al pretore, ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione. La mancata o incompleta ottemperanza all'obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000.

La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata.”

luogo, in relazione ad una peculiare forma di manifestazione del pensiero, costituita dal cosiddetto ius narrandi, ovvero il diritto di cronaca, suscettibile di essere sottoposto a specifici limiti in vista della tutela del diverso bene, costituzionalmente tutelato, dell’onore119.

In secondo luogo, poi, è innegabile come la necessità di un coordinamento tra i contrapposti beni della libertà di espressione e dell’onore emerga, in maniera ancora più evidente, laddove si realizzino le peculiari forme di manifestazione del pensiero rappresentate dal diritto di critica e da quello di satira120.

E’ bene, inoltre, rilevare come il bene dell’onore, se riconosciuto come valore, interesse del singolo, è stato, a più riprese, individuato dai giudici costituzionali anche quale interesse delle cosiddette formazioni sociali, nonché dello stato, ivi comprese le istituzioni appartenenti allo stesso.

Quanto al primo profilo, costituisce oggi un principio consolidato nella giurisprudenza quella della tutelabilità della reputazione, non soltanto delle persone fisiche, bensì anche di quelle giuridiche. Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla particolare disciplina prevista per i segni distintivi (marchio, insegna, ditta) di una azienda, quale espressione, appunto, della necessità di tutelare l’immagine e la reputazione dell’azienda stessa.

Quanto, invece, alla estensione della tutela dell’onore anche allo Stato, importante è stato il contributo fornito dalla Corte costituzionale, la quale ha costantemente riconosciuto la necessità di apprestare una particolare tutela al cosiddetto prestigio della pubblica amministrazione121. Espressione

119

Si rinvia, sul punto, a quanto rilevato, supra, al § 3.1.. 120

Si rinvia, sul punto, a quanto rilevato, supra, al § 3.1.. 121

In una tale prospettiva, la Consulta ha rilevato, in particolare, come l’esigenza di tutelare tale bene importi una differente considerazione dell’offesa del bene dell’onore e

di una simile ratio sembra potersi rinvenire nella fattispecie criminosa del reato di oltraggio a pubblico ufficiale122, oggi, peraltro, abrogata123, con riferimento alla quale, appunto, la Consulta aveva avuto modo di ribadire la necessità di dare una protezione rafforzata all’onore delle persone investite di funzioni pubbliche124.

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