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3.3 CUTE: ideazione di un modello a 4 variabili

3.3.2 U come Users

Il secondo componente descrive l’importanza di sapere chi userà ciò che si sta realizzando e questo tipo di analisi riguarda gli elementi caratterizzanti dell’esperienza immersiva descritti con i termini di fruition, people relation, people disabilities e content.

L’importanza di questo fattore è rilevante in quanto la progettazione e lo sviluppo deve essere incentrato sulle proprietà e caratteristiche degli utenti, sulla base di quelle che sono le loro attitudini ed esperienze che possono influenzare il raggiungimento di obiettivi specifici.

Nel corso degli anni la figura dell’uomo è stata oggetto di studi di varia natura in quanto è una macchina complessa e articolata del quale molto si conosce, ma che comunque tende ancora di tanto in tanto a regalare novità e sorprese.

Abbiamo descritto precedentemente l’origine e i comportamenti dell’uomo come animale sociale, le implicazioni riguardanti aspetti sociologici dell’essere, l’uomo-utente al centro dei processi dell’interaction design e di un approccio di design di tipo user-centered e che costituiscono le premesse base su cui si articola questa sezione.

Da un punto di vista del presente lavoro il focus della figura dell’essere umano viene posizionato su di lui in quanto utente e quindi su come questo interagisce con gli artefatti digitali. É importante sapere quindi quali sono i meccanismi fisici che vengono stimolati, le sensazioni che vengono percepite, le azioni che è in grado di compiere e altri possibili eventi che possono essere generati nell’interazione che avviene con un sistema immersivo.

Alcune di queste nozioni sono state descritte nelle sezioni precedenti del presente lavoro, quando abbiamo discusso la stimolazione del “sense of immersion” e quindi descritto le meccaniche dei sensi e dei ricettori umani, oppure quando parlando di user-centered design abbiamo discusso il ruolo dell’utente nelle varie fasi di progettazione.

In questa parte del lavoro discuteremo invece di alcune questioni legate, nello specifico del nostro modello, al momento in cui questo fruisce l’esperienza e quindi sul come mantenere il coinvolgimento e l’attenzione dell’utente mentre interagisce col sistema, come questo può

commettere errori e perché, in modo da progettare bene e meglio (Weinschenk, 2011, 2015).

Legato a questo concetto di utente ci sono alcuni fattori che vanno presi in considerazione durante la progettazione di un artefatto immersivo e che sono sia di carattere generale che specifici legati all’uso di un sistema immersivo.

A livello generale fattori rilevanti sono da considerarsi il genere, l’età e la presenza di disabilità fisiche o cognitive nei possibili end-users.

Affrontando il tema del genere è stato riscontrato che le donne sono maggiormente predisposte nell’ottenere negative outcomes (es. motion sickness) rispetto agli uomini quando si trovano a fruire di un’esperienza immersiva attraverso HMD e che gli uomini sono maggiormente predisposti ad un utilizzo di questo tipo tecnologie (Arino et al., 2014; Lin, 2017; Munafo et al., 2017).

Per quel che riguarda la tematica legata all’età, gli utenti più giovani hanno maggiori probabilità di accettare tecnologie immersive rispetto agli utenti più anziani, creando più facilmente un modello mentale quando si trovano in ambienti immersivi (Arino et al., 2014; Coxon et al., 2016).

Il tema della disabilità è invece un argomento complesso e molto articolato che riguarda da sempre il mondo della tecnologia, qui inteso come mezzo o strumento in grado di abbattere barriere di ogni tipo migliorando usabilità e accessibilità dei sistemi apportando quindi benefici nella vita quotidiana, nel lavoro e nel tempo libero delle persone.

Le tecnologie che vengono progettate e impiegate nella risoluzione di queste tipologie di problemi vengono definite Assistive Technologies (AT) e vengono usate da persone

diversamente abili in modo da poter usufruire di servizi che altrimenti risulterebbero difficili o impossibili per loro. Questa tipo di tecnologie sono caratterizzate da un insieme di tecniche e dispositivi particolari creati in funzione di ogni tipo di disabilità (Cook & Polgar, 2014).

A livello di dispositivi questi possono essere divisi in diverse categorie, da quelli che operano come ausilio motorio (es. stampelle o sedie a rotelle, esoscheletri), a quelli che operano come ausilio didattico (es. autocorrettori o gestori di flow-chart), fino ad arrivare a veri e propri dispositivi informatici che aiutano la persona ad interfacciarsi sia con un computer, sia in modo più generale con tutte le diverse tecnologie informatiche.

L’interesse per questo tipo di tecnologie e per la loro applicazione è molto forte e di rilievo nel mondo della ricerca, a tal punto che nel corso del tempo sono stati concettualizzati diverse filosofie di approccio e di design come design for all, universal access e inclusive design (Persson et al., 2015).

A livello specifico, invece emergono due fattori da tenere in considerazione ovvero la sensation-seeking tendency e la personal innovativeness.

intenzionalmente esperienze nuove, eccitanti e intense per soddisfare il suo bisogno di sensazioni. Gli utenti con una bassa sensation-seeking tendency, o ricerca di questo tipo, sperimentano un più forte senso di presence in un ambiente immersivo rispetto a quelli con una elevata sensation-seeking tendency (Jin, 2013; Lin, 2017).

Il fattore di personal innovativeness invece si riferisce alla propensione di un individuo a sperimentare nuove tecnologie dell'informazione. Quando un utente ha un alto livello di ricerca e sperimentazione di innovazione è più probabile che abbia un alto livello di attenzione comportamentale nell'uso di una tecnologia immersiva (Kourouthanassis et al., 2015).

Oltre a questi fattori, ve ne sono altri come il ruolo delle emozioni e della cultura degli individui e quindi legati più alla soggettività della persona.

Sul ruolo delle emozioni e sulla loro identificazione ci sono stati diversi studi che hanno portato nel tempo all’identificazione di sei basic emotions (Ekman, 1999) sulla base dello studio delle espressioni facciali: rabbia, disgusto, paura, felicità, tristezza e sorpresa (Fig. 67). Nell’avanzare di studi legati alle emozioni

è stato teorizzato che potrebbero esistere altre emozioni universali oltre queste sei,

estendendo questa lista ed includendo elementi come divertimento, soggezione, contentezza, desiderio, imbarazzo, dolore, sollievo e simpatia sulla base di evidenze trovate nell’analisi di espressioni sia facciali che vocali.

Ulteriori studi hanno trovato espressioni facciali riconducibili a noia, confusione,

interesse, orgoglio e vergogna, nonché espressioni vocali di disprezzo, interesse, sollievo e trionfo (Cordaro et al., 2016, 2018; Keltner et al., 2019).

Conoscere questi aspetti è importante in quanto poi le emozioni che vengono provate sono quelle che determinano inoltre le sensazioni che permettono all’utente di sentirsi più o meno coinvolto con quanto sta fruendo e che creano un legame con i ricordi dell’esperienza riflettendosi, come abbiamo visto, sulla user experience.

Una volta descritta la figura dell’utente, delle sue sfaccettature e di ciò che bisogna tenere a mente possiamo quindi rispondere, quando progettiamo la nostra esperienza, alle domande:

• chi sono i miei utenti in termini di genere, età, disabilità?

• che ruoli interpretano e che comportamenti possono assumere (task)? • che aspettative hanno dall’esperienza (goal)?