• Non ci sono risultati.

1.2 Le tecnologie immersive: panoramica e approfondimento

1.2.4 Virtual Reality (VR)

In parole povere possiamo definirla come la modalità più elevata nel tentativo di rendere l’esperienza immersiva il più possibile simile a quello che avviene all’interno di un ambiente reale. Possono essere utilizzati sistemi quali visori, sensori, e wearable devices per

aumentare il grado di integrazione ed immersione con l’ambiente interattivo fruito (Fig. 38).

Fig. 38 Proprietà della Virtual Reality

Il termine venne introdotto per la prima volta da Jaron Lanier nel 1989 quando fondò la VPL research e utilizzò il concetto Virtual Reality come macrocategoria a cui riferirsi per progetti che utilizzavano tecnologie in grado di ricreare mondi tridimensionali attraverso una

Tale concetto è strettamente legato a quello già introdotto di telepresence, che viene utilizzato per fare riferimento all’utilizzo di teleoperatori e ambienti virtuali e che dà modo di intendere la realtà virtuale, in maniera generale e slegata da ogni tipo di riferimento a sistemi hardware, come un ambiente reale o simulato all’interno del quale un utente ha modo di sperimentare telepresence (Steuer, 1992).

Tra le tante dimensioni da tenere in considerazione come variabili che possono incidere a livello tecnologico sulla qualità effettiva della VR, le due che ricorrono maggiormente in studi di letteratura sono quelle di vividness e di interactivity (Fig. 39).

Il primo fa riferimento alla capacità della tecnologia di produrre un

ambiente virtuale mediato ricco dal punto di vista sensoriale, mentre il secondo si riferisce alla capacità che l’utente ha di manipolare forme e contenuti dell’ambiente mediato. Entrambe le dimensioni sono caratterizzate da diverse proprietà che contribuiscono all’effettivo raggiungimento di una buona qualità generale.

La dimensione della vividness è caratterizzata da fattori di breadth (ampiezza) e depth (profondità), laddove con ampiezza si intende al numero di canali sensoriali presentati contemporaneamente, mentre con profondità il grado di risoluzione di ciascuno di questi canali sensoriali.

La dimensione dell’interactivity invece è strettamente collegata a termini quali speed, range e mapping, laddove con speed ci si riferisce alla velocità con cui l'input effettuato viene assimilato dall'ambiente mediato; con range ci si riferisce al numero di possibilità di azioni in un dato momento; con mapping invece si fa riferimento alla capacità di un sistema di

mappare in modo naturale e prevedibile i controlli ai cambiamenti all’interno dell'ambiente mediato.

Da un punto di vista visivo (Bowman & McMahan, 2007) diversi sono i fattori che incidono su una buona creazione di immersione, sia da un punto di vista hardware che software:

● field of view (FOV), la dimensione del campo visivo (gradi di angolo visivo) che si può visualizzare;

● field of regard (FOR), la dimensione totale del campo visivo che circonda l’utente; ● display size, la dimensione sul quale viene create l’immagine;

● display resolution, il grado di nitidezza e chiarezza dell’immagine; ● stereoscopia, la capacità di visualizzare immagini differenti per occhio;

● head-based rendering, la visualizzazione di immagini in base alla posizione fisica e all'orientamento della testa dell'utente;

● realism of lighting, corretta rappresentazione della luce; ● frame rate (FPS), frequenza di riproduzione dei fotogrammi;

● refresh rate (Hz), il numero di volte al secondo in cui il monitor si aggiorna con nuove immagini.

A livello di letteratura, per quel che concerne la tipologia di visual display utili alla fruizione di un sistema basato sulla realtà virtuale si fa riferimento ovviamente ai famosi e maggiormente diffusi head-mounted display (HMD), ma non solo.

Esistono infatti esperimenti e progetti legati a differenti tipologie di visual display che hanno permesso di distinguere tre gradi di sistemi immersivi per questa tecnologia (Ma & Zheng, 2011; Sharples et al., 2008):

● non-immersive VR; ● semi-immersive VR; ● fully immersive VR.

La prima tipologia si riferisce a soluzioni in cui i VE sono fruibili via desktop e in cui la manipolazione dei contenuti avviene attraverso sistemi convenzionali come tastiere e mouse.

La seconda tipologia include sistemi in cui il processo di elaborazione grafica avviene con prestazioni relativamente elevate attraverso monitor a schermo grande, un proiettore a grandi dimensioni o più sistemi di proiezione contemporanea.

Sfruttando la presenza di un ampio campo visivo coinvolto, il sistema VR semi-immersivo fornisce una migliore sensazione di immersione o presenza rispetto al sistema non

immersivo come avvenuto per un famoso progetto noto con l’acronimo CAVE (Cruz-Neira et al., 1992).

La discussione invece più immersiva avviene tornando a parlare degli HMD, che in virtual reality a differenza dell’augmented reality e della mixed reality utilizzano soluzioni che tendono ad isolare completamente l’utente dal mondo esterno, sebbene sia possibile con alcuni dispositivi usare anche tecniche di video see-through.

Un’analisi accurata del momento tecnologico permette di definire una classificazione dei dispositivi HMD in base alle loro caratteristiche (Anthes et al., 2016).

La prima distinzione che si fa all’interno di questa classificazione di visori è quella sul fatto se questo sia di tipo mobile o wired, cioè collegato fisicamente ad un pc per l’elaborazione della rappresentazione virtuale.

All’interno della prima divisione possiamo identificare tre sottocategorie, che possiamo definire come “simple casing”, “ergonomically designed” e “standalone”,

e l'elaborazione dei dati, fornendo un involucro semplice come alloggio e che lo mantiene ad una distanza fissa dall’individuo come ad esempio il famoso Google Cardboard. La seconda categoria include dispositivi simili alla prima, ma con un'ottica decisamente migliore e un maggiore comfort.

L’ultima sottocategoria include dispositivi che non richiedono una connessione a un PC, ma neanche la necessità di utilizzare uno smartphone inserito in un visore dedicato. I dispositivi standalone infatti sono delle vere e proprie unità indossabili completi di processori, GPU, sensori, batteria, memoria, display e altro ancora.

La distinzione invece che descrive i dispositivi wired include quei visori che tramite una connessione via cavo al computer sfruttano le maggiori capacità di calcolo di questo hardware per visualizzare gli ambienti virtuali, potendo quindi mirare a rese e performance migliori.

Entrambe le categorie sono accomunate dal fattore movimento e sul quale si delineano due modalità differenti di fruire ambienti di realtà virtuale immersiva, ovvero seated and room scale (Fig. 40).

La prima modalità indica una fruizione in cui un utente è seduto e stazionario all'interno di un piccolo spazio, e oltre alla seated include una modalità standing dove l’utente è sempre all’interno di uno spazio limitato ma con la facoltà di poter stare in piedi.

La seconda invece consente agli utenti di camminare liberamente in un'area di interazione, con il loro movimento nella vita reale che viene riflesso nell'ambiente immersivo.

Fig. 40 Modalità di fruizione di un sistema VR - seated vs room-scale

La realtà virtuale per poter aumentare il suo grado di immersione necessità di curare non solamente l’aspetto visivo, ma anche tutti gli aspetti legati alle altre percezioni sensoriali e per questo motivo non è difficile trovare sistemi immersivi che comprendono oltre a visori altri tipologie di dispositivi come data-gloves, haptics feedback devices e motion tracking devices.

L’insieme di queste considerazioni rendono la realtà virtuale un'alternativa preziosa per la fruizione e la pratica di situazioni in cui l’ambiente reale risulta difficile da replicare o

raggiungere (Guttentag, 2010), oppure quando l’interazione con ambienti e oggetti reali può risultare pericolosa per gli utenti, le attrezzature o l'ambiente (Farra et al., 2015; Kinateder et al., 2014).

Un aspetto importante da tenere in considerazione per l’uso della realtà virtuale è l'elevato livello di competenza e costi necessari per sviluppare e implementare questi sistemi. É richiesto infatti un alto livello sia per quel che riguarda la creazione e la renderizzazione dei contenuti sia per il livello di hardware e software dedicati alla loro implementazione. É vero che negli ultimi anni stiamo assistendo ad una trasformazione e un’innovazione continua per quel che riguarda i dispositivi e gli ambienti software legati alla VR che stanno riducendo le competenze e i requisiti necessari per la creazione di questi ambienti virtuali, tuttavia è sempre richiesto un certo investimento iniziale di tempo e denaro.