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Usabilità ed accessibilità: definizione, obiettivi e differenze

3.2 Dalla progettazione alla valutazione: teorie, approcci e strumenti

3.2.1 Usabilità ed accessibilità: definizione, obiettivi e differenze

La definizione del termine usabilità è stabilita dall'ISO (International Organization for Standardization) e universalmente riconosciuta come l'efficacia, l'efficienza e la

soddisfazione con le quali determinati utenti raggiungono determinati obiettivi in determinati contesti13.

Il termine efficacia si riferisce all’accuratezza e completezza con cui gli utenti raggiungono specifici obiettivi, considerando il livello di precisione con cui l’utente riesce a realizzare i suoi scopi, misurandolo numericamente in qualche modo.

L’efficienza si riferisce a come la quantità di risorse spese in relazione all’efficacia, dove tali risorse potranno essere di natura differente secondo le situazioni e anch’esse soggette a quantificazione. Un esempio di questo assunto può essere il tempo impiegato per ottenere un determinato risultato o il numero di operazioni di un certo tipo da effettuare.

La soddisfazione, infine, è definita come l’assenza di disagio e la presenza di atteggiamenti positivi verso l'uso del prodotto.

Ulteriori aspetti caratterizzanti di un sistema usabile sono la:

● facilità di apprendimento: l'utente deve raggiungere buone prestazioni in tempi brevi; ● facilità di memorizzazione: l'utente deve poter interagire con un'interfaccia anche

dopo un periodo di lungo inutilizzo, senza essere costretto a ricominciare da zero; ● sicurezza e robustezza all'errore: l'impatto dell'errore deve essere inversamente

proporzionale alla probabilità che lo stesso accada.

Questo insieme di considerazioni si fondano sulla presenza dell’elemento base

dell’interazione, ovvero l’azione che si esercita e che è caratterizzata dalla presenza di due aspetti principali: esecuzione e valutazione.

13 ISO 9241-11:2018 Ergonomics of human-system interaction — Part 11: Usability: Definitions and concepts

L’aspetto dell’esecuzione si riferisce alla fase in cui pianifichiamo ed effettuiamo le azioni sul sistema, mentre la valutazione è la fase in cui confrontiamo quello che è successo con lo scopo che volevamo inizialmente raggiungere.

L’approfondimento di questo semplice modello dà luogo ad un modello più articolato che struttura l’esecuzione di un’azione in 7 passi differenti:

1. formulare lo scopo, (che scopo voglio raggiungere?);

2. formulare l’intenzione (cosa posso fare per raggiungere lo scopo?);

3. identificare l’azione (quali azioni devo compiere per raggiungere lo scopo?); 4. eseguire l’azione;

5. percepire lo stato del sistema (come è cambiato la situazione dopo l’azione?);

6. interpretare lo stato del sistema (lo stato è cambiato dopo le mie azioni ora è necessario interpretarlo nuovamente);

7. valutare il risultato rispetto all’obiettivo iniziale (il mio scopo è stato raggiunto?);

Questo modello, nella sua semplicità, può essere applicato a qualsiasi tipo di azione laddove per l’analisi di azioni complesse è richiesta la loro scomposizione in sotto-azioni più semplici, ciascuna delle quali comporta l’osservazione attraverso il modello dei sette stadi descritto. La semplicità e la ricorsione dell’applicabilità del modello permettono di individuare con grande chiarezza i momenti in cui possono presentarsi dei problemi nel percorrere i sette stadi dell’azione.

Infatti è possibile che si possa incontrare delle difficoltà nel passare da uno stadio all’altro o, come dice Norman nell’attraversare i golfi che li separano. In particolare, ci sono due golfi che possono essere particolarmente difficili da superare:

● il golfo della esecuzione, che separa lo stadio delle intenzioni da quello delle azioni ● il golfo della valutazione, che separa lo stadio della percezione dello stato del mondo

da quello della valutazione dei risultati.

Il superamento di questi golfi attraverso opportune tecniche di design permetterà di poter definire il sistema progettato usabile nella sua globalità.

Come mette bene in evidenza la definizione dell’ISO 9241, l’usabilità è un concetto relativo in quanto è necessario specificare per quali utenti, per quali obiettivi e in quali contesti d’uso il prodotto deve risultare usabile.

Per poter fare riferimento a prodotti e i servizi destinati a un’utenza generica, e che devono poter risultate usabili a tutti e in contesti altrettanto generici, è stato coniato il termine di usabilità universale (universal usability) (Shneiderman, 2000).

Al fine di valutare al meglio l'usabilità di prodotto, è possibile eseguire dei test con utenti reali chiamati a compiere delle semplici operazioni che caratterizzano il prodotto, evidenziandone pregi e difetti. Inoltre, è possibile procedere alla misurazione dell'usabilità attraverso

complesse tecniche, capaci di dare una valenza più o meno oggettiva, al grado di usabilità di un prodotto.

L’insieme di possibilità di valutazione variano a seconda del metodo, del tipo e dello stadio del progetto in cui questa pratica avviene, includendo diversi modelli con approcci differenti tra loro come i cognitive modeling methods, inspection methods, inquiry methods,

prototyping methods, testing methods (Genise, 2002).

Il termine accessibilità nasce in ambito architettonico per indicare la possibilità di accedere agli edifici da parte di persone con disabilità motorie senza la presenza di barriere

architettoniche che ne ostacolino la mobilità. Il termine è stato successivamente adottato anche nell’ambito dell’informatica per indicare la capacità di un dispositivo, di un servizio, di una risorsa o di un ambiente d'essere fruibile con facilità da una qualsiasi tipologia d'utente. Nell’uso comune, il termine accessibilità è associato soprattutto ai soggetti disabili, ma può anche venire usato spesso con una valenza più ampia, indicando la possibilità di accesso ai sistemi non solo da parte di portatori di handicap in senso stretto, ma anche da chi soffre di impedimenti temporanei o dispone di attrezzature obsolete o non idonee come ad esempio connessioni internet molto lente. Anche questi esempi costituiscono delle “barriere” che sono in grado di separare l’utente dagli strumenti informatici, compromettendone o impedendone l’utilizzo.

In tutti i paesi questo aspetto viene preso in grande considerazione da diverso tempo, tanto da portare alla creazione di appositi standard internazionali e alcune leggi nazionali che definiscono l'accessibilità per i sistemi informatici.

In Italia ad esempio è presente la Legge Stanca del 9 gennaio 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 17 gennaio 2004 e resa operativa dal Decreto Ministeriale dell'8 Luglio 2005, mentre negli Stati Uniti è in vigore la cosiddetta Section 508 che viene seguita come linea guida in tutto il mondo.

Le pratiche di valutazione dell’accessibilità fanno riferimento ad una serie di strumenti che possono essere sia esistenti o da sviluppare appositamente e che devono essere utilizzati per condurre test specifici riguardo il caso e il sistema da analizzare.

A differenza dell’usabilità, il termine accessibilità viene utilizzato con un significato assoluto in quanto indicando un sistema come accessibile si vuole intendere che lo dovrebbe essere per tutti (o quasi).

Questa differenziazione permette la concezione di sistemi che possono risultare usabili ma non accessibili. Infatti, un sistema potrebbe risultare efficace, efficiente, soddisfacente e quindi usabile per utenti dotati di normali abilità e dotazione tecnologica, ma inaccessibile ad altri utenti che non si trovano nelle stesse favorevoli condizioni.