tutto questo comporta perciò che il cittadino eserciti efficacemente il proprio “diritto” di partecipare alla “cosa pubblica”, così da contribuire attivamente ai pro- cessi di “democratizzazione” sia a livello locale, che nazionale e sovranazionale.
PERCHÉ ESERCITARE QUESTO DIRITTO?
L’interesse che suscita attualmente la richiesta ai cittadini di partecipare sempre più attivamente al processo di democratizzazione nella gestione della “cosa pubbli- ca” si deve al fatto che tale partecipazione, di fronte alla crisi delle moderne demo- crazie rappresentative, fa da deterrente a certe tentazioni autarchiche ancora oggi niente affatto scomparse dalla storia, e al tempo stesso è l’unico modo per garantire il principio del “popolo sovrano”: mettendo in contatto diretto i cittadini con le isti- tuzioni, si riduce la distanza tra queste ultime e le istanze che vengono dalla base.
in questo senso educare alla cittadinanza partecipativa significa educare il cit- tadino a saper assumere le proprie responsabilità. Più specificamente, significa formare i giovani a non delegare ad altri il proprio futuro.
Con santa pazienza Ho dovuto aspettare Con quanta buona fede Sono stato ad ascoltare Cara, cara democrazia Sono stato al tuo gioco Anche quando il gioco Si era fatto pesante Cosi mi sento tradito O sono stato ingannato Mi sento come partito E non ancora approdato Sento un vuoto
Sento un vuoto al mio fianco E nessuna certezza Messa nero su bianco Con benedetta arroganza Sono stato avvilito Con quanta leggerezza Sono stato alleggerito Cara
Cara democrazia Cara gemma imperfetta Equazione sbagliata Non scritta e mai corretta Devotissimi della chiesa Fedelissimi del pallone Nullapensanti Della televisione
Siamo i ragazzi del coro Le casalinghe sempre d’accordo E la classe operaia
Nemmeno me la ricordo Democrazie pubblicitarie Democrazie allo stadio Democrazie quotate in borsa Fantademocrazie
Libertà autoritarie Libertà ugualitarie Democrazie del lavoro
Democrazie del ricordo e della dignità Ahi che pessime orchestre
Che brutta musica che sento Qui si secca il fiore e il frutto Del nostro tempo
Sono giorni duri Sono giorni bugiardi Cara democrazia
Ritorna a casa che non é tardi Non sai con quanta pazienza Ho dovuto aspettare
Non sai con quanta buona fede Sono stato ad ascoltare Sono giorni duri Sono giorni bugiardi Cara democrazia Ritorna a casa Che non è tardi.
PRINCIPI PER FORMARE AD UNA COSCIENZA PARTECIPATIVA
L’obiettivo di mettere in atto percorsi formativi mirati ad una più “DIRETTA &
ATTIVA” partecipazione del cittadino alla “cosa pubblica” va individuato nel fatto
che purtroppo oggi si assiste a forme di “spettacolarizzazione della politica” che il più delle volte generano sensi di impotenza, rassegnazione, disorientamento nel rap- presentare i propri “diritti” e tanto meno fanno sentire di essere “popolo sovrano”.
Alcuni principi per formare il cittadino ad una coscienza partecipativa possono essere individuati tra i seguenti:
– superamento di quel “pensiero unico” che è spesso all’origine dei processi di conflitti tra differenti “tifoserie” politico-partitiche, per favorire invece le ra- gioni che portano ad unire il “popolo sovrano”, avendo di mira il bene co- mune; il vero nemico da sconfiggere in questi casi resta sempre la miopia di una coscienza passiva, rassegnata, oppure ghettizzata, ripiegata su se stessa e spesso barricata/trincerata dietro fondamentalismi di varia natura;
– presa di coscienza dei propri diritti ma anche dei doveri, in qualità di “citta- dino” onesto e responsabile;
– motivazioni che richiamano al bisogno di cambiamenti;
– attivazione di percorsi che favoriscono la partecipazione ai processi decisionali; – ma soprattutto occorre educare a quelle “virtù civiche” che fanno diventare
da cittadini-aventi-diritti a cittadini a pieno titolo, in quanto responsabili nel partecipare in prima persona alla gestione della “cosa pubblica”.
La vera sfida sta allora nel trasformare l’educazione alla cittadinanza in un progetto pedagogico mirato alla costruzione di una personalità:
– impegnata nella ricerca del bene comune; – responsabile delle proprie scelte;
– dotata di senso di giustizia e di “democrazia”;
– equilibrata (dal punto di vista emozionale, critico, valutativo, …); – solidale;
– con un senso di reciprocità (saper dare - saper ricevere) nel rapporto con l’altro; – onesta;
– in grado di accettare l’autorità legittimamente costituita;
– capace di stare insieme e di saper collaborare con “l’altro - diverso” (per ideo- logia, cultura, religione, partitismi e “tifoserie” varie, …).
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone non è il consenso a un’apparente aggregazione
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé …
È quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa che in sé travolge ogni egoismo personale con quell’aria più vitale che è davvero contagiosa.
DALLE“VIRTÙ” AI“COMPORTAMENTI” CIVICI
tuttavia, non basta essere educati ad acquisire “virtù” civiche. nel frattempo occorre mettere in atto anche comportamenti coerenti che fanno capo al senso di
appartenenza ad una “comunità”, sia essa di piccole dimensioni (famiglia, amici,
gruppo-classe, associazionismo, …) o “extra-large” (Comune, nazione, istituzioni sovranazionali, …).
Per formare i giovani ad acquisire questo senso di appartenenza si richiede perciò di “imparare” a:
– conoscere se stessi (identità personale);
– riconoscere l’“altro” anzitutto come “persona” di pari dignità, per poter poi riuscire a convivere e a collaborare alla “cosa pubblica” (identità sociale); – conoscere le proprie radici, il patrimonio culturale ereditato dalla tradizione,
prenderne coscienza critica ed elaborarne i valori (identità culturale);
– informarsi/interpretare facendo sgorgare tanti “perché” che permettono di su- perare il “pensiero unico” danno la possibilità di aprirsi a più ipotesi (identità di pensiero critico);
– saper posizionare la propria cultura e identità “a fianco” e non “contro” le altre; ossia, riuscire ad acquisire quella forma mentis in grado di favorire il confronto e lo scambio reciproco dei beni di cui ciascuno è portatore (identità
dialogale e dinamica);
– essere in grado di orientare la propria vita anche in base alla diversità di mo- delli presenti nelle società pluriculturali (identità etico-valoriale);
IL DECALOGO DEL BUON POLITICO37
1. È prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e rea- lizza quel che hai promesso.
2. Se ami troppo il denaro, non fare attività politica.
3. Rifiuta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico.
4. Non ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà.
5. Non pensare di essere l’uomo indispensabile, perché da quel momento farai mol- ti errori.
6. È più facile dal no arrivare al sì, che dal sì retrocedere al no. Spesso il no è più utile del sì.
7. La pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomi- ni. Non disperare mai.
8. Dei tuoi collaboratori al Governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti. 9. Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedo-
no le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini.
10. Fare ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico.
37Sintesi tratta da Il manuale del buon politico, di StUrZoL., a cura di DeroSAG., ed. San
Paolo, 1958.
“Tutti pensano a cambiare l’umanità, ma nessuno pensa a cambiare se stesso” (tolstoj)
L’UTOPIA
“Viviamo, o meglio, ‘viaggiamo’ in una dimensione planetaria sempre più ri- stretta/ravvicinata nelle sue dinamiche spazio-temporali. Le incessanti innovazioni tecnologiche che afferiscono ai vari sistemi informativi e di comunicazione di massa consentono infatti all’opinione pubblica di essere informati in tempo reale […] Sebbene abbattere i ‘confini’ dietro cui si barricano gli Stati-nazione al mo- mento possa apparire un obiettivo che appartiene ancora al mondo degli ideali ipotetici, tuttavia è possibile far rientrare fin da ora questa utopia in quelle pro- spettive di futuro che sono almeno auspicabili […] Sul piano pedagogico la sfida di pensare ad una cittadinanza ‘a-dimensione-cosmopolita’ può essere raccolta a partire dalla consapevolezza dell’appartenenza ad un mondo sempre più com- plesso e globalizzato, basato sulla piena consapevolezza della dignità insita in ogni essere umano e a favore del bene comune”38.
Certamente tutto questo al momento rimane ancora a livello di utopia. ma anche le utopie hanno un “tempo” e uno “spazio” per potersi realizzare: occorre prima “crederci” e quindi “prepararsi” al cambiamento.
“PREPARIAMOCI…”39
“Festa dei popoli” (Studenti Scalabriniani della rivista Baobab)
38PieroniV. - SAntoSFerminoA., o.c., p. 160.
39m L., Prepariamoci a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno ab-