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Vicissitudini della suddivisione cattolica dell’Etiopia

Dopo il primo brevissimo governo del maresciallo Badoglio, l’11 Giugno 1936 era subentrato come nuovo viceré d’Etiopia il maresciallo Graziani coadiuvato dal dottor Arnaldo Petretti vice governatore generale dell’A.O.I., e per le competenze più specificamente militari dal capo di stato maggiore, il generale Italo Gariboldi. Per la Chiesa cattolica si delinearono inattese possibilità di lavoro missionario che la nuova colonizzazione italiana stava dischiudendo, generando entusiasmi quando più patriottici e quando più prettamente pastorali, sia tra le più alte gerarchie ecclesiastiche come tra i semplici sacerdoti. Così ad esempio riferiva il Segretario di Stato Pacelli a monsignor Giuseppe Celso Costantini, segretario della Congregazione di Propaganda Fide nei primi giorni di Agosto 1936 a proposito della consistente emigrazione italiana verso l’Etiopia programmata dal governo: “…il Santo Padre.. desidera che si invii il maggior numero di missionari”434. Molte di queste aspettative però si sarebbero rivelate del tutto illusorie nel giro di pochi anni, oppure si sarebbero tramutate in vere e proprie contese, non solo tra appartenenti a quegli ordini ed istituti missionari già presenti in Etiopia, come i cappuccini e i lazzaristi, o che vi avevano lavorato prima di essere espulsi a causa del conflitto italo-etiopico, come i

missionari della Consolata. Ma i conflitti sarebbero sorti anche tra i missionari degli altri istituti che avevano inviato dei cappellani militari nella campagna d’Etiopia, e che poi avrebbero manifestato esplicitamente -una volta avvenuta l’occupazione di Addis Abeba- la volontà di espansione nei nuovi territori dell’Etiopia italiana435

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Si sarebbe trattato di coniugare le esigenze poste dall’assistenza religiosa alle minoranze di cattolici di rito Latino e di rito Etiopico, con le nuove possibilità di evangelizzazione ai non cristiani e agli ortodossi che molti esponenti della sede apostolica pensavano si fossero dischiuse.

In questo clima Pio XI decise di convocare una Congregazione Plenaria di cardinali che avrebbe dovuto preparare un nuovo ordinamento ecclesiastico per l’Etiopia, esaminando tutti gli aspetti della complessa realtà religiosa di quel Paese alla luce dell’avvenuta conquista italiana, visto che “…a quanto si dice, ivi rimarranno numerosi operai e soldati…”436

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Essendo però tale conquista ancora in una fase di assestamento -e tale sarebbe rimasta per gran parte dell’Etiopia per tutto il periodo che durò la colonizzazione effimera degli italiani-, nonostante la cacciata del Negus Neghesti Hailé Sellassié I e la capitolazione di Addis Abeba del 5 Maggio 1936, diversi esponenti governativi manifestarono delle perplessità sull’urgenza avanzata dal Vaticano di procedere in quel momento ad una suddivisione ecclesiastico-amministrativa cattolica del territorio etiopico437.

435 Così ad esempio si esprimeva Padre Pietro Villa in una lettera del 20 Luglio 1936, all’epoca procuratore

generale dei Figli del Sacro Cuore di Gesù di Verona (Comboniani), su Gaudenzio Barlassina, Superiore Generale della Consolata: “Propaganda e anche il Governo ha interesse che siamo favoriti noi, ma il nostro

ritardo è stato imperdonabile: e pensare che Mons. Barlassina è a Roma da due mesi a far passi da tutte le parti per ottenere forse meno di quello che noi con molto minor fatica avremmo ottenuto”, cfr. ACR, A/76,1/9. 436 Adunanza Generale Mista delle Sacre Congregazioni per la Chiesa Orientale, De Propaganda Fide e degli Affari Ecclesiastici Straordinari. Ordinamento Ecclesiastico dell’Etiopia. Relazione, Febbraio 1937. In ACTA

S. Cong. De Propaganda Fide, Anno 1937, P. I 308, p.1.

E ciò anzitutto perché la maggior parte dei connazionali impegnati in loco erano ancora militari e solo in minima parte operai dipendenti di imprese edilizie e stradali. Inoltre molti gerarchi non vedevano positivamente quella che appariva come un’azione autonomista ed unilaterale del Vaticano, che di fatto intendeva istituire circoscrizioni ecclesiastiche proprie, che però solo casualmente coincidevano con i nuovi confini amministrativi decisi dal governo.

Per il regime tale possibilità non costituiva solo un semplice problema di forma o di ufficialità, dato che una suddivisione ecclesiastica dell’Etiopia e più in generale di tutta l’Africa Orientale Italiana (d’ora in poi A. O. I. ndr) che non avesse tenuto sufficientemente conto dei confini civili, avrebbe impedito al governo di controllare tangibilmente quel processo di cattolicizzazione dell’Etiopia che la Santa Sede dava preventivamente per acquisito, e che intendeva attuare con una presenza più articolata dei vari istituti missionari attraverso le nuove missioni e le relative nuove strutture assistenziali che avrebbero potuto avviare.

Pertanto per il ministro delle Colonie Alessandro Lessona438 la Santa Sede avrebbe dovuto innanzitutto modificare i vecchi confini delle circoscrizioni ecclesiastiche

438 Alessandro Lessona nacque a Roma il 9 Settembre 1891. Studiò Giurisprudenza per poi intraprendere per un

tempo la carriera militare. Successivamente venne dimesso dall’esercito e si avvicinò rapidamente al movimento fascista ligure, divenendone in breve un esponente di spicco. Eletto deputato nel 1924, sottosegretario del Ministero delle Colonie dal 1929 al 1936, successivamente alla conquista italiana dell’Etiopia ne divenne ministro.

Tra le sue maggiori iniziative: nel 1932 progettazione di una intensa colonizzazione demografica della Libia (attuata da Italo Balbo nel 1938 e 1939), nel 1936 istituì il corpo di polizia coloniale successivamente noto come PAI (Polizia dell’Africa Italiana). Su comando di Mussolini nel 1937 redasse la legge sul “madamato” (divieto di relazioni d’indole coniugale tra italiani e indigeni) che aprì la strada alle leggi razziali e antisemite del 1938. A seguito della nomina di due suoi cugini, Alessandro Pirzio Biroli e Vincenzo De Feo, a governatori coloniali, Mussolini nel 1938 lo solleverà da ogni incarico governativo.

Dopo la seconda guerra mondiale entrò a far parte del Movimento Sociale Italiano (M. S. I.) e nel 1963 venne eletto senatore della Repubblica nella quarta legislatura. In questa veste ricoprì diversi incarichi come componente delle commissioni dell’Interno, degli Esteri e della Difesa. Morì a Firenze il 10 Novembre 1991.

Con la sua azione politica Lessona fu tra quei reduci del regime fascista che esercitarono di fatto una notevole influenza nell’ostacolare un libero accesso alla documentazione coloniale da parte degli studiosi, contribuendo significativamente a perpetuare negli anni quella sorta di “oblio” su molti eventi riguardanti l’Italia nelle colonie che si protrasse fino agli anni Sessanta, quando Angelo Del Boca iniziò a divulgare, seppure

esistenti per riadattarli alla nuova realtà amministrativa dell’A. O. I., e solo in un secondo tempo affrontare la questione delle nuove circoscrizioni, ma ciò avrebbe dovuto fare sempre in sinergia con il governo.

Ma nonostante le osservazioni di Lessona la posizione governativa sull’argomento rimase ondivaga e non omogenea, come testimoniato ad esempio da un carteggio tra l’ambasciata d’Italia e la Santa Sede del 27 Giugno e poi del 6 Agosto e ancora del 23 Novembre 1936, dove si esprimevano ripetuti ed insistenti inviti affinché il Vaticano procedesse ad una “…sistemazione d’urgenza delle circoscrizioni ecclesiastiche”, anche se “in conformità alle nuove ripartizioni politico- amministrative fissate dal DL 1°/ 6/ 1936” 439

. Tale insistenza unita ad una relativa disponibilità da parte di rappresentanti del ministero degli Esteri ad accettare eventuali dissonanze tra confini civili ed ecclesiastici, era motivata dalla ricerca in campo diplomatico di un riconoscimento dell’occupazione dell’Etiopia, visto il clima di generale chiusura ed ostilità nell’ambito della Società delle Nazioni.

In sintesi la posizione del governo italiano si articolava su due fronti: quello di chi osteggiava lo stabilimento di circoscrizioni ecclesiastiche non conformi ai confini civili dei nascenti governatorati coloniali, e quello di chi sollecitava la Chiesa cattolica a procedere quanto prima, in vista di un suo pronunciamento o riconoscimento diplomatico a favore della conquista italiana dell’impero etiopico.

ancora in modo isolato, i primi risultati delle sue ricerche pionieristiche. Un oblio che viceversa contribuì ad affermare il mito di un colonialismo italiano sostanzialmente diverso e migliore dagli altri.

Un esempio di ciò difficilmente discutibile è quello della prima legge a sfondo razzista promulgata dall’Italia nel 1937, che venne elaborata proprio da Lessona, di cui però a fine conflitto se ne perse rapidamente memoria, e ciò non solo per un bisogno “collettivo” di costruirsi una memoria innocentista del proprio passato coloniale, ma anche per una lucida azione lobbistica da parte dei più influenti reduci colonialisti italiani, di cui Alessandro Lessona fu membro. Nella ricca bibliografia cfr. Emilio Canevari, La guerra italiana. Retroscena

della disfatta, Ed. Tosi, Roma 1950, vol. I, pp. 350– 380s.; Angelo Del Boca, La guerra d’Abissinia 1935-1941,

Feltrinelli, Milano 1965.

Ad avvalorare maggiormente la seconda posizione Mussolini offrì la sua disponibilità a finanziare l’immediata costruzione di otto prime chiese cattedrali, una per ogni capoluogo dei nuovi governatorati, quali avanguardie di una lunga serie di edifici di culto cattolici che sarebbero seguiti in tutto l’Impero440

, non appena ci fosse stato un pieno riconoscimento diplomatico da parte vaticana.

Questa disponibilità generosa del capo del governo italiano, unita ad una più generale consistente elargizione di fondi statali che sarebbero giunti alle opere missionarie della nuova colonia, apparentemente sembravano contraddire le dichiarazioni di vari esponenti governativi e coloniali sull’attività della Chiesa cattolica in Etiopia, con cui avevano già fatto intendere che avrebbero posto delle precise limitazioni alla sua espansione missionaria tra le comunità di ortodossi e di islamici.

In realtà la contraddizione era solo apparente, in quanto parte integrante della linea politica con la quale il governo intendeva muoversi: se da un lato si riteneva prioritario sostenere le istanze degli ortodossi e degli islamici ai fini della stabilizzazione della nuova colonia, dall’altro non si voleva scontentare troppo la Chiesa cattolica, la quale se pure non otteneva un regime concordatario come quello stipulato in territorio metropolitano, almeno poteva usufruire di una serie di compensazioni come i finanziamenti ed agevolazioni sui diversi fronti dell’attività delle missioni.

Da parte ecclesiastica però non si tardò a capire che questo tipo di provvigioni, per quanto opportuno, avrebbe comportato non lievi condizionamenti all’azione pastorale, come pure che dal nuovo assetto circoscrizionale amministrativo sarebbero derivati degli impedimenti. Pertanto la Santa Sede chiese di poter conoscere i criteri adottati dal governo nella suddivisione effettuata del territorio etiopico441.

440 Archivio di Propaganda Fide, vol. 1293, anno 1936, rub. 39/ 1, prot. 159/ 1937, f. 261. 441 A. S. M. A. E., Etiopia, idem, Pignatti a Ciano, rapporto 2565/580, Roma 8 Agosto 1936.

Dal ministero delle Colonie si rispose che erano stati seguiti scrupolosamente i confini etnico religiosi delle diverse popolazioni, anche se nella realtà la questione non si era svolta proprio in questi termini, dal momento che la necessità di non urtare troppo i fragili equilibri interetnici stabiliti dalle conquiste degli Amara -popolazione egemone dell’Abissinia- sulle altre popolazioni etiopiche negli ultimi decenni442

avevano condizionato, quando non determinato, le scelte governative.

Gli italiani infatti non si potevano permettere interventi troppo invasivi in tal senso, consapevoli che la recente conquista -nonostante l’imponente macchina bellica e la brutale repressione ancora in atto-, era ancora troppo fragile e ben lontana dall’assestarsi e ramificarsi oltreché nei centri abitati, ancora di più nelle zone rurali, praticamente quasi tutte ancora in mano alla resistenza etiopica443.

Non sufficientemente soddisfatti dalle rassicurazioni governative Pio XI e la Segreteria di Stato decisero di approfondire meglio la questione dei confini direttamente in loco, anche perché da parte italiana -come avevano fatto intendere il ministro Ciano e l’ambasciatore Pignatti-, non si sarebbe gradito un ampliamento senza limiti delle competenze territoriali della Congregazione per le Chiese Orientali nella nuova colonia444.

Un’influenza che nei timori del governo avrebbe potuto favorire lo sviluppo incontrollato del rito cattolico Etiopico, e conseguentemente anche del clero indigeno di tale

442

Lo stato abissino conobbe una notevole fase di espansione territoriale e politica sotto il regno di Menelik II che inaugurò una lunga serie di conquiste: nel 1886 i territori di Guma, Gomma e Ghera; nel 1887 il paese dei Guraghiè; l’inizio della campagna di conquiste dei paesi Galla e Tulama, l’emirato di Harar; nel 1888 il territorio del Limmu; nel 1889 il Cambatta; nel 1890 i Lega Galla e il paese dei Giangerò; nel 1893 il regno di Uolamo e il paese Sidamo, nonché la definitiva conquista dei Galla Tulama; nel 1894 il territorio Imi; nel 1895 la conquista definitiva, dopo 16 anni di guerre, del paese degli Arussi; nel 1897 il regno di Caffa, i territori dei Ghimirà, Jambo, Conso, Burgi e il vasto paese degli Ogaden; nel 1899 il paese dei Gunza e dei Gubba, i territori dei Beni Sciangul e dei Borana; nel 1900 la conquista dei Magi e di altre popolazioni nilotiche; infine le più tarde conquiste dei sultanati del Birù, del Terù e dell’Aussa nel 1909. Sulle conquiste territoriali di Menelik cfr. anche Roland Oliver & Anthony Atmore, Africa since 1800, fifth edition. Cambridge University Press, 1967 fifth edition 2005 printed in USA, pp. 50ss. Sulla politica religiosa di Menelik cfr. Cesare Marongiu Buonaiuti, Op. cit., pp. 73-82 n., 83-84 n., 87-89 n., 152, 183 n., 311.

443

Nicola Labanca, Op. cit., pp. 199ss.

444 La Congregazione per le Chiese Orientali, nuovo dicastero vaticano per la salvaguardia degli antichi riti

rito, che così avrebbe goduto di una non trascurabile autonomia dalle gerarchie ecclesiastiche italiane445, finendo per costituire un insidioso precedente, aprendo la via a più ampie ed imprevedibili rivendicazioni indigene.

Il tutto si sarebbe riverberato svantaggiosamente sulla Chiesa ortodossa etiopico- alessandrina, verso la quale il governo italiano invece intendeva approntare una serie di misure favorevoli, tese a recuperarne in qualche misura un minimo di accondiscendenza se non proprio di aperto appoggio, a causa delle violenze perpetrate ai danni dei preti e dei monaci ortodossi, nonché delle numerose distruzioni di chiese e monasteri verificatesi non solo nei mesi della guerra italo- etiopica ma pure successivamente, come ad esempio nelle azioni repressive promosse dal generale Graziani a seguito dell’attentato da lui subito nel Febbraio del 1937446.

A Propaganda Fide la Segreteria di Stato chiese pertanto di selezionare un candidato adatto all’incarico di visitatore apostolico in Etiopia, che fu poi individuato in Giovanni Maria Emidio Castellani, francescano dei frati minori nonché arcivescovo di Rodi. Le gerarchie vaticane non pubblicizzarono molto il suo invio in Etiopia, soprattutto in Italia, e ciò per non suscitare ulteriori aspettative da parte dei diversi istituti missionari italiani che già da tempo premevano per ottenere un proprio spazio nelle nuove missioni447. Castellani giunse ad Addis Abeba la sera del 13 Ottobre 1936448, dopo un viaggio di 21 giorni prima via mare e poi via terra.

Ovunque venne accolto con tutti gli onori dalle autorità italiane, dal Viceré Graziani agli altri esponenti della nuova colonia. A nove giorni dal suo arrivo fu già in grado

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A. S. M. A. E., Etiopia, 1937, b. 159, ps. 54, fasc. 5, Lessona a Ciano, lett. 100643, Roma 13 febbraio 1937.

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Sull’attentato al maresciallo Rodolfo Graziani la bibliografia è molto ampia, cfr. Angelo Del Boca, Graziani,

Rodolfo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani. It, l’Enciclopedia Italiana, volume 58, Roma 2002;

Gian Antonio Stella, Negri, froci, giudei & co. L’eterna guerra contro l’altro, (nuova edizione aggiornata), RCS Libri, Milano 2011.

447 Archivio Comboniani Roma (ACR), A/76, 1/15. 448 Cfr. Corriere della Sera, Milano 15 Ottobre 1936, p. 7.

di inviare una serie di note informative alla congregazione vaticana degli Affari Ecclesiastici Straordinari449. Nell’A.O.I. si trattenne per circa due mesi e alla fine di questo periodo scrisse una relazione generale per i massimi organismi vaticani competenti per le missioni - Propaganda Fide e la Congregazione Orientale-, affrontando i più diversi temi sui quali sarebbero dovuti intervenire.

La sua relazione costituì una fonte di informazioni imprescindibile per gli organismi centrali della Chiesa cattolica ma anche per la speciale Commissione Cardinalizia convocata da Pio XI, incaricata di studiare la nuova suddivisione ecclesiastica. Pertanto pare opportuno soffermarsi con più attenzione sulle analisi e i giudizi di monsignor Castellani per capire meglio gli sviluppi successivi delle missioni cattoliche e le decisioni adottate in merito dalla Santa Sede.