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M aria Am alia di Sassonia, con la sua fine intelligen­ za, i suoi vasti interessi c u ltu ra li ed il suo entusiasmo, partecipava assai attivam ente alle iniziative urbanisti­ che ed edilizie avviate da suo m arito, Carlo di B orbo­ ne, in flu e n z a n d o e, a volte, d ete rm ina nd o le soluzioni. In tal senso, le te stim o nia nze co nte nu te n e ll’epistolario va nvite llian o sono assai e sp licite , sia per quanto ri­ guarda il d ire tto interven to della regina nella discus­ sione c irc a le scelte p ro g e ttu a li e i particolari esecuti­ vi, sia per la ca rica di sim p atia che ella riusciva ad em anare in to rn o a sé, o tte ne nd o, in tal modo, non so­ lo l’adesione d e ll’illu stre co n so rte alle proprie tesi, ma anche il più inten so e s o d d is fa tto im pegno dei colla­ b orato ri.

Q uando V anvitelli, nel 1751, cioè p ro prio all'inizio del suo lavoro per i B o rb o n i, si recò a Portici per illu ­ strare i p ro g e tti per la reggia di Caserta, si sentì subito in c o ra g g ia to d a ll’a tte gg ia m en to dei sovrani e, soprat­ tu tto , della regina: « in vero il g radim ento è stato così eccessivo che io non posso sperarlo maggiore... Mi anno a g g iu n to che dovrò p o rta rm i in Caserta e la Re­ g ina ha detto al Re: Q uando vi sarà andato Vanvitelli vo g lio che ci fa cciam o una scorsa, e sul luogo vedre­ mo tu tto ». E da allora, com e è noto, ebbe inizio un’ opera a rc h ite tto n ic a di d im e n sio n i colossali, riuscita, tra l’a ltro , p ro p rio in virtù d e ll’entusiasm o e della com ­ p re nsio ne sta b ilita si tra a rc h ite tto e com m ittente. Un ra p p o rto p a rtic o la re che può essere sintetizzato pro­ p rio con una espressione d ella regina: « Senti Vanvitel­ li... Se non avesti avuto il Re non averesti potuto fare queste belle cose m ag nifich e, né il Re senza di te le puoteva né im aginare per fare ».

Tali co n sta ta zio n i, dunque, devono farci ritenere che, anche per la co s tru z io n e del palazzo reale di Por­ tic i, l’in te rve n to d ella regina sia stato determinante. La reggia sorse, però, non per soddisfare — come vuole la leg ge nd a — un voto da lei fa tto durante una tempe­ sta d a lla quale la nave reale tro v ò scam po approdando in q ue l p u n to della costa, bensì per l’interesse assai vi­ vo che la fig lia di A u gu sto III, elettore di Sassonia, ave­ va per i rin v e n im e n ti a rc h e o lo g ic i che. già da vari anni, si andavano co m p ie n d o in quelle zone. Va ricordato, in p ro p o s ito , che a lcu n i reperti, rinvenuti al Granatello nella p ro p rie tà del p rin c ip e d ’E lboeuf erano, da tempo, n oti a M aria Am alia che li aveva p otu ti ammirare, già a D resda, d o p o che suo padre li aveva acquistati. La co­ stru z io n e d ella reggia, in una zona tra il tenim ento di P o rtic i e q u e llo di Resina, può, dunque, ritenersi o rig i­ nato d a ll'in te re s s e a rc h e o lo g ic o , in virtù del quale, ap­ p u n to , C arlo di B orbone, nello stesso momento (intor­ no al 1738) in cu i dava in iz io alla costruzione della sua

residenza, riprese gli scavi ad E rc o la n o , che d ie ci anni dopo, dovevano estendersi a P om pei.

Il sorgere della reggia, poi, in c re m e n tò fo rte m e n te I’ edificazione delle d im o re p a triz ie in tu tta la zona c ir­ costante e, specialm ente, lu n g o la strad a per la c a p ita ­ le; zona che, p eraltro, g ià dal XVI s e c o lo ospita va varie « v ille di d e liz ie » d e ll'a ris to c ra z ia n a p oletan a, a volte, però, danneggiate d a ll’e ru z io n e del V esuvio (p a rtic o ­ larm ente da quella del 1631). Fu, d u n q u e , d u ra n te il XVIII secolo che tu tta la c o sta si tra s fo rm ò , via via, in uno s p le nd ido insiem e a m b ie n ta le ed a rc h ite tto n ic o , che assunse così una sua p e c u lia re c a ra tte ristica . La pianta di G iovanni Carata, d u ca di Noja, m ostra, ap ­ punto, il succedersi l’una a ll'a ltra delle ville; N icco lò Carletti, com m en ta nd o (nel 1776) q uei g ra fic i, ric o rd a che la Strada regia delle C a la b rie — che g ià era im ­ praticabile al tem po del viceré Parafan de R ivera (che la rifece nel 1562) e che a n c o ra versava in pessim o stato al p rin c ip io del XVIII s e co lo — « fu nella presente m agnifica form a rid o tta da C arlo B o rb o n e III Re c a tto ­ lico, non meno per c o m o d a m e n te tra s fe rirs i nella sua Regia B o rbo nica in P o rtici, che a p u b b lic o c o m o do ed uso. Il suo andam ento d irig e in p iù Casali, in dove si osservano p ro dig io sa q u a n tità di V ille de' N obili, e de­ gli agiati C itta dini n a p o lita n i; e re tte alla m agnificenza, al lusso ed alle delizie ». E tu tto ciò , osserva acuta ­ mente G iuseppe M aria G alanti (1829), accade in un te r­ rito rio tante volte s co n vo lto d alla fu ria d is tru ttric e del Vesuvio dove « e la natura e gli u o m in i par che ivi si giaccian sepolti sotto le rovine d elle opere p ro d o tte dai loro sforzi. Qui per c o n tra rio e Luna e gli altri si m ostrano in tu tta la loro a ttiv ità ed energia, e questi sem brano bravar quella. In to rn o ad un vu lca no deva­ statore una p ro dig io sa p o p o la z io n e con la sua in d u ­ stria veste di ricca vegetazione lu o g h i già arsi e deva­ stati, l'opulenza erge palagi e delizie, dove pare im m i­ nente il p erico lo di p erde rli, ed una fe lic e non curanza diviene più operativa ed e ffica ce di una saggia previ­ denza ». E più avanti, lo stesso a u to re attesta che « la dolcezza del clim a, la bellezza d ella situazione ed il so g g io rn o della C orte han reso P o rtic i il ce ntro delle ville gg iatu re d e ’ nap olitan i. N e ll’o tto b re , p a rtic o la rm e n ­ te ne’ dì festivi la strada da N apoli a P o rtici presenta un co n tin u a to passeggio di carrozze e di persone a piedi. T utto il lusso di N apoli è q ui tra s p o rta to durante quel mese ».

Anche i d uch i di C asacalenda, pertan to , vo lle ro ave­ re la loro villa sul « m ig lio d ’o ro »; per la verità, essi presero p iu tto sto tardi questa d ecisione, quasi venti anni dop o che il re aveva dato in iz io alla co stru zion e della reggia a P o rtici e quando già quasi tutte le mag-

Ercolano - Villa Campolieto (facciata sul Miglio d ’Oro)

g io ri fa m ig lie si erano insediate. Infatti, è solo tra il 1755 e il 1757 che il duca' Luzio di Sangro acquista un vasto su o lo — in una loca lità ad un chilom etro dal pa­ lazzo reale, a valle della Strada per le Calabrie (la stra­ da regia della Torre Ottava) — che si estendeva verso il mare lun go un d eclivio , per o ltre 650 metri. Si tratta­ va di una vasta area, posta in posizione di grande pa- noram icità, com presa, lateralm ente, tra la villa Riario (oggi Aprile) dei p rin c ip i di Teora e quella del principe di taci (poi, detta la Favorita) ed il casino dei marchesi Arena, al di là della strada.

A cq uista to il suolo, Luzio di Sangro affidò il proget­ to al suo a rch itetto, M ario G io ffred o, che diede inizio a ll’opera sul fin ire del 1755; opera che, però, durò per oltre venti anni, a causa di varie interru zion i dovute al­ l’e ruzione del 1758-59, alle vicende che seguirono a ll’ allo nta na m en to del G io ffred o (1760), ad una vertenza con la fa m ig lia Arena (1771) e ad altre ancora. Un re­ cente saggio di G iuseppe Fiengo (« Vanvitelli e G ioffre­ do nella villa C am polieto di E rcolano ») inform a detta­ gliatam ente su tali vicende e sulla storia della costru­ zione; ad essa vediam o im pegnato, dopo il G ioffredo (che nel 1760 era a ffiancato dagli ingegneri Carlo Zoc­ coli e G iovanni A m itrano, com e assistenti e m isurato­ ri), il regio ingegnere M ich ela ng elo G iustiniani, che, nel 1761-62 p ortò avanti il p ro g e tto dello stesso G iof­ fredo, p ur attuandone alcune varianti (come quella del­ la fa ccia ta verso la strada, che, però, non portò a com ­ pim ento). A questo punto, interviene Luigi Vanvitelli, il quale operò sostanziali trasform a zion i, dando la sua im pronta in c o n fo n d ib ile a ll’e d ificio , che venne poi u lti­

mato, nel 1775 dal fig lio Carlo, cu i spettò solo di co m ­ pletare (dopo la m orte del padre, nel 1773) alcuni lavo­ ri di fin itu ra .

E’, dunque, al G io ffred o che si deve il progetto ge­ nerale d e ll’intero ed u n ita rio com plesso im m obiliare, c o s titu ito d a ll'e d ific io e dal vasto parco: per non to ­ gliere v is ib ilità alla retrostante villa Arena, l’architetto non svolse il co rp o di fa b b ric a lu n g o la strada (dove il suolo dei Casacalenda presentava un fronte di oltre 120 metri), ma lo svilup pò lateralm ente sul confine ad essa perpendicolare. Egli creò, poi, per l’intera lun­ ghezza del fa bb rica to , un vasto androne che consentì di cogliere, d a ll’entrata sulla strada, la vista dello splendido panoram a verso il mare; alle spalle della v il­ la, poi, sistem ò il vasto g ia rd in o , a rtic o la to in ripiani e terrazze degradanti, con fontane, pescherie ed altri o r­ nam enti.

Al ce ntro d ell'a nd ro ne su dd etto, il G ioffredo creò uno slargo di form a e llittic a al quale corrispondeva, da un lato, la scala e, d a ll’altro, u n 'u s c ita verso il g ia rd i­ no; le stanze u tilizza bili, al piano te rra ed al piano am­ mezzato, restavano, perciò, c o nce ntra te in quattro b lo cch i o pp osti, lun go le due d ia go na li passanti per il su dd etto nucleo centrale. O ltre a tale im postazione progettuale, basata sul c o n c e tto di centralità, appartie­ ne al G io ffre d o anche l’idea di creare il p orticato esterno, che si svilup pa partendo dalla facciata poste­ riore. L 'a rc h ite tto , m olto p ro ba bilm e n te, avrebbe p o tu ­ to portare a co m p im e nto , in d istu rb a to , i suoi p ro ge tti se il d uca di C asacalenda, nella sua q ua lità di gover­ natore del M onte di Pietà, non avesse c o n o sciu to Lui-

Villa Cam polieto - Il porticato in via di restauro

gi V anvitelli, chiam ato, nel 1762, per dar parere su al­ cuni dissesti m anifestatisi nella sede di quell'ente, in via S. B iagio dei L ib ra i a N apoli. Il duca fu colpito dal­ le q u a lità d e ll’a rc h ite tto di fid u c ia del re e decise di chiedere il suo c o n s ig lio per alcune questioni interes­ santi le sue p ro prietà ; il duca, in fa tti, in quegli anni, oltre a quelli per la villa C am po lieto , stava portando avanti anche i lavori di co n s o lid a m e n to del suo palaz­ zo, in piazza S. D om enico M aggiore. Vanvitelli, anche in questo caso — secondo la sua pessima abitudine, rivelata in num erose o cca sio n i — non si lim itò a fo rn i­

re il parere o la consulenza, ma riuscì a sostituirsi a ll’ altro te cnico , dopo averne d im o stra to , più o meno vali­ dam ente ed esplicitam ente, l’incom petenza. Tali dim o­ strazioni, però, m olto spesso — com e ha notato il Ven­ dita — valevano p iu tto s to a tranquillizzare la sua cattiva coscienza che a fare l’interesse del cliente; è forse per questo che egli scrive: « Ho ristaurato il pa­ lazzo Sangro delti SS.ri Duca e Duchessa di Casaca- lenda, qual palazzo nuovo e non ancora fin ito era ca­ dente, a rovinare per opera d ell'im p u de nte architetto n ap olitan o M ario G io ffred o. Per gli stessi Sig.ri di Ca- sacalenda e Regina, gli ho ristau ra to ed accom odato il loro C asino di Cam pagna, che parim enti stava cadente e non fin ito , per opera d ello stesso architetto Mario G io ffred o ».

Ora, che la villa C am polieto, in quel momento, non fosse fin ita non dipendeva ce rto dalla volontà di Giof­ fredo; a causa delle in te rru z io n i di cui si è già detto (in specie, per l’eruzione del 1758-59), i lavori, sebbene iniziati da sei o sette anni, non poterono andare avanti con c o n tin u ità . E ’ p ro ba bile, invece, che vi fossero se­ gni di dissesti sta tici, d ovuti ad un cedim ento differen­ ziale delle fo n d a z io n i, ipotizzabile per i differenti ca­ ratteri del suolo su cui sorge l’e d ific io ; ma è fuori dub­ bio che tali segni venissero m olto aggravati nel parere fo rn ito dal Vanvitelli. Questi, infatti, già dal 1761, mo­ strava di aver fa s tid io per l’a ttività del Gioffredo, che aveva in c o n tra to o ccu p a n d o si del palazzo del cardina­ le O rsini, p ro te tto re del giovane architetto; nel luglio di q u e ll'a n n o , infatti, sappiam o che egli chiese al fra­ te llo U rbano n o tizie di « costui, il quale è un birbante di specie nova e senza il m in im o rossore, presuntuo­ sissim o ». T entò di co nvince re l’O rsini « c h e il G ioffre­ do è un pessim o m obile, ta nto poco erudito in Archi­ te ttu ra , q u a n to d o ttis s im o D ottore nelli raggeri e male azzioni »; non vi riuscì ed a llo ra te ntò ogni occasione per d is tru g g e re il G io ffre d o O ttenne il suo scopo pro­ p rio tra m ite il duca di Casacalenda, il quale affidò a V a nvite lli sia il resta uro del palazzo di Napoli sia quel­ lo d ella villa di E rcolario.

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N ell'a prile del 1763, dunque, Vanvitelli pose mano non a restaurare, ma a trasform are quanto fino a quel m om ento era stato fatto, onde attuare soluzioni che ri­ teneva p re feribili e che Luzio di Sangro e sua moglie avevano approvato. Così, circa un anno dopo, nel 1764, egli poteva scrivere che l’androne «è già fatto ed è riu s c ito assai nobile con che nel suo genere mi farà onore quanto Caserta; il duca vuole fare anche di più essendosi invogliato di vederlo fin ito, perché sarà il più nobile Casino che sia in tu tto Portici e la Scala poi neppure il Re potrà averla con quella disposizione nobile lum inosissim a e com oda ».

Questo brano è interessante perché ci consente di notare, innanzi tu tto — oltre che i suoi buoni rapporti con il duca, a danno di G ioffredo — il notevole inte­ resse d ell'a rc h ite tto per questa opera che sorge ac­ canto a quella del suo grande rivale, Ferdinando Fuga (la villa Favorita); opera, dunque, che può fornirgli I’ occasione per dim ostrare, ancora una volta, le sue ca­ pacità e la sua superiorità. Apprendiam o, d ’altra parte, che egli ha co stru ito tra le prim e cose, non l'androne interno — che era già stato realizzato dal Gioffredo ed allungato, malamente, da G iustiniani, dalla parte della strada pubblica — bensì un tratto di esso, dal lato del porticato, necessario per com pensare il suddetto pro­ lungam ento; con il che accoglie l’idea di centralità contenuta nel progetto gioffrediano.

Alla scala, poi, m ostra di a ttrib uire particolare rilievo ed importanza; ed essa, infatti, costituisce, forse, l’epi­ sodio più significativo di tutta l'opera, con il suo espli­ cito richiam o a quella del palazzo reale di Caserta, di cui è una variante di dim ensioni più modeste. « Essa conduce al prim o piano — scrive Roberto Pane — in un atrio coperto a cupola e fiancheggiato da due nic­ chie absidate. La cupola, per essere senza tamburo continua direttam ente la curva delle due nicchie late­ rali, ed è aperta da quattro fin istre ovali... »; di qui la grande lum inosità sottolineata dallo stesso Vanvitelli nel passo citato.

Per realizzare tale scala l’arch itetto non esitò a de­ m olire l’altra già co stru ita dal G ioffredo, che presenta­ va segni di dissesto; ma, oltre a questa non sembra che egli abbia elim inate altre parti, già costruite dai suoi predecessori. Ciò fece per ovvie ragioni di econo­ mia di tem po e di danaro, accettando, quindi, il crite­ rio di adattare le sue soluzioni a ll’im pianto preesisten­ te. Il che produce, com e ha osservato il Venditti, che « gli spazi sono tu tti in loro stessi conclusi, determ i­ nando — salvo che per il noto atrio-scalone, a pianter­ reno — am bienti co n tig u i e giustapposti, piuttosto che flu id am e nte integrantisi nella co n tin u ità del p ercor­ so ». In altre parole, le singole pregevoli soluzioni — m olto spesse derivate, quanto ai principali elementi co m p ositivi, dalla reggia di Caserta — non trovano

Villa Campolieto: a destra la cupola, sotto la facciata dal porticato

m odo di fo nd ersi tra loro perché non appartengono ad un disegno glo ba le u nita rio , ma co s titu is c o n o variazio­ ne e p erfezionam enti di un im p ia n to preesistente e ad esse estraneo.

A tale trasform a zion e appartiene, anche, quella del p ortico di co lo n n e toscane ed archi, rid otto a pianta e llittic a ; esso c o stitu isce un m a g n ific o belvedere la cui terrazza di co pe rtu ra è, poi, accessibile dal prim o pia­ no per mezzo di una scala a d op pia rampa, onde co n ­ sentire il g o d im e nto del paesaggio « se co n d o una suc­ cessione che — nota Pane — esprim e un felice senti­ m ento della prospettiva pan oram ica ».

Al Vanvitelli si deve, infin e, la creazione della sala al prim o piano, co rrisp o n d e n te alla zona centrale d ell'a n ­ drone, secondo lo schem a di ve stibo li sovrapposti, già attuato a Caserta.

Nel 1775, dunque, la villa a b b e llita di decorazioni di stucco e da a ffreschi venne, finalm ente, ultimata, an­ dando a form are, insiem e con la Favorita, l’elemento più p restigioso d e ll’intero com p le sso delle ville vesu­ viane.

Quasi cento anni dopo, in to rn o al 1680, G.B. C h ia ri­ ni, nelle aggiunte al Celano, può ancora testim oniare che « in verun altro lato delle vicinanze di Napoli so r­ gono così num erose le ville de' privati, come nel lu n ­ ghissim o tra tto che si distende presso il mare, in c o ­ m in cian do dalla capitale, e p ercorre n do tu tta la strada che procede verso C astellam m are; le quali ville posso­ no considerarsi oggidì fra le prossim e alla m etropoli, e direm m o quasi suburbane, dop o che la rapidità della strada ferrata ha renduta così breve la distanza ed il te m p o » . La « s tra d a fe rra ta » è la ferrovia Napoli- P ortici in fu nzio ne (prim a in Italia) dal 3 o ttobre del 1839; la civiltà delle m acchine è già iniziata: agli sco n ­ volgim enti naturali di questo te rrito rio co m incia no ad aggiungersi quelli p ro d o tti dagli uom ini. Da uom ini che, però, si m ostrano sem pre più diversi da quelli di cui ha sc ritto Galanti nelle frasi innanzi riportate: scom pare quasi la « p ro dig io sa popolazione » che « ve­ ste di ricca vegetazione luoghi già arsi e devastati » per far luo go a gente che d istru gg e sia i campi co ltiva ­