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La legittimazione a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo nelle controversie per l’affidamento dei contratti pubblici

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Academic year: 2021

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Università degli Studi della Tuscia di Viterbo Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Dottorato di Ricerca in

DIRITTO DEI MERCATI EUROPEI E GLOBALI. CRISI, DIRITTI E REGOLAZIONE XXX ciclo

TESI DI DOTTORATO DI RICERCA (SSD IUS/10)

LA LEGITTIMAZIONE A RICORRERE DINANZI AL GIUDICE AMMINISTRATIVO NELLE CONTROVERSIE PER L’AFFIDAMENTO DEI

CONTRATTI PUBBLICI

Candidata: Dott.ssa Sabrina Tranquilli

Coordinatore del corso Tutor

Chiar.mo Prof. Carlo Sotis Chiar.mo Prof. Aldo Sandulli

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LA LEGITTIMAZIONE A RICORRERE DINANZI AL GIUDICE AMMINISTRATIVO NELLE CONTROVERSIE PER L’AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI

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A MIA MADRE E MIO PADRE

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INDICE

INTRODUZIONE ALLA RICERCA

PRIMA PARTE

LA LEGITTIMAZIONE A RICORRERE IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI NEL DIRITTO EUROUNITARIO

CAPITOLO I

L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DEI RIMEDI CONTRO LA VIOLAZIONE DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI NELLE DIRETTIVE SOSTANZIALI E PROCEDURALI

DELL’UNIONE EUROPEA

1. Premessa. L’impatto del diritto euro-unitario sulla disciplina processuale degli Stati membri dell’Unione Europea

2. Il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale e a un ricorso “effettivo”

3. La progressiva erosione del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri da parte della Corte di giustizia dell’Unione Europea

3. La progressiva erosione del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri nell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea

4. I limiti alla cd. “autonomia procedurale” degli Stati membri nella disciplina del contezioso in materia dei contratti pubblici

5. L’applicazione delle “direttive ricorsi” e il rapporto con le direttive contratti del 2014. 6. Il considerando n. 122 della “direttiva 24”: il diritto del “cittadino-contribuente” di segnalare le violazioni della normativa in materia di contratti pubblici

7. Considerazioni conclusive

CAPITOLO II

LA SOGGETTIVITÀ PROCESSUALE NELLE “DIRETTIVE RICORSI”: IL CANDIDATO E L’OFFERENTE INTERESSATO

1. Premessa. Una (prima) individuazione dei soggetti legittimati a rivolgersi ad un organo di ricorso indipendente

2. Le aperture della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea. I casi “Hackermüller” e “Fritsch”

(5)

2.1(segue) Il caso “Fastweb”

2.1.2. (segue) Le precisazioni del caso “Puligienica”

3. La “conciliazione” tra i precedenti della Corte di Giustizia dell’UE effettuata nel caso “Archus”

CAPITOLO III

UN DIBATTITO APERTO TRA FRANCIA E GERMANIA

1. Premessa: l’evoluzione del contenzioso sui contratti pubblici nel sistema francese e tedesco

Sezione I

Il sistema francese

1. Cenni sulla disciplina del contenzioso in materia di contratti pubblici nel sistema francese e inquadramento della questione affrontata nella ricerca

2. La legittimazione a ricorrere dei “concurrents évincés” contro gli atti di gara dal recours

pour excés de pouvoir al référé précontractuel

2.1. Il ricorso del concurrent évincé contro il contratto

2.2. Il ricorso del terzo per contestare la validità del contratto (Les recours ouverts

aux tiers)

2.3. Il ricorso delle parti contro il contratto (Les recours ouverts aux contractants)

Sezione II

Il sistema tedesco

1. Cenni sul contenzioso dei contratti dei contratti pubblici nel sistema tedesco e inquadramento della questione affrontata nella ricerca

2. La legittimazione a contestare le violazioni della disciplina sui contratti pubblici (Klagebefugnis)

3. Il (riacceso) dibattito sull’estensione della legittimazione a ricorrere.

SECONDA PARTE

LA DINAMICA DELLA LEGITTIMAZIONE A RICORRERE DINANZI AL GIUDICE AMMINISTRATIVO ITALIANO

CAPITOLO IV

LA QUESTIONE DELLA LEGITTIMAZIONE A RICORRERE NELLA DINAMICA DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

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1. Premessa: l’evoluzione del diritto di azione nei confronti della Pubblica amministrazione nella Costituzione

2. L’accesso alla “tutela” giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione: cenni al dibattito sull’estensione degli “interessi legittimi” tutelati dall’art. 24 della Costituzione

3. I presupposti per l’instaurazione del rapporto processuale 4. Interessi sovraindividuali e forme di legittimazione ex lege.

TERZA PARTE

L’IMPATTO DEL DIRITTO EUROUNITARIO SULLA LEGITTIMAZIONE A RICORRERE DINANZI AL GIUDICE AMMINISTRATIVO ITALIANO NEL CONTENZIOSO IN MATERIA DI CONTRATTI

PUBBLICI

CAPITOLO V

LA LEGITTIMAZIONE A RICORRERE DELL’OFFERENTE (NON DEFINITIVAMENTE) ESCLUSO DALLA GARA

1. Premessa. La partecipazione alla gara quale condizione di legittimazione

1.2. La questione della legittimazione a ricorrere dell’operatore economico non definitivamente escluso dalla gara nell’annosa querelle sulle censure reciprocamente escludenti

2. La nascita del dibattito e analisi della questione. Il ricorso incidentale escludente nelle controversie in materia di contratti pubblici

2.1. (segue) controversie relative a procedimenti con pluralità di partecipanti

2.1.1 (segue) lo svolgimento della gara con due soli concorrenti: l’emersione dell’interesse strumentale

2.2. Revirement della Quinta sezione del Consiglio di Stato: le sentenze nn. 2468 del 2002 e 3869 del 2006

2.2.1. (segue) l’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 2.3. La pronuncia dell’Adunanza plenaria, 11 novembre 2008, n. 11

2.3.1 Le reazioni della dottrina e della giurisprudenza

2.3.1.1. Considerazioni sulla legittimazione e sull’interesse dell’impresa “esclusa” 2.4. Una seconda rimessione: l’Adunanza Plenaria, 7 aprile 2011, n. 4

(7)

2.4.1.1. L’ordine di esame dei ricorsi secondo l’ordinanza di rimessione della VI sezione

2.4.1.2. La questione della legittimazione a ricorrere dell’operatore economico di settore

2.4.1.3. La soluzione dell’Adunanza Plenaria sul rapporto tra le censure reciprocamente escludenti

2.4.1.4. Il difetto di legittimazione dell’impresa non definitivamente esclusa

2.4.1.5. Le ulteriori questioni processuali sull’impugnazione del bando di gara e sulla legittimazione. I temperamenti al principio di diritto suggeriti dalla Plenaria

2.4.2. Riflessioni sul riacceso dibattito dottrinale: le obiezioni all’interpretazione dell’Adunanza Plenaria

2.5. La questione della legittimazione dell’operatore economico “al vaglio” delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione non allarga le maglie del «diniego di giustizia».

2.5.1. L’obiter dictum: il monito a ristabilire “il dovuto ordine delle cose” 2.6. L’interpretazione “adeguatrice” della giurisprudenza di primo grado 2.7. Applicazioni e superamenti della Plenaria del 2011

2.8. La necessità di un nuovo intervento della Plenaria: le tre ordinanze di rimessione 2.8.1. L’ ordinanza della Quinta sezione, n. 2059 del 15 aprile 2013

2.8.2. L’ordinanza della Sesta sezione n. 2681 del 17 maggio 2013 2.8.3. L’ordinanza della Sesta sezione n. 4023 del 30 luglio 2013

2.9. La questione della compatibilità comunitaria del diritto vivente: L’ordinanza del TAR Piemonte n. 208 del 2012 e lo spostamento del dibattito in Europa

3. L’attesa pronuncia della CGUE: la sentenza “Fastweb” 3.1. Le principali critiche alla pronuncia.

3.2. I nuovi scenari interpretativi aperti dalla sentenza della CGUE.

3.3. Nuovamente una rimessione alla Corte di Giustizia: l’ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, 17 ottobre 2013 n. 848.

3.4. Quid iuris? Tendenze giurisprudenziali dopo la sentenza della CGUE

4. L’Adunanza Plenaria chiarisce i caratteri del ricorso incidentale escludente, difende la sua pregiudizialità e ridefinisce le eccezioni al principio di diritto enunciato nel 2011

4.1. (segue) i “motivi identici” nelle gare con due soli partecipanti

4.2. (segue) la legittimazione a ricorrere dell’impresa esclusa: l’azione del ricorrente principale e (l’improprio) riferimento all’abuso del processo

(8)

6. La nuova pronuncia della Corte di Giustizia: la sentenza “Puligienica”

6.1 L’interesse strumentale (e i “limiti oggettivi” della sentenza Puligienica) 6.2. Le applicazioni della giurisprudenza

7. Una nuova rimessione all’Adunanza Plenaria per interpretare la sentenza Puligienica nell’ipotesi di gara con più di due partecipanti: l’ordinanza 6 novembre n. 5103

8. Considerazioni conclusive: il “finale di partita” sul riconoscimento del “diniego di giustizia” per il mancato esame dei motivi di ricorso contro l’aggiudicazione proposti dall’offerente non definitivamente escluso dalla gara

CAPITOLO VI

LA LEGITTIMAZIONE AD IMPUGNARE LE AMMISSIONI ALLA GARA

1. Premessa sulla super-specialità del “mini-rito”

Parte I (inquadramento normativo)

2. Il nuovo modello processuale super speciale – anche alla luce del decreto “correttivo” 2.1. Le peculiarità del procedimento ai sensi del comma 6-bis, la compatibilità con la tutela cautelare e con l’art. 60 c.p.a

2.2 Il difetto di coordinamento della disciplina del “mini-rito” con il (resto) del Codice dei contratti e con il Codice del processo amministrativo

2.3. (segue) l’inesistenza di un obbligo di verifica dei requisiti di gara nella fase di ammissione e la mancata attuazione della legge delega nella parte in cui prevedeva l’introduzione di una preclusione procedimentale

2.4. (segue) l’incompatibilità logica tra il “mini-rito” e le diverse tipologie di procedura di gara

Parte II (inquadramento teorico)

3. La differenziazione (della tutela) mediante l’accelerazione (del processo)

4 Accelerazione e concentrazione della tutela: la “contaminazione” tra i modelli processuali 5. Il ricorso immediato contro l’ammissione alla gara degli altri partecipanti nel diritto euro-unitario alla luce della sentenza “Marina del Mediterraneo”

5.1. (segue) l’ampliamento della legittimazione a ricorrere dell’offerente non definitivamente escluso dalla gara alla luce delle sentenze “Bietergemeinschaft Technische Gebäudebetreuung und Caverion Österreich” e “Archus”

5.2. (segue) i principi ricavabili dalla recente evoluzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

(9)

6. Il ricorso immediato contro le ammissioni e l’assenza dell’interesse a ricorrere: le diverse tesi prospettate dalla dottrina

6.1. (segue) i diversi indirizzi giurisprudenziali

6.2. (segue) riflessioni sull’interpretazion estensiva del comma 2-bis

Parte III (prassi giurisprudenziale)

7. Problemi applicativi sull’instaurazione del contraddittorio

8. L’insostenibilità dell’inammissibilità dell’impugnazione “congiunta” dell’ammissione e dell’aggiudicazione e l’apertura dell’orientamento che ammette i motivi aggiunti contro l’aggiudicazione

9. L’ammissibilità e il perimetro applicativo del ricorso incidentale “escludente” 10 Considerazioni conclusive.

CAPITOLO VII

LA LEGITTIMAZIONE DELL’OPERATORE ECONOMICO AD IMPUGNARE GLI ATTI DI GARA E GLI AFFIDAMENTI CHE VIOLINO LA NORMATIVA SUI CONTRATTI PUBBLICI

1. Premessa: la correlazione tra legittimazione processuale e partecipazione alla gara 2. L’interesse tutelato nell’impostazione accolta dall’Adunanza Plenaria n. 1 del 29 gennaio 2003

2.1. L’onere di impugnazione immediata delle clausole “soggettivamente escludenti”

2.2. Quale potesi limite in caso di “oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati”

3. L’evoluzione giurisprudenziale dopo la sentenza n. 1 del 2003 dell’Adunanza plenaria 3.1. L’ampliamento delle ipotesi limite “escludenti”

3.2. Gli ulteriori interventi dell’Adunanza plenaria

4. Il revirement del Consiglio di Stato: la sentenza n. 2014 del 2 maggio 2017 e il riemergere della prospettiva concorrenziale

5. La rimessione all’Adunanza Plenaria per un completo revirement dell’indirizzo giurisprudenziale affermato nel 2001

6. L’evoluzione (solo) giurisprudenziale dell’onere di impugnazione immediata del bando - 7. Critiche all’ordinanza di rimessione

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CAPITOLO VIII

LA LEGITTIMAZIONE DELLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI A CONTESTARE LE VIOLAZIONI DELLA NORMATIVA SUI CONTRATTI PUBBLICI

1. Premessa. Inquadramento sistematico della la legittimazione processuale attribuita ex lege alle autorità pubbliche

2. La legittimazione a ricorrere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato 2.1. La legittimazione a ricorrere dell’Autorità dei Trasporti

2.2. La legittimazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in materia di statuti universitari.

3. La facoltà per gli Stati Membri dell’UE di attribuire la legittimazione a ricorrere per contestare le violazioni delle norme in materia di contratti pubblici anche alle autorità pubbliche 4. L’esercizio da parte dell’AGCM dei poteri di cui all’art. 21-bis l. n. 287/90 per contestare la violazione delle disposizioni in materia di contratti pubblici

5. La soppressione del potere di “raccomandazione vincolante” e l’introduzione della legittimazione processuale dell'ANAC

5.1. L'ambito oggettivo di applicazione dei nuovi poteri dell’ANAC

5.2. Le due possibili interpretazioni dei commi 1-bis e 1-ter dell’art. 211 del Codice. La prevalenza della tesi che consente all’ANAC (e onera del)l’impugnazione immediata degli atti elencati nel comma 1-bis.

5.3. L’impugnazione immediata dei bandi di gara 5.4. L’impugnazione immediata degli “altri atti generali”

5.5. Il dialogo con la stazione appaltante e l’emanazione del parere motivato 5.6. Le gravi violazioni del Codice dei contratti

5.7. La denuncia (recte segnalazione) all’ANAC delle gravi violazioni della normativa sull’evidenza pubblica e l’interesse dell’operatore economico

5.8. La qualificazione della segnalazione dell’ANAC come un’istanza di autotutela rivolta alla stazione appaltante

6. Possibili problemi processuali e sovrapposizioni con la legittimazione dell’AGCM 7. Considerazioni conclusive: dal controllo della stazione appaltante alla vigilanza dell’ANAC, il rapporto con l’interesse protetto

7.1 Un Pubblico Ministero per il processo amministrativo?

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INTRODUZIONE

L’approccio al tema oggetto di studio può sinteticamente riassumersi nella constatazione, non certo nuova, che nel campo del diritto processuale e, in particolare, nel campo del diritto processuale amministrativo, le definizioni di legittimazione e di interesse assumono contorni spesso “oscuri, soggette a interpretazioni particolarmente difficili e contrastate”1. La domanda alla base di ricerca non si risolve tuttavia in un arduo (e di certo troppo ambizioso) approccio verso (un ulteriore) sforzo definitorio già presente nel vasto panorama scientifico.

La suddetta constatazione esprime e intende invece verificare un’intuizione che ha permesso di delineare un percorso di ricerca nel complesso tema della soggettività giuridica processuale.

Il percorso seguito ha portato così a verificare la dinamica della soggettività giuridica all’interno del processo amministrativo, partendo dal suo complesso rapporto con gli ordinamenti sovranazionali e, in particolare, con quello europeo.

Tra le varie forme di processo quello amministrativo ha probabilmente conosciuto l’impatto più forte da parte del diritto dell’Unione Europea e il dialogo più intenso con la Corte di giustizia dell’UE in quanto gran parte delle competenze affidate dagli Stati membri a tale ordinamento sono oggetto di attività e funzioni delle amministrazioni nazionali2.

In particolare, il settore dei contratti pubblici, inciso dall’armonizzazione del diritto euro-unitario sia in campo sostanziale che processuale (e per questo terreno privilegiato di studio), sembra tendere ad un progressivo ampliamento della legittimazione processuale. L’impegnativa affermazione di principio posta dalle direttive ricorsi (secondo cui le procedure di ricorso devono essere accessibili «per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto

interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto» e che «sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto») è stata al centro, negli ultimi

quattro anni, di un’intensa attività interpretativa della Corte di Giustizia dell’Unione

1 Si estende il campo delle parole con cui A. PROTO PISANI, Dell'esercizio dell'azione (Artt. 99-111). Estratto dal Commentario del Codice di Procedura Civile diretto da Enrico Allorio, 1970, 1066, definisce l’interesse ad agire. La suddetta constatazione trova sostegno in autorevoli contributi sul tema oggetto di indagine, ci si riferisce a R. VILLATA. Voce - Legittimazione processuale (diritto processuale amministrativo), Enc. giur. Treccani, Roma, 1; A. TRAVI, nelle sue Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2008, VIII ed., 202.

2 A. SANDULLI, The European Court of Justice and the Competitive Dialogue between Courts, in Global Standards for Public Authorities, a cura di G. DELLA CANANEA E A. SANDULLI, Editoriale Scientifica, Napoli, 2012, 165 ss.

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Europea, sollecitata in via pregiudiziale dai giudizi dei diversi Stati membri (e, due volte, dai giudici amministrativi italiani con riferimento alla nota questione delle censure reciprocamente escludenti3) per meglio definire il perimetro della legittimazione processuale.

Sebbene la tutela giurisdizionale nei confronti della p.A. continui ad essere diversamente concepita dagli Stati membri sulla base delle loro diverse tradizioni giuridiche (i.e. come tutela di diritto soggettivo in Italia e Germania e, tendenzialmente, di diritto oggettivo in altri Paesi, come la Francia), l’ordinamento euro-unitario sembra, invece, progressivamente assestarsi verso una maggiore protezione dell’interesse al rispetto delle regole della procedura4 qualificando, significativamente, proprio la legittimazione ad agire,

non solo un mezzo per assicurare la tutela dei diritti e degli interessi dei singoli, ma “uno

strumento che consente di garantire l'assunzione di responsabilità” per le decisioni, atti od

omissioni adottate dalla stessa p.A.5.

In quest’ottica, il confronto su tale tema vive significativamente un momento di grande vivacità nel dibattito scientifico europeo6 e numerosi studiosi si dicono vieppiù preoccupati, poiché, a loro modo di vedere, il sistema di giustizia amministrativa sarebbe soggetto a un progressivo snaturamento. Viene evidenziato, con una certa preoccupazione che, sotto l'influenza dell'Unione Europea, la giustizia amministrativa italiana e tedesca, storicamente e costituzionalmente orientata alla tutela dei diritti soggettivi, si stia trasformando in un sistema di giustizia amministrativa più vicina al modello francese, ossia

3 Su cui si v. infra cap. V.

4 Per uno studio comparato tra giurisdizioni a carattere soggettivo e giurisdizioni a carattere oggettivo in Europa, v. E. GARCÍA DE ENTERRÍA, Contencioso-administrativo objetivo y contencioso-administrativo subjetivo a finales del siglo XX. Una visión histórica y comparatista, in Rev. adm. públ., 2000, 93 ss.; B. MARCHETTI, Il giudice amministrativo tra tutela soggettiva e oggettiva: riflessioni di diritto comparato, in Dir. proc. amm., 2014, 74 ss. 5 Cfr. la Comunicazione della Commissione sull'accesso alla giustizia in materia ambientale del 28.4.2017, C(2017) 2616 final.

6 K. P. SOMMERMANN, Transformative Effects of the Aarhus Convention in Europe, in ZaoRV 2017, 2, 321; E. SCHMIDT-AßMANN, Mutamento della funzione della giustizia amministrativa tedesca. Spunti per alcune riflessioni sistematiche, in La giustizia amministrativa in Italia e in Germania, Contributi per un confronto, a cura di V. CERULLI IRELLI, Giuffré 2017, 19, 20; Sul punto si v. anche G. RUGGE, L’europeizzazione del diritto pubblico tedesco: l'accesso alla giustizia amministrativa, in Riv. it. di dir. pub. com., 2017, 3-4, 593; Anche in Italia il tema è oggetto di attuale dibattito tra operatori e studiosi, si v. l’incontro svoltosi presso l’Università degli Studi Roma TRE il 30 gennaio 2017 sul tema dei “Profili soggettivi e oggettivi della giustizia amministrativa” in cui si è confrontata l’esperienza italiana (con relazione di M. Lipari, pres. di Sezione del Consiglio di Stato) con quelle degli ordinamenti francese (P. Gonod, prof. Univ. Paris 1, Panthéon, Sorbonne, C. Touboul, maître de requêtes al Conseil d’état) e tedesco (K.P. Sommermann, Università di Speyer e O. Mallmann, giudice a.D. presso la Bundesverwaltungsgericht), e in particolare la relazione introduttiva di M. A. SANDULLI, Profili soggettivi e oggettivi della giustizia amministrativa: il confronto, in www.federalismi.it; e le relazioni di K.P. SOMMERMANN, Objective and Subjective Profiles of the Administrative Jurisdiction: The Experience of the German System, in www.giustizia-amministrativa.it; O. MALLMANN Investigation of facts and evaluation of interests concerning interim measures according to German administrative law, in www.giustizia-amministrativa.it, ivi.

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in un sistema che attribuisce al giudice il compito di tutelare il diritto obiettivo nella vita sociale.

Coloro che osservano una trasformazione di questo tipo sono soliti imputarla a due circostanze: in primo luogo, alla tendenza della legislazione e della giurisprudenza europee a dilatare in maniera eccessiva il concetto di diritto soggettivo; in secondo luogo, al crescente diffondersi, sulla spinta dell'ordinamento europeo, delle c.d. azioni delle associazioni (Verbandsklagen).

A questo tema è pertanto dedicato il terzo capitolo della ricerca in cui si definirà la cornice normativa di riferimento nei sistemi francese e tedesco, presentando le modalità con cui suddetti Stati hanno scelto di recepire le “direttive ricorsi”e si esporranno i termini del dibattito sul mutamento funzionale del processo amministrativo.

Sotto diverso profilo, una parte della dottrina italiana ha in particolare evidenziato la mancanza di rigore delle pronunce della Corte di Gisutizia dell’UE che “spesso

testimoniano una certa confusione fra le diverse condizioni per l’azione, fino ad assimilare insieme legittimazione a ricorrere ed interesse ad agire”7. Nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo si manifestano, infatti, talvolta contraddizioni e salti logici, come, emerge dalla diversità di posizioni rappresentate nella sentenza Hackermüller del 2003, rispetto alla sentenza Fastweb del 2013, conciliati dalla stessa Corte con una soluzione marcatamente tranchant espressa, da ultimo, nel caso “Archus”8. Quella tra interesse e legittimazione è tuttavia una distinzione centrale e che, come si vedrà nella seconda parte della ricerca, fatica da tempo a consolidarsi anche nell’elaborazione della giurisprudenza amministrativa italiana.

Il diritto dell’Unione Europea non spinge all’estensione della legittimazione solo sul fronte dell’accesso alla tutela giurisdizionale.

Il riferimento è alle direttive (sostanziali) sulle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici del 2014 e, in particolare, alle direttive nn. 24 e 25 che ai rispettivi considerando n. 122 e 1289 dopo aver confermano l’impegnativa affermazione di principio posta dalle direttive ricorsi (secondo cui, si ripete, le procedure di ricorso devono essere accessibili «per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un

determinato appalto» e che «sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione del

7 A. TRAVI, Eccesso di potere giurisdizionale e diniego di giurisdizione dei giudici specialu al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione, in giustamm, 11, 2017.

8 CGUE, 10 maggio 2017, C-131/16, in www.lamministrativista.it.

9 La disposizione è evidentemente applicabile anche alle concessioni in virtù delle modifiche effettuata dalla direttiva n. 23 alla direttiva 89/665/CE.

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diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto»), aggiungendo, tuttavia, che la tutela degli interessi in gioco non deve

necessariamente esaurirsi nella tutela giurisdiziale e che gli ordinamenti nazionali dovrebbero costruire spazi di controllo più ampio.

In tale prospettiva nei richiamati considerando viene sancito che «i cittadini, i soggetti

interessati, organizzati o meno, e altre persone o organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso di cui alla direttiva 89/665/CEE hanno comunque un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedure di appalto. Dovrebbero pertanto avere la possibilità, con modalità diverse dal sistema di ricorso di cui alla direttiva 89/665/CEE e senza che ciò comporti necessariamente una loro azione dinanzi a corti e tribunali, di segnalare le eventuali violazioni della presente direttiva all’autorità o alla struttura competente».

Se da una parte le direttive (contratti e ricorsi) sembrano preoccuparsi di fornire una protezione integrale a tutti gli interessi incisi, al contempo prende atto che non tutti gli interessi - benché legittimi - possano trovare la propria protezione tramite la via del ricorso giurisdizionale dovendo piuttosto il legislatore aprire agli operatori del settore strade per l’attivazione di una tutela amministrativa.

Del resto, come rilevato dalla Corte di Giustizia dell’UE sin dalla sentenza Van Gend en

Loos “la vigilanza dei singoli, interessati alla salvaguardia dei loro diritti, costituisce un efficace controllo che si aggiunge a quello che gli articoli 169 e 170 affidano alla diligenza della Commissione e degli Stati membri”10. Non a caso, all’esito dell’attenta disamina della giurisprudenza che in quel solco si è inserita, la dottrina ha di conseguenza osservato come “l’obiettivo primario della Corte non sia affatto la protezione dei singoli, bensì quello di

garantire l’effettività del diritto comunitario”.

Il sistema delle tutele interno, tuttavia, non sembra atturare tale previsione neanche con l’introduzione della legittimazione a ricorrere dell’ANAC, introdotta dall'art. 52-ter del d.l. n. 50/2017, (nel testo derivante dalla legge di conversione n. 96 del 2017, che ha chiuso la complessa parabola delle raccomandazioni vincolanti eliminate dal decreto “correttivo” al Codice dei contratti) che ha innestato nell'art. 211 del Codice dei contratti tre nuovi commi (1-bis, 1-ter, 1-quater) ispirati all’art. 21-bis della l. n. 287 del 1990 (recante la disciplina sulla legittimazione a ricorrere dell’AGCM in materia di provvedimenti amministrativi lesivi delle norme a tutela della concorrenza).

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Viene così attribuita all'ANAC una legittimazione processuale, concernente la materia dei contratti pubblici, limitata all’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e ai contratti di "di rilevante impatto". Proprio dalla suddetta limitazione, secondo i primi commentatori l'opzione compiuta dal legislatore potrebbe ricondurla maggiormente nello schema concettuale del potere di advocacy (attribuzione ad un soggetto pubblico quale un'Autorità indipendente, di una specifica funzione di impulso, proposta e sollecitazione, valorizzandone meno il potere di azione processuale. Nel suddetto contesto, non sembra tuttavia inidoneo a realizzare il risultato voluto dal diritto europeo, sia per l’assenza di uno strumento decisorio che non si risolva nella mera sollecitazione di un giudizio, sia per le numerose limitazioni previste dalla normativa e dagli, spesso restrittivi, orientamenti giurisprudenziali.

Raccolte e analizzate le tendenze nel panorama europeo, la seconda parte della ricerca fa propri i risultati raggiunti per calare la questione della soggettività giuridica nella sua tradizionale dimensione processuale, scandita dalla preliminare delibazione delle

condizioni dell’azione (possibilità giuridica, legittimazione a ricorrere, interesse a

ricorrere).

A voler qui sinteticamente richiamare solo i principali caratteri della condizione che la dottrina processuale definisce “legittimazione ad agire” (e “a ricorrere”, nel processo amministrativo) è noto che la questione consiste, tradizionalmente, nell’individuare dal lato attivo, il soggetto che può azionare la pretesa giurisdizionale e, dal lato passivo, verso chi la stessa può essere invocata.

Costituisce dato acquisito che, con la proposizione della domanda giurisdizionale, sorga il dovere del giudice di pronunciarsi sulla richiesta di tutela fornendo, laddove sia possibile, un provvedimento che entri nel merito per risolvere la questione controversa.

Parimenti, è enunciato generalmente condiviso quello per cui l’oggetto della domanda giurisdizionale (o, quantomeno, l’oggetto del merito del processo di cognizione) si indentifichi con la posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio da chi agisce per la tutela dei propri diritti o interessi legittimi. È invece controverso il momento in cui, all’interno della dinamica processuale, debba avvenire la delibazione circa l’effettiva

appartenenza della posizione giuridica soggettiva invocata. Il riferimento è alla scansione

procedimentale, sancita dal codice di procedura civile, accolta anche nel processo amministrato, che stabilisce la delibazione in limine delle questioni preliminari, tra cui secondo una parte della dottrina rientra la questione della legittimazione.

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Nell’ordinamento italiano, in assenza di una definizione legislativa, la base giuridica della legittimazione viene generalmente ricavata a contrario dall’art. 81 c.p.c. che reca il divieto di far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.

A voler richiamare, in questa sede, solo due tra le numerose teorie elaborate dalla scienza processualcivilista, si ricava che la delibazione sulla legittimazione avviene in limine litis, ossia al momento della proposizione della domanda. Secondo alcuni il potere di agire in giudizio prescinde, infatti, dall’effettiva titolarità della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio cosicché la legittimazione si risolve nella mera affermazione dell’appartenenza dellaposizione invocata nella domanda11.

Secondo un’altra impostazione, volta a valorizzare maggiormente l’autonomia del diritto di azione rispetto alla posizione sostanziale che si assume lesa, la legittimazione spetta, esclusivamente, al titolare dell’interesse ad agire (pas d’interêt pas d’action)12.

In tal senso, quando l’art. 100 c.p.c. dispone che “per proporre una domanda in giudizio è necessario avervi interesse”, indica che l’interesse ad agire non solo deve esistere (componente oggettiva), ma deve anche esistere precisamente in capo a colui che propone la domanda (componente soggettiva). A sostegno di tale impostazione, la stessa dottrina invoca l’art. 81 c.p.c. ai sensi del quale un estraneo non può, “fuori dai casi previsti dalla legge”, far valere validamente l’altrui interesse ad agire. In ogni caso ne deriva che l’accertamento della carenza di legittimazione produce un arresto del giudizio alla fase di rito con una pronuncia di inammissibilità della domanda.

Secondo la parte dominante della scienza processual-amministrativa l’impostazione appena descritta non si presta ad essere trasposta nel processo amministrativo dove, al contrario, nella delibazione sulla legittimazione già si risolve la relazione tra la situazione giuridica sostanziale e l’esercizio dell’azione13.

11 G. CHIOVENDA, L’azione nel sistema dei diritti, in saggi di dir. proc. civ., Bologna 1904, pp. 1-130; Id., nuovo contributo alla dottrina dell'azione, in nuovi saggi di dir. proc. civ., Napoli 1912, pp. 17-38; F. CARNELUTTI, Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, in studi in onore di G. Chiovenda, Padova, 1927, p. 221 e ss; E. BETTI, Ragione e azione, in Riv. dir. proc. civ., 1932, i, p. 205; a. pekelis, azione (teoria moderna), in nuovo dig. it. Torino, 1937, p. 91 e ss ed in nn dig. it., ii, Torino, 1964, p. 29 e ss; P. CALAMANDREI, La relatività del concetto di azione, Riv. dir. proc., 1939, i, p. 22 e ss.; E. GARBAGNATI, La sostituzione processuale, Milano, 1942; E. ALLORIO, La pluralità degli ordinamenti giuridici e l’accertamento giudiziale, in Riv. dir. civ., 1955; R. ORESTANO, L’azione in generale, in Enciclopedia del diritto, iv, 1959, p. 785 e ss; S. SATTA, Azione. l’azione in generale. l’azione nel diritto positivo, in enc. dir., Vol. IV, 1959; E. FAZZALARI, azione civile, in dig. disc. priv. sez. civ. II, Torino, 1988; E. DENTI, Azione (diritto processuale civile) in Enc. giur. III, Roma, 1988. Tesi esaminate, nell’ottica del processo amministrativo, da L. MONACCIANI, Azione e legittimazione, Milano, Giuffrè, 1951, 151.

12 E T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, VI ed., a cura di C. VOCINO, Milano, 1964, 351.

13 R. FERRARA, Interesse e legittimazione al ricorso (ricorso giurisdizionale amministrativo), in Dig. disc. pubb., Vol. VIII, Utet, Torino, 1993, p. 471, precisa che: “nel processo amministrativo si avrebbe sempre, infatti, la coincidenza dell’interesse protetto con titolarità della legittimazione all’impugnazione, perché protetto è solo quella posizione di vantaggio la quale risulti normativamente qualificata, in quanto riconducibile ad una norma

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In base a quanto sostenuto dalla dottrina, infatti, la legittimazione conosce, nella dinamica del processo amministrativo, tre diversi momenti: (i) l’affermazione della titolarità dell’interesse che legittima la proposizione della domanda giurisdizionale e dunque permette il solo accesso al giudizio; (ii) l’appartenenza al ricorrente della posizione soggettiva che consente il passaggio alla fase di merito del giudizio; (iii) la fondatezza della pretesa invocata in giudizio che comporta l’accoglimento della domanda e dunque l’identificazione tra legittimazione e spettanza della pretesa14.

In questo modo la legittimazione non riguarda la mera affermazione, ma l’effettiva

titolarità della posizione soggettiva sostanziale (pas de droit, pas d’action) la cui carenza,

pur provocando l’inammissibilità del ricorso produce, secondo una parte della dottrina, una pronuncia di merito15.

Come rilevato dalla dottrina, qualora si accetti tale impostazione, ogni problema relativo alla legittimazione al ricorso appare “sdrammatizzato”, o comunque “pacificamente risolubile” spostando la questione sulla ricognizione degli interessi legittimi che devono essere censiti e catalogati allo scopo di individuare specifiche posizioni di vantaggio protette dall’ordinamento con le relative legittimazioni processuali16.

Il riferito quadro consente, quindi, una riflessione sulle possibili limitazioni al diritto di azione e di difesa nei confronti dell’Amministrazione e sugli ostacoli all’effettiva

di riferimento che si configura come il presupposto logico-giuridico della tutela giudiziale accordata al titolare della posizione di vantaggio medesima”. A. TRAVI, Lezioni di giustizia op. cit., 202, pur riconoscendo che non esiste una sistematica delle condizioni dell’azione alternativa rispetto a quella propria della scienza processualcivilista afferma che le conclusioni più recentemente raggiunte nel processo civile sono distanti da quelle del processo amministrativo dove la giurisprudenza, come si vedrà infra è ferma nelle sue posizioni. 14 A. M. SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, 210.

15 A. TRAVI, op. e loc. ult. cit., contra R. VILLATA, Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel giudizio amministrativo di primo grado, in Dir. proc. amm., 2009, 308, la cui teorizzazione è stata sostanzialmente ripresa dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011, il quale sostiene che la legittimazione “contrassegna la posizione di un soggetto rispetto al rapporto giuridico dedotto nel processo”, mentre l’interesse ad agire “contrassegna uno stato di fatto in cui versa il diritto” per il quale viene chiesta la tutela; detto interesse serve a evitare che si scenda all’esame del merito quando la domanda può essere fondata, ma anche se lo fosse, il suo accoglimento non produrrebbe alcun effetto utile nella sfera giuridica dell’attore, mentre la legittimazione mira ad evitare una decisione nel merito in assenza della titolarità del diritto in capo all’attore medesimo”.

16 C. CUDIA, Gli interessi plurisoggettivi tra diritto e processo amministrativo, Maggioli editore, 2012, p. 145 la quale, in nota, cita L. R. PERFETTI, Legittimazione e interesse a ricorrere nel processo amministrativo: il problema delle pretese partecipative, in Dir. proc. amm. 2009, p. 688: “non è affatto chiaro in giurisprudenza se valga anche nel diritto amministrativo la regola – propria del processo ordinario – per cui la legittimazione discende dall’affermazione della posizione sostanziale”. In effetti, la giurisprudenza amministrativa, a fronte della formale affermazione della necessità della legittimazione a ricorrere in capo a chi promuove l’azione, tende in concreto quasi sempre a ritenerla sussistente, e utilizza solo l’interesse processuale quale strumento per filtrare l’accesso alla tutela. Questa “impropria utilizzazione giurisprudenziale di quelle che tradizionalmente si ritengono condizioni dell’azione consegna nelle mani del giudice amministrativo strumenti di regolazione dell’accesso al giudizio che – per quanto utilizzati sapientemente e con risultati pratici ordinariamente condivisibili – non paiono convincenti dal punto di vista della protezione costituzionale del diritto di azione, poiché sembrano (almeno in parte) funzionali al perpetuarsi di modelli di giurisdizione oggettiva non coerenti con il modello costituzionale descritto dall’articolo 24 della Costituzione”.

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attuazione del diritto a mezzi di ricorso efficaci prescritto dal diritto euro-unitario. Sotto tale profilo, l’evoluzione normativa e giurisprudenziale del contenzioso in materia di contratti pubblici si presta ad una comparazione con altri ordinamenti (in particolare francese e tedesco) dove l’applicazione dei principi posti dalla cd. direttiva ricorsi sembra produrre soluzioni meno restrittive rispetto a quelle raggiunte nell’ordinamento italiano in cui - significativamente - l’indirizzo giurisprudenziale che limita la legittimazione a contestare l’aggiudicazione disposta a favore del concorrente (in ipotesi) erroneamente ammesso, è più voltes stato sottoposto al vaglio dalla Corte di Cassazione sul terreno del “diniego di giustizia” (art. 111, ult. comma Cost.).

Ciò brevemente premesso, per ricongiungersi all’iniziale intuizione che ha ispirato il percorso di ricerca, la formulazione del quesito deve tuttavia esser ricalibrato e circoscritto con maggiore rigore metodologico.

Lo studio intende, infatti, affrontare le tendenze del processo amministrativo nel prisma delle variazioni assunte dalla legittimazione nell’attuale assetto normativo e giurisprudenziale seguendo un percorso logico-argomentativo volto a:

a) verificare quali siano le variazioni della legittimazione a ricorrere all’interno del

processo amministrativo e se l’affermazione secondo cui l’oggetto del processo amministrativo consista nella situazione giuridica soggettiva (interesse legittimo e, nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, diritto soggettivo) costituisca, oggi, una regola generale;

b) in caso di risposta positiva al quesito sub a), valutare se i criteri tradizionalmente

utilizzati per individuare l’appartenenza della situazione giuridica dedotta in giudizio rimangano validi anche in alcuni settori fortemente incisi dal diritto euro-unitario come quello dei contratti pubblici in cui ad essere dedotta in giudizio è una situazione giuridica soggettiva protetta e disciplinata da fonti sovranazionali;

c) infine, alla luce delle conclusioni raggiunte sub a) e b), tracciare le linee di tendenza del

processo amministrativo e la ricaduta sull’accesso e l’esercizio effettivo della tutela giurisdizionale.

In particolare, la prima delle tre questioni si rende necessaria a fronte della constatazione, da parte di un numero crescente di autori, della disgregazione della categoria dell’interesse legittimo a causa del mutamento degli interessi bisognosi di tutela giurisdizionale e dell’incidenza esercitata dal diritto europeo e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE tendenti, secondo alcuni, ad una sempre più marcata oggettivazione della

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giurisdizione amministrativa17.

La seconda questione prende invece le mosse dal rapporto sussistente tra la nozione di oggetto del processo accolta all’interno del nostro ordinamento e quella accolta a livello europeo, in primo luogo dalla Corte di Giustizia dell’UE e mira all’analisi delle attuali forme di tutela fornite all’operatore economico e ai terzi “interessati” nel settore dei contratti pubblici per verificare se il sistema processuale sia allo stato sufficiente alla piena tutela delle situazioni giuridiche oltre che effettivamente conforme al diritto euro-unitario.

17 Sul punto si v. A. POLICE, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo (profili teorici ed evoluzione storica della giurisdizione esclusiva nel contesto del diritto europeo, Padova, Cedam, 2000, 54, laddove si evidenzia che «questo dubbio sulla natura, sulla funzione stessa, della giurisdizione amministrativa costituisce un vizio di origine che ha pesantemente condizionato l’intera evoluzione sia dottrinaria, sia giurisprudenziale della tutela del cittadino nei confronti della pubblica Amministrazione» sicché «è a tale ricostruzione degli istituti della giustizia amministrativa (come complesso di garanzie a tutela della legalità e del buon andamento dell’Amministrazione, piuttosto che a protezione delle situazioni giuridiche soggettive dei cittadini), che devono imputarsi: il ritardo con cui la dottrina è pervenuta alla consapevolezza della natura sostanziale dell’interesse legittimo, la posizione di privilegio processuale da sempre riconosciuta in giudizio alle Amministrazioni pubbliche, l’autolimitazione del giudice nella cognizione piena dei fatti oggetto della controversia, l’autolimitazione nei poteri decisori del giudice medesimo (fino a negare anche limitati poteri di accertamento e condanna)».

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CAPITOLO I

L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DEI RIMEDI CONTRO LA VIOLAZIONE DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI CONTRATTI PUBBLICI NELLE DIRETTIVE (SOSTANZIALI E PROCEDURALI)

DELL’UNIONE EUROPEA

SOMMARIO: 1. Premessa. L’impatto del diritto eurounitario sulla disciplina processuale

degli Stati membri dell’Unione Europea - 2. Il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale e a un ricorso “effettivo” - 3. La progressiva erosione del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri nell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea - 4. I limiti alla cd. “autonomia procedurale” degli Stati membri nella disciplina del contezioso in materia dei contratti pubblici - 5. L’applicazione delle “direttive ricorsi” e il rapporto con le direttive contratti del 2014. - 6. Il considerando n. 122 della “direttiva 24”: il diritto del “cittadino-contribuente” di segnalare le violazioni della normativa in materia di contratti pubblici – 7- Conclusioni.

1. PREMESSA. L’IMPATTO DEL DIRITTO EUROUNITARIO SULLA DISCIPLINA PROCESSUALE DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA

Tra le molte competenze conferite dagli Stati membri all’Unione Europea, in origine, non figurava espressamente la materia procedurale18 sicché, si affermava, che la produzione e interpretazione della relativa disciplina rimassero esclusivo appannaggio degli Stati membri19.

18 Sulle regole di riparto delle competenze tra l’Unione Europea e gli Stati membri si v. G. TESAURO, Diritto dell’Unione Europea, Padova, Cedam, 2010, 101; P. MENGOZZI, C. MORVIDUCCI, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Padova, Cedam, 2014, 118. Le competenze dell’Unione sono regolate, come noto, dal principio di attribuzione, introdotto dal Trattato di Maastricht, in base al quale l’Unione Europea può intervenire solo negli ambiti previsti dagli stessi Trattati. È altrettanto noto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE ha interpreto il suddetto principio nel senso di ricomprendervi anche le competenze desumibili implicitamente da quelle attribuite all’Unione in modo espresso. Corollario del suddetto principio è che ogni atto dell’Unione Europea poggia su una specifica base giuridica che ne legittima l’emanazione e al contempo consente ai destinatari di comprenderne l’obiettivo perseguito. L’esercizio delle competenze dell’Unione, come precisa lo stesso art. 5, par. 1, si fonda inoltre sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il principio di sussidiarietà (art. 5 par. 3 del TUE) consente infatti l’estensione dell’intervento dell’Unione anche in settori che non sono di sua competenza nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri né a livello centrale né a livello regionale o locale, ma possono, proprio a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere meglio conseguiti a livello dell’Unione. Un elemento di continuità che la suddetta enunciazione di principio presenta rispetto a quella contenuta nei trattati immediatamente precedenti è la tendenza restrittiva che pare imprimere all’esercizio non esclusive dell’Unione con l’espressione «soltanto se e in quanto», rafforzata dal principio di prossimità (art. 10, par. TUE) secondo cui le decisioni dell’Unione sono prese «nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini». Come evidenziato dalla dottrina i suddetti principi tuttavia non si limitano tra loro, ma sono destinati a coordinarsi con il principio di leale cooperazione a termini del quale «l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati». Nella giurisprudenza dell’Unione il principio di attribuzione ha trovato un’ulteriore e certamente più continua attenuazione nell’affermazione del principio secondo cui anche nelle materie che sono rimaste nella loro competenza ai sensi del più generale principio di leale cooperazione (art. 4 TUE) gli Stati sono tenuti ad esercitare le loro competenze nel rispetto dei trattati istitutivi.

19 Il cd. principio di “inquadramento” ha trovato applicazione con riguardo all’organizzazione giurisdizionale degli Stati membri sancendone l’autonomia procedurale. In relazione a tale ambito i Trattati non stabiliscono né una base giuridica, né appare possibile ricavare una competenza implicita dalle altre competenze espressamente

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Nella progressiva evoluzione dell’integrazione europea si sono registrati i primi contatti tra diritto eurounitario e processo (principalmente civile), divenuti in seguito sempre più intensi20. L’inevitabilità di tale avvicinamento deriva, del resto, dalla circostanza che l’ordinamento europeo è ricco di disposizioni processuali che non riguardano unicamente le procedure interne alla stessa Unione, ma anche i singoli Stati membri.

L’affermazione del principio di autonomia procedurale, più volte ribadito dalla Corte di Giustizia dell’UE e richiamato (recte invocato) dai giudici degli Stati membri, rischia tuttavia di trarre in inganno l’interprete se inteso in senso “negativo”, ossia come uno schermo che rende totalmente impermeabile il diritto processuale nazionale rispetto al diritto eurounitario21.

Al contrario, l’autonomia procedurale non deve essere intesa come “mera indipendenza” conservata dai legislatori degli Stati membri nel redigere le norme processuali, ma deve essere letta in un’accezione positiva, ossia come principio che intende assicurare la non discriminazione e la tutela giurisdizionale adeguata delle situazioni giuridiche protette dall’Unione Europea.

Per tale impostazione, autonomia procedurale significa, in altri termini, che il legislatore interno ha la facoltà di agire sulle leve della propria disciplina processuale al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi-cardine del sistema europeo e di trattare i diritti discendenti dall’ordinamento eurounitario in modo equivalente rispetto a quelli riconosciuti dalle norme interne, garantendo una struttura della tutela giurisdizionale che non renda troppo difficile l’esercizio dei diritti fondati sull’ordinamento della stessa Unione22.

Tale è l’accezione che sembra sia stata accolta anche da un’importante pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione italiana, di estrema rilevanza per il tema che ci occupa, in cui è stato precisato che la l’autonomia dei singoli Stati membri incontra il limite,

attribuite all’Unione Eruopea se non, come avverte attenta dottrina, nella forma “attenuata” del cd. “effetto utile dell’effetto diretto, su cui cfr. D.U. GALETTA, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione Europea. Paradise Lost?, Torino, Giappichelli, 2009; E’ stato tuttavia evidenziato da M.C. ROMANO, La situazione legittimante nel diritto dell’Unione Europea, Napoli, Jovene Editore, 2013, p. 7 ss. che tale principio entra in frizione con quello di effettività della tutela sancito dall’art. 19, par. 1 TUE, ai sensi del quale gli Stati membri devono stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori coperti dal diritto UE. Sul tema dell’autonomia procedurale, si v. M. SINISI Il giusto processo amministrativo tra esigenze di celerità e garanzie di effettività della tutela, Torino, 2017 Sulla frequente convergenza tra il principio di autonomia procedurale e quello di autonomia istituzionale si v. M. LOTTINi, Principio di autonomia istituzionale e pubbliche amministrazioni nel diritto dell’Unione Europea, Torino, 2017.

20 N. TROCKER, Il diritto processuale europeo e le «tecniche» della sua formazione: l'opera della Corte di Giustizia, in Europa e dir. priv., 2010, 2, 361.

21 BO G., La pronuncia della corte di giustizia nella causa «Unibet» tra principio di autonomia processuale e principio di non discriminazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 3, 1071.

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invalicabile, nella tutela del diritto di accesso alla tutela giurisdizionale, sicché a ogni soggetto che lamenti la violazione di diritto o libertà garantiti da tale ordinamento dell’Unione Europea deve essere garantito un “ricorso effettivo dinanzi a un giudice” ai sensi dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea23.

In estrema sintesi, al fine di qui introdurre il tema oggetto di analisi, la Suprema Corte accogliendo un ricorso per “diniego di giustizia”, ex art. 111, VIII comma Cost., ha sancito che una disposizione processuale nazionale che precluda al giudice, in determinati casi, di esaminare nel merito il ricorso giurisdizionale, negando tutela a un diritto riconosciuto dall’ordinamento dell’Unione, contrasta con i principi di effettività e equivalenza.

L’esigenza di un’applicazione uniforme del diritto europeo ha, del resto, posto il problema della protezione giudiziaria dei diritti provocando un intervento sempre più incisivo sui sistemi processuali nazionali, sicché da una fase di celebrazione dell’indipendenza della disciplina procedurale nazionale si è passati alla sua progressiva erosione in favore dell’opportunità-necessità di un intervento legislativo dell’Unione Europea anche sulle norme processuali.

Il sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione, costruito secondo un modello di tutela decentrata, che attribuisce l’esercizio del potere giurisdizionale sul diritto dell’Unione ai giudici dell’Unione Europea e, in diversa misura, agli organi giurisdizionali degli Stati membriha del resto consentito tale sviluppo24.

L’obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE qualora la controversia comporti la risoluzione di un quesito sull’interpretazione del Trattato o sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti in applicazione del diritto dell’Unione Europea ha reso i giudizi dei singoli Stati parte, a pieno titolo, di un “sistema giurisdizionale europeo”, trasformandoli nei principali attori considerati, per costante giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, «incaricati di applicare, nell'ambito delle loro competenze,

le norme del diritto [eurounitario], garantire la piena efficacia di tali norme e tutelare i diritti attribuiti ai singoli».

23 Cass. SS.UU., 29 dicembre 2017, n. 31226, in www.lamministrativista.it, che sarà più volte richiamata nel corso del presente lavoro e in particolare infra nel cap. V in cui si afferma che la decisione del giudice nazionale che neghi l’esame del merito della domanda giurisdizionale in applicazione di una regola processuale interna frontalmente contrastante con il diritto dell’Unione, quale risultante dall’interpretazione della Corte di giustizia dell’UE, nega apertamente all’attore la tutela giurisdizionale (nell’ampiezza riconosciutagli dallo stesso diritto eurounitario).

24 Cfr. G. TESAURO, Diritto dell’Unione europea, op. cit., 229, secondo cui i due livelli benché distinti, sono concepiti come «funzionalmente collegati».

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Proprio l’opera pretoria svolta dalla Corte UE, secondo lo schema dei “vasi comunicanti” (attingendo dall’ordinamento degli Stati membri per elaborare principi che confluiscono nell’ordinamento dell’Unione, per poi rifluire negli stessi Stati), ha prodotto notevoli riflessi anche sul diritto processuale interno dei singoli Stati membri25.

Sebbene dopo il Trattato di Lisbona, il valore giuridico acquisito dalla Carta dei diritti fondamentali, in una con la rilevanza ormai assunta dal diritto della CEDU, abbiano fornito una base normativa alle riferite costruzioni giurisprudenziali, accelerandone l’evoluzione, l’esperienza giurisprudenziale continua a rappresentare il “terreno naturale” dell’elaborazione di principi e regole dell’azione dell’Unione Europea.

A partire dal caso Unibet la Corte ha significativamente interpretato il suddetto principio valorizzandone l’aspetto funzionale rispetto alla garanzia dell’effettività del diritto eurounitario, finalità successivamente rafforzata dall’introduzione espressa all’interno del TUE, del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale26 ribadendo, successivamente, che l’autonomia procedurale impone ai giudici dei singoli Stati membri di esercitare la propria funzione secondo modalità che non siano meno favorevoli rispetto a quelle seguite con riferimento a ricorsi di diritto interno (principio di equivalenza)27 e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei riditti attribuiti ai singoli dal diritto dell’Unione (principio di effettività)28.

Il principio di autonomia deve tuttavia essere ulteriormente precisato nel senso che il legislatore europeo non può direttamente intervenire sui singoli rimedi processuali interni né la Corte di Giustizia dell’Unione può valutare l’efficacia e l’effettività dei rimedi interni rispetto al diritto dell’Unione Europea29.

E in effetti, in mancanza di una diretta attribuzione nella materia procedurale, come si vedrà meglio nei successivi paragrafi, l’Unione ha talvolta fatto leva sul principio di sussidiarietà per disciplinare direttamente alcuni tipi di procedure nello specifico campo dei rimedi contro la violazione della disciplina eurounitaria dei contratti pubblici.

25 F. APERIO BELLA, Procedimenti composti in materia di implementazione della politica agricola comune e garanzie procedimentali: il caso Oleificio Borelli “riletto” alla luce delle Model Rules in materia di decisioni individuali, in academia.edu, 2, che evidenzia come proprio la fertile attività pretoria della Corte di Giustizia abbia condotto all’enunciazione di principi come quelli di giusto procedimento ed effettività della tutela giurisdizionale, che hanno contribuito alla nascita stessa di un sistema procedurale europeo che, senza alcun dubbio, vincola le corti nazionali. Sulla questione anche M.C. ROMANO, La situazione legittimante, op. cit., 6 parla di “effetto conformativo” del diritto europeo sui diritti nazionali e, in particolare, sui rimedi processuali, evidenziando l’effetto “orizzontale” che scaturisce dalla circolazione dei modelli tra gli Stati membri.

26 CGUE, 13 marzo 2007, in C-432/05 “Unibet”.

27 CGUE, 26 gennaio 2010, in C-118/08 “Transportes Urbanos”. 28 CGUE, 21 novembre 2002, in C-473/00, “Cofidis”.

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Proprio nel settore della contrattualistica pubblica, al cauto approccio iniziale del legislatore europeo, improntato al rispetto del diritto interno30 è seguita l’avvio di una progressiva armonizzazione procedurale ritenuta necessaria per raggiungere l’effettività dalla stessa disciplina sostanziale.

Lasciando, per ora, da parte l’intervento nella suddetta disciplina settoriale che sarà oggetto di più ampia indagine infra, preme precisare che, in termini più generali, la crescente rilevanza dell’incidenza del diritto dell’Unione sulle posizioni giuridiche dei singoli, ha creato l’esigenza sia per la stessa Unione che per gli Stati, di predisporre mezzi adeguati per consentire a tali soggetti di far valere, in sede giurisdizionale, i diritti e gli interessi ad essi attribuiti dal diritto europeo31.

Innumerevoli studi affermano, del resto, che il diritto eurounitario incide ormai ad ampio spettro sul diritto processuale degli Stati membri in varie forme, più o meno dirette, frutto talvolta di scelte legislative talvolta di interventi giurisprudenziali32.

Il processo amministrativo è, tra le diverse forme di processo, quello che ha conosciuto l’impatto più forte da parte del diritto eurounitario33.

30 Cfr. la direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, laddove nel preambolo si afferma che «la realizzazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici aggiudicati negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri enti di diritto pubblico richiede, parallelamente all'eliminazione delle restrizioni, il coordinamento delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti» (secondo 'considerando‘). Nel successivo 'considerando‘, si aggiunge che «tale coordinamento deve rispettare per quanto possibile le procedure e la prassi in vigore in ognuno degli Stati membri».

31 W. VAN GERVEN, Bridging the Gap Between Community and National Laws: Towards a Principleof HomogeneityintheFieldofLegalRemedies, in Common mkt. l. rev., 1995, 690, afferma che «the need for harmonized legal remedies.., is... inherent in the concept of uniformity; in the absence of (sufficiently) harmonized legal remedies, uniform rights cannot be adequately secured throughout the Community»..

32 G. MORBIDELLI, La tutela giurisdizionale dei diritti nell'ordinamento comunitario, Quaderno n. 1, Il diritto dell'Unione Europea, 2001; M. P. CHITI, L'architettura del giudiziario europeo dopo il Trattato di Nizza, in Dir. pubbl., 2001, 953 ss.; G.C. RODRÌGUEZ IGLESIAS, Sui limiti dell'autonomia procedimentale e processuale degli Stati membri nell'applicazione del diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2001, 5 ss.; A. ADINOLFI, L. DANIELE E R. MASTROIANNI, in Il diritto dell'Unione Europea, 2001, 41 ss.

33 Sulla profonda influenza che il diritto dell’Unione Europea ha impresso sulle categorie generali del diritto pubblico si v., per tutti, JB. AUBY, L’influence du droit européen sur les catégories juridiques du droit public, in Informations sociales, 2013, 1, 175, 60. Con riferimento al processo, numerosissimi studi evidenziano il formarsi di un vero e proprio sistema di principi processuali comuni all’interno dell’Unione parlando di un vero e proprio “processo amministrativo europeo” tra i molti, cfr. M. FROMONT, La convergence des sistèmes de justice administrative in Europe, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, 125 ss.; E. GARCIA DE ENTERRIA, Perspectivas de las justicias administrativas nacionales en el ambito de la Unión Europea, in Revista española de derecho administrativo, e in Riv. trim. dir. pubbl., 1999, 1, 1 ss; C.D. CLASSEN, Die Europäisierung der Verwaltungsgerichtsbarkeit, Tübingen, 1996, con un'analisi che muove dalla comparazione fra i modelli tedesco e francese di giustizia amministrativa posti di fronte all'influenza del diritto europeo. Con particolare riguardo agli effetti sulla giustizia amministrativa del nostro Paese; R. CARANTA, Learning from our Neighbors: Public Law Remedies Homogenization from Bottom Up, 4 Maastricht J. Eur. & Comp., 1997, 4, 220; ID., La comunitarizzazione del diritto amministrativo: il caso della tutela dell’affidamento, in Riv. trim. dir. pubbl., 1996, 451; Id., Diritto comunitario e tutela giuridica di fronte al giudice amministrativo italiano, ivi, 2000, 81 ss.; Id., Giustizia amministrativa e diritto comunitario: studio sull'influsso dell'integrazione giuridica europea sulla tutela giurisdizionale dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, Napoli, 1992; Id., Tutela giurisdizionale

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L’inevitabile impatto deriva dalla circostanza che gran parte delle disposizioni del suddetto ordinamento sono dirette, oltre che agli Stati membri, alle Pubbliche amministrazioni chiamate a darvi applicazione34.

Ne consegue che il momento patologico, discendente della mancata o illegittima applicazione del diritto europeo si riversa inevitabilmente e per gran parte, nelle aule del giudice amministrativo35.

Il costante confronto tra il giudice amministrativo e l’ordinamento eurounitario, come si vedrà, sembra aver profondamente trasformato il processo amministrativo, plasmandolo sui principi dettati dall’Unione Europea36 dotandolo di una spiccata specialità proprio nelle materie soggette alle disposizioni sostanziali dell’Unione Europea.

Il principio di effettività della tutela, come pure si cercherà di evidenziare nel proseguo della ricerca, ha innalzato gli standard di effettività della tutela giurisdizionale in vari fondamentali aspetti del processo amministrativo quali la definizione dei provvedimenti impugnabili, l’individuazione dei soggetti legittimati a ricorrere, la tutela cautelare e quella risarcitoria.

(italiana sotto l'influenza comunitaria), in Trattato di diritto amministrativo europeo, I, cit., 653 ss.; M. P. CHITI, l'effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in dir. proc. amm. 1998, 499 ss.; F. ASTONE, Integrazione europea e giustizia amministrativa, Napoli, 1999; M. RAMAJOLI, Un diritto processuale europeo in materia di appalti pubblici? in La giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, Atti del Convegno 20 maggio 2011 Università degli Studi di Milano, Quaderni della rivista italiana di diritto pubblico comunitario, Milano 2012. 95; D. DE PRETIS, La tutela giurisdizionale amministrativa europea e i principi del processo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2002, 3. 683 che descrive il fenomeno come strutturato sui due livelli di sviluppo della giurisdizione europea, e del giudice nazionale chiamato ad applicare il diritto europeo. L'unitarietà del sistema e l'uniformità dell'applicazione del diritto sono garantite dal meccanismo del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, al quale sono tenuti i giudici nazionali quando si trovino a dovere risolvere questioni riguardanti l'applicazione o la validità di atti o disposizioni comunitari o disposizioni di diritto interno di derivazione comunitaria. Per parte della dottrina, in particolare L. TORCHIA, Developments in Italian Admistrative Law trough cross-fertilisation, in New directions in European public law, ed. by J. BEATSON - T. TRIDIMAS, Oxford, 1998, 137 ss. l’europeizzazione dei diritti processuali amministrativi nazionali viene tuttavia intesa non come esportazione/importazione di istituti da un sistema all'altro, ma come cross-fertilisation ossia «permeabilità dei vari sistemi a stimoli e scambi con gli altri».

34 La ricostruzione appena proposta si collega evidentemente al fatto che l'attività amministrativa comunitaria è solo in parte svolta direttamente dalle istituzioni comunitarie ed è invece affidata di regola agli Stati membri che vi provvedono secondo le forme organizzative e di azione proprie In conseguenza di ciò, assai spesso, i rapporti diretti fra amministrazione 'comunitaria' - nel senso di amministrazione che dà esecuzione a quanto previsto dal diritto comunitario - e singoli vedono questi ultimi pur sempre contrapposti a un'amministrazione statale, ancorché operante in applicazione del diritto europeo. Sul meccanismo v. per tutti C. FRANCHINI, Amministrazione italiana e amministrazione comunitaria. La coamministrazione nei settori di rilievo comunitario, Padova, 1993; nonché Id., La Commissione della Comunità europea e le amministrazioni nazionali: dalla ausiliarietà alla coamministrazione, in Riv. it. dir. pubbl. com. 1993, 669 ss..

35 In materie spesso rientranti nella sua giurisdizione cd. “esclusiva”.

36 V. CERULLI IRELLI, Trasformazioni del sistema di tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico per effetto della giurisprudenza europea, in Riv. it. dir. com., 2008, 432 ss.

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