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Un contributo allo sviluppo di un metodo per la valutazione della complessità

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(1)

D

IPARTIMENTO DI

I

NGEGNERIA DELL

’E

NERGIA DEI

S

ISTEMI

,

DEL

T

ERRITORIO E DELLE

C

OSTRUZIONI

TESI PER IL CONSEGUIMENTO DELLA

LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE

Un contributo allo sviluppo di un metodo per la

valutazione della complessità

RELATORI I CANDIDATI

Prof.ssa Avv. Adarosa Ruffini Claudio Perissinotti Bisoni

Titolare del Corso di Normazione Integrata

Vincenzo Cavallo

della Logistica e dei Trasporti

Prof. Ing. Franco Failli

Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale

Amm. Ing. Ivano Roveda

Presidente della Commissione “Sicurezza della

società e del cittadino” e membro della Commissione

Centrale Tecnica (CCT) dell’UNI

Sessione di Laurea del 29/11/2017

Anno Accademico 2016/2017

(2)

Indice

1 - INTRODUZIONE ... 1

1.1 - Il fenomeno della complessità ... 2

1.2 - Complessità interna ed esterna ... 5

1.3 - Complessità e coerenza ... 8

1.4 - Risposte strategiche, gestionali e organizzative alla complessità ... 10

1.4.1 - Livello strategico ... 11

1.4.2 - Livello gestionale ... 12

1.4.3 - Livello organizzativo ... 16

1.5 - Indicatori di complessità... 19

1.5.1 - Indicatori di complessità di Jin Zhu & Ali Mostafavi (2016) ... 19

1.5.2 - Attributi di complessità di Dao et al. (2016) ... 23

1.5.3 - Indicatori di Dao et al. (2016) ... 25

1.5.4 - Indicatori per Anderson et al. (2016) ... 27

1.5.5 - Fattori del modello CIFTER (GAPPS, 2007) ... 29

1.5.6 - Indicatori per Vidal et al. (2010) ... 32

1.5.7 - Indicatori per Varandani et al. (2013) ... 37

1.5.8 - Indicatori di De Toni et al. (2015) ... 38

1.6 - Metodi di valutazione della complessità ... 40

1.6.1 - Modello di maturità di Kluth et al. (2014) ... 40

1.6.2 - Complexity Assessment Methodology (CAM) di De Toni et al. (2015) ... 42

1.6.3 - Metodologia qualitativa di valutazione della complessità strutturale nei network di

produzione di Varandani et al. (2013) ... 52

1.6.4 - Metodologia AHP per la valutazione della complessità nei progetti di Vidal et al. (2010) ... 57

2 - MATERIALI E METODI ... 65

2.1 - Clustering degli indicatori di complessità ... 65

2.1.1 - Prima iterazione ... 65

2.1.2 - Seconda iterazione ... 69

2.2 - Metodo di valutazione della complessità ... 76

2.2.1 - Matrice delle influenze tra cluster ... 77

2.2.2 - Metodo di valutazione della complessità interna ... 78

2.2.3 - Metodo di valutazione della complessità esterna ... 84

2.3 - Individuazione della complessità nelle unità organizzative ... 85

3 - CASE STUDIES, RISULTATI ED OSSERVAZIONI ... 89

3.1 - Case study 1: multinazionale ... 89

(3)

3.1.2 - Osservazioni sulle unità organizzative ... 98

3.2 - Case study 2: microimpresa... 99

3.3 - Conclusioni ... 104

APPENDICE A - QUESTIONARIO ... 106

A.1 - Peso degli indicatori ... 106

A.2 - Valutazione delle influenze degli indicatori interni ... 118

A.3 - Valutazione delle incidenze degli indicatori esterni ... 122

A.4 - Unità organizzative e processi ... 123

APPENDICE B - ELABORAZIONE DEI DATI DEI CASE STUDIES ... 124

B.1 - Caso 1 (multinazionale): matrici delle influenze del contesto interno ed esterno ... 124

B.2 - Caso 1 (multinazionale): contesto interno ... 125

B.3 - Caso 1 (multinazionale): contesto esterno ... 151

B.4 - Caso 1 (multinazionale): unità organizzative ... 154

B.5 - Caso 2 (microimpresa): matrici delle influenze del contesto interno ed esterno ... 155

B.6 - Caso 2 (microimpresa): contesto interno ... 156

B.7 - Caso 2 (microimpresa): contesto esterno ... 181

RINGRAZIAMENTI ... 185

(4)

1

1 - INTRODUZIONE

Il lavoro proposto ha l’obiettivo di affiancarsi ai già esistenti metodi di valutazione

della complessità.

Gli indicatori di complessità trovati nel corso della ricerca bibliografica ed il

metodo di valutazione della complessità ideato in seguito ad essa, sono stati

inseriti rispettivamente negli annex A e B.3 del ISO 22375 DTS - Security and

resilience - Guideline for complexity assessment process to improve security and

resilience.

Il fenomeno della complessità, come si vedrà nel paragrafo 1.1., viene spesso

associato al rischio imprevedibile, tipologia in cui si ha la possibilità

assolutamente eccezionale che un evento si verifichi. Il rischio è dato dal prodotto

tra la probabilità che un evento destabilizzante si verifichi ed il danno ad esso

associato. Per flemmatizzarlo bisogna agire sui fattori che lo definiscono.

Contestualizzando quella che è la definizione di rischio all’interno di un ambiente

globalizzato e turbolento in cui ogni organizzazione opera e accostando al

contempo il concetto di evento destabilizzante alla variazione di complessità del

contesto esterno,

si può parlare di flemmatizzazione dell’effetto che tale

variazione porta al contesto interno solo adottando forme preventive con

strumenti flessibili come le norme integrate.

Questi strumenti consentono la riduzione del gap presente tra la norma cogente

e la norma volontaria e pattizia, sopperendo alla staticità di quella cogente con la

flessibilità di quella volontaria e pattizia.

Vista l’indispensabilità di flemmatizzare il rischio che il contesto turbolento sta

generando e, vista la natura preventoria della norma integrata, il DTS ISO 22375

si colloca perfettamente all’interno del contesto di Risk Assessment.

I fattori chiave della complessità del contesto esterno sono l’interdipendenza e la

comunicazione tra le organizzazioni che operano in un ambiente globalizzato nel

quale la buona gestione delle relazioni rappresenta un fattore chiave che porta

all’abbattimento di barriere culturali, sociali, etiche e religiose cercando di rendere

i soggetti cooperanti e maggiormente performanti.

Il team di lavoro ha elaborato un metodo qualitativo che identificasse la situazione

di complessità interna ed esterna di un’organizzazione attraverso la misura e la

valutazione di alcuni indicatori e che consentisse di aprire la strada verso un

(5)

2

successivo lavoro in grado, attraverso un nuovo metodo, di valutare lo stato di

complessità interna ed esterna.

1.1 - Il fenomeno della complessità

Il fenomeno della complessità è attualmente oggetto di diversi studi scientifici,

provenienti da diversi campi di applicazione.

Non esiste al momento una definizione univoca e condivisa di complessità.

Diversi autori assegnano a questa parola significati diversi, affiancandole spesso

un aggettivo, rendendo ancora più difficoltosa una convergenza tra i significati.

Per comprendere in maniera corretta il significato della complessità (o

quantomeno la direzione che la maggior parte delle pubblicazioni scientifiche ha

intrapreso) è di fondamentale importanza distinguere tra la complessità e la

complicatezza, concetti che spesso, per via di diverse cause, possono essere

confusi.

Complicato deriva da cum plicum, (plicum significa

letteralmente “piega del

foglio”), mentre complesso da cum plexum, ovvero “nodo”, “intreccio”.

La

complicatezza

rimanda

alla

linearità

del

plicum,

la

complessità

all'interconnessione del plexum. Un foglio piegato può essere compreso

analizzando le sue pieghe, un nodo può essere invece compreso solo

osservandone l’insieme (De Toni & Comello, 2007)

Da ciò può essere compreso come cambi il metodo da utilizzare per approcciarsi

ai due fenomeni: nel caso della complicatezza sarà più adatto un metodo

analitico, nel caso della complessità servirà un metodo sintetico. Il metodo

analitico mostra le relazioni presenti tra cause ed effetti (la parola analisi deriva

dal greco análysis, ovvero scomposizione), il metodo sintetico serve ad esporre

ciò che è stato individuato nell’analisi (la parola sintesi deriva dal greco sýnthesis,

ovvero “composizione” o “mettere insieme”).

Essendo la non linearità una delle caratteristiche intrinseche della complessità,

si evince come un metodo sintetico sia più adatto per la sua valutazione. La

complessità contiene già all’interno della propria etimologia oltre al concetto di

non linearità, quello di interconnessione. Se i concetti di complicatezza e

complessità sono entrambi descrivibili dalle dimensioni di varietà ed eterogeneità

degli elementi costituenti un generico sistema, quest’ultima ha due dimensioni

aggiuntive: la dinamicità e la non-trasparenza (Kluth, 2014).

(6)

3

Complicatezza

Complessità

Interrelazioni causali

Interrelazioni non causali

Calcolabile e prevedibile

Non calcolabile e prevedibile

Controllabile

Non controllabile

Oggettivamente descrivibile

Percepibile soggettivamente

Caratterizzata da due

dimensioni (varietà ed

eterogeneità)

Caratterizzata da quattro

dimensioni (varietà,

eterogeneità, dinamicità e

non-trasparenza)

Tab 1. - Differenze tra complessità e complicatezza per Kluth et al. (2014)

Per chiarire ulteriormente questo concetto, può essere utile un esempio proposto

nel 1993 da Hervé Sérieyx, nel suo libro Le Big Bang des organisations: un piatto

di pasta è complesso, un Boeing 747 è complicato. Per quanto un prodotto come

un aereo possa essere composto da migliaia di componenti, il suo processo

produttivo può essere scomposto e replicato. La disposizione della pasta su un

piatto invece è un processo caratterizzato da variabilità e caos. Per quanto lo si

ripeta, non si otterranno mai due configurazioni identiche.

Durante l’analisi bibliografica, sono state incontrate diverse definizioni di

complessità, spesso molto diverse tra loro. Di seguito, se ne riportano alcune:

• Caratteristica qualitativa di un sistema, cioè di un aggregato organico e

strutturato di parti tra loro interagenti, che gli fa assumere proprietà che non

derivano dalla semplice giustapposizione delle parti. È la proprietà specifica

dei sistemi complessi, rappresentata in varia forma da quell’insieme di

teorizzazioni matematiche […] per indicare una nuova metodica di indagine

che si contrappone alla tradizionale tendenza a ridurre il complesso al

semplice (Dizionario Treccani).

• Quantità di tempo e le conoscenze necessarie per svolgere un compito

(Perrow, 1955).

• Misura della difficoltà di implementare un flusso di lavoro pianificato in

relazione agli obiettivi del progetto (Gidado, 1996).

(7)

4

• Qualcosa che è composto da molte e diverse parti interconnesse, che può

essere misurato in termini di differenziazione e interdipendenza (Baccarini,

1996).

• Una proprietà di un modello, che rende difficile formulare il suo

comportamento generale (Edmonds, 1999).

• Il numero di elementi nel progetto, l'intensità delle interazioni tra gli elementi,

e la difficoltà di cooperazione tra le aree funzionali determina il livello di

complessità del progetto (Sbragia, 2000).

• Grado di molteplicità, interrelazione ed impatto conseguente di un campo di

decisione (Brockmann & Girmscheid, 2007).

• La complessità è caratterizzata da una disposizione complicata di molti

elementi interconnessi, che è difficile da capire o trattare (Hass, 2008).

• Proprietà di un progetto, che rende difficile capire, prevedere e tenere sotto

controllo il comportamento complessivo dello stesso (Vidal & Marle, 2008).

• Un progetto complesso dimostra una serie di caratteristiche ad un grado o

livello di gravità, che rende difficile prevedere i risultati o la gestione del

progetto (Remington et al., 2009).

• Il grado di difficoltà con cui un processo è difficile da analizzare, capire o

spiegare. Esso può essere caratterizzato dal numero e dalla complicazione

delle interfacce, transizioni, rami condizionali e parallele, l'esistenza di cicli, i

ruoli, le categorie di attività, i tipi di strutture di dati e altre caratteristiche del

processo (Cardoso, 2007).

• Quella proprietà di una espressione linguistica che rende difficile formulare il

suo comportamento generale, anche quando vengono date informazioni

complete sui suoi componenti atomici e le loro interrelazioni (Edmonds,

1998).

Nonostante le sopracitate definizioni di complessità abbiano un filo conduttore, si

possono notare alcune differenze, che per quanto talvolta siano delle semplici

sfaccettature, rendono difficile la formulazione di una definizione chiara ed

univoca.

Un altro elemento di discrepanza individuato durante la ricerca bibliografica è

relativo all’accezione legata al concetto di complessità. Essa è frequentemente

(8)

5

connotata in maniera negativa: taluni la reputano una minaccia, un fenomeno

generatore di problematiche.

Altri invece sostengono abbia la duplice natura di opportunità e insieme minaccia:

un aspetto al contempo da gestire e da cogliere, talvolta necessario o addirittura

mancante. L’accezione negativa spesso attribuita al fenomeno della complessità

potrebbe derivare dall’obbligo di un cambio di paradigma nella gestione dei

sistemi, che essendo sempre meno lineari e più caotici (e quindi meno prevedibili)

necessitano di un nuovo approccio gestionale.

Le organizzazioni dunque potranno essere prede o ragni (De Toni e Comello,

2005), in base al fatto di cogliere opportunità o reagire alle minacce generate

dalla crescente complessità. Dovranno però accettarla, identificarla, selezionarla

ed in seguito gestirla.

1.2 - Complessità interna ed esterna

Molti autori distinguono tra complessità interna e complessità esterna.

La prima è presente all’interno di un sistema, la seconda invece fa parte

dell’ambiente esterno nel quale un sistema opera. Contrariamente alla

definizione di complessità, che presenta non poche differenze, questa distinzione

è accettata e condivisa dalla totalità degli autori.

Il dilemma della complessità (2015) proposto da De Toni e De Zan nel loro

omonimo libro si basa sull’apparente contrasto tra la teoria di Ashby e quella di

Luhmann.

La legge della varietà necessaria formulata nel 1958 dallo psichiatra britannico

William Ross Ashby (nonché pioniere e divulgatore della cibernetica) afferma che

per controllare un sistema di una data varietà è necessario un sistema di controllo

avente una necessaria varietà. Applicando questo concetto alle organizzazioni e

alla loro complessità si può dedurre che la complessità organizzativa interna di

un sistema è quindi la risposta adattativa alla complessità esterna (De Toni & De

Zan, 2015).

Il filosofo e sociologo tedesco Niklas Luhman, nel 1989, afferma che ogni sistema

deve ridurre la propria complessità ambientale, ovvero selezionare soltanto una

(9)

6

Bisogna dunque aumentare la complessità interna o selezionare una parte di

quella esterna? Una possibile risposta potrebbe derivare dall’incontro tra

entrambe le affermazioni. Risulta abbastanza evidente come vi sia una fisiologica

relazione tra la complessità interna ad un’organizzazione e quella esterna,

appartenente all’ambiente circostante.

Come suggerito da De Toni e De Zan, esiste di certo un punto di ottimo tra le

prestazioni di un’organizzazione e la sua complessità interna. In corrispondenza

di esso, l’organizzazione avrà ottimizzato le sue prestazioni, coerentemente con

il contesto nel quale essa opera. L’apparente dicotomia tra la teoria di Ashby e

quella di Luhman può essere superata rendendole valide per domini di

complessità interna diversi. Si potrebbe affermare che se la complessità interna

ad un sistema è inferiore ad un certo valore ottimale 𝑥

, allora bisognerà fare in

modo di aumentarla. Viceversa, se essa sarà maggiore del valore ottimale 𝑥

,

bisognerà ridurla (fig 1.1)

Fig.1.1 - Relazione tra prestazioni complessive e complessità interna

In un’ottica manageriale è molto utile osservare gli studi di Collinson (2011) e

Collinson e Jay (2012) che danno un’interpretazione “monetaria” alla curva

prestazioni complessive-complessità interna. Tale curva è stata ricavata da uno

studio effettuato su 200 imprese facenti parte della Fortune Global 500

1

,

1

La classifica Fortune Global 500 è una lista dei primi 500 gruppi economici mondiali, stilata in base al fatturato,

(10)

7

misurando gli effetti della complessità esterna ed interna sull’EBITDA

2

. Gli autori

hanno stimato una perdita di circa il 10% sull’EBITDA, pari a circa 1,2 miliardi di

dollari.

Fig. 1.2 - Relazione tra l’EBITDA e la complessità

Secondo Collinson e Jay bisogna aumentare la good complexity, riducendo al

contempo la bad complexity (fig. 1.2). La prima dipende dalla crescita di

un’organizzazione e può riguardare l’aggiunta di nuovi prodotti e servizi, la

creazione di nuove business unit, ecc. La seconda invece dipende da cinque

fattori:

1. Cambiamenti nella strategia o gestione di molti progetti

2. Gerarchie di management confuse

3. Eccesso di procedure di monitoraggio, pianificazione e controllo

4. Diversità di processi e di sistemi IT

5. Comunicazione e meccanismi di coordinamento eccessivi

Molti autori si trovano d’accordo nel definire di tipo proporzionale il rapporto tra

complessità interna e complessità esterna. La complessità interna dipende dalla

complessità esterna e ne dovrebbe seguire l’andamento (sia nel suo eventuale

aumento, che nella sua eventuale diminuzione). Questo è applicabile a qualsiasi

aspetto all’interno di un’organizzazione (processi, obiettivi, strategie, struttura

organizzativa, ecc.).

2

Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization ovvero gli utili prima degli interessi, delle imposte, del

(11)

8

Con l’aumentare della complessità dell’ambiente esterno aumenta anche il

numero di posizioni e unità organizzative nell’ambito dell’organizzazione, che a

sua volta determina un aumento della complessità interna (Daft, 2001).

Nel paragrafo 1.5 verranno illustrati gli indicatori, gli attributi ed i fattori di

complessità identificati da diversi autori, che consentono di implementare questa

“regolazione” di complessità interna.

1.3 - Complessità e coerenza

In un contesto mondiale sempre più immerso nella globalizzazione, singoli

elementi devono far fronte a regole, mercati e consumatori diversi (complessità

esterna), avendo la necessità di adattare ad essi i propri prodotti, le proprie

tecnologie e i propri processi (contesto interno). L’ambiente nel quale operano le

organizzazioni possiede un certo livello di complessità che, per la stragrande

maggioranza degli autori, tende ad aumentare nel tempo. Risulta evidente come

tale complessità debba essere gestita in maniera ottimale, in modo da garantire

un giusto livello di resilienza e coerenza con il contesto esterno.

Gestire la complessità diventa una sfida fondamentale per chi, all’interno di

un’organizzazione, ha il compito di prendere un elevato numero di decisioni in

tempi ristretti.

Secondo uno studio condotto da IBM nel 2010 la sfida più importante per un CEO

è la gestione del sovraccarico di decisioni da prendere. Rispetto alle 70 decisioni

che in media una persona deve prendere al giorno, un CEO prende in media 250

decisioni. Il 50% delle decisioni di un amministratore delegato sono realizzate in

meno di 9 minuti e solo il 12 % vengono prese in più di un'ora (Iyengar, S., 2011).

Come è già stato affermato in precedenza, più è complesso l’ambiente nel quale

un sistema opera, più complessità

verrà “riflessa” al suo interno: numero di

decisioni da prendere, tempistiche, strategie, dovranno essere coerenti con ciò

che il contesto esterno “pretende”.

Occorre dunque un certo livello di coerenza tra la complessità interna di un

sistema e quella esterna dell’ambiente circostante. In uno studio condotto nel

2016 da Jin Zhu e Ali Mostafavi, viene evidenziato come esistano delle zone di

coerenza tra la complessità interna ad un progetto e la capacità di far fronte ad

essa (fig. 1.3).

(12)

9

Fig 1.3 - Zone di coerenza tra complessità di progetto e capacità di far fronte alla complessità

Nelle zone di congruenza A e C, il progetto avrà alte probabilità di raggiungimento

degli obiettivi prefissati. Viceversa nelle zone di incongruenza B e D il progetto

avrà basse probabilità di raggiungimento degli obiettivi o comunque potrebbe non

essere dimensionato correttamente.

Lo stesso concetto di coerenza, esteso dai progetti alle organizzazioni, viene

affrontato nel 2015 da De Toni, De Zan e De Bona nella metodologia di

valutazione della complessità da loro proposta, che si basa sulla coerenza tra

complessità esterna (CE) e complessità interna (CI) e tra capability organizzative

(CAP) e complessità interna. Secondo gli autori, esiste una zona di una coerenza

al di fuori della quale un sistema è sovra o sottodimensionato ed una zona di

coerenza ottimale nella quale ogni organizzazione dovrebbe cercare di

posizionarsi (fig. 1.4). Il metodo degli autori, denominato CAM (Complexity

Assessment Methodology) verrà illustrato nel dettaglio nel paragrafo 1.6.2.

(13)

10

Fig 1.4 - Coerenza tra complessità interna ed esterna, e tra complessità interna e capability

organizzative

In un contesto di complessità crescente, alla ricerca di una zona di coerenza tra

contesto interno ed esterno, i manager sono posti di fronte alla sfida di rielaborare

i principi del management.

Il vecchio paradigma tende a costruire stabilità, prevedibilità e poco rischio

(fail-safe world), il nuovo paradigma si basa sull’assunzione che il futuro è

imprevedibile e turbolento e che è quindi importante governare l’instabilità per

tenersi aperte tutte le opzioni (safe to fail world). Sostanzialmente, il vecchio

paradigma è più comodo per chi gestisce, più tranquillizzante nel breve termine

per chi ha investito, ma certamente meno rispondente alla realtà del mondo che

ci circonda e allo sviluppo a lungo termine (Pascale, 1992).

Verrà spiegato nel paragrafo successivo quali possono essere le risposte

strategiche, gestionali e organizzative alla complessità che abbiano come vincolo

imprescindibile un certo livello accettabile di coerenza tra la complessità interna

ed esterna.

1.4 - Risposte strategiche, gestionali e organizzative alla

complessità

Si è discusso nei paragrafi precedenti sulle caratteristiche della complessità e sul

fatto che, non potendo agire direttamente sulla complessità esterna (che può

essere tutt’al più “selezionata”), bisogna in qualche modo “regolare” quella

interna. Questa regolazione, può avvenire, secondo gli studi di De Toni e De Zan

(2015), su tre livelli: strategico, gestionale ed organizzativo.

(14)

11

1.4.1 - Livello strategico

Spesso le organizzazioni cercano di realizzare nella stessa unità operativa

prodotti differenti per mercati differenti con livelli di qualità e servizi di supporto

differenti, nel tentativo di aumentare le prestazioni e raggiungere economie di

scala.

Risulta evidente come non sia facile gestire tale situazione, principalmente per il

fatto che le variabili in gioco possono essere in contrasto tra loro, creando dei

trade-off difficilmente risolvibili. In questo scenario, le organizzazioni stanno

aumentando la propria complessità interna, e questo può portare ad un aumento

delle prestazioni. Superato un certo limite però, potrebbe innescarsi il fenomeno

della spirale della complessità (Skinner, 1974) per cui ad un aumento della

complessità interna corrisponde una riduzione delle prestazioni.

Una possibile risposta strategica a questo problema può essere la focalizzazione,

proposta dallo stesso Skinner. Egli sostiene che

un’unità operativa focalizzata

ottiene prestazioni superiori poiché si concentra su un set limitato di prodotti,

servizi, tecnologie, ecc.

La ripetitività delle attività dovute alla focalizzazione permette anche alle persone

di diventare più esperte, efficienti ed efficaci. Suddividendo le unità operative in

sotto-unità più focalizzate, consente

di affrontare il problema sotto un’ottica

modulare. Essendo più piccole e focalizzate, le unità operative potranno

selezionare una

parte di complessità esterna, consentendo all’organizzazione nel

suo complesso di scegliere se aggiungere o rimuovere tali unità in modo da

raggiungere una coerenza tra complessità interna ed esterna ragionevole. La

focalizzazione è uno dei possibili modi di selezione della complessità esterna,

un’implementazione pratica della teoria di Luhmann. In un grafico complessità

interna/complessità esterna, De Toni propone la suddivisione in un certo numero

di zone di prestazioni (fig 1.5).

(15)

12

Fig. 1.5 - Zone di prestazioni e zona di suddivisione in sotto-unità focalizzate

Oltre un dato valore di complessità esterna ed oltre un limite massimo stabilito di

complessità interna, potrà essere individuata una zona di suddivisione in

sotto-unità focalizzate, all’interno della quale la strategia di focalizzazione avrà il

massimo dell’efficacia. Dal grafico proposto da De Toni è inoltre possibile

osservare diverse zone di dimensionamento della complessità interna. L’obiettivo

di un’organizzazione dovrebbe essere quello di riuscire a posizionarsi all’interno

della zona di coerenza. Essa si trova a ridosso della bisettrice del primo

quadrante, laddove il rapporto tra complessità interna ed esterna è uguale a 1, e

si estende fino ad un certo intervallo di confidenza bilaterale simmetrico alla

bisettrice stessa.

1.4.2 - Livello gestionale

La risposta gestionale alla complessità, risiede nel concetto di modularità. Essa

permette di ricombinare un input eterogeneo in una varietà di configurazioni

eterogenee (De Toni & De Zan, 2015).

Il concetto di modularità può essere applicato ai prodotti, ai sistemi produttivi e

all’organizzazione stessa. Il risultato della modularità è la flessibilità, poiché un

qualsiasi sistema modulare può essere riconfigurato in modo da poter essere

resiliente ad eventi destabilizzanti. Secondo uno studio condotto nel 2006 da

Großler et al. su 107 organizzazioni operanti in ambienti molto complessi, circa il

35% dei loro processi interni è configurato tramite una logica modulare (ad

esempio utilizzando una tipologia di produzione a celle). La risposta di questo

campione alla crescente complessità esterna proviene dall’interno, seguendo

(16)

13

una logica bottom-up, sfruttando proprio la loro capacità alla riconfigurazione e

quindi all’adattamento.

Questa aziende hanno investito in programmi per accelerare lo sviluppo di nuovi

prodotti basati sulle strategie di piattaforma e hanno già implementato i concetti

di modularità, molto più delle organizzazioni operanti in ambienti poco complessi

(Großler et al., 2006)

Secondo Schilling (2000) esistono quattro fattori fondamentali che consentono

ad un sistema di mettere in atto una crescita modulare (fig. 1.6):

1) Separabilità: possibilità di assemblare e scomporre i componenti di un

sistema senza che esso smetta di funzionare. Tra le possibili configurazioni,

ce ne saranno alcune che funzioneranno meglio delle altre.

2-3)

Eterogeneità degli input e della domanda: maggiore è l’eterogeneità più

configurazioni saranno possibili.

4) Urgenza: necessità di cambiamento di un sistema. Tanto più un sistema avrà

necessità di cambiare, tanto più grande sarà l’urgenza.

Fig. 1.6 - Fattori che favoriscono la modularità

Tanto più la complessità di un sistema aumenta, tanto più conviene aumentare

la modularità di un sistema. Un altro aspetto legato alle risposte gestionali alla

complessità riguarda gli effetti del livello di struttura organizzativa sulle

prestazioni di un sistema che opera in un ambiente dinamico.

La struttura organizzativa è definita come un vincolo alle azioni (Davis et al.,

2009), ovvero come difficoltà nello svolgere un’azione per i membri di

(17)

14

un’organizzazione. Sostanzialmente le organizzazioni con poca struttura

organizzativa agiscono senza una guida, quelle con troppa struttura

organizzativa rischiano di essere vincolate e ad avere poca flessibilità. Un giusto

livello di struttura organizzativa può consentire all’organizzazione di adattarsi e di

cogliere il giusto numero di opportunità. Essi inoltre definiscono le regole intese

come istruzioni date per cogliere le opportunità. Gli autori definiscono le

opportunità come un flusso eterogeneo che si presenta ad una data velocità per

un certo intervallo di tempo. Lo studio è stato effettuato tramite alcune

simulazioni, considerando dei vettori costituiti da 10 elementi che possono

assumere valori binari (0 o 1).

Si consideri ad esempio questo vettore:

{0010011101}

Una regola blocca un certo numero di celle, lasciando le altre libere. Ad esempio:

{0? 111? ? ? 01}

Quando un’organizzazione cerca di catturare un’opportunità, genera un vettore,

sostituendo le celle libere con valori 0 o 1. Essa avrà il 50% di possibilità di

catturare un’opportunità. Stabilito un certo valore di complessità esterna, si

confronterà il numero di opportunità catturate con la soglia di complessità

stabilità. Viene stabilito inoltre un livello di performance confrontando degli

ipotetici payoff associati ad ogni opportunità colta.

L’andamento ricavato dagli

autori dopo oltre 30 iterazioni, è mostrato nel grafico sottostante.

(18)

15

Fig. 1.7 – Andamento delle performance rispetto al numero di regole, per sistemi a bassa ed

alta complessità

La relazione che lega le performance

𝐴(𝑥) e struttura organizzativa 𝑥 è la

seguente:

𝐴(𝑥) = 𝑒(𝑥) ∗ 𝑓(𝑥)

Dove 𝑒(𝑥) ed 𝑓(𝑥) rappresentano rispettivamente l’efficienza e la flessibilità in

funzione del livello di struttura organizzativa 𝑥 (ossia le regole). Esse vengono

rappresentate dalle seguenti espressioni matematiche:

𝑒(𝑥) = ln⁡(𝑥)

𝑓(𝑥) =

1

𝑥

In definitiva:

𝐴(𝑥) =

ln⁡(𝑥)

𝑥

Dunque al crescere delle regole si avrà una rapida crescita delle performance

(fino ad un certo valore di x), seguita da una seguente decrescita (fig. 1.8)

(19)

16

Fig. 1.8 – Andamento delle performance rispetto al numero di regole per sistemi con un certo

grado di complessità

1.4.3 - Livello organizzativo

Il modello manageriale “classico”, caratterizzato da stabilità, equilibrio ed un

continuo processo di riduzione della complessità viene contrapposto da diversi

autori a quello “complesso” (tab. 1.1).

Modello manageriale

Classico

Complesso

Car

a

tt

e

ris

tic

h

e

Ambiente

prevalentemente stabile

prevalentemente turbolento

Studio del futuro

basato su proiezioni di

serie storiche

basato su megatrend

Generazione di nuove

strategie

dall’alto, favorendo

intese, ordine, armonia

anche dal basso, accettando

conflitti, disordine,

disarmonia

Natura dell’organizzazione

a una mente

a molte menti

Gestione prevalente

organizzata sulla base di

principi e regole

auto-organizzata sulla base

di una visione condivisa

Ruolo prevalente dei

manager

pianificazione e controllo

creazione e presidio del

contesto

Orientamento prevalente del

personale

svolgimento di compiti

assunzione di responsabilità

(intra-imprenditorialità)

(20)

17

Processi decisionali

iter determinato

iter indeterminato

Sovra-sistema di impresa

sistema industriale

eco-sistema

Interazione con il contesto

adattamento

co-evoluzione

Successo

equilibrio e stabilità

non equilibrio e cambiamento

Obiettivo

STABILITÀ

(ridurre la complessità)

ELASTICITÀ

(assorbire la complessità

Tab .1.1 – Modello manageriale “classico” e “complesso”

Mentre il modello classico è caratterizzato da una logica di adattamento reattiva,

il modello complesso punta più ad un’evoluzione proattiva.

Il nuovo approccio al management è assai meno confortante di quello classico,

non riduce l’ansietà, ma è più dinamico e più utile in tempi turbolenti. Nella visione

classica il ruolo principale dei manager è la pianificazione ed il controllo; nella

visione complessa invece i manager dovrebbero avere il compito di creare le

condizioni favorevoli per l’apprendimento e l’innovazione continua, presidiando

nel tempo l’evoluzione del contesto e fornendo la spinta necessaria affinché i

sistemi complessi si auto-organizzino (De Toni & Comello, 2005).

L’auto-organizzazione consiste in una continua evoluzione di un sistema messa

in atto dagli elementi che lo compongono. È un approccio proattivo che crea il

giusto livello di complessità all’interno di un sistema, superando il concetto di

semplice reazione ad elementi esterni. Questo concetto è stato introdotto

originariamente nel 1947 da Ashby, ma è stato ripreso ed adattato a diversi ambiti

nel corso del tempo.

L’auto-organizzazione non ha luogo se non vi è un flusso continuo di energia

all’interno del sistema (Anderson, 1999).

Auto-organizzazione non significa anarchia.

È un concetto legato all’

empowerment, un processo di crescita dell’individuo ed insieme del gruppo,

tramite la condivisione di valori, cultura e linguaggi: Il potere è come la

conoscenza. Può essere duplicato. La concettualizzazione del potere come

entità a somma non-zero è il passo critico per giungere

a capire l’essenza

dell’empowerment e il management del sistema a “molte menti”. L’empowerment

non è dunque abdicazione potere, né condivisione di potere. È duplicazione di

potere (Gharajedaghi, 1999).

(21)

18

Il fenomeno dell’auto-organizzazione dà luogo alla manifestazione delle proprietà

emergenti, ovvero a dei comportamenti o proprietà non lineari e difficilmente

prevedibili poiché non riguardano soltanto le singole componenti di un sistema,

bensì il suo complesso. Questo processo aumenta la complessità interna di un

sistema, e potrebbe essere, almeno in parte, una risposta

all’esigenza di un

aumento complessità esterna. Come sostenuto da Gareth Morgan (1991) la

visione di un’organizzazione “tayloriana”, che funziona sugli stessi principi di una

catena di montaggio, dove ogni individuo è un semplice ingranaggio, non è

l’ideale se il contesto esterno è imprevedibile, caotico o turbolento. La necessità

di superamento di questa visione meccanicistica viene spiegata da Morgan

paragonando una generica organizzazione ad un cervello umano, la cui

principale caratteristica è

l’auto-organizzazione. Il cervello umano ha una

struttura olografica, ovvero ogni sua parte contiene al suo interno la capacità di

funzionamento dell’intero organo. Se una parte del cervello dovesse subire un

trauma, altre sue parti sarebbero in grado di subentrare per svolgere il suo

compito della parte lesionata.

Secondo Morgan si sta lasciando l'era delle organizzazioni organizzate e si sta

entrando in un'epoca in cui l'abilità di capire, facilitare e incoraggiare processi di

auto-organizzazione diverrà la competenza chiave.

I fattori che Morgan sostiene possano favorire l’auto-organizzazione sono:

1) Interdipendenza tra gli elementi di

un’organizzazione. Il cervello di un

pachiderma ha un volume maggiore rispetto ad un cervello umano. Ma

possiede anche meno interconnessioni tra le sue parti, dunque è meno

evoluto.

2) Ridondanza delle competenze. Lo sviluppo di competenze polivalenti può far

sì che il sistema non si irrigidisca, perdendo elasticità e flessibilità.

3) Bassa specificità delle procedure organizzative. Delle procedure troppo rigide

possono inibire l’auto-organizzazione. Dare spazio alla creazione di strade

alternative per raggiungere un obiettivo, potrebbe rivelarsi un vantaggio

competitivo.

4) Concentrarsi sulle condizioni di partenza. La leadership dovrebbe creare delle

condizioni di partenza tali che il raggiungimento degli output sia possibile.

Un altro importante aspetto è legato al sovra-sistema di impresa ovvero la

tipologia di network di relazioni che essa possiede. Se nella visione classica

(22)

19

l’impresa è un soggetto singolo in competizione con gli altri, nella visione

complessa essa fa parte di un eco-sistema, che lega tra loro diversi soggetti, che

siano alleati o competitor. Diventa di fondamentale importanza la gestione delle

relazioni e delle alleanze, in modo da creare un network che possa essere più

solido dei singoli elementi che lo compongono.

1.5 - Indicatori di complessità

Questa fase del lavoro si è concentrata sulla ricerca di indicatori di complessità.

Un indicatore di complessità è una variabile che può influenzare il livello di

complessità di un sistema. Durante questa fase, la ricerca bibliografica è stata

incanalata su tipologie di pubblicazioni che trattavano questo specifico aspetto.

Di seguito verranno presentate le pubblicazioni alla base della scelta degli

indicatori di complessità utilizzati per la realizzazione del metodo di valutazione

di complessità realizzato.

1.5.1 - Indicatori di complessità di Jin Zhu & Ali Mostafavi (2016)

La ricerca degli indicatori di complessità degli autori è partita dalla realizzazione

di un framework, denominato CEPC (Complexity and Emergent Property

Congruence), il cui scopo è quello di verificare la congruenza tra due aspetti di

un progetto: la sua complessità e le sue proprietà emergenti (fig. 1.9).

(23)

20

Il primo aspetto del CEPC valuta il livello di complessità di un progetto, composto

da due dimensioni di complessità: complessità di dettaglio e complessità

dinamica. La seconda componente considera tre proprietà emergenti (ovvero

capacità di assorbimento, capacità adattativa e capacità di ripristino) che

influenzano la capacità complessiva di un sistema progettuale di far fronte alla

complessità. In un sistema progettuale complesso, il livello di complessità può

essere visto come un fattore di contingenza. Quindi, l’efficienza di un progetto è

subordinata alla congruenza tra la capacità del sistema progettuale di affrontare

la complessità (ovvero le caratteristiche del progetto) e il livello di complessità

(ossia il fattore di contingenza).

Gli autori, basandosi sulla teoria della contingenza

3

sviluppata da Donaldson nel

2001, affermano che un sistema progettuale con un maggior livello di congruenza

tra complessità e proprietà emergenti potrebbe avere maggior probabilità di

raggiungere gli obiettivi di performance progettuali.

La complessità di dettaglio è indipendente dal tempo (non mutevole) è

determinata dalla struttura di un sistema. Essa è perlopiù relativa alle

caratteristiche strutturali di un progetto (dimensione del progetto, numero di

stakeholder, relazioni tra differenti componenti della costruzione o strutture,

interfacce tra diversi settori e stakeholder) e dipende dalla portata del progetto,

dagli obiettivi e dalle caratteristiche.

La complessità dinamica è dipendente dal tempo (mutevole) e ha a che fare con

i comportamenti operativi di un sistema. Nei progetti di costruzione, essa è

associata alla non prevedibilità e alla natura non lineare dei progetti. La

complessità dinamica di un progetto è influenzata sia da fattori interni

(comportamenti umani, flusso materiale e cambiamenti nella richiesta e nella

portata) che fattori esterni (problemi sociali, politici ed economici e condizioni

meteo). La complessità dinamica, come implica il termine, essendo mutevole nel

tempo, non può essere valutata all’inizio di un progetto.

Le proprietà emergenti sono tratti distintivi dei sistemi complessi. Esse

rappresentano

l’interazione e le interdipendenze tra gli elementi che

costituiscono i sistemi complessi ed influiscono in maniera determinante sui

3

La premessa fondamentale della teoria della contingenza è che

l’efficacia organizzativa dipende da

quanto le caratteristiche organizzative (come ad esempio la struttura) riescono ad adattarsi alle

contingenze, le quali riflettono la situazione dell’organizzazione (Donaldson, 2001).

(24)

21

comportamenti e le performance di un sistema. Esistono varie proprietà

emergenti dei sistemi complessi presenti in letteratura (la resilienza, la

vulnerabilità, l’agilità, la flessibilità e la capacità adattativa).

Come sostenuto dagli autori, tra la lista delle differenti proprietà emergenti, tre di

queste (ovvero, capacità di assorbimento, capacità adattativa e capacità di

recupero) sono strettamente relazionate alla capacità di un sistema progettuale

di far fronte alla complessità

.

Ognuna delle tre proprietà emergenti rappresenta

una modalità con cui il sistema progettuale affronta le interruzioni indotte dalla

complessità in diversi istanti temporali (fig. 1.10).

Fig. 1.10 - Triangolo delle proprietà emergenti

La capacità di assorbimento è relativa alla capacità del sistema progettuale di

mitigare i possibili impatti delle interruzioni indotte dalla complessità prima che

queste si verifichino.

La capacità adattativa è la capacità del sistema progettuale di auto-regolarsi

durante interruzioni indotte dalla complessità in modo da evitare impatti negativi

sulla performance del progetto.

La capacità di recupero

è l’attitudine del sistema progettuale di recuperare dalle

interruzioni indotte dalla complessità che possono causare impatti indesiderati

sui progetti.

Insieme, queste tre proprietà emergenti (nominate il triangolo delle proprietà

emergenti) possono illustrare bene e rivelare pienamente la capacità di un

sistema progettuale di far fronte alla complessità. Le tre proprietà emergenti si

escludono mutuamente e sono collettivamente esaustive.

(25)

22

Le capacità di assorbimento, adattativa e di recupero sono attributi integrativi a

livello di sistema, che emergono dalle interdipendenze e dalle interazioni tra

diversi costituenti (es. stakeholder, risorse, informazione)

.

Per esempio, dopo che

un uragano arreca un certo danno ad un progetto, (o in generale un’ interruzione

indotta dalla complessità), i

diversi stakeholder (es. il proprietario, l’appaltatore

generico, i sub-appaltatori) necessitano di uno scambio d’informazioni collettivo

e tempestivo (es. danno sul sito di lavoro) e di utilizzare risorse (es. manodopera,

idrovore) per elaborare azioni di recupero (es. lavoro straordinario) in modo da

far fronte alla complessità.

Per verificare il quadro proposto e identificare successivamente i vari fattori che

possono influenzare gli elementi della complessità e le proprietà emergenti, gli

autori hanno utilizzato un approccio qualitativo, conducendo interviste dettagliate.

Sono stati raccolti dati da interviste semi-strutturate somministrate a 19 senior

construction project manager provenienti dal sud della Florida, aventi

un’esperienza minima di dieci anni. I dati delle interviste sono stati in seguito

trascritti, codificati e analizzati. Le interviste sono state svolte da febbraio a

ottobre 2014.

I risultati dell’analisi dei dati sono stati utilizzati per verificare l’esistenza e

l’importanza delle diverse dimensioni della complessità progettuale e delle

proprietà emergenti proposte nel framework CEPC, e per identificare i fattori che

le influenzano più significativamente. Tali fattori sono stati tradotti in indicatori e

sono riportati nella tabella seguente (tab. 1.2).

Numero

indicatore

Nome indicatore

Ambito

01

Qualità dell’informazione

Complessità

di dettaglio

02

Tipologia di progetto

03

Location del progetto

04

Dimensione del progetto

05

Skill e comportamento (umano)

Complessità

dinamica

06

Eventi meteorologici eccezionali

07

Fluttuazione economica

08

Variazione dei requisiti del cliente

09

Aumento del prezzo dei materiali

10

Requisiti governativi

(26)

23

12

Costruzione del team e coinvolgimento

precoce

Capacità

assorbitiva

13

Implementazione del BIM

4

14

Ordini di acquisto precoce

15

Condivisione dell’informazione

Capacità

adattativa

16

Collaborazione

17

Processo decisionale tempestivo

18

(Meno) burocrazia

19

Capacità di proporre soluzioni

alternative

20

Flessibilità nell’organizzazione del

lavoro

21

Consulenti esterni

22

Reazioni tempestive

Capacità di

recupero

23

Relazioni con gli stakeholder

Tab. 1.2 – Lista indicatori di Jin Zhu & Ali Mostafavi (2016)

1.5.2 - Attributi di complessità di Dao et al. (2016)

Lo studio effettuato da Dao e colleghi ha come scopo l’individuazione di attributi

di complessità che possano misurare la complessità di un progetto,

indipendentemente dal settore nel quale esso è inserito. Gli attributi di

complessità rappresentano i fattori che descrivono la complessità del progetto.

Gli autori hanno inizialmente identificato 50 attributi di complessità utilizzando le

variabili della teoria della complessità, la revisione della letteratura e l’esperienza

nel settore. Il processo di classificazione si è concluso con un elenco ridotto di

35 attributi di complessità. Essi sono stati poi raggruppati in 11 categorie per

aiutare a comprenderne la natura:

1) Stakeholder Management

2) Project Governance

3) Legal

4) Fiscal Planning

5) Interfaces

6) Scope Definition

4

Il BIM (Building Information Modeling) è un metodo per l’ottimizzazione della pianificazione, realizzazione e gestione di

(27)

24

7) Location

8) Design and Technology

9) Project Resources

10) Quality

11) Execution Targets

Gli attributi di complessità sono elencati nella tabella seguente (tab. 1.3):

Numero

attributo

Nome attributo

Categorie

01

Chiarezza degli obiettivi del business

Gestione

degli

stakeholder

02

Livello di coesione degli stakeholder

03

Profilo pubblico

04

Influenze sociali e politiche che

riguardano la location del progetto

05

Joint venture

Governance

06

Livello gerarchici e tempi di

approvazione delle proposte

07

Livello di controllo

08

Partnership dell’organizzazione

09

Aspetti legali

Aspetti legali

10

Requisiti di permesso e regolatori

11

Oneri commerciali

Pianificazione

fiscale

12

Finanziamenti o pianificazione fiscali

(flusso di finanziamento, ambiente

politico incerto)

13

Interfacce interne al progetto

Interfacce

14

Numero di partecipanti

15

Numero di fornitori, subappaltatori e

appaltatori

16

Change Management (dinamiche di

mercato e ambiente)

Definizione

dello scope

17

Chiarezza della definizione dello scope

18

Clima

Location

19

Soddisfazione dei requisiti locali

20

Logistica

21

Numero di location

(28)

25

23

Design (numero di step del processo,

rischi QUAS, ricicli, materiali “esotici”)

Tecnologia e

design

24

Tecnologia

25

Management operativo

Risorse del

progetto

26

Produttività

27

Disponibilità delle risorse

28

Esperienza del team

29

Turn over

30

Qualità dei fornitori, subappaltatori e

appaltatori

Gestione

della qualità

31

Approvvigionamenti non canonici

32

Obiettivi di costo

Obiettivi

esecutivi

33

Obiettivi di scheduling

34

Scheduling

35

Importanza strategica del progetto

Tab 1.3 - Attributi di complessità di Dao et al. (2016)

Lo studio è proseguito estrapolando 37 indicatori di complessità che potessero

misurare i 35 attributi. Il proseguimento dello studio verrà analizzato nel paragrafo

successivo.

1.5.3 - Indicatori di Dao et al. (2016)

La metodologia di ricerca utilizzata dagli autori utilizza il metodo Delphi, una

tecnica di ricerca qualitativa ed iterativa atta a raccogliere pareri di un gruppo di

esperti su un argomento specifico. Questo metodo è spesso utilizzato quando il

fenomeno studiato è poco conosciuto o la sua comprensione è ancora in fase

embrionale.

Per raggiungere l’obiettivo di questo studio, gli autori hanno coinvolto

12 volontari del settore delle PMI che si sono

occupati dell’identificazione di

indicatori di complessità in un primo round del Delphi, per poi sviluppare durante

un secondo round delle strategie di gestione della complessità.

L’obiettivo della ricerca è stato quello di identificare ed esplorare gli indicatori di

complessità nel settore delle costruzioni.

Lo studio ha analizzato 44 progetti (14 progetti a bassa complessità e 30 ad

elevata complessità), e ha individuato 37 indicatori di complessità, che secondo

(29)

26

il parere degli esperti erano statisticamente significativi nel differenziare i progetti

a bassa e alta complessità.

Gli autori sostengono che se i 37 indicatori non sono gestiti correttamente ed in

modo efficace, le prestazioni e risultati del progetto potrebbero essere influenzati

negativamente. La ricerca ha inoltre evidenziato che la non corretta gestione

degli indicatori non solo potrebbe indirettamente influire sulle prestazioni del

progetto durante la progettazione, approvvigionamento e costruzione, ma anche

la qualità del prodotto finale. Il processo di individuazione degli indicatori di

complessità è stato eseguito attraverso interviste, indagini e analisi statistiche.

Gli indicatori identificati sono sintetizzati nella tabella seguente (tab. 1.4):

Numero

indicatore

Nome indicatore

01

Influenza del progetto sul successo totale dell’organizzazione

02

Impatto delle approvazioni necessarie degli stakeholder esterni

03

Impatto delle ispezioni richieste da agenzie esterne

04

Numero di partner

05

Entità di supervisione esecutive che superano il limite di persone

prestabilite nel Project Management Team

06

Numero di volte in cui una variazione di un ordine dev’essere

riportata a livello gerarchico superior del Project Manager

07

Numero di attività nel processo di raccolta fondi (finanziamento)

08

Difficoltà nell’assicurare risorse finanziarie al progetto

09

Qualità delle commodity

10

Numero totale di autorizzazioni

11

Livello di difficoltà nell’ottenimento delle autorizzazioni

12

Difficoltà nell’ottenere le approvazioni di un disegno

13

Impatto di agenzie esterne sul piano esecutivo del progetto

14

Picco Massimo di FTE

5

necessario al Team di Progetto nella fase

di progettazione

15

Picco Massimo di FTE necessario al Team di Progetto nella fase

di approvvigionamento

16

Picco Massimo di FTE necessario al Team di Progetto nella fase

di costruzione (esecuzione)

5

L’FTE (full-time equivalent) rappresenta l’equivalente a tempo pieno: equivale ad una persona che lavora a tempo

(30)

27

17

Obiettivo di finanziamento rispetto agli standard del settore

18

Obiettivo di programmazione rispetto agli standard del settore

19

Difficoltà nella progettazione del sistema e integrazione nel

progetto

20

Familiarità dell’organizzazione con le tecnologie nella fase di

progetto

21

Familiarità dell’organizzazione con le tecnologie nella fase di

costruzione (esecuzione)

22

Familiarità dell’organizzazione con le tecnologie nella fase

operativa

23

Numero di siti progettati

24

Numero di siti effettivi

25

Livello di difficoltà di raggiungimento di un sito

26

Livello di infrastrutture nel sit

27

Impatto che la scelta del luogo può avere sul piano esecutivo del

progetto

28

Percentuale di progetto completato all’inizio della costruzione

(esecuzione)

29

Livello di chiarezza di change management

30

Magnitudo delle modifiche

31

Tempi delle modifiche

32

Livello di cambiamenti alla progettazione derivanti da RFI

33

Staff di progetto effettivo vs staff di progetto pianificato

34

Problemi di qualità derivanti da skill specifiche (operativo)

35

Frequenza di soluzioni temporanee

36

Percentuale di turnover (operativo)

37

Percentuale di manodopera reperibile localmente

Tab. 1.4 - Indicatori di Dao et al. (2016)

1.5.4 - Indicatori per Anderson et al. (2016)

Il lavoro degli autori si pone l’obiettivo di individuare e classificare degli indicatori

di complessità che possano influenzare la complessità dei progetti nel settore

edile, analizzando gli effetti che la complessità può generare sui diversi aspetti di

un progetto: pianificazione e controllo, costi, qualità e prestazioni.

Lo studio parte dai 37 indicatori trovati da Dao e dal CII (Construction Industry

Institute) nel paragrafo precedente, e sono stati ridotti a 15 in base al loro livello

di impatto sui progetti, durante un primo round di Delphi al quale hanno

(31)

28

partecipato degli esperti del settore. Ogni esperto ha espresso le proprie

valutazioni su ciascun indicatore utilizzando una scala da 1 a 15. In questo modo,

è stato creato un ranking di punteggi decrescente. Durante un secondo round di

Delphi, gli esperti hanno ridotto ulteriormente il numero di indicatori da 15 a 10.

Questo è stato possibile attraverso il calcolo del peso che il panel di esperti ha

dato a ciascun indicatore, calcolato come segue:

𝑤

𝑖⁡⁡

= ⁡

𝑠

𝑡

𝑁

𝑗=1

𝑠

𝑗

Dove 𝑤

𝑖⁡⁡

e 𝑠

𝑡

rappresentano rispettivamente il peso ed il punteggio assegnato a

ciascun indicatore. La lista degli indicatori di complessità e delle relative categorie

individuati è illustrata nella tabella seguente (in ordine di ranking) (tab. 1.5):

Numero

indicatore

Nome indicatore

Categoria

1

Numero di picco dei partecipanti FTE sul PMT durante ingegneria

di dettaglio/ fase di progettazione del progetto.

Interfacce

2

Impatto della grandezza degli ordini di modifica sull’esecuzione del

progetto.

Definizione dello

scope

3

Frequenza di soluzioni alternative in quanto i materiali non erano

disponibili quando necessario per sostenere la costruzione.

Risorse del progetto

4

Grado di familiarità della società con le tecnologie che saranno

coinvolte nella fase di ingegneria di dettaglio/ fase di progettazione

del progetto

Tecnologia e design

5

Impatto della tempistica di cambio ordine nell’esecuzione di un

progetto

Definizione dello

scope

6

Impatto del luogo del progetto nel piano di esecuzione del progetto

Location

7

Numero di entità di controllo esecutivo sopra il PMT che avrà

autorità decisionale sul piano di esecuzione del progetto.

Governance

8

Numero totale di joint-venture partners nel progetto

Governance

9

Problemi di qualità di manodopera artigianale durante la

costruzione del progetto.

Risorse del progetto

10

Impatto delle approvazioni richieste da parte delle parti interessate

esterne sul piano originale di esecuzione del progetto

Gestione degli

stakeholder

(32)

29

1.5.5 - Fattori del modello CIFTER (GAPPS, 2007)

Lo studio analizzato in questo paragrafo è stato condotto dalla GAPPS (Global

Alliance for Project Performance Standards), un’organizzazione volontaria che

lavora per creare framework e standard atti a far collaborare stakeholder

provenienti da diversi sistemi, background e contesti operativi, in modo da

rispondere alle necessità della comunità globale dei project manager.

Il framework sviluppato dalla GAPPS usa uno strumento chiamato CIFTER

(Crawford-Ishikura Factor Table for Evaluating Roles), che viene utilizzato per

analizzare e clusterizzare i progetti in base alla loro complessità gestionale.

Il CIFTER identifica 7 fattori (ognuno dei quali ha lo stesso peso) che influenzano

la complessità di gestione di un progetto (tab. 1.6).

Numero

fattore

Fattori

Descrizione

1

Stabilità del contesto

Il contesto progettuale include aspetti relativi al ciclo

vitale del progetto e agli stakeholder, al grado di

conoscenza dei metodi e degli approcci applicabili e

l’ambiente socio-economico.

Quando il contesto progettuale è instabile (i risultati

di sono poco definiti, i cambiamenti dello scope

sono frequenti e significativi, i membri del team

vengono sostituiti con frequenza e le leggi e i

regolamenti vengono modificati in corso d’opera) la

sfida del project management cresce.

2

Numero di differenti discipline,

metodi o approcci utilizzati nella

messa in atto del progetto

La maggior parte dei progetti coinvolge più di una

disciplina gestionale o tecnica.

Ad esempio un progetto per sviluppare un nuovo

farmaco potrebbe includere ricercatori medici, staff

di marketing, esperti di produzione, avvocati, ecc.

Dato che ogni disciplina tende ad approcciarsi alla

sua parte di progetto in maniera diversa, gestire più

discipline porterà ad una maggiore complessità.

Nota: alcuni aspetti della “complessità tecnica”,

come il trattare un prodotto con molti elementi che

interagiscono tra loro, vengono considerati in

questa sezione.

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