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Il benchmarking come strumento di analisi strategica.

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1: IL BILANCIO D’ESERCIZIO

1.1 - PREMESSA

Il bilancio d’esercizio è lo strumento di sintesi economica patrimoniale dell’impresa, redatto in un momento determinato della vita aziendale secondo i principi di correttezza, chiarezza e veridicità.

I destinatari di tale documento sono molteplici e ognuno con interesse differenti, il bilancio è indirizzato infatti sia a soggetti interni all’azienda, dirigenti, dipendenti ecc., sia a soggetti esterni come finanziatori, creditori e banche. Il bilancio di fatti svolge una funzione essenziale di strumento informativo dei dati patrimoniali, economici e finanziare dell’impresa. Per i soggetti esterni all’impresa il bilancio permette una valutazione dell’operato dei gestori che, attraverso tale documento, rendono conto dei risultati della loro gestione. Ai fini interni il bilancio è utile per la programmazione e controllo, evidenzia il reddito (e quindi l’utile da distribuire), è uno strumento di governo e consente il controllo consuntivo e preventivo sulla gestione a fini decisionali. Tali comunicazioni spesso vanno al di là dei vincoli di legge infatti le aziende rendono noto il bilancio più del dovuto per incrementare consensi.

Il bilancio d’esercizio è costituito da un insieme di valori riepilogati in alcune tavole, tra loro complementari, le quali sono sintesi dei conti della contabilità generale. Facciamo riferimento ad una concezione di bilancio che comprende i seguenti prospetti:

• Stato patrimoniale • Conto economico • Nota integrativa

• Relazione sulla gestione

La nota integrativa contiene informazioni esplicative relativamente alle voci del bilancio, con riguardo alla gestione finanziaria. La relazione sulla gestione esprime l’andamento della gestione, riferendo anche i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio.

Il bilancio d’esercizio deve essere predisposto in maniera tale da essere di concreta utilità per il maggior numero di destinatari, i quali, nell’attendibilità ed imparzialità dei dati in esso sposti, devono trovare la base comune per l’analisi della situazione aziendale. Mentre il bilancio d’esercizio dà la situazione attuale ed informazioni sul passato, molti degli atti

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economici compiuti dai destinatari dei bilanci riguardano il futuro. Il creditori utilizzano il bilancio per valutare le prospettive di recupero del proprio credito.

Gi azionisti e coloro che sono interessati all’acquisto di azioni analizzano, fra l’altro, gli utili del passato e la situazione patrimoniale-finanziaria del presente al fine di dedurre orientamenti sul futuro andamento degli utili, per valutare il prezzo d’acquisto delle azioni e la capacità di produrre redditi e quindi di originare dividendi.

Affinché gli investitori ed altri destinatari del bilancio possano utilizzare i dati in esso esposti per effettuare delle previsioni sugli andamenti operativi futuri, è necessario che tali dati siano oltre che attendibili anche intelligibili. L’informazione patrimoniale, economica e finanziaria esposta nel bilancio d’esercizio per essere utile deve essere completa e deve scaturire da un insieme unitario ed organico di documenti.

1.2 - L’ANALISI DI BILANCIO

I dati di bilancio vengono espressi in valore assoluto; questo è senz’altro apprezzabile per capire la dimensione dell’azienda, l’entità del suo patrimonio o dei suoi debiti, l’ammontare delle vendite e delle spese, ma non consente di effettuare dei collegamenti tra le varie aree aziendali. Analizzare solo i valori assoluti rende difficile paragonare i bilanci della stessa azienda negli anni precedenti o con aziende della concorrenza per capirne la posizione competitiva.

Lo stato patrimoniale e conto economico è in genere redatto e finalizzato per l’autorità fiscale e non per l’imprenditore, rappresentano infatti la fotografia di un dato momento temporale. L’imprenditore necessita invece di poter diagnosticare lo stato di salute della propri azienda attraverso criteri di valutazione gestionali, che consentano raffronti tra le fonti di bilancio e permettano l’analisi dei nessi logici tra le stesse esistenti.

L'analisi di bilancio mira a comprendere la gestione economica, finanziaria e patrimoniale di un'azienda tramite lo studio del bilancio di esercizio e dei dati da questo ricavabili aumentando di significatività grazie ad analisi dei valori percentuali o dei rapporti tra le varie voci.

Le due principali tipologie di analisi sono:  analisi per indici

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L’analisi per indici mette a confronto tra loro determinate poste di bilancio per ottenere svariate informazioni. L’analisi per flussi dà la spiegazione delle cause delle variazioni intervenute in periodi diversi, per quanto concerne sia la struttura degli investimenti che le fonti di finanziamento.

1.2.1 - ANALISI PER INDICI

L’analisi di bilancio segue le seguenti fasi operative: 1. revisione del bilancio da sottoporre ad analisi 2. riclassificazione del bilancio in base all’analisi 3. calcolo degli indici

4. interpretazione finale

Per quanto riguarda la riclassificazione del bilancio ai fini di una corretta analisi per indici le operazioni vengono classificate secondo la diversa natura dei costi e dei profitti con uno schema di stato patrimoniale in forma finanziaria.

Liquidità immediata Passivo corrente Liquidità differita Passivo consolidato Rimanenze

ATTIVO CORRENTE MEZZI DI TERZI Imm. Finanziarie

Imm. Materiali nette PATRIMONIO NETTO Imm. Imm. Nette

ATTIVO IMMOBILIZZATO

ATTIVO NETTO PASSIVO E PATRIMONIO NETTO

Il conto economico è strutturato per aree gestionali dove il valore finale (reddito lordo) nasce dalla somma dei saldi delle diverse aree. Gli schemi di riferimento sono due: conto economico a valore aggiunto o schema a ricavi e costi variabili del venduto. Tutti e due gli schemi portano al medesimo risultato l’unica differenza riguarda la classificazione dei costi nell’area caratteristica e i risultati intermedi evidenziati. Infatti andiamo a studiare i costi come variano al variare della produzione in relazione al tempo considerato, CE a costi e ricavi

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acquisti netti) nel CE a valore aggiunto. Il conto economico a valore aggiunto mette in risalto risultati intermedi di particolare importanza informativa come il valore della produzione ottenuta, il valore aggiunto caratteristico, il margine operativo lordo e il reddito operativo della gestione caratteristica. Il conto economica a ricavi e costi variabili del venduto evidenzia il costo variabile del venduto, il margine di contribuzione, totale dei costi fissi della gestione caratteristica, costo operativo del venduto e reddito operativo della gestione caratteristica.

Schema di conto economico a valore aggiunto a. Ricavi netti di esercizio

b. Variazione scorte semilavorati e prodotti finiti c.Valore delle commesse interne- capitalizzazioni

1. VALORE DELLA PRODUZIONE OTTENUTA (a+/-b+c) d.Acquisti netti

e.Variazione scorte materie prime f.Canoni per concessioni

g.Spese per prestazione servizi 2.VALORE AGGIUNTO (1-d-e-f-g)) h)costo del lavoro

i)Accantonamento TFR

3.MARGINE OPERATIVO LORDO (2-h-i) j)Ammortamenti imm. Materiali e immateriali l)Accantonamenti per rischi e spese future

4.REDDITO OPERATIVO DELLA GESTIONE CARATTERISTICA (margine operativo netto) (3-j-l)

5.PROVENTI DELLA GESTIONE ACCESSORIA PATRIMONIALE 6.REDDITO OPERATIVO (4+5)

7.ONERI FINANZIARI

8.REDDITO LORDO DI COMPETENZA (6+7) 9.PROVENTI E ONERI STRAORDINARI 10.IMPOSTE

11REDDITO NETTO (8+/-9+10)

Schema a ricavi e costi variabili del venduto 1.RICAVI NETTI (ricavi lordi - sconti, abbuoni e resi) a.Rimanenze iniziali di materie e merci

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c.Rimanenze finali di materie e merci d.Consumi di materie e merci (a+b-c)

e.Rimanenze iniziali semilavorati e prodotti ( parte variabile) f.Costi di manodopera

g.Altri costi variabili industriali h.Costi variabili commerciali i.Altri costi variabili

j.(rimanenze finali semilavorati e prodotti (parte variabile)) 2.COSTO VARIABILE DEL VENDUTO (d+e+f+g+h+i+j) 3.MARGINE DI CONTRIBUZIONE (1+2)

l.Rimanenze iniziali semilavorati e prodotti (parte fissa) m.Ammortamenti e accantonamenti

n.Costi fissi di struttura

o.Costi di politica (pubblicità, ricerca, formazione) p.(Rimanenze finali semilavorati e prodotti (parte fissa))

4.TOTALE COSTI FISSI DELLA GESTIONE CARATTERISTICA (l+m+n+o+p)

5.COSTO OPERATIVO DEL VENDUTO (2+4)

6.REDDITO OPERATIVO DELLA GESTIONE CARATTERISTICA (1-5) 7.PROVENTI DELLA GESTIONE ACCESSORIA PATRIMONIALE 8.REDDITO LORDO DI COMPETENZA

9.PROVENTI E ONERI STRAORDINARI 10.IMPOSTE

11.REDDITO NETTO (10+/-11-12)

La creazione degli indici di bilancio ha i seguenti obiettivi: - consentire una più facile lettura ed interpretazione di taluni dati;

- consentire l’individuazione di collegamenti non evidenziati da soli valori assoluti;

- consentire la costruzione di indicatori di sintesi che consentono il controllo dei fattori chiave dell’attività aziendale, attraverso un quadro di controllo composto da pochi elementi significativi;

- ricercare forme di presentazione dei dati facilmente interpretabile.

Gli indici di bilancio permettono di individuare i punti critici da tenere sotto controllo; aiutano a fare delle domande ai manager responsabili dell’andamento positivo o negativo dell’azienda.

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Gli aspetti che vengono presi in considerazione dagli indici sono gli aspetti economici e gli aspetti finanziari della gestione, al fine di costruire un quadro di controllo integrato che permetta di cogliere tali aspetti in modo sistematico e collegato.

Gli indici possono essere divisi in finanziari ed economici.

Indici finanziari

Questa classe di indicatori serve a valutare la struttura e la situazione finanziaria dell’azienda, per capire quali sono i rischi collegati alle sue modalità di finanziamento e di impiego dei capitali ricevuti. Valutare la struttura finanziaria significativa infatti, con riferimento al passivo dello stato patrimoniale, capire dove l’impresa ha reperito le fonti per finanziare la sua attività e con riferimento all’attivo in quali categorie di beni l’impresa ha fatto i suoi investimenti.

In questo senso un indice per valutare la struttura dell’attivo è il cosiddetto “ grado di elasticità degli impieghi”:

Attivo Corrente / Capitale investito

Il Attivo corrente è rappresentato dagli investimenti con periodo di recupero inferiore ai dodici mesi (rimanenze, crediti, cassa ecc….), mentre il capitale investito è rappresentato dal totale delle attività e cioè degli investimenti effettuati dall’azienda (capitale fisso + capitale circolante).

Tale indicatore esprime in valori percentuali il peso di una parte degli investimenti rispetto al totale.

Un alto grado di elasticità denota una scarsa tendenza all’investimento in immobilizzazioni tecniche, che sono normalmente le immobilizzazioni che servono per produrre e guadagnare, a favore dell’investimento che seppur più facilmente recuperabile dà in genere un reddito nullo o molto basso anche se consente alla struttura aziendale di rispondere più in fretta ai cambiamenti che intercorrono sul mercato.

Un indicatore complementare a quello in argomento è rappresentato dal confronto dell’altra categoria dell’attivo con il totale del capitale investito, che potremo chiamare indicatore del “ grado di rigidità” del capitale investito:

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Esso assume significato opposto rispetto all’indice precedente. Un alto grado di rigidità comporta vincoli alle scelte future dell’azienda per quanto riguarda l’adattamento ai cambiamenti.

Passando al passivo possiamo costruire un indicatore del “grado di indebitamento”:

Passivo corrente + Passivo consolidato / Capitale acquisito

Esso ci consente di capire quanta parte dei finanziamenti acquisiti dall’impresa dovrà essere prima o poi restituita. Se poi vogliamo anche sapere quanta parte dovrà essere restituita entro dodici mesi e quanta oltre tale termine non ci rimane che costruire i due seguenti indicatori: Peso dei debiti a breve = Passivo corrente / Capitale acquisito

Peso dei debiti a medio lungo = Passivo consolidato / Capitale acquisito

L’indicatore complementare, che viene spesso chiamato “indice di autonomia finanziaria” ha un significato piuttosto importante, esso viene costruito come segue:

Patrimonio netto / Capitale Acquisito

Ci indica quanta parte delle fonti di finanziamento è stata apportata dai soci e quindi non dovrà essere restituita, se non quando la società verrà sciolta. E’ evidente che più questo indice risulta elevato, più l’impresa è indipendente dai terzi nelle sue decisioni.

Per approfondire l’analisi andiamo adesso ad incrociare i dati delle due sezioni guardando la correlazione esistente tra classi di impiego e classi di fonti. Un primo indicatore è “l’indice di disponibilità” o meglio detto “capitale circolante netto”.

Attivo corrente / Passivo corrente

Questo indice ci permette di vedere se siamo in tempi per recuperare gli investimenti necessari per far fronte all’estinzione delle fonti, valutando così se l’azienda avrà problemi di liquidità nel breve oppure no.

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- un indicatore inferiore a 1 denota una situazione molto pericolosa che sfocerà nell’incapacità di far fronte ai propri impegni;

- una corretta dimensione dell’indice si colloca su valori compresi tra 1 e 2, in relazione alla velocità di rotazione delle scorte di magazzino ed alla loro vendibilità; minore è la vendibilità delle scorte e maggiore dovrà essere il valore dell’indice;

- l’indicatore si riferisce ad un periodo a volte troppo lungo per esprimere un giudizio e deve essere integrato da altri strumenti, quali il prospetto delle previsioni settimanali degli incassi e dei pagamenti, che prendono in considerazione periodi più brevi, infatti, pur con un indicatore pari a 2, un’impresa può essere in difficoltà finanziaria se tutti i suoi debiti scadono all’inizio dell’anno e tutti i crediti sono monetizzabili alla fine del periodo.

Il limite di tale indicatore si trova nel fatto che esso comprende i valori di magazzino. Il magazzino comprende scorte fisse da tenere in azienda, materie prime e prodotti finiti (più facile da liquidare) e quindi bisognerebbe andare a depurare tale valore da quelle voci che non si realizzano nel breve periodo. Questa valutazione non sempre è possibile da fare per cui l’indice di disponibilità viene integrato e modificato come segue e prende il nome di indice di liquidità o “margine secondario di tesoreria”.

Liquidità immediate + Liquidità differite / Passivo corrente

Anche il suo valore dovrebbe essere superiore a 1, ma anche esso non risolve del tutto i limiti del precedente in quanto le liquidità differite presentano un grado di incertezza dovuto al fondo per recupero crediti e svalutazioni. Viene introdotto così un altro indice di liquidità (o “margine di tesoreria primario”).

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Con questo indice si focalizziamo sempre più sulla parte dell’attivo con maggior grado di liquidità. Le liquidità immediate però non devono essere maggiori del passivo corrente, tale indice deve essere minore di 1, perché queste ultime sono un valore molto elevato e riuscire a coprirle tutte con la solo liquidità immediata rappresenterebbe un limite per l’azienda. Troppo liquidità disponibile rappresenta mancati investimenti, si potrebbe dire che esigenze di liquidità non coincidono con esigenze di redditività (trade off). La liquidità va anche investita sacrificandone parte per potenziare aree della gestione che permettono di aumentare la redditività aziendale.

Focalizziamoci ora sulla parte immobilizzata ponendo in confronto il passivo permanente con l’attivo immobilizzato con il margine di struttura.

Passivo permanente – Attivo immobilizzato

Il passivo permanente è dato dalle passività consolidate e mezzi propri. Se tale margine è positivo significa che l’attivo fisso è finanziato con parte delle fonti a medio lungo termine che poi finanziano anche parte dell’attivo corrente. Questa rappresenta l’ipotesi ideali perché significa che c’è correlazione tra fondi e impieghi e ciò consente all’azienda di recuperare investimenti a m/l termine per far fronte alle uscite finanziare connesse all’uscita delle fonti. I mezzi propri inoltre non sono soggetti al rimborso in quanto sono indeterminatamente legati all’impresa.

Spesso è utile vedere se solo i mezzi propri riescono a coprire l’attivo immobilizzato effettuando un analisi che tiene in considerazione aspetti dimensionali e il settore di riferimento. Infatti esistono condizione tali per cui conviene ricorrere al capitale di rischio piuttosto che ai mezzi propri (leva finanziaria) e questo quando il rendimento è maggiore dell’onerosità del capitale di terzi.

Se il margine risulta negativo significa che parte dell’attivo immobilizzato è coperto con passività correnti. Allo scadere delle fonti non siamo in grado di recuperare gli investimenti per provvedere a tale uscita. Anche se negativo non rappresenta un elevato grado di pericolo ma indica una tempestiva e accurata analisi della composizione delle immobilizzazioni (alcune infatti si possono liquidare facilmente) e del passivo permanente.

Indici economici

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Mettendo a confronto le componenti di costo e di ricavo con i rispettivi totali per capirne il peso relativo, cosi per esempio si potrà avere:

Costo del lavoro / Totale costi Costi di vendita / Totale costi

Potremmo poi mettere a confronto i costi con i ricavi dell’impresa e avremmo: Costo del lavoro / Fatturato

Interessi passivi / Fatturato

Una osservazione a parte meritano gli indici di redditività, cioè quella serie di indici economici che consentono di valutare se le risorse investite nell’azienda sono remunerate o meno; gli indici vengono costruiti mettendo a confronto il risultato ottenuto con il capitale impiegato. Quelli più indicati sono il ROI e il ROE.

ROI ( Return on investment)

Reddito operativo netto / Capitale investito nella gestione caratteristica

Il reddito operativo netto è il risultato che deriva dalla somma algebrica delle componenti di costo e di ricavo relative alla gestione tipica dell’impresa, senza tenere conto dei costi e dei ricavi riferiti alla gestione atipica, finanziaria e straordinaria, è quindi il risultato del processo di trasformazione delle risorse senza l’influenza di tutte le attività collaterali e soprattutto senza l’influenza del peso della struttura finanziaria. Il ROI esprime la misura della capacità di chi amministra l’impresa di impiegare i capitali ricevuti in maniera redditizia nella gestione operativa caratteristica dell’azienda stessa. In pratica esso segnala la redditività del capitale impiegato nell’ipotesi in cui l’azienda si dedichi alla sola gestione per la quale è stata costituita. Infatti tale indice prescinde:

 dalla struttura finanziaria dell’azienda in quanto non considera l’incidenza degli oneri finanziari (di fatto tale indice si basa sull’ipotesi che l’azienda sia completamente finanziata dall’imprenditore)

 da risultati economici non caratteristici o straordinari in quanto non considera l’incidenza di tutti gli eventuali utili/perdite di origine anomale o straordinaria

 dall’imposizione fiscale perché non tiene conto del diverso peso che le imposte sul reddito possono avere sul risultato finale.

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possibilmente superare è il costo medio del denaro. Se inferiore significa che o il capitale proprio o le fonti esterne sono rimunerate meno del costo medio del denaro. Se è superiore le risorse finanziarie investite in azienda producono un reddito maggiore della pure e semplice rendita finanziaria

Un indicatore di massima sintesi che tiene conto di tutti gli aspetti della gestione dell’impresa è il ROE (return on equità). Esso mette a confronto il risultato di bilancio con il capitale netto e rappresenta quindi uno strumento che consente ai soci di valutare la bontà del loro investimento nell’impresa.

L’indice si presenta così: ROE ( Return on Equity) Risultato netto / Capitale Netto

Questo indice misura la redditività del capitale impiegato nell’impresa ovvero il risultato economico che va a remunerare il capitale proprio. Il risultato netto rappresenta ciò che rimane agli azionisti dopo aver remunerato i finanziatori esterni, liquidato i fornitori e aver pagato gli oneri tributari per questo si parla di redditività del capitale proprio. Tale indice deve assumere un valore minimo che corrisponda al tasso attivo per depositi bancari i per titoli di stato, (cioè alla remunerazione riconosciuta per un investimento a rischio tendenzialmente nullo) essendo garantita comunque la restituzione di tali depositi.

Se il ROE assume valori inferiori a tale limite significa che l’imprenditore potrebbe ottenere maggiori risultati, in termini di remunerazione e di rischio, disinvestendo dall’azienda e ripiegando sui depositi bancari o simili. Ossia il rischio subito dal capitale proprio non trova alcun riconoscimento in termini monetari rispetto ad altre forme di investimento più sicuro. Se l’indice arriva a valori significa che il capitale immesso dall’imprenditore viene remunerato più di altri investimenti a rischio nullo.

L’analisi per indici permette di trarre dal bilancio il maggior numero di informazioni possibili sull’azienda, poiché si tratta di una tecnica di rielaborazione e di ripresentazione dei dati, risulta fondamentale importanza che il bilancio da analizzare sia redatto secondo i principi contabili, rispettando i principi di prudenza e di competenza economica.

Gli indici non sono significativi nel loro valore assoluto, ma piuttosto nelle indicazioni che provengono dal loro andamento nel tempo; proprio per questo motivo difficilmente vengono

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di almeno tre anni. Non è possibile individuare valori standard, che consentano di distinguere tra aziende sane e aziende destinate al fallimento. Non ha alcun senso osservare un solo indice e trarne conclusioni; l’azienda è un sistema complesso e di conseguenza gli indici che la rappresentano devono essere osservati come insieme di elementi correlati.

1.2.2 - L’ANALISI PER FLUSSI

L’analisi per flussi è lo strumento di analisi di bilancio che studia le variazione che, in un dato periodo, modificano i valori di investimento e di finanziamento di un’azienda; con essa si vuole individuare come un’impresa si è finanziata e quali impieghi ha effettuato.

Riassumendo l’analisi per flussi ha la finalità di approfondire i risultati ottenuti dall’analisi per indici e fornire nuove informazioni sull’andamento della gestione aziendale.

Le tecniche per effettuare tele analisi consistono nel mettere a confronto due situazioni aziendali a due date diverse e nell’individuare le cause delle variazioni della struttura finanziaria verificatesi nel periodo.

L’analisi per flussi arricchisce la valutazione del bilancio con il rendiconto finanziario, ossia il prospetto che mostra in modo analitico le variazioni finanziarie che hanno caratterizzato in un certo arco temporale un aggregato di valori finanziari. Il rendiconto finanziario rappresenta uno strumento fondamentale per l’analisi di bilancio in chiave sia storica sia prospettica.

1.3 - LIMITI DEL BILANCIO

Il bilancio, e di conseguenza le analisi su esso effettuate, presentano della limitazioni. Intanto bisogna dire che la precisione assoluta dai dati non può essere raggiunta in quanto vengono trattati argomenti che non vengono descritti precisamente e su cui si attuano delle valutazioni soggettive. L’incertezza è data dalla presenza di dati congetturati e stimati, accanto alle quantità economiche.

Inoltre bisogna considerare l’impatto di quelle politiche di bilancio che, in considerazione delle ripercussioni fiscali delle stesse o in relazione a obiettivi da conseguirsi nelle relazioni con diversi interlocutori dell’impresa, si concretano nell’inserimento di valori non veri che alterano i risultati d’esercizio.

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“Le informazioni utili, relative ai drivers della creazione attuale e futura di valore, non sono presenti all’interno dei bilanci tradizionali che concentrano la loro attenzione su aspetti sempre meno rilevanti”1. Altri limiti informativi sono rappresentati dall’ottica di breve periodo e lo sguardo limitato sul futuro, nonché una serie di mancate risposte a molti interrogativi che un utente del bilancio oggi usa porsi quando interpreta i risultati di periodo, come: quali gli effetti della dinamica di mercato e le sue prevedibili evoluzioni future? Quali le reazioni dei dirigenti alle modificazioni delle variabili ambientali? Ecc.

L’evidenza dei limiti di bilancio è esplosa con la presenza sempre più massiccia delle risorse intangibili che sempre più spesso non riescono a trovare adeguata rappresentazione nelle voci di bilancio. Le risorse intangibili oggi hanno assunto un ruolo determinante ai fini strategici, costituendo spesso gli esclusivi fattori del valore e del successo di un impresa. Ne sono un esempio le aziende di moda che puntano sull’innovazione e sulla creatività dei loro stilisti, si pensi se una di queste aziende perda i suoi migliori stilisti: il suo bilancio non consente di capire che i risultati fina ad allora conseguiti avranno probabilmente nel prossimo futuro un consistente ridimensionamento.

Possiamo dire che le risorse intangibili rappresentate in bilancio sono solo quelle composte dai tradizionali “beni immateriali” , non trovano spazio le attività invisibili come marchi diffusi con successo, competenze distintive, conoscenze e così via.

Bisogna sottolineare il fatto che il bilancio è divenuto sempre più uno strumento standardizzato e convenzionale, costituito cioè con l’impiego di precisi canoni stabiliti da convenzioni, norme di legge, principi contabili, tradizioni e criteri del gruppo di appartenenza. Regole di accettazione comune nell’ambito della comunità, verso le quali converge il consenso di tutti gli utilizzatori del bilancio e della sua informazione. Questo è inevitabile essendo molteplici gli interessi da tutelare e dovendo perciò provvedere a restringere la discrezionalità che necessariamente è insita nei processi di formazione del bilancio. Ben poche delle risorse intangibili, di cui oggi avvertiamo sempre più la presenza e l’importanza, possono costituire valori iscrivibili nel bilancio per via delle attuali convenzioni contabili. Ricordiamo inoltre che il bilancio è poi dominato dal principio di prudenza che presiede alla formazione dei suoi valori e alla determinazione dei risultai; e deve essere inoltre uno strumento che possa essere controllabile dall’esterno. L’iscrizione in bilancio degli aspetti intangibili riesce possibile solo per quelle voci che rappresentano contenitori di utilità ben identificabili, delimitati e misurabili con ragionevole fondamento.

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La produzione sempre più vasta di regole che mirano a rendere i bilanci più attendibili e veri ha invece provocato un limite alla loro capacità informativa. L’informazione complessiva viene resa meno attendibile e sempre più lontana dal vero perché più incapace di adattarsi a realtà mutevoli, diverse, spesso sfuggenti a misurazioni oggettive e certe. Le risorse intangibili, le utilità e le energie che da queste provengono, essendo prive di strumenti rilevatori periodici, sfuggono ad un vero controllo. Questa mancata valutazione delle risorse intangibili comporta inoltre ostacoli nella comparazione di realtà aziendali diverse, che pur operano nel medesimo comparto e magari presentano bilanci simili per struttura e contenuti; o per capire perché realtà apparentemente simili e che operano fianco a fianco, ma in verità diverse in quanto a idee, capacità e relazione, presentino risultati contabili assai differenti. Bisogna sottolineare che il bilancio è uno strumento di sintesi che fornisce una visione statica della situazione aziendale senza poter dare informazione sulle evoluzioni future e inoltre non evidenzia il contributo delle singole aree strategiche d’affare alla creazione del reddito. Questa mancanza non consente di poter stabilire quali aree comportano maggior guadagno e quali delle perdite, su quali aree investire per raggiungere una posizione dominante sul mercato e su quali disinvestire, se non eliminare, tenendo conto dell’effetto sulle altre aree come le sinergie. Le interrelazioni sinergiche tra le diverse aree d’affari (cioè quei collegamenti, commerciali, produttivi, finanziari ecc., che permettono di migliorare le condizioni di redditività delle singole unità strategiche) incrementano la capacità dell’azienda di creare valore sul mercato dei beni reali. Le sinergie possono essere di diverso tipo: operative, finanziarie e fiscali2. Le sinergie operative si manifestano con la condivisione di risorse e competenze tra diverse aree d’affari della stessa impresa, risorse che possono essere sia tangibili che intangibili. Tra le diverse aree si instaurano interrelazioni tangibili legate all’esistenza di attività operative comprese nelle catena del valore di due o più unità e si basano sulla condivisione di risorse o processi fisicamente identificabili. Queste relazioni possono incrementare il vantaggio competitivo delle singole business unit e modificare di conseguenza le condizioni di redditività aziendali. Le interrelazioni intangibili sono connesse alla possibilità di sfruttare medesime competenze distintive in differenti aree strategiche d’affari. Lo scambio di conoscenze esclusive e di capacità consente di aumentare e completare il know – how tecnico e manageriale determinando benefici in termine di costi e differenziazione.

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Le sinergie finanziarie derivano dalla complementarità dei flussi reddituali - monetari che

derivano dalle varie business unit. Ne è un esempio l’affiancamento di unità operanti in settori maturi, dotate quindi di forte liquidità, ad unità operanti in settori emergenti o in sviluppo che richiedono consistenti investimenti. Le sinergie finanziarie comportano notevoli vantaggi, che devono essere tenuti sotto osservazione dai manager, come: la riduzione del rischio aziendale, la diminuzione del costo dei finanziamenti, il contenimento del fabbisogno finanziario e la maggiore e migliore capacità di credito.

Le sinergie fiscali sono legate ai benefici tributari che spesso l’azienda riesce a conseguire,

ossia la possibilità di compensare fiscalmente gli utili imponibili conseguiti da un’unità operativa con le perdite subite da un’altra. Ovvero la possibilità di estendere ad altre unità aziendali i risparmi fiscali connessi ad asimmetrie nei regimi di tassazione vigenti nei diversi paesi in cui l’azienda opera con le proprie business unit.

Ogni interazione incide sulle condizioni reddituali dell’azienda con diverso peso e secondo logiche e meccanismi differenti. Le relazioni finanziarie e fiscali manifestano i loro effetti sinergici a livello complessivo d’azienda mentre i legami operativi creano valore a livello di singole unità di business migliorandone le condizioni di redditività operativa. Tutti questi aspetti legati alle singole aree strategiche d’affari non vengono messe in luce nel bilancio d’esercizio che deve essere per questo valutato secondo un’ottica strategica che riesca a percepire le possibilità di sviluppo futuri e prospettive di miglioramento. Il bilancio rischia altrimenti di essere solo utilizzato per determinare il reddito imponibile e per stabilire la misura dei dividendi e quindi uno strumento informativo non più utile. Perderebbe così di significatività per numerosi soggetti esterni considerati possibili destinatari e utilizzatori dell’informazione in esso contenuta; soprattutto per quei soggetti interessati a giudicare e misurare la performance aziendale.

1.3.1 - CRISI DOVUTE A CARENZE INFORMATIVE

Senza adeguati strumenti, che forniscono rilevazioni tempestive, i sintomi di inefficienza e crisi vengono colti solo attraverso il peggioramento dei risultati economici evidenziati dal bilancio. Questa ipotesi non è difficile in quanto il contesto ambientale è caratterizzato da grande complessità e non di rado indicazioni tra loro divergenti vengono comunicate a distanza di brevi intervalli. Il manager non riesce a cogliere facilmente i dati effettivamente

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le direzione filtra i dati attraverso il proprio orientamento strategico di fondo che spesso è composto da aspetti inconsci che accrescono l’effetto distorsivo. “La crisi è una manifestazione di tipo patologico nella vita aziendale che si sviluppa su tre stadi. In generale, all’origine delle crisi sono fenomeni di squilibrio e di inefficienza, che possono essere di origine interna od esterna; essi portano spesso alla produzione di perdite (2°stadio). Col ripetersi e col crescere d’intensità delle perdite, la crisi imbocca l’ultimo stadio, che è l’insolvenza, cioè l’incapacità manifesta di fronteggiare gli impegni assunti”3. Alcune manifestazione di crisi sono l’erosione della liquidità, l’appesantimento dei debiti, la riduzione delle risorse destinata a funzioni essenziali ecc.. Per evitare che le conseguenze dei mutamenti si ripercuotono sull’assetto reddituale, finanziario le rilevazione devono essere il più tempestivo possibile e il manager deve saper cogliere tutti i segnali di sofferenza della gestione. Il divario di tempo dal momento in cui i dati subiscono un peggioramento e quello in cui il manager dispone dell’informazione è spesso molto ampio a causa di insufficienze connesse al sistema informativo e alle procedure stabilite. Spesso l’incapacità di interpretare i dati può derivare da una carenza di professionalità dei manager e il timore dell’impatto con la realtà in tutta la sua verità. Così spesso un calo delle quantità vendute comporta periodi di sconti o promozione invece che una discussione delle strategie competitive non cogliendo i segnali proveniente dall’ambiente esterno. Nelle grandi aziende la comunicazione delle informazioni, soprattutto se non positive, sono ostacolate dalle barriere alla comunicazione (barriere di autorità dei manager), ossia i responsabili di aree attuano strategie difensive per timore che i risultati negativi possano danneggiare la propria posizione e professionalità. Un’analisi della strategia deve essere sempre effettuata durante tutto il periodo amministrativo e non solo a fine anno osservando i bilanci e preconsuntivi infrannuali per vedere segnali di crisi e relative cause.

1.3.2 – CAMBIAMENTI DEI MERCATI

In questi ultimi anni i mercati hanno subito profondi cambiamenti e l’ambiente si è caratterizzato per un intenso dinamismo. Sul versante del sistema competitivo la spinta verso il cambiamento è arrivata con la globalizzazione che ha creato un unico mercato dove i beni circolano liberamente senza vicoli di barriere doganali. Il numero degli scambi è così

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aumentato e con esso la competizione tra le aziende che non si gioca più su un piano locale ma internazionale. Altre cause sono: il crescente tasso di innovazione tecnologica che rende i prodotti obsoleti dopo breve periodi di tempo, l’apertura di nuovi mercati, l’adozione di strategie aggressive da parte di numerosi concorrenti, la costituzione o la fusione di imprese, l’ingresso di produttori localizzati in paesi emergenti, il mutamento delle variabili su cui si sviluppa la competizione, la rapida evoluzione dei gusti e degli stili di vita dei compratori che chiedono sempre di più a causa della soddisfazione dei bisogni primari. I clienti sono più informati e istruiti sulle caratteristiche dei prodotti e per questo domandano beni di maggiore qualità guardando più al lato intangibile che a quello materiale. Sul versante degli apportatori di risorse si assiste al mutamento del grado di legittimazione dell’impresa nella società, all’emergere di nuove domande sociali, al mutamento degli atteggiamenti e delle attese dei lavoratori e dei loro organi di rappresentanza, alle fluttuazioni dei tassi di interesse e all’evoluzione della struttura e dei comportamenti dei mercati di capitali, ai sempre nuovi interventi dei pubblici poteri nel governo dell’economia, alla intensa produzione legislativa in tema di impresa e di sistema economico.

Anche all’interno dell’impresa la situazione è molto cambiata, basta riflettere circa il fatto che il personale aziendale è connotato da un intrinseco dinamismo: aumenta l’anzianità media dei collaboratori, si assiste all’evoluzione dei bisogni e aspettative dei lavoratori ai diversi livelli a seguito dell’evoluzione del contesto sociale d’appartenenza. Inoltre su questa naturale trasformazione non di rado si innestano eventi destinati ad alterare in profondità il profilo interno dell’impresa quali: il passaggio di proprietà, la successione al leader, la volontà degli attori chiave di adottare nuovi approcci organizzativi.

1.3.3 - TEORIA DELLA CREAZIONE DEL VALORE

I cambiamenti in corso assumono notevole rilievo nell’ottica aziendale, traducendosi in una forte pressione sul management. L’attenzione dell’azienda è sempre più rivolta sulle attese degli azionisti, in particolare di quelli esterni alla gestione, che guardano l’azienda come investimento finanziario o come oggetto di possibile scalata.

L’ottica dell’azionista influenza la gestione aziendale che viene giudicata e valutata nelle sue performance dal punto di vista del mercato dei capitali, in funzione quindi della sua capacità di rispondere alle attese in termini di rischi e rendimenti. L’impresa oggi infatti deve esprime

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anche su quello dei capitali. Deve presentarsi come l’occasione di investimento migliore sotto il profilo della combinazione rischio/rendimento, rispetto ai possibili impieghi alternativi. L’azienda essendo un sistema aperto si relaziona con l’ambiente circostante, possiamo sintetizzarlo su due versanti:

 da un lato, il versante del sistema competitivo, rispetto al quale l’azienda formula un’offerta di prodotto concorrenziale ed economica.

 dall’altro, quello del sistema degli interlocutori sociali con cui l’azienda si rapporta secondo una logica relazionale per assicurarsi risorse e consensi.

Esiste inoltre un terzo sotto - sistema, il sistema dei mercati finanziari, che vede l’azienda stessa in competizione non solo con i propri concorrenti diretti ma con tutti i prenditori di capitali.

Tale circostanza impone alle aziende di offrire agli investitori rendimenti, in genere più elevati che in passato anche perché vedono che la possibilità di sviluppo e di sopravvivenza dipende dalla loro capacità di creare valore per il mercato finanziario, remunerando al meglio il capitale fornito dagli investitori.

Questa presa di coscienza comporta per le aziende una continua modifica del portafoglio strategico e degli obiettivi di performance, in linea con gli interessi degli azionisti. Di fatto le imprese attuano sempre più processi di ristrutturazione, di aggregazione e di scorporo per allineare gli obiettivi e le strategie aziendali alle esigenze degli azionisti.

I nuovi cambiamenti sui mercati finanziari non comportano solo ripercussioni in termini di rendimento, ma anche di crescente richiesta di informazioni economico–finanziarie, associata a trasparenza amministrativa e affidabilità dei sistemi gestionali. Le informazioni richieste sono volte a consentire una migliore comprensione delle prospettive aziendali e quindi non sono rivolte solo agli equilibri economici–finanziari–patrimoniali ma anche alle strategie, al posizionamento competitivo e alle possibilità di sviluppo. A questo punto le strategie vincenti non bastano bisogna comunicare ed essere capace di farle apprezzare all esterno, anche in virtù della fiducia che gli investitori ripongono nell’operato dell’impresa.

La globalizzazione dei mercati sia finanziari che reali, unita allo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche, intensificano sempre più la competizione e aprono importanti opportunità di sviluppo dimensionale. Tali opportunità devono essere colte in modo tempestivo mediante veloci processi di sviluppo, che avvengono principalmente tramite vie esterne come joint ventur. Le aziende necessitano così di ingenti risorse finanziarie a condizioni convenienti, tanto più che la finanza sta assumendo un ruolo sempre più centrale

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di controllo e di flussi informativi interni ed esterni. I messi tradizionali di comunicazione, come il bilancio, vengono affiancati da strumenti quali i piani e i programmi aziendali, i prospetti informativi diffusi in vista della quotazione, gli studi periodici elaborati dagli analisti finanziari, la divulgazione di informazioni nel corso degli incontri istituzionali sistematicamente tenuti con gli investitori e in genere con la comunità.

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CAPITOLO 2: IL BILANCIO D’ESERCIZIO IN OTTICA STRATEGICA

2.1 - LA GESTIONE STRATEGICA E BILANCIO D’ESERCIZIO

In un ambiente instabile diventa fondamentale per qualsiasi impresa la flessibilità, intesa come adattamento rapido a costi contenuti e prevedibili ai mutamenti esterni. In quest’ottica ricopre una grandissima importanza per il management la possibilità di prevedere le conseguenze sui risultati economici dell’impresa derivanti dal cambiamento nell’evoluzione prevista di qualsiasi variabile critica. Gli strumenti analitici tradizionalmente utilizzati per soddisfare questa esigenza risultano solo parzialmente adeguati, la classica analisi di bilancio risulta infatti statica fornendo informazioni circa la situazione attuale dell’azienda ma non i suoi potenziali sviluppi futuri. I limiti del bilancio e i continui cambiamenti di scenari nell’ambiente in cui l’azienda opera hanno portato a un connubio tra bilancio e strategia e la necessità di un analisi dinamica della situazione d’impresa. La gestione strategica dipende dalla tempestività con cui la direzione aziendale prende coscienza della necessità di apportare un sensibile mutamento all’impostazione di fondo dell’impresa. Percepire la situazione interna e esterna può generare la consapevolezza dalla necessità di avviare un cambiamento che comporta un intensificarsi delle attività di raccolta ed elaborazione di informazioni che sfocia nella identificazione del problema aziendale. Si parla allora di diagnosi strategica. Parliamo proprio di diagnosi strategica perché tale fase ha grande influsso sull’intera gestione del cambiamento e prendiamo come strumento informativo di riferimento il bilancio d’esercizio. Il potenziale informativo di tale documento è soggetto di ulteriori approfondimenti a seguito anche del miglioramento avutosi nel tempo della qualità delle informazioni economiche comunicate dalle aziende.

La rilevazione di informazioni è una fase essenziale in tutte le tappe in cui si articola un cammino tipico di apprendimento strategico; sono infatti i risultati delle analisi economiche a evidenziare o a enfatizzare la necessità di procedere a un rinnovamento dell’impostazione imprenditoriale, ancora i risultai economici consentono di mettere a fuoco le ragioni sottostanti alla situazione aziendale e relativi problemi strategici. Inoltre i risultati, se positivi, e adeguatamente comunicati, alimentano la coesione e la fiducia sia dei diversi collaboratori e degli interlocutori esterni.

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La strategia d’impresa e il bilancio presentano alcuni parallelismi che consentono la loro integrazione al fine di migliorare la qualità dell’attività direzionale e di quella diagnostica.

Completezza – Bilancio: consente di apprezzare in modo sistematico sia il profilo reddituale

che il profilo patrimoniale e il profilo finanziario.

Strategia: ricomprende tutte le dimensioni nelle quali si esplica la vita dell’impresa (strategia competitiva, strategia economico – finanziaria, strategia organizzativa, strategia sociale).

Continuità – Bilancio: permette di osservare nel tempo l’evoluzione dei vari profili, attraverso

le varie comparazioni.

Strategia: è sintesi di passato e futuro.

Sinteticità – Bilancio: riesce a fornire un insieme di informazioni relativamente contenute di

grande utilità per l’apprendimento della gestione e per l’assunzione di decisioni.

Strategia: rappresenta la base su cui tutte le decisioni d’impresa possono essere ricondotte.

Orientamento all’esterno – Bilancio: imprime i apporti economici intercorrenti tra l’impresa

e il proprio ambiente. Inoltre esso è la base per un’efficace politica di comunicazione dalla strategia nei confronti delle diverse categorie di interlocutori.

Strategia: definisce l’identità dell’impresa con l’ambiente.

2.2 - LA STRATEGIA AZIENDALE

La strategia aziendale è stata analizzata da molti punti di vista e per molteplici finalità, tanto che una definizione condivisa e generalmente accettata del termine non si può dire sia stata data. In questo contesto quando parliamo di strategia ci riferiamo ad essa come al “piano” strategico. La strategia come piano ha il compito di indicare le linee guida per affrontare una situazione aziendale e ambientale che muta nel tempo, fare strategia, infatti, significa fissare degli obiettivi che devono essere raggiunti attraverso un percorso pianificato. Gli obiettivi devono risultare flessibili e possono mutare in base alle dinamiche che intervengono nell’ambito del mercato un cui l’impresa opera. La strategia d’impresa è pertanto un percorso che le aziende devono elaborare per essere competitive nel proprio mercato di riferimento, nonché per perseguire risultati positivi. La strategia esprime come l’azienda si relaziona con l’arena competitiva e con l’ambiente e come la struttura e la dinamica si evolvono influenzandosi a vicenda. La formulazione della strategia si basa sugli obiettivi di lungo periodo che l’azienda si auspica di raggiungere, per procedere poi con la ricognizione della

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possono portare alla finalità perseguite. Le varie alternative vengono poi valutate secondo criteri qualitativi e quantitativi. Fare strategia significa identificare nell’orizzonte temporale di riferimento ciò che l’impresa vuole essere nel futuro, considerando però le sue caratteristiche attuali e la disponibilità e dotazione di risorse tangibili e intangibili. La formulazione della strategia segue due approcci: uno razionale fondato su un percorso logico – decisionale, l’altro incrementale – adattivo fondato su processi di apprendimento non strutturali e non prevedibili. Il miglioramento strategico si ottiene con un approccio top- down fondato sulla piena disponibilità delle informazioni necessarie, depositate presso gli organi addetti alla pianificazione stessa. Le strategie per essere realizzate devono essere condivise. Devono essere veicolate dal Top Management verso i propri collaboratori.

La strategia ai suoi esordi era concepita in modo differente rispetto a quanto avviene ora. Tuttavia è indubbio che agli esordi rappresentava solamente una attività di controllo del budjet, oggi è una visione d’insieme che coinvolge tutta l’impresa a va ben oltre i risultati economico – reddituali – finanziari: coinvolge tutto ciò che di tangibile o intangibile tende a influire sul percorso futuro dell’impresa.

La strategia può essere rappresentata tramite un modello imprenditoriale4 che illustra la strategia come un insieme di relazioni intercorrenti tra cinque variabili aggregate:

1. Le risorse tangibili e intangibili.

2. I clienti, gli interlocutori a cui bisogna indirizzare l’attività produttiva; altri attori rilevanti del sistema che devono essere presi in considerazione sono: i concorrenti, i fornitori, i potenziali entranti, i produttori sostitutivi.

3. Interlocutori aziendali, diversi dai clienti, sono coloro che apportano risorse e i contributi occorrenti all’agire dell’impresa.

4. Il sistema di prodotto offerto, che comprende le caratteristiche materiali del bene, gli elementi immateriali, i servizi, il prezzo e le altre modalità di regolamento dello scambio. 5. Le offerte di collaborazione rivolte ai soggetti con cui l’impresa entra o vuole entrare in

relazione.

L’attività di direzione dell’impresa è rivolta a promuovere il continuo rinnovarsi di tale modello. La consonanza tra i suoi elementi è da ricercarsi attraverso un processo di apprendimento e di adattamento senza sosta. Questo perché il trascorrere del tempo produce modificazioni nel sistema ambientale come nel sistema aziendale. Le strategie devono essere pertanto innovative e basate su una certa dose di creatività che premia l’originalità della azioni. Infatti, la strategia deve mettere in evidenza i vantaggi competitivi dell’impresa e

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soprattutto i punti di forza che devono distinguerla dalla concorrenza e i vantaggi che è in grado di generare. Quello che alla fine deve assicurare un’adeguata strategia d’impresa è il risultato economico e il profitto nonché la soddisfazione di tutti gli stakeholder aziendali.

2.3 - IL BILANCIO D’ESERCIZIO IN OTTICA STRATEGICA

Il bilancio di esercizio costituisce uno strumento direzionale di grande rilievo nel momento diagnostico. Il grado di consapevolezza necessario per avviare un processo di cambiamento deve anzitutto ancorarsi alla comprensione della dinamica delle combinazioni produttive e del contesto ambientale di riferimento: solo così assumono significato i sintomi e gli indizi sulla situazione economica dell’azienda che è possibile raccogliere attraverso l’esame dei dati di sintesi.

L’analisi di bilancio, specie se implementata da un’analisi di sensitività e di rating (analisi di solvibilità/affidabilità) adeguata, permette quindi di: conoscere lo stato di salute dell’impresa e dell’aggregato impresa/concorrenti, identificare in modo puntuale i problemi strategici, ottenere validi suggerimenti e alternative sulla base dei quali valutare le future strategie d’impresa.

Per l’analisi strategica possono essere usati diversi tipi di bilancio come interni e esterni. Il bilancio interno viene redatto per una conoscenza dettagliata della situazione reddituale, finanziaria e patrimoniale dell’impresa a fini gestionali, il punto di osservazione è quello del soggetto che assume le decisioni di governo. Il bilancio esterno ha come obiettivo il fornire informazione ad altri operatori e i compiti del redattore sono quelle di attenersi ai vincoli giuridici e di altra natura che in qualche caso attenuano il valore segnaletico della sintesi. Tuttavia numerose cause hanno portato all’offuscamento delle differenze tra i due tipi di bilancio. In primo luogo la recente evoluzione della dottrina sia economico – aziendale sia giuridica, segue l’accentuazione dei fini conoscitivi del bilancio di esercizio nei riguardi dei terzi e del mercato in genere. Inoltre i due tipi di bilancio presentano importanza strategica, quello interno consente alla direzione di considerare attentamente l’impatto delle diverse valutazioni di alcune poste sul risultato d’esercizio e sul capitale di funzionamento. Il bilancio esterno è utile per effettuare un’analisi comparativa interaziendale e perché rappresenta lo strumento per la politica di comunicazione finalizzata ad armonizzare i variegati interessi convergenti nell’impresa. Per effettuare un adeguata diagnosi strategica non si considera solo

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il bilancio di fine esercizio ma anche quelli infrannuali e preventivi per vagliare le conseguenze economiche di una strategia. La visione strategica del bilancio affianca alla classica analisi per quoziente e per flussi comparazioni storiche di bilanci. Tali comparazioni possono riguardare o l’elaborazione di serie storiche di valori del rendiconto reddituale, del rendiconto finanziario e dello stato patrimoniale, o di serie storiche di alcuni valori desunti dalle tavole di sintesi indicizzate a partire da un anno base di particolare importanza, o, ancora, il confronto nel tempo di una serie di quozienti di bilancio. Le tecniche consolidate di analisi del bilancio se applicate ai bilanci relative ad un numero significativo di esercizi mettono a disposizione una serie storica di informazioni che consente di prendere coscienza della situazione attuale e di indagare il tessuto causale che l’ha generata.

Per utilizzare l’analisi di bilancio per scopi diagnostici, e per superare alcuni dei limiti precedentemente illustrati, si rende necessario integrare i dati contenuti nelle sintesi con: - informazioni che consentano di apprezzare il contributo delle singole ASA in termini di

flussi di reddito e finanziari generati dalla gestione, considerando inoltre il capitale investito specifico in ciascuno ASA,

- informazioni quantitative di natura extra – bilancio. Ossia quella vasta gamma di dati relativi ad aspetti notevoli della vita aziendale, non ricompresi nella contabilità generale e ottenuti mediante rilevazioni quantitative elementari e statistiche,

- introduzione di nuovi strumenti di misurazione delle performance che puntano non solo su rilevazioni quantitative ma anche qualitative e che forniscono una valutazione per i soggetti esterni.

Tali informazioni sono di particolare rilievo nella fase di diagnosi strategica poiché l’impiego di essi consente di risalire dai valori espressi nelle tavole di sintesi ai fenomeni che ne sono all’origine.

In questo modo si riesce a percepire i segnali di crisi/cambiamento prima che si ripercuotano sul reddito dell’azienda. L’impresa deve agire d’anticipo intraprendendo un cammino di trasformazione prima che le dissonanze tra ambiente e assetto strategico – organizzativo si ripercuotano sul profilo economico. L’analisi di bilancio deve agire da stimolo all’attività strategica in particolare nei seguenti ambiti:

- analisi dei valori di sintesi rapportati a quelle delle altre imprese, sia per trarre indicazioni di previsione sull’evoluzione del sistema competitivo, sia per meglio cogliere la propria situazione;

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- analisi di indici segnaletici del patrimonio intangibile dell’azienda.

2.4 - ANALISI DI BILANCIO E ANALISI DELLA VULNERABILITÀ’

A fini di analisi di bilancio in ottica strategica è importante identificare le principali variabili che concorrono a determinare il profilo reddituale, finanziario e patrimoniale dell’azienda, ovvero le leve direzionali su cui è possibile intervenire al fine di modificare il profilo economico dell’impresa. Ovviamente tale analisi deve essere effettuata a livello corporate e a livello di singola area strategica d’affari. Introduciamo per tanto l’analisi di vulnerabilità e di sensitività. Per l’analisi di vulnerabilità i dati di bilancio possono essere utilizzati per quantificare l’impatto dei diversi eventi sulle performance economiche. Molto rilievo hanno la informazioni fornite dal conto economico le quali debbono essere integrate da opportuni dati extra – contabili. Ciò per giungere a esplicitare la logica economica delle combinazioni produttive, necessaria premessa per l’analisi di sensitività.

2.4.1 - L’ANALISI DI SENSITIVITÀ’

Lo scopo dell’analisi di sensitività è quello di riuscire a misurare la variazione dei risultati economici al modificarsi di una o più variabili, ferme restando tutte le altre. Questa analisi consente di rispondere alla domanda “what if…” o meglio a parità di condizione cosa succede se…?. Essa inoltre permette di indagare il potenziale di miglioramento economico insito nell’assetto aziendale attuale, cioè i miglioramenti reddituali realizzabili con un aumento di efficienza nella gestione della formula imprenditoriale esistente.

L’analisi di sensitività può riguardare tanto la dimensione reddituale quanto quella finanziaria.

Analisi di sensitività del reddito operativo

Un primo livello di analisi può limitarsi a considerare solo le variazioni delle classi di valori accolte nel bilancio. In particolare è possibile individuare diversi coefficienti di sensitività. Ciascun coefficiente indica la variazione percentuale subita dal reddito operativo a seguito del mutamento di una o più voci del conto economico. Tale indice di reattività consiste nella variazione percentuale del reddito operativo rapportata alla variazione percentuale di una

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variabile chiave. I coefficienti che è possibile calcolare sono infiniti ma solo alcuni hanno un alto contenuto segnaletico che consentono di definire valori/soglia delle variabili critiche. Un particolare coefficiente di sensitività è la leva operativa 5. Questa misura la reattività del reddito operativo in conseguenza di variazioni delle quantità vendute. La variazione non risulta essere uguale per le due variabili per via della presenza dei costi fissi, così all’aumentare del fatturato il margine di contribuzione aumenta di pari entità ma l’incidenza dei costi fissi diminuisce facendo aumentare il reddito di una percentuale maggiore.

Leva operativa: (∆ reddito operativo/reddito operativo)/( ∆quantità venduta/quantità venduta)

∆ Reddito operativo/reddito operativo = (∆quantità venduta/quantità venduta)*(margine di contribuzione/reddito operativo).

Dove quest’ultima parentesi rappresenta il grado di leva operativa ossia lo strumento che si basa su dati a preventivo e non a consuntivo per indirizzare le scelte alla luce di nuove informazioni.

Le imprese possono trovare nell’esame dell’effetto leva operativa uno strumento per la misurazione del rischio insito nel mantenere inalterato la struttura imprenditoriale esistente in un ambiente turbolento. Inoltre rende possibile esaminare le ripercussioni degli stessi accadimenti sui risultati delle imprese concorrenti, offrendo così ulteriori spunti di riflessione utili per la formulazione di strategie competitive.

Analisi di sensitività sull’aspetto finanziario

A questa categoria appartengono due tipi di indicatori: i coefficienti semplici, relativi alle variabili chiave direttamente influenti sul flusso di cassa, e i coefficienti composti, che hanno un impatto sul risultato monetario attraverso sia il margine di contribuzione complessivo sia gli investimenti in capitale circolante.

L’utilità degli indicatori di sensitività

Disporre di un indicatore di elasticità collegante la variazione percentuale del reddito operativo a quella di alcuni suoi fattori rilevanti significa disporre di uno strumento che consente di misurare immediatamente gli effetti sui risultati che determinate variabili producono e di decidere quali azioni intraprendere per raggiungere i risultai sperati. In questa maniera si può valutare la validità di alcune strategie o le ripercussioni reddituali di determinati fatti.

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Con gli indicatori di sensitività vengono effettuate così le simulazioni economiche per stimare le fattibilità di eventuali politiche aziendali da mettere in atto misurando l’impatto che potrebbero avere sul reddito e di conseguenza sulla gestione aziendale o meglio per apprezzare il più o meno grado di stabilità dei risultati dell’impresa.

Attraverso la metodologia dell’analisi di sensitività è possibile valutare l’impatto di un evento negativo. I dati di tale analisi, riduzione percentuale della quantità prodotta, diminuzione percentuale dei prezzi e così via, costituiscono la base dell’analisi di vulnerabilità.

2.4.2 - ANALISI DI VULNERABILITÀ’

L’analisi del bilancio deve essere svolta allo scopo di individuare le variabili critiche e i problemi dell’azienda ma puntando l’attenzione verso il futuro e non limitarsi a considerare la storia dell’impresa e la dinamica dei valori de esse generati. La diagnosi strategica viene considerata come l’anello di congiunzione tra passato e futuro, focalizzarsi sul lungo periodo permette un constante monitoraggio dell’ambiente che permette di intravedere i segnali di cambiamento strutturali.

A tal fine sono state sviluppate numerose metodologie tese a facilitare e a rendere sistematica il compito di individuare quei fattori esterni e interni che costituiscono opportunità o minacce per l’impresa ne sono un esempio i metodi degli scenari e l’impact matrix6. L’azienda può essere esposta a una vasta tipologia di eventi dannosi i quali possono verificarsi al suo interno come nell’ambiente in cui opera, l’attenzione deve pertanto focalizzarsi su quei fattori che minano le basi del successo. Possiamo ricondurre tali eventi a tre classi: le circostanze che riducono l’attrattività del settore in cui opera l’azienda, le circostanze che compromettono la validità delle politiche caratterizzanti il raggruppamento strategico di appartenenza, le circostanze che colpiscono la posizione competitiva.

5 Le ipotesi da fare per la validità della leva operativa sono: prezzi costanti, costi unitari costanti, costi fissi

costanti, orizzonte di breve periodo.

6 Il metodo degli scenari è nato nella metà degli anni’60 ed è stato usato a supporto della formulazione strategica.

L’obbiettivo di uno scenario è quello di tratteggiare uno stato futuro possibile in termini delle variabili criticamente interdipendenti che definiscono quel futuro. Klein e Linneman (1985) hanno definito i vantaggi di tale metodo come segue: offrono una valutazione dell’ambiente complessiva e non una semplice previsione, sono molto adattabili, richiedono coerenza interna che stimola la concentrazione su come le variabili interagiscono tra di loro, aiutano il management aziendale a rendersi conto della dimensione della possibile incertezza. L’impact matrix ha sintetizza su una matrice l’impatto delle tendenze, degli eventi e dell’evoluzione

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L’analisi di vulnerabilità può essere utilizzata sui rischi che riguardano l’intero settore. Tale analisi venne elaborata dalla Stanford Research Institute (Hurd, 1977) e consiste in un gruppo di dirigenti che cercano di identificare le minacce del settore per evitare sorprese indesiderate, ci si focalizza sugli eventi di maggior portata cercando di accrescere l’efficienza dell’analisi dell’ambiente uscendo dalla classica analisi delle dinamiche competitive.

L’analisi di bilancio nell’ambito dell’analisi di vulnerabilità consente di quantificare l’entità dell’impatto di una minaccia. La gravità dell’impatto infatti dipende dalla solidità dell’impresa al momento del verificarsi dell’accadimento, a proposito è utile costruire una matrice a doppia entrata che consideri da un lato l’assetto economico e dall’altro la natura degli eventi. Oltre alla valutazione dell’assetto economico è opportuno soffermare l’attenzione su alcuni indicatori particolari quali: il valore delle attività non direttamente connesse alla gestione tipica che possono essere liquidate a condizioni favorevoli, il periodo di recupero degli investimenti recentemente effettuati, la possibilità di apportare modifiche alle attività operative.

Un altro fattore da valutare è la flessibilità strategica dell’impresa (o dell’ASA), ossia la capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali che producono un notevole impatto sulle performance aziendali. L’azienda considera la flessibilità come un obiettivo da raggiungere perché a parità di performance una maggiore flessibilità indica una più elevata qualità della strategia che consente all’azienda di far fronte agli eventi ambientali che si verificheranno in futuro.

2.5 - ANALISI DI BILANCIO E ANALISI DEL PATRIMONIO INTANGIBILE

Un’attenta analisi dei valori di bilancio può consentire di approfondire la conoscenza delle risorse intangibili presenti in azienda, questo consente di ottenere due contributi. In primo luogo fornisce una profonda comprensione della dinamica che conduce alla situazione esistente, in secondo luogo permette di riflettere sulle potenzialità strategiche dell’impresa. Il patrimonio intangibile dell’impresa può essere ricondotto a tre categorie:

1. conoscenze 2. personale

3. affidabilità dell’impresa

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management esistenti, nella professionalità di tutti i lavoratori ai diversi livelli gerarchici, nella capacità di entrare in relazione con gli attori sociali, nelle competenze circa le regole di funzionamento dei mercati dei capitali e non.

Il personale: la risorsa intangibile “personale” riguarda l’integrazione che si realizza tra dipendenti e azienda o meglio l’identificazione di tutto il personale con la filosofia gestionale e organizzativa dell’impresa. I dipendenti devono condividere la missione aziendale, devono crederci e essere motivai nel raggiungere gli obiettivi a loro imposti. L’impresa deve avere al suo interno un clima di fiducia e condivisione che favorisca il lavoro di gruppo e lo scambio di opinioni perché la maggior parte delle volte la strategia vincente viene suggerita dai livelli più bassi del sistema gerarchico aziendale.

L’affidabilità dell’impresa: riguarda la fiducia posto nell’impresa degli utenti, dalla notorietà e prestigio del suo marchio, nell’affidabilità riconosciutali dagli istituti di credito, dal suo potere contrattuale, dalla stabilità e solidità della compagine sociale, dal riscontro ottenuto nel sociale (ex . campagne di sensibilizzazione per il problema ambientale).

Queste tre categorie di risorse intangibili vengono poi attribuite a uno dei cinque sottosistemi in cui può essere scomposto il complessivo patrimonio aziendale: patrimonio tecnico – industriale, patrimonio commerciale, patrimonio direzionale, patrimonio finanziario, patrimonio sociale.

I beni intangibili si accumulano o si consumano in più stretta relazione con l’attività direttamente volta al soddisfacimento dei clienti (risorse connesse al patrimonio commerciale), mentre altri sono prevalentemente attinenti all’interazione con gli apportatori di risorse (come le voci riportate sotto patrimonio sociale e patrimonio finanziario).

Le risorse intangibili influenzano non poco la strategia aziendale, si pensi a come un marchio molto forte comporti una politica di differenziazione facente perno sull’esclusività della propria offerta, piuttosto che un impresa che persegue una strategia imitativa.

2.5.1 - LA RILEVAZIONE DELLE RISORSE INTANGIBILI

Risorse intangibili e stato patrimoniale

Le risorse intangibili richiedono un apprezzamento di ordine prevalentemente qualitativo e quindi per misurare la loro entità bisogna ricorrere a indicatori di natura extra – contabile.

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“immobilizzazioni immateriali”. Tali risorse comprendono i diritti di brevetto industriale e i diritti di utilizzazione delle opere d’ingegno, le concessioni, i marchi e l’avviamento.

Altre risorse però non trovano traccia nello stato patrimoniale come per esempio: il grado di coesione del personale, la capacità di attrarre giovani di valore, il livello di collaborazione instaurato con i rappresentati sindacali ecc.

Risorse intangibile e conto economico

Pertanto bisogna passare all’analisi del conto economico per vedere se in esso troviamo tracce di una strategia aziendale che si traduce in un aumento o in un decremento del patrimonio delle risorse intangibili. Alcune risorse intangibili non sono rilevabili in alcun modo nelle voci del conto economico, altre invece sono indagabili mediante analisi del conto economico che si avvale de dati extra – contabili, infine flussi di risorse intangibili il cui costo è registrato come componente negativa del reddito d’esercizio trovano la presenza nel conto economico. I flussi di risorse intangibili non visibili sono connessi al modo di svolgimento dei processi di gestione che possono accrescere o diminuire la motivazione del personale, la fiducia da parte di terzi e così via, ma che non lasciano traccia sui valori contabili.

Alcune strategie d’azienda comportano flussi intangibili rilevabili mediante dati extra – contabili, ne sono un esempio le strategie di marketing basate sul contenimento dei ricavi unitari di vendita al fine di acquisire un consenso più ampio oppure strategie di focalizzazione dello sforzo promozionale su un gruppo limitato di clienti. Queste manovre mirano ad aumentare la credibilità dell’impresa ma non lasciano traccia nel conto economico, ma possono essere ricostruite risalendo alle cause della redditività operativa. Le analisi fin qui svolte devono essere riportate a livello di ASA e comparate con quelle delle aziende di settore. Il confronto con la concorrenza porta alla luce la validità di alcune strategie mostrando l’andamento della quota di mercato, il divario di prezzi esistente tra le varie aziende, i cambiamenti del mix produttivo che preannunciano un cambio di gusti nei consumatori.

Le spese, così dette, di politica (esempio ricerca e sviluppo) comportano valori negativi di reddito ma che possono essere considerati investimenti in patrimonio intangibili, attività necessari per permettere lo sviluppo di domani e incrementare i futuri redditi. Pertanto possiamo indagare sulla presenza di risorse intangibili dal peso assunto dai costi di politica o dalla grandezza delle quote di ammortamento riferite alle immobilizzazioni immateriali

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