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La Direttiva Cee 51/2003. Gli aspetti operativi e le finalità

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Academic year: 2021

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CAP. 1: La IV° Direttiva CEE

Par. 1.1: Le origini della direttiva

La IV° direttiva CEE è stata emanata nel 1978 (dir. n° 78/660/CEE) ed ha trovato la sua attuazione nel nostro ordinamento contabile con il D. Lgs. N° 127/91 e riguarda le modifiche ai bilanci annuali delle società.

Trattasi di una disciplina introdotta con l’obiettivo molto importante dell’armonizzazione delle disposizioni in materia contabile vigenti negli Stati dell’UE tutte diverse tra loro, impossibilitate a fornire un raffronto idoneo delle informazioni fornite dai bilanci.

Come si avrà modo di dire, però sono regole che, oltre a prevedere troppe scelte a discrezione, disponevano solo quelli che erano i limiti dimensionali da rispettare. Quindi sotto l’aspetto formale continuano ad esserci differenze fra i bilanci delle varie società, però l’armonizzazione resta un obiettivo rilevante perché ha permesso di raggiungere i risultati sperati1.

Quindi sotto l’aspetto sostanziale (tecnico), presenta delle implicazioni più complesse di quelle che erano immaginabili, questo dovuto al fatto che la Direttiva dà solo delle indicazioni di base.

Direttiva che doveva essere recepita dalle varie legislazioni entro il tempo di 2 anni dalla sua entrata in vigore, anche se successivamente vi è stato un differimento opzionale al 1981; l’Italia è rimasto l’unico Stato a non adempiere al suo recepimento, e per ovviare a questo paradosso si diede vita ad una “Commissione per l’attuazione delle Direttive comunitarie”.

Però solo con la legge n° 69/90, dopo l’emanazione di 2 schemi di legge per l’attuazione delle IV e VII Direttiva, venne emessa la delega per l’emanazione delle disposizioni necessarie con efficacia a partire dal 2° esercizio successivo ossia dal 1993.

Cosicché si arriva all’emanazione del decreto n° 127/91 (Attuazione IV° e VII° direttiva) che conferma le scelte effettuate dalla commissione creata appositamente per questo compito importante.

1

(2)

Ancora prima, vi era stato l’apporto di sostanziali modifiche alle norme previgenti del Cod. Civ. che riflettono la prassi contabile usata nel documento n. 2 del C.N.D.C. (emanato nel 1977), poi c’è stato l’intervento della CONSOB con la legge delega n. 1079/82 dove aveva individuato i principi emanati dal C.N.D.C. stesso come punto di riferimento per la redazione del bilancio, contenenti raccomandazioni idonee sia per le società tenute al loro rispetto che per quelle di modeste dimensioni che le hanno applicate validamente sotto il profilo dottrinale2.

Principi che hanno permesso di fare due cose rilevanti: 1. sopperire alle varie carenze normative;

2. fonte preziosa per l’interpretazione del dettato legislativo.

Attraverso l’attuazione della IV° Direttiva si cerca di perseguire due serie di obiettivi, diretti ed indiretti, con i primi che hanno il compito di delineare un campo legislativo con precise linee guida per i redattori e controllori, mentre con i secondi si avverte l’esigenza di avere un’omogeneità nei comportamenti delle imprese, costituendo una condizione essenziale per consentire idonei raffronti spaziali e temporali.

Per arrivare allo scopo di avere una tutela adatta dell’informativa per i terzi, si può notare come di fatto l’adozione di schemi rigidi ed informativa adatta sono le condizioni essenziali mentre i criteri di valutazione ne sono una solo eventuale, con la relativa disciplina, anche se con forme differenziate, presente ed omogenea nella maggior parte dei Paesi CEE.

L’obiettivo di un’unificazione contabile, con validità pure per i criteri implica diverse operazioni:

 delineare le funzioni del bilancio;

 codificazione dei principi generali per la redazione;  definizione degli schemi di S.P. e C.E.

2

Infatti il Documento n. 2 del CNDC disponeva che il bilancio fosse composto da: a) 2 documenti base (SP e CE); b) prospetti supplementari. Le eccezioni della CONSOB facevano pensare alla presentazione di due SP e due CE, con l’effetto di aver provocato molto disorientamento per i lettori del bilancio.

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In merito al bilancio, il previgente 2423 c.c. stabiliva che dovevano essere evidenziati la situazione patrimoniale nonché utili/perdite, da qui la necessità di garantire i presupposti della chiarezza e della precisione per determinare meglio il risultato dell’esercizio.

La normativa codicistica si muove dal quadro soprascritto e si concentra sulla priorità della clausola generale rispetto alle norme generali e principi di redazione.

Ne risulta un assetto che finisce per qualificare queste disposizioni quadro come norme interdipendenti tra loro con posizione decrescente nella gerarchia che avrà come regola dominante appunto la clausola generale seguita dai principi di redazione ed infine criteri di valutazione e rappresentazione3.

La richiesta di chiarezza e precisione risponde all’esigenza di avere requisiti formali e sostanziali per una descrizione efficace e corretta dei risultati dell’azienda, ma per una migliore informativa l’ultimo comma dell’art. 2423 richiedeva l’integrazione con una “relazione sull’andamento della gestione” come elemento necessario per un completo giudizio.

La IV° Direttiva modifica in modo rilevante il contenuto della norma sia al 1° sia al 2° comma, prescrivendo la “redazione di S.P., C.E. e N.I. e in più la rappresentazione in modo veritiero e corretto della situazione”.

“Modo veritiero e corretto” come concetto innovativo che origina dall’espressione inglese “true & fair view” dal quale ricavare il “quadro fedele” derivante dall’applicazione delle norme della Direttiva.

Inoltre si fissa una serie di principi generali più o meno assimilabili ai postulati definiti dal C.N.D.C., anche se mostrati sotto diverso aspetto:

 presunzione della continuazione dell’attività;  non cambiamento da un esercizio all’altro;  rispettare il principio della prudenza;

 considerare oneri e proventi relativi all’esercizio cui si riferiscono;  valutazione separata di elementi eterogenei.

3

Palma Antonio (a cura di), Il Bilancio d’esercizio e il Bilancio Consolidato, 1999, Giuffrè Editore, pag. 6.

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Detto questo, passando all’esame della situazione patrimoniale ex art. 2424 C.C., notiamo come le varie modifiche susseguitesi nel tempo sono limitate e parziali, poiché si parla di un prospetto, che risentendo dei cosiddetti “acciacchi della vecchiaia” (infatti il Codice risale al’42), presenta solo un elenco semplice di poste con mancanze rilevanti (utile/perdita, ratei e risconti ecc..)4.

La sua definizione viene ricercata nel seguente concetto: prospetto che fornisce informazioni su quella che è la situazione finanziaria/patrimoniale dell’azienda. Esistono però diverse formulazioni per definire meglio che cosa è uno Situazione Patrimoniale e una di queste è quella civilistica che dispone la redazione della stessa S.P. in conformità al seguente schema:

ATTIVO

A) Crediti vs. soci per versamenti ancora dovuti; B) Immobilizzazioni;

C) Crediti, con indicazione separata, per ciascuna voce, degli importi esigibili nell’anno seguente;

D) Ratei e risconti, con indicazione separata del disaggio su prestiti.

PASSIVO

A) Patrimonio Netto;

B) Fondi per rischi ed oneri;

C) T.F.R. (Trattamento di fine rapporto) per lavoro subordinato;

D) Debiti, con indicazione separata, per ciascuna voce, degli importi esigibili nell’esercizio successivo;

E) Ratei e risconti, con separata indicazione dell’aggio su prestiti.

Questo schema (classificazione per conto) è stato definito il più classico tra quelli previsti dalla IV° direttiva CEE (art. 9 e 10).

Questa struttura è lievemente adattata, sia per favorire una maggiore analiticità, viste le peculiarità del sistema italiano, sia per mantenere distinzioni già presenti nella disciplina vigente.

4

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Uno schema alternativo di S.P. era quello a forma scalare (art. 10), cioè una disposizione delle voci, prima passive e poi attive, in un’unica colonna.

La facoltà lasciata alle società, di scegliersi lo schema più adatto alle loro esigenze, non ha portato grande influenza dal punto di vista della comparabilità dei loro bilanci, in quanto trattasi di schemi che coincidono sostanzialmente. Già dall’analisi delle modifiche si evidenziano due elementi importanti:

- introduzione di uno schema vincolante; - obbligatorietà della N.I.

Una differenza rilevante tra i due schemi è l’esposizione dei debiti ed è rilevante ai fini della correlazione tra la situazione finanziaria e gli elementi attivi, in quanto nella forma a conto, i debiti sono raggruppati sotto un’unica voce strutturale, dove si richiede di indicare anche gli importi dell’anno successivo, invece nella forma a scalare i debiti sono classificabili sotto due voci strutturabili: F) debiti di durata inferiore all’anno e I) debiti di durata superiore all’anno.

Quest’ultima classificazione ha dato origine ad altre due voci denominate G – Attivo circolante per la parte che ecceda i debiti con durata non maggiore dell’anno e H – Totale Attivo, dando informazioni rispettivamente sul grado di liquidità finanziaria (voce G) e sul margine finanziario degli investimenti compiuti sia con capitale proprio sia con quello di terzi (voce H).

La differenza tra i due schemi, una volta fatta la precisazione sulle voci e sulla suddivisione dei debiti, sta nella diversa ordinazione delle voci stesse, nel senso di avere contrapposizione nella forma di conto e in successione nella forma a scalare.

In fondo si ha conferma che quanto dettato all’art.3 concernente la non possibilità di cambiare schema di bilancio da un esercizio all’altro, se non in casi eccezionali, non è poi cosi importante anche perché passare da uno schema a conto a uno schema a forma scalare è molto semplice, in quanto si tratta di operare:

 trascrizione degli elementi attivi;

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 trovare l’eccedenza dell’Attivo rispetto a questi debiti;  trovare il totale dell’Attivo;

 riporto di quei debiti con durata maggiore dell’anno.

In maniera analoga, per la conversione dallo schema a scalare a quello a forma di conto, è sufficiente invertire le operazioni appena descritte.

Par. 1.2: Gli effetti contabili della riforma del diritto societario

Il D. Lgs. N° 6/2003, attuativo della riforma societaria, ha modificato la disciplina civilistica di redazione del bilancio in senso radicale con l’introduzione di novità con impatto rilevante sui bilanci ancora da dover approvare.

Questo perché per la maggior parte delle imprese il 2004 viene ad essere l’anno della transizione della nuova disciplina divenuta poi oggetto di un esame attento dell’OIC che nel suo documento n. 1 del 2004 detta interpretazioni che aiutano a capire meglio le modifiche introdotte.

Le implicazioni portate dalla riforma del diritto sui bilanci delle s.p.a. riguardano principalmente 4 micro-aree:

- acquisizione dei fattori produttivi; - i patrimoni specifici;

- le varie categorie di azioni ; - i titoli obbligazionari.

Per i fattori produttivi, si è voluto agevolare il loro conferimento, non solo denaro/crediti/beni in natura, ma pure l’apporto (concetto diverso dal conferimento) di risorse rilevanti come opere/servizi, la possibilità di emissione di particolari strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali con il limite del diritto di voto ritenuto idoneo per evitare confusione interpretativa sul significato di azione.

Nel caso dei patrimoni destinati a specifici affari, si parla di una disciplina del tutto nuova soprattutto per condizioni, limiti e modi per la loro gestione e si prevede la possibilità di emissione di strumenti finanziari, adeguate forme pubblicitarie ecc.

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Dal punto di vista sostanziale ci si trova di fronte alla costituzione di una nuova società, che porta vantaggi in quanto non devono essere sostenute le spese necessarie alla sua costituzione, mantenimento ed eliminazione5.

Dal punto di vista operativo si prevede:

 delibera costitutiva del patrimonio stesso con indicazione di elementi come beni (e rapporti), risultati, piano economico-finanziario ecc.;

 pubblicità costitutiva con delibera iscritta nel Registro per permettere l’opposizione ai creditori entro i due mesi successivi;

 responsabilità per le obbligazioni cui rispondere solo con il patrimonio6;  tenuta separata di registri (art. 2447-sexies Cod. Civ.), contabilità,

rendiconto più altri elementi;

 rendiconto redatto sia nel caso di realizzo dell’affare che nel caso di sopravvenuta impossibilità.

Per le tipologie di azioni, il fine è quello di ampliare la dimensione per la raccolta del capitale di rischio, con l’apposita creazione di queste nuove categorie per rendere più consolidata la struttura patrimoniale delle società di capitali.

Infatti le modifiche apportate al C.C. realizzano l’autonomia statuaria ossia la determinazione libera del contenuto delle azioni, in maniera tale da poter fungere da stimoli per la crescita per le PMI per arrivare a una loro quotazione sui mercati azionari.

Quindi si permette di escludere anche l’emissione di azioni e la riforma da la possibilità di utilizzare diverse forme di legittimazione della partecipazione sociale per l’adattamento della disciplina delle s.p.a. a quella per le quotate (D. Lgs. n. 213/98).

In 2° luogo possibilità di emissione azioni senza valore, tecnica diffusa anche all’interno degli ordinamenti dei paesi dell’UE.

Altra modifica introdotta dal decreto 06/2003 riguarda la disciplina delle obbligazioni, al fine di attenuare, in qualche modo, i limiti alla loro emissione

5

Andrea Vasapolli, Guido Vasapolli, Dal bilancio d’esercizio al reddito d’impresa, 2004, pag. 254.

6

Essendovi separazione tra patrimonio dedicato e societario, non par dubbio che i creditori del primo tipo siano consapevoli del fatto che il loro credito non sia considerato concorsuale.

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anche se rimane lo statuto ad attribuire agli amministratori la facoltà di mettere le obbligazioni, ma anche la differenza tra titoli a reddito fisso e a titolo variabile. Poi c’è la possibilità di superare i precedenti limiti elencati al 2410 C.C.7 che ora diventano meno ristretti attraverso l’ampliamento delle soluzioni che permettano l’acquisizione di risorse consolidate.

Per concludere su quanto detto finora, lo scopo importante era quello di capire quali erano i vantaggi e svantaggi che derivavano dall’applicazione delle disposizioni riformate concernenti sia la finanza ordinaria sia quella straordinaria, e nel caso della ordinaria, hanno riguardato8:

• acquisizione di fattori più agevole con l’emissione di strumenti finanziari, partecipazioni con valore più che proporzionale;

• la facoltà di destinare risorse finanziarie a specifici patrimoni consente una ramificazione delle strategie economiche/finanziarie e stratificazione del rischio d’insolvenza;

• la previsione di nuovi tipi di titoli, la libera determinazione delle loro caratteristiche e i nuovi limiti quantitativi/procedurali hanno finito per favorire una maggior capitalizzazione (s.p.a.) mentre, dal lato delle s.r.l., si avrà un’accentuazione del carattere personalistico e possibilità di rivolgersi al mercato di capitali.

Mentre per quella straordinaria, si ha avuto ampliamento e snellimento per le operazioni di fusione, trasformazione e scissione.

Uno dei postulati9 che è stato influenzato maggiormente dalla riforma è quello della prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali. Infatti si dice che il bilancio ai fini di risultare utile per coloro che lo utilizzano debba ricomprendere non solo gli aspetti formali ma pure quelli sostanziali. Il concetto “sostanza” significa l’essenza economica o la vera natura dell’evento che viene preferita alla

7

Sono tre ipotesi: 1) obbligazioni garantite da ipoteca; 2) eccedenza del valore garantita da titoli nominativi/sovvenzioni pubbliche; 3) particolari ragioni economiche.

8

Oscar Domenichelli, Effetti della riforma del diritto societario sulla finanza delle società di capitali, 03/2004, pag. 42.

9

Sono una delle branche in cui si possono classificare i principi contabili, in quanto rappresentano quell’insieme di regole a carattere generale cui adeguare quei principi che sono applicati alle singole poste di bilancio.

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qualifica giuridica dello stesso, questo perché i fatti gestionali presentano problematiche di vari tipi, in quanto molti derivano da contratti con disciplina generale, dove a volte l’essenza è facilmente intelligibile, in altri abbiamo concordanza tra sostanza e forma, in altre no.

Regole particolari sono state previste per i contratti con obbligo di retrocessione a termine con iscrizione di oneri e proventi nel bilancio per la parte di competenza dell’esercizio; questa costituisce una delle innovazioni apportate dalla riforma per mezzo del novellato art. 2424-bis c. 5 C.C., il quale riferendosi alle operazioni di pronti contro termine comporta l’iscrizione come tali nello S.P. del cedente, in quello dell’acquirente come credito mentre nel C.E. andranno messi oneri e proventi. Per potersi verificare la sostanza, occorrerà la conoscenza di tutti gli elementi pertinenti alla sua individuazione, affinché il bilancio possa fornire la rappresentazione veritiera e corretta.

Principio della prevalenza della sostanza sulla forma che la riforma ha introdotto all’art. 2423-bis C.C. disponendo al punto n. 1 l’obbligo di tenere conto, nella compilazione del bilancio, della “funzione economica dell’elemento attivo o passivo”; si tratta di un principio applicato nei paesi common law, di matrice anglosassone, costituente novità assoluta per paesi civil law (Italia).

La relazione che accompagna il testo di riforma motiva queste novità giustificandosi con l’esigenza di una revisione della normativa contabile per alcuni tipi di operazioni con l’introduzione di una disposizione a carattere generale già esistente nel D. Lgs. 87/92 (banche).

Principio che lo si trova da molto tempo anche nel principio contabile n. 11 e contenuto pure nelle direttive comunitarie, per effetto della 2003/51/CE che modifica l’art. 4.6 della IV° Dir. CEE che precisa che “gli Stati membri autorizzano la presentazione delle voci di SP e CE considerando per prevalente la sostanza”, allo scopo di un quadro fedele della situazione societaria10.

Infatti il problema è l’inserimento degli importi nei due schemi, gli IAS lo risolvono dicendo che deve rispecchiare la sostanza dell’operazione e la presentazione in questi prospetti si riflette anche sui modi per la sua valutazione.

10

(10)

Es. classico sono i beni in leasing che, per la prassi più evoluta, sono iscritti nello SP ed ammortizzati.

Riflessi della riforma, anche seppure indirettamente, lì si è avuti per la redazione dei consolidati, infatti i criteri visti per il lease back (qualificato come operazione di compravendita che comporta obbligo di retrolocazione finanziaria) sono validi anche quando la società compie questa operazione per mezzo di un’altra del gruppo, in quanto nel bilancio (nella NI) occorre dare tutte le informazioni per capire meglio le caratteristiche dell’operazione e gli effetti sulla situazione della capogruppo; principio applicato sia dai principi OIC n° 17 (bilancio consolidato) che dallo IAS 17.

Per quanto concerne i riflessi della legge di riforma sulle strutture formali di bilancio ossia SP e CE, si può osservare che, con riguardo allo SP, il contenuto viene descritto in termini di “schema obbligatorio” senza prevedere né uno “minimo” né descrizione di criteri e scopo per la sua preparazione, in poche parole una semplice esposizione di voci.

Lo scopo è l’illustrazione della situazione patrimoniale e finanziaria, quindi disponibilità, investimenti e fonti, sostanziandosi nell’esporre:

1. della struttura degli impieghi come i beni disponibili per l’attività; 2. della struttura delle fonti finanziarie, capitale proprio e di 3°.

Le voci che sono state oggetto di modifiche/integrazioni del D. Lgs. 6/2003 (riforma diritto delle società) sono state 4:

 la categoria delle immobilizzazioni, dove indicare quelle concesse in locazione finanziaria;

 ai n. 4-bis) e 4-ter) dell’attivo indicazione crediti tributari e imposte anticipate

 Passivo B) 2 fondo imposte “anche differite”;  D 3) Debiti vs. soci per finanziamenti.

La prima voce in esame concerne i beni in leasing11 e non viene riferita a quelle aziende che sono “locatarie” vista la (non) conferma della loro iscrizione in SP

11

Ci si riferisce al leasing finanziario, contratto con il quale si trasferiscono a colui che utilizza i beni quelli che sono rischi e benefici connessi alla proprietà del bene e dove alla chiusura del

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secondo il metodo patrimoniale, mentre in NI sarebbero da iscrivere gli effetti secondo quello finanziario (inserimento nelle immobilizzazioni e debito vs. concedente).

La separata indicazione vale per le aziende concedenti che redigono il bilancio secondo C.C. svolgenti un’unica attività nei confronti del gruppo (non inclusione di banche e/o intermediari).

L’indicazione di “crediti tributari” e “imposte anticipate” permette la risposta al problema della fiscalità differita che ha la sua origine in quelle differenze temporanee tra il reddito determinato con il cod. civ. e quello fiscale risultante dall’applicazione della riforma fiscale (D.Lgs. 344/2003 riforma IRES). Quindi una diversa modalità di imposizione fra quella giustificata dalla competenza economica e quella ottenuta con l’applicazione dei criteri fiscali.

Come risultato avremmo:

- imposte anticipate se reddito fiscale è maggiore di quello civilistico

- imposte differite se reddito fiscale “corrente” è minore di quello civilistico.

Perché sono qualificate come “temporanee”? Trattasi di differenze che sorgono in un determinato esercizio e sono assorbite in quelli successivi e derivano da norme tributarie, deroganti norme di legge concernenti i principi di competenza/inerenza12.

Nello SP si deve dare un’articolazione della categoria dei crediti dell’attivo circolante, e l’introduzione di un’apposita voce che raccolga sia le imposte versate in eccesso sia quelle anticipate è stata accolta con favore da parte della dottrina di merito, in particolar modo per la 1° categoria, si ritiene idonea la voce “crediti tributari” perché sono imposte di minor valore da pagare in futuro.

Cosa analoga anche nel Passivo dove si integra la voce B) 2 per accogliere le imposte “differite” in quanto debiti maggiori da esigere in futuro ( da non confondere con i veri debiti tributari).

periodo potrà essere trasferita o no. Nell’OIC n.1 si riporta l’intenzione da parte dello IASB di revisionare lo IAS 17 con sostituzione del criterio “risks and rewards” con quello “rights and obbligations”.

12

Pieremilio Ferrarese, Le strutture formali di bilancio, in CONTABILITA’ FINANZA e CONTROLLO, 03/2005, pag.36.

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L’ultima voce dello SP oggetto di riforma sono i “debiti verso soci per finanziamenti” ( D) 3 del passivo): sono tutti quegli apporti diversi da quello di capitali e assumono rilevanza non solo perché prevedono l’obbligo di restituzione ma pure sotto l’aspetto fiscale ai sensi dell’art. 98 TUIR che funge da limite all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione.

Tutte le osservazioni fatte nell’esame dello SP sono analoghe anche per il CE e ribadite con la riforma societaria, perché già in sede di recepimento della IV° Direttiva, si fa solo un accenno generico alla semplificazione non eccessiva, quindi si condivide la tesi di un CE descritto analiticamente con gli elementi di costi e ricavi costituenti l’essenza per illustrare la “dinamica “ del reddito.

Il legislatore della riforma ha lasciato inalterata la forma “a scalare” già presente nel D. Lgs. 127/91, con i costi classificati per “natura” (modello tedesco) e le modifiche si sono risolte in solo due aggiunte:

- la voce 17 bis (utili e perdite su cambi)

- la voce 22 (imposte sul reddito) più specificata.

La prima delle due voci è aggiunta per localizzare i riflessi economici delle operazioni con le imprese estere (sia UE che non UE), soprattutto per una diversa valorizzazione di attività e passività in valuta, perché le prime devono figurare nelle immobilizzazioni o nell’attivo circolante, con iscrizione rispettivamente, nel primo caso al tasso di cambio dell’acquisto o inferiore, mentre nel secondo caso a quello a pronti di chiusura dell’esercizio (art. 2426.8-bis).

Il D.Lgs. 310/2004 specifica che tale valutazione ha oggetto solo tutte quelle partecipazioni valutate al costo, assimilandone la distinzione a quella tra attività monetarie e non, iscritte sia quelle dell’attivo sia quelle delle immobilizzazioni finanziarie al tasso di chiusura dell’esercizio.

Per questo che nel C.E. si richiede una voce che riporti l’effetto (U/P) dei cambi vista la possibilità di due fattispecie:

- utili e perdite “realizzati” o “non realizzati” derivanti da confronti tra diversi tipi di cambi;

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- la valutazione di crediti di valuta diversa dall’€ con l’applicazione del presunto valore di realizzo e la differenza di conversione operata ai tassi correnti.

Per maggior chiarezza, si ritiene preferibile una evidenziazione separata DI U/P tra quelli derivanti da “realizzo” da quelli con origine valutativa, e se il differenziale è positivo (utile > perdita) si prescrive l’imputazione a una riserva del PN non distribuibile (ma non indisponibile ossia che possa essere utilizzata per copertura perdite d’esercizio) fintanto non si abbia il realizzo13.

Infatti, con la riforma del diritto societario (D.Lgs. 6/2003), si è potuto tracciare le linee-guida per orientare il redattore in tutto ciò che riguarda la rilevazione delle poste in valuta e il valore da assegnare ad esse alla chiusura dell’esercizio ed il trattamento subito dalle relative differenze di conversione14.

Per la rilevazione di crediti/debiti in valuta, al relativa disciplina si trova al principio contabile n. 26, nel senso di dover essere iscritti, a prescindere dalla natura e scadenza, al cambio della data della loro effettuazione, anche se non si esclude la possibilità di usare i cambi medi, come prevede lo IAS 21, salvo sussistenza di fluttuazioni significative15.

Norma che merita delle osservazioni: in primo luogo, non si è inteso accettare la prassi internazionale, in quanto ha previsto la rilevazione delle poste monetarie sulla base di un cambio puntuale; dopodiché, il riferimento alla data di compimento deve essere interpretato in maniera conforme, a quanto afferma la prassi contabile, alla data di esecuzione16.

Invece, per la rilevazione delle differenze, il Principio n. 26.5 afferma che utili/perdite derivanti da crediti/debiti devono essere iscritti in C.E. nell’area finanziaria, tenendo della relazione esistente con la fase di regolamentazione.

13

Pieremilio Ferrarese, Le strutture formali di bilancio, in CONTABILITA’ FINANZA e CONTROLLO, 03/2005, pag.42.

14 Nicola Di Sante, Poste in valuta nel bilancio: un’applicazione prudenziale della disciplina

civilistica, in AMMINISTRAZIONE & FINANZA, 08/2005, pag. 12.

15L’art. 2425-bis dispone che i costi e ricavi, oneri e proventi, relativi ad operazioni in valuta

devono essere valutati al tasso corrente del giorno del compimento dell’operazione

16A seconda dei casi, sarà la data di spedizione/consegna (se beni mobili), stipula del contratto

(se beni immobili), di verifica dell’effetto traslativo del diritto (se contratti “differiti”), di ultimazione della prestazione (se servizi), maturazione dei corrispettivi (se contratti con somme periodiche).

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Lo stesso orientamento viene condiviso dallo IAS, con la particolarità che queste voci concorrerebbero alla formazione del risultato operativo o della gestione finanziaria; però si ritiene che alla voce 17) del C.E. debba essere rilevata il saldo della “differenza”17.

La specificazione alla voce 22 “imposte correnti, differite e anticipate”, da canto suo, risponde all’esigenza posta dalla L. 366/2001 (delega al Governo per la riforma del diritto societario) di determinare le modalità per considerare anche gli effetti della fiscalità differita.

La riforma ha risolto, in maniera adatta, la lacuna legata alla non rappresentazione esplicita delle imposte anticipate e differite e l’innovazione ne determina una formale di cui sarebbe utile evidenziarne un’analisi idonea in NI18. Punto 14 della NI come sommatoria di 5 gruppi di imposte evidenziate cosi: imposte correnti (applicazione criteri TUIR);

- imposte differite (pur di competenza dell’esercizio, ma effetto successivo per norme agevolative);

- imposte anticipate (competenza esercizi successivi ma effetto attuale per norme peggiorative);

- utilizzo attività per imposte anticipate (competenza dell’esercizio ma effetti passati);

- utilizzo fondo imposte differite (competenza passata ma effetto nell’esercizio);

imposte sul reddito d’esercizio (di competenza dell’ex.)

L’altra modifica rilevante in qualche modo collegata alla fiscalità differita è l’eliminazione delle interferenze fiscali causata dall’abrogazione delle voci n. 23, 24 e 25 (quest’ultime due di chiaro stampo fiscale) previste dal D.Lgs 127/91 denominate “Risultato d’esercizio”, “Rettifiche di valore” ed “Accantonamenti

17Motivato dal fatto che, da un lato, un’ulteriore suddivisione è discrezionale, dall’altro, l’art.

2425 comprende altre voci risultanti dalla compensazione contabile di voci di segno opposto, laddove il divieto della compensazione riguardi le voci indicate separatamente negli schemi obbligatori.

18

Si pongono problemi di adattamento degli schemi nella determinazione dei valori. La relazione alla legge delega fa riferimento ai principi della prudenza e competenza nella prassi nazionale (P.C. 25) e internazionale (IAS 12).

(15)

operati” esclusivamente in applicazione di norme tributarie ed il conseguente salto numerico dalla voce 22 alla voce 26 dello schema non deriva che dall’entrata in vigore della legge 503/94.

E’ stata una scelta, quella del legislatore, che può essere qualificata a doppia faccia, perché è pur vero che dal punto di vista formale, può essere ammessa ai fini di una migliore capacità informativa perché dava la possibilità di vedere come la normativa fiscale abbia trasmesso la sua influenza sul reddito d’esercizio, ma che dal punto di vista sostanziale, si poteva considerare in contrasto con il postulato dell’imparzialità19.

Agli inizi l’idea era evitare l’inquinamento dei bilanci civilistici da parte dei vantaggi a carattere fiscale, però l’inoperosità delle autorità finanziarie obbligò a cercare un compromesso risolto con la nascita di questa “appendice fiscale” destinata a comprendere sia i maggiori costi deducibili ai fini dell’imponibile sia i ricavi di cui era possibile rinviarne della tassazione ad esercizi successivi e l’effetto sul CE è stato quello di riportare due risultati d’esercizio alle voci n. 23 e 26 dove riportare il reddito rispettivamente corretto e d inquinato degli effetti fiscali.

Però essendo rimasta questa la sequenza delle voci, tale da avere ripercussioni di una certa complessità, e nella relazione del D.Lgs 127/91, emerse una situazione di imposte di competenza dell’esercizio determinate in maniera non conforme con il risultato di rinviare il carico fiscale negli anni successivi, non rispettando i postulati di competenza e prudenza20.

La Consob intervenne con una raccomandazione dove indicava le strade da seguire, in particolar modo, riportare alle voci 24 e 25 i cosiddetti “ammortamenti anticipati”; visto che si consideravano quelli effettuati solo per avere vantaggi fiscali, si individuarono due strade:

19

Postulato apposito per la salvaguardia dei destinatari del bilancio, in modo tale da soddisfare tutta una pluralità di interessi. E’ un’esigenza che viene avvertita ancor di più quando si ha a che fare con impostazioni soggettive. Quindi la determinazione di costi,durata criteri ecc.. vengono a dipendere da previsioni di tipo soggettivo che non devono non tenere conto dal rispetto del postulato.

20

(16)

1. utilizzo della voce 24, con iscrizione, in contropartita, nello SP del valore ridotto del bene e gli effetti degli ammortamenti; non si è avuta la rilevazione delle “imposte differite” con riporto dei chiarimenti in NI; 2. avvalersi della voce 25, con iscrizione di una “riserva per ammortamenti

anticipati”, con relativo stanziamento alla voce 22 delle imposte differite, necessario per una più completa valutazione dei futuri oneri d’imposta. Una relazione ben specifica la si ha con la disciplina tributaria ante riforma (2003), perché operava la regola secondo cui un onere per essere deducibili doveva essere imputato al CE, e tendendo conto che vi erano norme che agevolavano la deduzione di oneri non giustificabili sotto l’aspetto economico, allora occorreva garantire il coordinamento tra le due normative, risolto grazie all’art. 2426 comma 2 che dava la possibilità di applicare rettifiche ed accantonamenti solo in applicazione di norme tributarie21.

Soluzione che è rimasta in vita fino all’entrata in vigore della riforma del diritto societario (D.Lgs. 6/2003) che ha abrogato questa disposizione con il risultato che i bilanci, dal 2004, devono essere costruiti seguendo quanto detto soltanto sia dal codice civile sia dai principi contabili.

Lo scopo di rendere deducibili oneri non imputabili al CE e non giustificati, per il contribuente riceve una tutela adeguata con il nuovo art. 109.4 del T.U.I.R.22.

Par. 1.3: Ambito di applicazione e finalità della Direttiva 2003/51/CE

La CE ha avvertito l’esigenza di prevedere un processo di armonizzazione delle direttive comunitarie emanate negli anni’70 e ‘80, avendo constatato che a livello comunitario non vi era stato un adattamento completo delle regole contabili23. Per risolvere il problema, si è presi come disciplina di riferimento i principi IAS/IFRS emanati dallo IASB per poter dare un punto di convergenza per la redazione dei bilanci societari.

21

Fondazione Luca Pacioli, Riforma Societaria e Bilancio 2004: Sintesi delle novità, pag. 9. 22

Infatti il 109.4 TUIR dispone che “gli ammortamenti dei beni materiali e immateriali, le rettifiche di valore e gli accantonamenti sono deducibili solo se risultano da un apposito prospetto i seguenti elementi: l’importo totale, i valori di bilancio e fiscali”.

23

Una spinta all’armonizzazione in Europa, in LE GUIDE DEL PROFESSIONISTA-CONTABILITA’ IL SOLE 24 ORE, 06/04/2006, pag. 50.

(17)

Processo che avviene con due percorsi:

- Quotate: totale allineamento ai principi con il recepimento di norme comunitarie, per mezzo di regolamenti applicabili nei paesi dell’UE; - Non quotate: modifica delle direttive per il loro allineamento attraverso

appositi provvedimenti legislativi.

La strategia contabile della CE (attraverso la Dir. 2003/51) è quella di far sì che quasi la totalità delle imprese adottino, direttamente/indirettamente, i principi IAS/IFRS, il tutto da svolgersi entro pochi anni; questo perché tutte le imprese non obbligate al loro utilizzo, durante la costruzione dei loro bilanci, rispettino le direttive allineate in modo sostanziale ai principi stessi.

Prima ancora c’è stata l’emanazione della Direttiva 2001/65, con recepimento nell’ordinamento nazionale con il D. Lgs. N° 394/2003; dal punto di vista operativo, si interviene sulle norme del C.C. relative ai bilanci sia consolidati che delle aziende di credito, solo nell’ambito dell’informativa della N.I. e della relazione sulla gestione che avrà come oggetto quelle imprese non obbligate all’utilizzo degli IAS (no bilanci in forma abbreviata).

Però al contrario, la legge, considerando anche la non totale definizione del principio IAS di riferimento per la valutazione degli strumenti finanziari (IAS 39), ha optato per il rinvio dell’adeguamento della normativa nazionale appunto all’entrata in vigore della Direttiva 2003/51 (per via della legge 62/05 per l’emanazione del decreto di recepimento).

Entrando nel merito dell’esame della Direttiva 2003/51/CE (cosiddetta “direttiva modernizzazione”), diciamo che stata introdotta nel nostro Paese in data 18/06/2003, allo scopo di modificare quelle che erano le precedenti Direttive Comunitarie in materia di bilanci annuali (IV° Dir.), consolidati (VII° Dir.), bilanci delle aziende di credito e delle imprese assicurative (sia annuali che consolidati).

Si ha a che fare con una delle Direttive più importanti perché, come si vedrà in seguito, ha introdotto novità radicali per quanto concerne la presentazione dei documenti di bilancio essenziali (S.P. e C.E.) nonché di quei prospetti da allegare ai primi due (N.I., relazione sulla gestione ecc.), il tutto per fornire una più

(18)

completa nonché esaustiva informativa su quella che è la situazione patrimoniale, economica e finanziaria di una certa impresa.

Si tratta di modifiche molto elastiche che daranno la possibilità soprattutto a tutte le imprese non obbligate a redigere il bilancio secondo i principi internazionali, di preparare appunto i loro bilanci utilizzando criteri più consoni agli IAS/IFRS, che quindi non solo permetteranno il recepimento, all’interno del nostro ordinamento contabile, di quelli già presenti e futuri, ma pure anche le modifiche dei vigenti.

Si può ricordare che le modifiche apportate da questa direttiva hanno l’obiettivo molto importante di rendere moderne le varie direttive contabili in modo tale da allinearle agli IAS/IFRS vigenti in tutti i paesi facenti parte dell’Unione Europea, e al tempo stesso possano dare un quadro d’informativa finanziaria che possa stare al passo con la prassi moderna e flessibile per gli sviluppi futuri degli stessi principi.

Per comprendere meglio l’ambito di applicazione delle modifiche della Direttiva 2003/51 apportate ai prospetti di SP e CE, si tratta di individuare quali sono le imprese oggetto delle nuove disposizioni.

Infatti è chiaro che tutte le quotate UE dovranno redigere i loro bilanci consolidati secondo i principi IAS/IFRS a partire dall’anno 2005; è una previsione contenuta nel Reg. 1606/2002 che dispone il non fare più riferimento alla normativa nazionale che presiede la redazione del consolidato24.

I quesiti che ci si pone in merito a questi principi sono due:

- in base a quali regole si deve predisporre il primo bilancio conforme; - come rilevare contabilmente il passaggio a queste nuove norme IAS. Il principio da seguire è contenuto nella interpretazione SIC8 First Time Application of IAS as The Primari Basis of Accounting, il quale propone un approccio alla transizione diviso in 3 fasi:

1) individuazione dei principi internazionali applicabili alla società che effettuano la transizione;

24

Michele Casò, La transizione agli IAS; la descrizione del problema, le regole attuali, gli sviluppi attesi, le implicazioni gestionali e la situazione in Italia, in RIVISTA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, 1/2003, Giuffrè Editore, Milano, pag.200.

(19)

2) applicazione retrospettiva come se fossero usati da sempre; 3) rilevazione dell’eventuale effetto di queste correzioni.

Dal punto di vista pratico, tale SIC 8 afferma che in caso di rilevazione ante transizione non accettabile se si fossero seguiti gli IAS al momento del suo verificarsi, questo accadimento deve essere rilevato in conformità agli IAS, fatta eccezione della non praticabilità in caso di determinazione della rettifica con le disposizioni transitorie che non ammettano l’applicazione retrospettiva.

Questo approccio previsto dallo IASB è l’unico possibile che consente una comparabilità perfetta ed omogenea tra società che utilizzano da sempre gli IAS e società che li adottano per la prima volta25 e presenta a sua volta dei limiti cosi descritti:

- non viene stabilito un limite temporale per la riapertura di bilanci degli anni precedenti, quindi per tutte le rettifiche contabilizzate secondi principi che confliggono con gli IAS occorre l’iscrizione in conformità ai secondi;

- non si chiarisce al meglio quale versione del principio seguire nel processo di transizione in quanto la transizione deve essere fatta retrospetticamente;

- non si chiarisce per bene come effettuare le valutazioni di bilancio al momento della riapertura dei bilanci, cioè se è opportuno utilizzare informazioni disponibili quando si verifica la transizione anche se di fatto non se ne aveva la loro disponibilità26.

Per questo motivo è in corso una revisione della SIC 8, e lo IASB ha paventato l’ipotesi di varie semplificazioni metodologiche con relative regole contenute nell’Exposure Draft 1 First Time Applications of IFRS.

Il documento prevede che nel bilancio nel quale si effettua la transizione sia contenuto pure un prospetto di riconciliazione tra il PN passato e quello di apertura primo bilancio IAS, ma allo stesso è meglio precisare che la scelta deve

25

Inoltre permetterebbe anche la comparabilità tra bilanci di società che utilizzano gli IAS in momenti temporali diversi oppure tra bilanci di esercizi diversi all’interno della stessa società. 26

Il processo effettuato nel 2002 per la determinazione del fair value degli assests e delle liabilites acquisite fa nascere il dubbio: è possibile considerare anche le informazioni non note al momento della transizione ma note al momento di passaggio agli IAS?.

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essere ponderata in quanto se si scegliesse l’approccio semplificato come risultato una comparabilità limitata tra bilanci di aziende del medesimo settore. Nella realtà italiana il passaggio agli IAS è una cosa non risultata per nulla semplice per via delle radicali trasformazioni subite in questi ultimi anni dai principi IAS.

Principi dotati di una tale complessità da causare un dispendio sia dal punto di vista umane sia monetarie, è un processo che può durare anni, non è considerato un semplice esercizio contabile perché coinvolge tutte le funzioni aziendali, quindi si verifica una modifica dei principali indicatori di bilancio finanziari e non, influenzati anche dalla scelta dei principi di valutazione alternativi consentiti dagli IAS.

Nell’ambito di applicazione del Reg. 1606/02 ci si è sempre chiesti sull’opportunità di estendere gli IAS anche per le non quotate, è un’idea nata al fine di permettere ai Paesi membri di allargarla anche a settori industriali a prescindere dal fatto che siano quotate o no27.

Dopo specifiche richieste dell’IFAC, è palese l’intento dello IASB di emanare un principio contabile dedicato appositamente alle PMI definite come categoria residuale, dove ammettere la predisposizione di un bilancio semplificato nella forma e nei contenuti, ma non si tocca nei principi fondamentali, tale da rendere possibile l’estensione dell’obbligo di usare gli IAS per tutte le società28.

Il nuovo art. 2435-bis Cod. Civ. prevede la predisposizione di due tipi di bilanci: 1. un modello di bilancio in “forma abbreviata”;

2. un modello di bilancio in “forma semplificata”.

Il bilancio in “forma abbreviata” riguarda tutte quelle società che, non avendo titoli quotati nei mercati regolamentati, hanno la facoltà di redigere questo tipo di bilancio sia nel primo esercizio o, anche quando per due esercizi consecutivi, non abbiano superato 2 dei seguenti 3 limiti quantitativi:

• Totale Attivo dello S.P.: 3.650.000 €

27

Opzione utilizzata anche per le società di settori sottoposti a norme particolari di vigilanza, come lo sono banche ed assicurazioni.

28

Michele Casò, La transizione agli IAS; la descrizione del problema, le regole attuali, gli sviluppi attesi, le implicazioni gestionali e la situazione in Italia, in RIVISTA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, 1/2003, Giuffrè Editore, Milano, pag.208.

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• Totale Ricavi Vendite e Prestazioni: 7.300.000 € • Media dipendenti occupati nell’esercizio: 50 unità.

Per questo tipo di imprese che sono tenute alla redazione del bilancio abbreviato, viene meno l’obbligo di presentare il rendiconto finanziario.

Una questione molto rilevante era a quale data fare riferimento per l’entrata in vigore di queste nuove norme, sicché è stata risolta affermando che per i bilanci chiusi a fine 2003 l’applicazione delle nuove disposizioni è a partire dal 01/01/2004, mentre se vengono chiusi a fine 2004 c’è l’applicazione discrezionale della vecchia e/o nuova disciplina dal 01/01/2005; comunque visto che la maggior parte delle imprese fa coincidere l’esercizio con l’anno solare, l’applicazione dei nuovi limiti sarebbe valida per i bilanci relativi all’esercizio 2006.

Nel frattempo questo percorso di “modernizzazione” della Direttiva, nel mese di agosto 2006, si è arricchito di un nuovo passaggio ossia l’emanazione della Direttiva 2006/46/CE, da completarsi entro il 2008, consistente in un innalzamento dei limiti dell’Attivo e dei Ricavi portati rispettivamente a 4.400.000 € e 8.800.000 € (rimane invariato il limite del numero medio dei dipendenti), con validità anche per la nomina dell’organo di controllo nelle S.r.l. Il bilancio in forma abbreviata dal punto di vista strutturale è più semplificato rispetto agli schemi ordinari, in quanto prevede:

 diversi raggruppamenti sia a livello di Stato Patrimoniale che di Conto Economico;

 semplificazione anche nella redazione della N.I.;

 esonero totale della presentazione della relazione sulla gestione. A livello di S.P. i raggruppamenti vanno a riguardare:

 Le voci strutturali dell’attivo A) e D) che possono essere comprese nella voce C)II;

 La voce strutturale del passivo E) inserita nella voce D);

 Ammortamenti e svalutazioni vengono detratti in forma esplicita dalle voci B)I e B)II dell’attivo;

(22)

 Le Voci C)II attivo e D del passivo devono riportare a parte gli importi nell’esercizio successivo.

Con riferimento al C.E. c’è da dire che in un primo momento si era pensato ad una sua esclusione dall’applicazione delle modifiche (ratio della IV° Direttiva escludeva il ritorno a schema a “risultati lordi”), poi successivamente si è deciso per la sua modifica per mezzo di raggruppamenti concernenti le varie aree che lo compongono.

Invece il bilancio in “forma semplificata” è stato previsto come novità introdotta dall’ultimo comma dell’art. 2435 bis cod. civ. per tutte quelle imprese che non superano 2 dei 3 limiti previsti dall’art. 27 D. Lgs. 127/91 (poi innalzati con la Direttiva n. 38/2003/UE) nel primo esercizio o successivamente, per due consecutivi:

1. Totale Attivo dello S.P.: 14.600.000 €

2. Totale Ricavi Vendite e Prestazioni: 29.200.000 € 3. Media dipendenti occupati nell’esercizio: 250 unità.

Si tratta di quelle imprese per le quali è prevista la possibilità di effettuare diverse semplificazioni:

• Raggruppamento di voci del passivo; • Omissione del rendiconto finanziario; • Omissione della ripartizione dei ricavi.

Anche per i bilanci semplificati, la direttiva 2006/46/CE ha innalzato questi limiti, come già accaduto nel caso del bilancio abbreviato, portandoli rispettivamente a 17.500.000 € (Totale Attivo) e 35.000.000 € (Ricavi), mentre rimane immutato il numero medio dei dipendenti.

Par. 1.4: L’analisi della Dir. 2003/51/CE

Cominciando l’esame delle modifiche della 2003/51/CE, innanzitutto risulta modificato l’art. 2423 concernente la redazione del bilancio, nel senso che non solo dovrà essere costituito da SP, CE e NI, ma dovrà essere completato pure sia col rendiconto finanziario sia col prospetto delle variazioni delle voci del Patrimonio Netto che potranno essere redatti in migliaia di €.

(23)

Tenendo conto che le imprese tenute a redigere il bilancio secondo i principi IAS/IFRS sono obbligate all’inserimento di questi prospetti, è stato giustamente osservato che la previsione di inserire le variazioni delle voci del PN in un documento a parte è idonea ad una prassi accettata in generale, e che il rendiconto finanziario è uno strumento molto utile perché va a fornire informazioni che gli altri prospetti, se esaminati uno ad uno, non sono capaci di dare.

Altra modifica apportata ha riguardato l’art. 2423-bis cod. civ. ossia la sua denominazione (prima chiamata “principi di redazione” relegati al comma successivo) ora recante l’ambito di applicazione delle nuove disposizioni, che escluderà tutte le società che redigono (per obbligo o per aver esercitato l’opzione di cui al D. Lgs. 38/05) il bilancio di esercizio in conformità ai principi internazionali IAS/IFRS.

Varie modifiche pure per alcune parti dell’art. 2423-ter che elenca i principi generali di redazione del bilancio uniformati sostanzialmente ai principi IAS/IFRS.

In particolar modo, la prevalenza della sostanza (economica) sulla forma (giuridica) è uno degli aspetti di non poca importanza applicato, laddove non sia previsto diversamente dalla legge.

Al punto n. 8 viene aggiunta una previsione che la parte di valore derivante dal cambiamento dei criteri di competenza degli esercizi precedenti deve essere imputata direttamente al Patrimonio Netto e viene lasciata inalterata la parte riguardante le possibili deroghe ammesse in casi eccezionali da motivare nella N.I..

Viene aggiunto, come integrazione, un nuovo articolo il 2423-quater (Struttura S.P. e C.E.) che fa sì salve le regole del precedente 2423-ter ma con lievi cambiamenti ai commi num. 2, 4 e 6; al 2° comma si richiede l’obbligo di suddivisione delle voci di cui agli art. 2424 e 2425, questo in quanto essendo i nuovi schemi più sintetici di quelli previgenti, si avrà maggior necessità di fornire il dettaglio della voce di riferimento, ai fini della miglior chiarezza che rimane uno dei principi rilevanti ai fini della N.I.

(24)

La modifica del 4° comma è la conseguenza della semplificazione degli schemi, in quanto riguarda la sola denominazione delle voci che necessitano dell’adattamento, quando prescritto dalla natura dell’attività svolta29.

Invece la modifica del 6° comma riguarda il divieto di compensazione tra partite creditorie e debitorie ma viene ammessa quando richiesta dalla natura economica dell’operazione, perché vi possono essere casi dove l’esposizione separata delle voci derivanti da un’unica operazione non possa corrispondere alla sostanza che deve prevalere sulla formalità.

Rimangono fermi due obblighi consistenti nell’aggiunta di nuove voci se sono rilevanti e il riportare dell’importo relativo all’esercizio precedente.

Il totale recepimento delle modifiche originate dalla direttiva 2003/51/CE (modernizzazione) era previsto che avvenisse entro il novembre 2006.

Gia prima (luglio 2005) la Commissione Europea aveva spedito al nostro Governo un parere motivato che ha fatto cominciare il ricorso alla corte di giustizia; a sua volta però l’Italia ha fatto un contro-ricorso giustificando il ritardo del mancato recepimento della direttiva per il fatto che l’ambito di applicazione riguardasse una pluralità di soggetti economici che hanno reso complessa la sua attuazione.

Però la lentezza dei tempi con la quale il governo italiano ha inteso introdurre questa direttiva nel nostro ordinamento contabile, ha avuto come conseguenza la condanna da parte della Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo all’obbligo di pagamento di spese non quantificate per il non recepimento nei tempi prestabiliti dalla UE.

Però la direttiva 2003/51 è sì entrata in vigore nella legislazione italiana, ma solo per la parte obbligatoria concernente il contenuto della relazione sulla gestione e la relazione del revisore, con il primo documento di dare informazioni sui rischi e incertezze ai quali la società avverte il pericolo di essere esposta, con produzione degli effetti a partire dei bilanci 2008.

29

OIC, Relazione al decreto di attuazione delle Direttive UE 2001/65 e 2003/51 con modifiche al Codice Civile e disciplina sul bilancio consolidato del D. Lgs. 127/91, pag. 5.

(25)

L’obiettivo principalmente dichiarato della direttiva è quello di assicurare parità di condizioni tra le società “IAS conformi” e quelle ancorate alla normativa nazionale.

Il decreto è stato approvato da parte del CdM in data 25/01/2007 con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 73 in data 28/03 ed entrata in vigore dal successivo 12/04, giustificata in base a “lentezze nella comunicazione dell’atto stesso”.

(26)

Cap. 2: I prospetti di S.P. e C.E. sotto l’influenza della direttiva

2003/51

Par. 2.1: Come cambierà la struttura dello SP dopo le modifiche

comunitarie

Il principio contabile IAS 1 modifica in senso radicale quelli che sono le colonne portanti e fondamentali del bilancio d’esercizio ossia S.P. e C.E. L’ultima versione dello IAS stesso (Reg. CE n. 2238/04) affronta la questione e la risolve individuando due punti fondamentali:

- un contenuto minimo da assumere come schema di riferimento e poi si lascia la libertà all’adozione di contenuti più analitici regolati dagli IFRS e tipicità delle imprese (IAS 1 par. 74/75)30;

- criterio di classificazione di Attività e Passività in correnti/non correnti, ribadito dall’obbligo di cui all’art. 2423-quater 2° comma ai fini della chiarezza del bilancio.

Si tratta di un criterio basato sul presupposto del “ciclo operativo dell’impresa” ossia il tempo intercorrente tra l’acquisizione dei fattori e la loro conversione in liquidità (si suppone la durata di 12 mesi quando non identificabile in modo chiaro), cui si vengono ad affiancare sia il criterio temporale (correlazione tra “corrente” ed anno solare) sia l’intenzione negoziale, con la quale si vuole acquisire l’attività/passività: in pratica indica quali tipi di operazioni sono da effettuarsi entro il ciclo operativo corrente.

Ma quando un’attività viene detta “corrente”? Per una risposta concreta, occorre risalire alla definizione proposta dallo IAS 1 par. 57 che ci afferma che un’attività viene qualificata corrente quando soddisfa uno dei seguenti criteri:

 realizzazione/vendita/utilizzo entro il ciclo operativo;  possesso esclusivamente per la sua negoziazione;

 previsione del suo realizzo entro 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio;

 trattasi di disponibilità liquide o mezzi equivalenti.

30

Gianluca Cristofori, Alberto Maistrello, Bilancio 2005: tutte le novità, in CONTABILITA’, FINANZA E CONTROLLO, 03/2005, pag. 33.

(27)

Per le passività, la definizione idonea è quella riportata al successivo par. 60 che dispone i seguenti criteri per la sua qualifica:

 estinzione nel ciclo operativo ordinario;  assunzione principalmente per negoziazione;

 estinzione entro 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio;

 non si ha diritto incondizionato ad un suo differimento per regolazione per almeno 12 mesi sempre dalla data di riferimento.

Invece tutte le altre attività/passività saranno classificate “non correnti” quando la loro natura è a lungo termine, però non si impedisce l’uso di descrizioni alternative purché dal significato ben chiaro (par. 58).

Il criterio “corrente/non corrente” viene applicato a tutte le imprese mentre quello della liquidità viene ritenuto idoneo per tutte quelle imprese dove l’operatività assume carattere prevalentemente finanziario.

Quindi si ha a che fare con uno schema sempre sì diviso in due sezioni (Attivo/Passivo), anche se, a dire il vero, il legislatore adotta l’unico criterio della destinazione che consiste nell’intenzione di usare durevolmente o meno un bene all’interno della gestione, da parte degli amministratori.

L’adozione di tale criterio ha portato il vantaggio, seppur parziale, di lasciare a parte il classico concetto di immobilizzazione contenuto nel vecchio schema anche se mantiene la sua rilevanza ai fini della valutazione (art. 2426).

Si giungerà cosi ad uno schema di Stato Patrimoniale così composto: ATTIVO

A) Attività non Correnti

1) Immobili, impianti e macchinari 2) Investimenti immobiliari

3) Avviamento

4) Altre attività immateriali 5) Partecipazioni

6) Crediti finanziari 7) Altre attività finanziarie 8) Imposte differite attive

(28)

9) Altre attività correnti.

B) Attività Correnti

1) Crediti vs. soci per conferimenti

2) Crediti commerciali, con indicazione degli importi esigibili nell’esercizio successivo, e altri

3) Rimanenze

4) Altre attività destinate alla vendita 5) Lavori in corso su ordinazione 6) Attività finanziarie correnti 7) Risconti attivi

8) Disponibilità liquide.

C) Attività non Correnti classificate come possedute per la

vendita (IFRS 5)

PASSIVO

A) Patrimonio Netto

1) Capitale sociale, compresa la parte non ancora versata 2) Riserva da sovrapprezzo

3) Riserve di rivalutazione 4) Altre riserve

5) Utili/perdite portati a nuovo

6) Utile/perdita degli esercizi precedenti

B) Passività non Correnti

1) Obbligazioni in circolazione 2) Debiti vs. banche

3) Altre passività finanziarie 4) Fondi per rischi ed oneri 5) Fondi relativi al personale 6) Imposte differite passive 7) Altre passività non correnti

(29)

1) Obbligazioni in circolazione 2) Debiti vs. banche

3) Debiti vs. fornitori, con indicazione degli importi esigibili nell’esercizio successivo

4) Anticipi su lavori in corso di ordinazione 5) Altre passività finanziarie

6) Debiti tributari 7) Risconti passivi

8) Altre passività correnti.

Trattasi di un cambiamento radicale richiesto dalla Direttiva 2003/51 al contenuto dello S.P. descritto all’art. 2424 cod. civ. che dovrà essere recepito dal nostro legislatore, reso pratico dall’obbligo del 2423-quater 2° comma, precedentemente esaminato, concernente la suddivisione delle voci ai fini della chiarezza del bilancio.

Cambiamento importante anche sotto l’aspetto pratico, perché consente di leggere in maniera idonea il bilancio basato in versione finanziaria (rilevanza confermata dal nuovo 2425-quater) e l’utilizzo di questo nuovo criterio consente l’allineamento della disciplina civilistica con i criteri internazionali.

Par. 2.1.1: Lo IAS 2: il caso delle rimanenze di magazzino

Si parla di uno IAS che definisce le regole che presiedono alla valutazione delle rimanenze per un trattamento corretto; in realtà lo IAS 2 era stato già modificato, una prima volta, nel 1993, poi successivamente è stato riscritto dal Reg. CE 2238/2004 con applicazione dal 2005 o in data posteriore.

Lo IAS 2 richiama il concetto di valore netto di realizzo per la determinazione e la valutazione delle rimanenze, delineato come quel corrispettivo atteso dalla loro vendita nel corso della gestione ordinaria31.

31 Cesare D’Attilio, Rimanenze e IAS 2: il Lifo lascia spazio a metodi alternativi, in

AMMINISTRAZIONE & FINANZA, 06/2006, pag. 6; l’altra definizione usata per il significato di valore netto di realizzo è: “il prezzo di vendita stimato nel normale svolgimento dell’attività, al netto dei costi di completamento nonché quelli necessari per realizzare la vendita”.

(30)

Nell’individuare l’ambito di applicazione, si possono avere esclusioni sia oggettive che soggettive; quelle oggettive riguarderanno:

1. lavori in corso su ordinazione (IAS 11);

2. strumenti finanziari (IAS 39 con specificazione della loro valutazione in N.I.);

3. attività biologiche (IAS 41). Invece quelle soggettive concerneranno:

 produttori di beni agricoli/forestali, ossia quei beni nella misura in cui il loro importo viene calcolato al valore netto a specifici stati produttivi, secondo prassi ben definite, con le eventuali modifiche imputate a C.E. nell’esercizio in cui avvengono.

 Commercianti/intermediari: in questo caso le rimanenze vengono valutate al fair value, dedotti i costi di vendita. E’ un elemento di novità introdotto dallo IAS 2 che consente a quei soggetti che acquistano commodities in vista di una futura vendita, di derogare ai metodi di valutazione ordinari32. Nella multicategoria delle rimanenze, assume importanza l’elemento della finalità per la quale il bene viene detenuto, per cui potremmo avere beni:

 posseduti per la vendita nell’ordinario svolgimento;  impiegati nel ciclo produttivo per la vendita;

 impiego sotto forma di materiali/beni/servizi33.

Il punto cruciale rimane quello di stabilire il momento n cui avviene l’effetto traslativo e viene risolto con il riferimento normativo degli art. 1376 (trasferimento beni mobili specifici) e 1378 (trasferimento beni generici) cod. civ.

32Questo tipo di contratti adoperati può ricadere nella categoria dei contratti derivati regolati

dallo IAS 39, anche se si deve verificare il concreto obiettivo a cui tende il contratto stipulato dal commerciante. L’elemento che consente l’esclusione il carattere derivato del contratto è la clausola che prevede l’esecuzione mediante la consegna fisica. Se nel contratto viene prevista la facoltà di non consegna delle attività, allora siamo in presenza della fattispecie del derivato.

33 Nella categoria delle rimanenze possono distinguersi tra beni destinati alla

commercializzazione e partecipanti al processo produttivo; quindi avremo: a) merci acquistate per la rivendita; b) fabbricati, immobili e terreni alla cui produzione/scambio è diretta l’attività; c) prodotti finiti e/o semilavorati; d) materiali destinati all’impiego nel processo produttivo.

(31)

Per il contratto d’appalto per beni costruiti con materiali di terzi34, il momento rilevante è quello dell’accettazione del bene da parte del committente (art. 1673 cod. civ.), invece per beni immobili costruiti sul terreno, il trasferimento della proprietà in capo al committente è legato alla fattispecie del diritto di accesso proprio del soggetto titolare del terreno35; in linea di principio, non c’è una coincidenza temporale necessaria con il momento in cui il bene acquisisce rilevanza fiscale.

Lo IAS 2.9 stabilisce “la valutazione delle rimanenze al minore tra il costo e il valore netto di realizzo” ed è un criterio che non si discosta da quanto affermato al punto 9 dell’art. 2426 cod. civ. e al principio nazionale n. 13.

In alternativa, si consente l’utilizzo, per ragioni di praticità, dei metodi dei costi standard e/o dei prezzi al dettaglio.

Il metodo dei costi standard (non è un criterio di valutazione ma una tecnica contabile ammessa come criterio, solo se i costi siano aggiornati continuamente e approssimino uno dei metodi accettati) permette la valutazione delle rimanenze attraverso l’impiego di costi precedentemente qualificati, sulla base di una produzione con caratteristiche predefinite, soggette a verifiche periodiche/finali36.

Questo tipo di valutazione è ammesso dai principi nazionali ed internazionali, purché rappresentino una buona approssimazione dei costi effettivi e della realtà operativa e non sono utilizzabili, civilisticamente, se non li rappresentano37. Invece il criterio dei prezzi al dettaglio viene utilizzato nell’apposito ramo per la valutazione di quei beni che sono soggetti a turn over velocissimi e rispetto ai quali l’utilizzare di altre tecniche di valutazione risulta complesso.

34 Cesare D’Attilio, Rimanenze e IAS 2: il Lifo lascia spazio a metodi alternativi, in

AMMINISTRAZIONE & FINANZA, 06/2006, pag. 6.

35 Il committente potrà iscrivere immediatamente il bene come facente parte del magazzino,

senza peraltro dover aspettare il momento in cui sia accertata l’esistenza del bene stesso.

36 Richiede l’implementazione di una procedura molto rigorosa composta da fasi come : 1)

determinazione preliminare dei costi standard; 2) compiere accertamento della variazione dei

costi consuntivi rispetto a quelli standard; 3) analisi degli scostamenti. Il vantaggio è quello di

misurare l’efficienza aziendale e pianificare le strategie future.

37 Qualora gli standard non siano stati aggiornati correntemente, occorrerà la rettifica del

magazzino valutato con questo criterio in modo tale da riflettere i costi effettivi e, in maniera analoga, procedere alla rettifica dei costi stessi che risultano superati a causa delle mutate condizioni operative.

(32)

Sostanzialmente, questo metodo prevede la detrazione dal prezzo di vendita di una percentuale di margine lordo che possa tenere conto delle rimanenze vendute a prezzi inferiori rispetto al prezzo originario38.

Recentemente, c’è da considerare la presa di posizione dell’OIC che ha rivisto la disciplina prevista al principio contabile n. 13 (le rimanenze di magazzino), che differisce dalla versione precedente per l’abolizione dei raffronti con la disciplina del T.U.I.R. e quella prevista dallo IAS 2.

La motivazione che sta dietro a questa decisione di non fare più raffronti con i principi IAS/IFRS è da trovarsi nel fatto come quest’ultimi siano in costante evoluzione per effetto sia delle rettifiche apportate periodicamente, in maniera diretta, sia a causa delle modifiche apportate in essere ad altri principi39.

La nuova versione accoglie un principio più “snello“ ed illustra il contresto della disciplina civilistica e ne definisce il contenuto, rappresentazione/iscrizione. Una prima differenza è la definizione, perché quella dello IAS 2 è più ampia del principio 13 (anche se rimane invariata) e si concentra sulle caratteristiche delle rimanenze stesse con un ampliamento del concetto “nazionale”, prevedendo, inoltre, anche casi di “esclusione totale” e “parziale”40.

Da canto suo, il principio 13 ribadisce la necessità di rispettare due condizioni essenziali per considerare un bene incluso nelle rimanenze:

1. avvenuto sostanzialmente “il passaggio di proprietà”, ossia trasferimento dei rischi relativi ai beni al compratore;

2. porre attenzione al caso delle “merci in viaggio”, cioè verificare se siano già di proprietà dell’impresa, anche se non ancora pervenute dal punto di vista fisico. Si includeranno: prodotti/merci presenti fisicamente nei magazzini della società, prodotti/merci di proprietà ma fisicamente

38 Cesare D’Attilio, Rimanenze e IAS 2: il Lifo lascia spazio a metodi alternativi, in

AMMINISTRAZIONE & FINANZA, 06/2006, pag. 10; la determinazione potrà avvenire secondo le seguenti fasi: 1)raggruppamento in categorie omogenee; 2) valorizzazione al prezzo di vendita; 3) valutazione delle rimanenze al costo.

39 Riccardo Bauer, Principio contabile n. 13: l’OIC rivede le regole sulle rimanenze di

magazzino, in AMMINISTRAZIONE & FINANZA, 19/2005, pag. 6.

40L’esclusione totale riguarderà: i lavori in corso su ordinazione a m/l termine, le rimanenze di

strumenti finanziari/attività biologiche/prodotti agricoli al momento della raccolta, mentre l’esclusione parziale sarà valida per merci possedute valutate al fair value e prodotti agricoli/forestali, minerali e prodotti minerari valutati sempre al fair value.

Riferimenti

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