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4.

Costi/ricavi di attività destinate alla cessazione

5.

Utile/Perdita dell’esercizio

Il risultato derivante dall’introduzione di questo principio contabile è quello di avere uno schema non più a contenuto rigido ma solo con un contenuto minimo; ed è per questo che, secondo lo IASB, si è rilevato incapace il tentativo di uno schema unico e valevole per gli Stati UE, perché già nella IV° Direttiva CEE, veniva lasciata la libertà della scelta flessibile degli schemi103.

Le altre facoltà riguardano:

 Modificabilità del C.E. in situazioni eccezionali (Art. 3 IV° Direttiva CEE);

 Rigidità degli schemi, con particolare riguardo all’adattamento degli importi precedenti se non posso essere comparati (Art. 4);

 Modifica degli schemi di bilancio per l’evidenziazione della destinazione del risultato (Art. 6).

Il risultato di queste scelte diverse da paese a paese è stato uno schema con molte difficoltà nell’interpretazione, nella valutazione e nella comparabilità, e dunque lo IASB ritenendo fallita la scelta della comparabilità assoluta, ha cercato in tutti i modi di garantire un contenuto che possa avere almeno voci da inserire obbligatoriamente.

Modifiche al C.E. ritenute valide solo se significative ai fini della comprensione dei risultati economici conseguiti da un’entità (lo IAS 1 par. 81 definisce così un’azienda nell’ottica IAS/IFRS), infatti significatività vuol dire presenza o assenza che modifica la scelta dell’investitore.

103

Fabio Rizzato, Conto economico e performance di gruppo, in Bilanci IAS/IFRS nei paesi UE: confronto, in CONTABILITA’, FINANZA e CONTROLLO, 02/2007, pag. 120.

Pure la Consob è intervenuta, attraverso la delibera n. 15519/2006, nella previsione di un conto economico (per le società non finanziarie) che contenga, se gli importi sono di valore rilevante104:

 l’indicazione di componenti reddituali derivanti da operazioni/eventi il cui accadimento risulti non ricorrente o da operazioni che non si ripetono frequentemente, con evidenziazione separata nelle voci di riferimento;  l’indicazione di ammontari di transazioni avvenute con le società

correlate, in maniera distinta;

 fornire, nelle note al bilancio, un’adeguata informativa di eventuali saldi intermedi inseriti nel C.E.;

 rinvio alle note informative per ogni voce riportata nel C.E. stesso.

Discorso a parte concerne i risultati intermedi, perché lo IAS 1, anche se non ne prevede la loro obbligatorietà, funziona da incentivo per il loro inserimento, però si lascia lo stesso flessibilità agli amministratori nella loro previsione105.

L’eliminazione dei proventi straordinari viene ribadita dal par. 85 dello IAS 1 che reca la seguente espressione “Un’entità non dovrebbe presentare proventi ed oneri come proventi straordinari o nel prospetto di C.E. o nelle note”, in pratica non richiedere l’iscrizione, ma vieta pure la separata indicazione.

Prassi che trova la sua motivazione parziale, da un lato, dall’inserimento nel C.E. a “contenuto minimo” delle plusvalenze derivanti da attività destinate alla vendita, dall’altro, dalla presenza sporadica o nulla delle voci che attualmente sono classificabili come straordinarie106.

Un’altra caratteristica peculiare del nuovo conto economico ai fini IAS/IFRS è il criterio da utilizzare per la classificazione dei costi, nel senso che possono essere utilizzati (IAS 1 par. 88):

104Marco Allegrini, Emanuele Ninci, Conto Economico: lo IAS 1 nelle indicazioni dell’OIC, in

Amministrazione & Finanza, 11/2007, pag. 10. 105

Trattasi di una novità non assoluta perché gia nella IV° Direttiva CEE si prevedeva l’indicazione di questi risultati intermedi per dare informazioni sulla capacità dell’azienda a generare flussi di reddito dalle singole aree, anche se non indicizzati. Ad es. un azienda genera un risultato negativo nella gestione caratteristica ed uno positivo nella finanziaria, avrà la facoltà di compensarli, per avere un risultato positivo.

106

La definizione di oneri e proventi straordinari era ricavabile dall’art. 29 del D.Lgs. 127/91 che li delineava come componenti negativi/positivi non derivanti da attività ordinaria; la IV° Direttiva CEE richiedeva la loro indicazione senza alcuna opzione in fase del suo recepimento.

1. per natura; 2. per destinazione.

Scelta del criterio resta libera, avente riguardo ai concetti di attendibilità e rilevanza esaminati prima; nella classificazione per natura, la prima area da evidenziare è quella della produzione effettuata, che oltre a comprendere le vendite di beni e servizi, tende ad avere al suo interno beni prodotti non ancora venduti (variazione rimanenze) o non se ne ha l’intenzione (capitalizzazioni), e infine i costi classificati in base all’origine del relativo fattore (personale, ammortamenti ecc.).

La vera novità sta nel prevedere la facoltà di utilizzare l’altro criterio della destinazione, infatti, prima dell’avvento dei principi internazionali, l’Italia prevedeva come unico criterio di suddivisione dei costi, quello della natura; la destinazione prevede la presentazione in base all’area funzionale, in modo da comunicare al lettore sull’efficacia delle diverse attività poste in essere dall’azienda107 e si riesce ad avere un livello d’informativa più rispetto all’altra classificazione, ma che concede una maggiore flessibilità per gli amministratori (IAS 1 par. 92).

Per cercare di limitare l’eventuale arbitrarietà e la troppa discrezionalità lasciata agli amministratori stessi, nel caso si opti per il criterio della destinazione, lo IAS 1 richiede l’obbligo di riportare nelle note la composizione per natura del costo del venduto.

Comunque, secondo alcuni autori, la classificazione per destinazione sarebbe la migliore per una serie di motivi, quali:

• consente l’ottenimento di risultati intermedi come il risultato lordo industriale (differenza tra i ricavi di vendita e i costi industriali del venduto);

107

Un limite dei più rilevanti della classificazione per natura è quello di non riuscire a far comprendere meglio come le diverse aree abbiano partecipato alla formazione del reddito.

• il venire meno della “scarsa attendibilità”, perché i principi internazionali sono destinati imprese di grandi dimensioni dotate di un sistema di contabilità analitica108;

• non si rischia di perdere l’informativa sulla natura di alcuni costi operativi (ammortamenti e personale come da IAS 1 paragrafo 93), con il beneficio, per il lettore del bilancio, di possedere una “doppia informazione”;

• permettere un ravvicinamento del financial reporting (report esterno) con il management reporting (report interno), evitando, in questo modo, i dubbi legati alla riconciliazione tra l’informativa esterna ed interna.

Il fatto che nel nuovo schema civilistico di C.E. siano stati soppressi i macroraggruppamenti del “valore della produzione” e dei “costi della produzione”, e conseguentemente il primo risultato intermedio che si incontrava, risponde all’esigenza di allineare la normativa nazionale ai principi internazionali; quindi la prima specie di risultato che si incontra è quello alla voce A) Utile (Perdita) operativo, mentre le altre voci che seguono riguardano sia i componenti attinenti alla gestione finanziaria e delle partecipazioni (Voci 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del C.E.) sia oneri e proventi estranei all’attività d’impresa (Voci 18 e 19).

Il loro inserimento risponde al fatto che i principi internazionali non prevedono una suddivisione tra componenti ordinarie e straordinarie, che di fatto, si potrebbe prestare a dubbi degli amministratori e utilizzi impropri; l’obiettivo è quello di far sì che le imprese espongano come parte del risultato operativo qualsiasi tipo di onere/provento collegato alla gestione, ma a prescindere dalla sua eccezionalità di accadimento o anormalità o alla sua entità109.