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Il fenomeno della Bancassicurazione: profili normativi e gestionali.

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Academic year: 2021

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Sommario

Sommario ... 1

Introduzione ... 3

CAPITOLO 1 ... 9

Il fenomeno dei conglomerati finanziari ... 9

1.1 Evoluzione dei conglomerati finanziari ... 9

1.1.1 La nascita dei conglomerati finanziari in Europa ... 17

1.1.2 La nascita dei conglomerati finanziari in Italia ... 20

1.1.3 I principali rischi dei conglomerati finanziari ... 22

1.1.4 I limiti della vigilanza per i conglomerati e la soluzione apportata dalla Direttiva 2002/87/CE: la vigilanza supplementare ... 25

1.1.5 L’attuale situazione dei conglomerati finanziari in Italia e in Europa, dal 2006 ad oggi ... 31

1.1.6 La revisione della Direttiva 2002/87/CE sui conglomerati finanziari ... 46

CAPITOLO 2 ... 53

Il rapporto Banca-Assicurazione ... 53

2.1 La nascita e lo sviluppo del rapporto tra il settore bancario ed il settore assicurativo .... 53

2.1.1 Il contesto normativo alla base dello sviluppo dell'integrazione tra sistema bancario e assicurativo ... 53

2.1.2 Le caratteristiche strutturali e l'evoluzione del mercato ... 59

2.2 Le possibili forme di coalizione strategica tra banca e assicurazione ... 63

2.2.1 Il perché della coalizione strategica ... 63

2.2.2 Le caratteristiche strutturali ed operative nel rapporto tra banca e assicurazione .. 67

2.2.3 La struttura del rapporto tra banca e assicurazione: dalla semplice collaborazione commerciale a vere e proprie forme d’integrazione ... 70

2.2.4 Le possibili problematiche nella cooperazione tra banche e compagnie assicurative ... 78

2.3 I canali distributivi nella Bancassicurazione ... 80

2.3.1 Le tendenze evolutive nella distribuzione assicurativa... 80

2.3.2 La problematica della regolamentazione della fase distributiva ... 86

2.3.3 Gli aspetti organizzativi della rete di vendita tramite sportello bancario ... 88

2.3.4 I canali distributivi in Italia ed in Europa ... 96

2.3.5 I canali distributivi nel mercato assicurativo italiano ... 106

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2.4 Le possibili linee di servizi assicurativi forniti attraverso sportelli bancari ... 126

2.4.1 Le polizze index e unit linked ... 132

2.4.2 I Piani Pensionistici Individuali (PIP) ... 147

2.4.3 I contratti assicurativi a capitalizzazione ... 153

2.5 L'importanza del marketing nel rapporto banca-assicurazione ... 155

2.5.1 Le caratteristiche del marketing assicurativo ... 155

CAPITOLO 3 ... 160

La Bancassicurazione dopo la crisi globale ... 160

3.1 Lo scoppio della crisi finanziaria e il passaggio dal modello originate to hold ad un modello originate to distribute ... 160

3.1.1 I colpevoli della crisi economico-finanziaria attuale ... 170

3.1.2 Le misure e le soluzioni anti-crisi ... 174

3.2 La Bancassicurazione e la crisi globale: il ruolo dei credit derivatives ... 177

3.3 Il rischio di credito ... 184

3.3.1 La misurazione del rischio di credito tra Basilea 1 e Basilea 3 ... 195

3.3.2 Forme di mitigazione del rischio di credito: il mercato dei credit derivatives ... 207

3.3.3 Come si possono classificare i credit derivatives? ... 211

3.3.4 I credit derivatives di prima generazione ... 214

3.3.5 I credit derivatives di seconda generazione ... 221

3.4 Il rischio operativo ... 226

3.4.1 La definizione di rischio operativo e le affinità con altre tipologie di rischio ... 226

3.4.2 La misurazione del rischio operativo ... 234

3.4.3 Gli strumenti di mitigazione del rischio operativo ... 241

Considerazioni conclusive ... 252

Bibliografia ... 269

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Introduzione

Obiettivo del mio lavoro è quello di favorire una discussione circa il fenomeno della Bancassicurazione (o in inglese Bankassurance), fenomeno che si sta diffondendo sempre più massicciamente sui mercati finanziari mondiali, a seguito del processo di integrazione tra i 3 settori dell’intermediazione finanziaria, ossia settore assicurativo, mobiliare e bancario, anche se ci si concentrerà maggiormente sull’integrazione tra settore bancario e assicurativo.

Il mio lavoro è suddiviso principalmente in 3 sezioni.

Nella prima parte si tratterà del fenomeno di recente diffusione dei conglomerati finanziari, “culla” del fenomeno di aggregazione tra settore bancario e settore assicurativo, evidenziandone nella prima parte le caratteristiche, le tipologie di conglomerati presenti attualmente, le problematiche ad essi connesse, nonché un accenno sulla vigilanza supplementare specifica per la realtà dei conglomerati, la quale va ad integrare e completare le vigilanze regolamentari, informative ed ispettive già incombenti sulle singole imprese facenti parte del conglomerato stesso.

I conglomerati finanziari sono la risultanza di radicali cambiamenti intervenuti nei mercati finanziari internazionali negli ultimi anni.

Tra i mutamenti degni di nota, occorre evidenziare il venir meno delle restrizioni alle libertà di movimento di capitali tra le diverse trading venues mondiali, l'Unione Monetaria Europea (UME), le sempre più marcate interdipendenze delle economie reali tra i paesi occidentali e i paesi in via di sviluppo, nonché l'intenso processo di innovazione finanziaria, la quale ha portato alla nascita di nuovi prodotti finanziari sempre più complessi (con una maggiore difficoltà sulla conseguente valutazione degli stessi).

Dopo aver elencato le problematiche insite nelle realtà eterogenee componenti il conglomerato finanziario, si tratterà la questione altrettanto complessa della vigilanza il più possibile idonea che le Autorità di vigilanza competenti dovranno applicare sui conglomerati finanziari, andando così oltre la semplice vigilanza

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settoriale che veniva applicata originariamente sulle singole imprese appartenenti ad un gruppo, integrando anche la vigilanza supplementare su quest’ultimo nel suo complesso.

La Direttiva 2002/87/CE vuole introdurre una disciplina prudenziale sui conglomerati finanziari per evitare fattori distorsivi per le Autorità di vigilanza che appunto attuavano la supervisione settoriale delle imprese facenti parte del conglomerato prese singolarmente, ma non riuscivano ad effettuare una supervisione del conglomerato nel suo complesso.

Tra le maggiori novità introdotte dalla Direttiva in questione, vi è una più puntuale definizione di conglomerato finanziario, analizzandone sia la parte quantitativa che qualitativa, per meglio definirne i confini della vigilanza in questione.

Nella seconda parte del lavoro, si esaminerà più nello specifico l'integrazione tra settore bancario e settore assicurativo, analizzandone primariamente il quadro giuridico ed istituzionale alla base del fenomeno, le caratteristiche strutturali ed operative, i canali di distribuzione dei nuovi prodotti finanziari-assicurativi (di cui si vanno ad esaminare le peculiarità sostanziali), una concreta analisi sulle tendenze sia nel nostro territorio nazionale che in un contesto europeo (osservando uno studio condotto dal Gruppo Generali nel 2002 su dati relativi agli anni 1995 e 2000) ed infine le politiche di marketing prescelti per la loro diffusione sul mercato.

Dopo aver inquadrato il contesto normativo, è bene comprendere le caratteristiche strutturali e di mercato che hanno contribuito alla diffusione del fenomeno in oggetto.

L'evoluzione di tale rapporto trova espressione nella sempre più crescente diffusione di nuovi prodotti finanziari e assicurativi e nel rapporto divenuto di giorno in giorno più stretto tra banche e assicurazioni, sia nella creazione di nuovi collegamenti economico-patrimoniali, sia nella costruzione di nuovi prodotti in un'ottica strategica di cross-selling, la quale ha visto conseguentemente l'esigenza di utilizzare canali distributivi ad hoc.

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5 possono essere ricondotte:

1) All'esigenza sempre più marcata di diversificazione delle scelte di portafoglio delle famiglie italiane, con il crescente peso assunto dalla previdenza complementare e integrativa, l'una rappresentata dai fondi pensione di natura contrattuale collettiva o associativa, l'altra rappresentata dai piani pensionistici su base individuale;

2) Alle crescenti innovazioni finanziarie, allo sviluppo di nuove tipologie contrattuali presenti sul mercato finanziario che condividono profili tecnico-operativi sia finanziari che assicurativi;

3) Alla ricerca di economie di scala e di scopo, sia da parte delle banche che delle assicurazioni.

Il tentativo che attualmente stanno portando avanti le aziende di credito è quello di affiancare all'aumento del numero degli sportelli l'ampliamento dei servizi offerti ad una clientela dai bisogni sempre più complessi, con l'obiettivo di aumentare il margine di contribuzione delle unità operative.

Negli anni, durante i molteplici lavori effettuati dall'ABI insieme all'ANIA, si è potuto constatare che:

– I prodotti assicurativi, che di fatto sono collocati attraverso gli sportelli bancari, sono soprattutto i prodotti del comparto vita ad alto contenuto finanziario (basti pensare alle polizze a premio unico, le polizze legate a SICAV, le polizze legate ad investment trust, le polizze finanziarie combinate anche con coperture di danni a persone ecc.);

– La distribuzione di prodotti assicurativi attraverso il canale degli sportelli bancari si è dimostrata in altri Paesi essere la carte vincente per aumentare le vendite diminuendo i costi, con conseguenti benefici sulle condizioni contrattuali delle polizze stesse.

Dopo aver analizzato il contesto di mercato, si provvederà a definire più dettagliatamente i canali distributivi attraverso cui le banche vendono ai propri clienti polizze assicurative, agevolati anche dai nuovi provvedimenti normativi

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basati sul principio dell’home country control, avente come effetto quello di accelerare il processo di globalizzazione del settore assicurativo in ambito europeo, dando la possibilità ai grandi gruppi assicurativi europei di svolgere la propria attività nel nostro territorio nazionale, essendo valida l’autorizzazione da parte dell’Autorità di vigilanza del proprio Paese d’origine anche sul territorio italiano, così come negli altri paesi UE.

L’evoluzione in atto nella distribuzione assicurativa concerne:

- La tendenza di alcune compagnie al superamento del canale lungo, a favore invece di canali più diretti di commercializzazione delle polizze, riducendo così il ricorso ad intermediari indipendenti e i relativi costi di commissione; - La costituzione da parte di alcuni grandi gruppi aziendali di società di brokeraggio (broker captive), specializzate in risk management, che si interpongono direttamente con le compagnie assicurative;

- L’introduzione di nuove tipologie di intermediari, diversi sia dagli agenti che dai broker, che svolgono attività di commercializzazione di polizze in via accessoria, utilizzando le loro reti di vendita.

Ponendoci nell’ottica delle aziende di credito, la distribuzione dei servizi assicurativi presso gli sportelli bancari apre la strada ad un processo di profonda diversificazione che può raggiungere livelli più o meno elevati a seconda dei casi, visto che la banca può svolgere sia la funzione di mera distribuzione per conto di una o più compagnie assicurative, e sia può fungere il ruolo di mera produttrice di prodotti/servizi assicurativi, con piena assunzione del rischio e dei risultati conseguiti attraverso la vendita di tale prodotto, nel caso di una partecipazione parziale o totale da parte della banca.

Dal punto di vista delle compagnie assicurative, la distribuzione del servizio tramite gli sportelli bancari incide positivamente sui volumi di vendita e sulla redditività della loro principale area di intervento, soprattutto in questa fase di mercato assicurativo particolarmente competitivo e aggressivo, ove le varie compagnie assicurative si trovano nel complesso in una posizione di debolezza rispetto alle banche, perché sono minacciate nel loro core business, debolezza

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motivata dalla minore penetrazione dei servizi assicurativi presso la clientela, rispetto alla distribuzione dei servizi finanziari al contrario più capillare, non solo attraverso la rete sportellare , ma anche dalle reti di promotori finanziari e dalle altre tipologie del parabancario, la diversa struttura dei due settori e la forte presenza territoriale delle banche rispetto alle imprese assicurative, il forte legame che le banche hanno con la clientela servita, diverse modalità d’agire nei casi di punti di forza o minacce esterne.

Successivamente si passa ad esaminare quali prodotti e servizi assicurativi possono essere distribuiti attraverso il canale bancario, presentandone le caratteristiche di base e in seguito analizzare quei prodotti al confine ormai valicabile tra prodotto finanziario e prodotto assicurativo, quali i PIP (Piani Pensionistici Individuali), i contratti assicurativi a capitalizzazione e le polizze index e unit linked.

Nello specifico, occorre definire due linee di prodotti che possono essere venduti attraverso lo sportello bancario.

La prima linea è destinata a coprire i fabbisogni non sofisticati della clientela, cioè i prodotti di massa standardizzati, mentre invece la seconda linea di prodotti è più specializzata per particolari categorie di clientela.

Dopo aver parlato delle caratteristiche dei prodotti/servizi frutto del processo d’integrazione tra il settore bancario e il settore assicurativo e dei canali distributivi attraverso i quali tali prodotti/servizi possono essere diffusi, si tratterà in linee generali delle politiche di marketing assicurativo che una compagnia assicurativa ed una banca che mira a vendere i prodotti assicurativi implementano, col fine di farli conoscere e renderli appetibili sul mercato.

Nella terza ed ultima parte del mio lavoro, si offrirà dapprima un excursus della crisi economico-finanziaria attuale, con le maggiori cause scatenanti quest’ultima e gli effetti che hanno impattato sul rapporto tra banca e assicurazione, in particolar modo a causa dell’abuso da parte delle banche di politiche di securitisation e l’utilizzo di strumenti finanziari innovativi ed oltremodo rischiosi come i credit derivatives, visti come una soluzione efficace per mitigare l’eccessiva esposizione degli istituti bancari al rischio di credito dominante negli anni della crisi.

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propri provvedimenti, ossia il rischio di credito e il rischio operativo, ponendo attenzione al diverso modo in cui tali rischi vengono trattati a seguito dell’emanazione e successivo recepimento da parte degli ordinamenti nazionali di Basilea I, Basilea II e l’attuale Basilea III, in termini di metodologie di individuazione, calcolo e monitoraggio continuo.

Successivamente, si analizzeranno le varie forme di mitigazione dei rischi in questione, ponendo l’accento sul ruolo che le compagnie assicurative hanno svolto e continuano a svolgere come protection sellers (venditori di protezione) nei confronti delle banche che richiedono la copertura assicurativa per far fronte ai rischi ai quali quotidianamente sono esposte nello svolgimento della propria operatività.

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CAPITOLO 1

Il fenomeno dei conglomerati finanziari

Prima di analizzare il fenomeno della Bancassicurazione (argomento trattato più nello specifico nel successivo capitolo), è doveroso fornire un quadro di riferimento relativamente ad un ulteriore fenomeno che si è diffuso negli ultimi anni sui mercati finanziari mondiali, ossia la formazione dei conglomerati finanziari, evidenziandone nel proseguo le caratteristiche pecuniarie, le tipologie di conglomerati presenti attualmente, le problematiche ad essi connesse, nonché un accenno sulla vigilanza supplementare specifica per la realtà dei conglomerati, la quale va ad integrare e completare le vigilanze regolamentari, informative ed ispettive già incombenti sulle singole imprese facenti parte del conglomerato stesso.

Il tutto verrà infine arricchito da studi statistici in merito alla Bancassicurazione.

1.1 Evoluzione dei conglomerati finanziari

I conglomerati finanziari sono la risultanza di radicali cambiamenti intervenuti nei mercati finanziari internazionali negli ultimi anni.

Tra i mutamenti degni di nota, occorre evidenziare il venir meno delle restrizioni alle libertà di movimento di capitali tra le diverse trading venues1 mondiali,

l'Unione Monetaria Europea (UME), le sempre più marcate interdipendenze delle economie reali tra i paesi occidentali e i paesi in via di sviluppo, nonché l'intenso processo di innovazione finanziaria, la quale ha portato alla nascita di nuovi prodotti finanziari sempre più complessi (con una maggiore difficoltà sulla conseguente valutazione degli stessi).

Tali cambiamenti di contesto economico-finanziario hanno costituito dei fattori di stimolo alla crescente integrazione e globalizzazione dei mercati, con la nascita accanto ai tradizionali mercati regolamentati, di nuove piazze di negoziazione,

1 Sulle trading venues, cfr Quirici M.C, “Il mercato mobiliare- l’evoluzione strutturale e normativa”, prefazione di Roberto Caparvi, Franco Angeli editore 2010, cap. VIII, pagg. 479 e ss.

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ossia gli Internalizzatori Sistematici ed i Sistemi Multilaterali di Negoziazione (Multilateral Trading Facilities o MTF)2, oltre che un'evoluzione degli operatori finanziari operanti in essi, primi fra tutti gli intermediari finanziari.

Quest'ultimi, per stare al passo con la nascita di un contesto di mercato fortemente competitivo e di matrice globale, vanno alla ricerca di sempre più nuove strategie, sia per quanto riguarda i prodotti/servizi finanziari offerti che relativamente ai modelli organizzativi prescelti e hanno avviato col tempo numerosi processi di aggregazione che hanno portato gradualmente alla nascita delle prime forme di conglomerati finanziari.

I conglomerati finanziari, oggetto di studio dagli anni ’90 in poi3, sono entità particolarmente complesse e non di unitaria definizione, costituite in linea generale come gruppi di aziende e composti da un certo numero di unità separate e autonome dal punto di vista giuridico, che svolgono attività finanziarie non omogenee tra le diverse attuabili nell'ambito dell'intermediazione finanziaria, ossia quella bancaria, assicurativa e mobiliare4.

Alla base della massiccia diffusione del processo di conglomerazione ci sono diverse determinanti esogene5 che hanno modificato la struttura non solo delle

società insite nel conglomerato stesso, ma anche dell'intera struttura dei mercati nel suo complesso.

In particolare:

1) La deregolamentazione (deregulation), ossia la caduta delle barriere all'entrata nei mercati e separazione istituzionale tra i diversi settori dell'attività finanziaria;

2) L'innovazione non solo finanziaria, come detto in precedenza, ma anche

2 Sulle nuove trading venues introdotte con la caduta dell’obbligo di concentrazione degli scambi a seguito dell’emanazione della Mifid (Dir. 39/2004 Market in Financial Instruments Directive), cfr con Plateroti-Vantellini-D’Ippolito “I mercati organizzati e il trading nella Mifid, Regulation &

post-trading”, Borsa Italiana S.p.A 2007.

3 Tra gli altri, si veda F. Dierick, “The Supervision of mixed Financial Services Groups in Europe,

European Central Bank”, Occasional Paper Series, n. 20, august 2000.

4 Sui caratteri introduttivi dello sviluppo del fenomeno conglomerale, cfr Quirici M.C “Lo sviluppo dei

conglomerati finanziari e le relative esigenze in termini di vigilanza supplementare”, “Attualità e prospettive negli studi di economia dei mercati e degli intermediari finanziari”, Parma 4 novembre 2005.

5 Sulle determinanti esogene che hanno determinato il nascere del fenomeno conglomerale, si veda G. Forestieri, “La ristrutturazione del sistema finanziario italiano: dimensioni aziendali, diversificazione

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tecnologica applicata ai sistemi distributivi ed operativi, con il conseguente vantaggio di ridurre i costi di transazione e le asimmetrie informative dei servizi finanziari.

Oltre alle determinanti esogene viste prima, il processo di conglomerazione è dovuto anche a determinanti di carattere strategico6, quali:

a) La possibilità di accesso a nuovi mercati e la conseguente possibilità di aumentare le quote detenute;

b) La diversificazione della gamma dei prodotti/servizi offerti sul mercato, coprendo anche una maggiore parte di clientela servita, vista la possibilità di negoziazione su più mercati a livello globale;

c) Il miglioramento della qualità dell'attivo; d) L'applicazione di core competences.

Inoltre, esistono anche determinanti di carattere puramente economico alla base di questa importante concentrazione nel settore finanziario, ossia:

a) La riduzione, oltre che dei costi di transazione, dei costi unitari relativi alla gestione del rapporto con la clientela, con grosse opportunità di realizzazione di economie di scala;

b) Le maggiori possibilità di acquisizione ed elaborazione delle informazioni ed i connessi benefici in termini di riduzione del rischio di credito, attinente alla solvibilità ed affidabilità dei propri clienti;

c) L'incremento dei volumi di clientela servita attraverso l'attuazione di politiche di cross selling. Infatti, grazie all'offerta di prodotti sempre più completi e realizzati su misura rispetto alle esigenze sempre più complesse della clientela, si potrà fidelizzare una massa sempre più cospicua di clienti.

Per le determinanti suddette, gli intermediari finanziari hanno dunque avviato un continuo processo di riposizionamento che si è espresso attraverso strategie di

6 Sulle motivazioni strategiche alla base delle operazioni di concentrazione, si vedano: D.T. Llewellyn,

“Le concentrazioni dell’industria bancaria europea: tra ragioni economiche e luoghi comuni”, in

Bancaria, 3, 1999, pp. 2 ss. e R. Ruozi, “Le concentrazioni bancarie. Esperienze internazionali ed il caso

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diversificazione, riconducibili a tre modalità principali:

La Bancassurance o Bancassicurazione, oggetto del mio lavoro, che si realizza quando un intermediario bancario decide di ampliare la gamma di prodotti/servizi offerti, affiancando ai prodotti/servizi tradizionali di un'attività creditizia i prodotti/servizi che solitamente vengono offerti dalle compagnie d'assicurazione;

L'Assurfinance, che potrebbe essere visto come “l'altra faccia della stessa medaglia” rispetto alla Bancassurance, in quanto in tal caso l'attività prevalente sarà quella assicurativa e la compagnia, allo scopo di offrire prodotti/servizi sempre più completi, utilizzerà i propri canali di vendita per offrire prodotti/servizi finanziari generalmente offerti dalle banche;

L'Allfinance, quando invece la strategia è volta alla creazione di un'offerta integrata di servizi prodotti da diverse imprese finanziarie.

Mentre le prime due strategie rispecchiano una politica di cross selling, cioè una strategia volta ad incrementare il valore del prodotto/servizio offerto rendendolo più completo e collegandolo a sua volta ad altri prodotti/servizi offerti dalla stessa banca/compagnia d'assicurazione, l'ultima strategia è invece mirata alla possibilità di instaurare relazioni di lungo periodo con la clientela attraverso una maggiore soddisfazione della stessa, fidelizzandola gradualmente.

L'elemento accomunante le tre strategie è l'elevato grado di correlazione non solo dei prodotti/servizi offerti alla clientela, ma anche tra le diverse aree di attività7. Oltre alle determinanti che hanno comportato la nascita dei conglomerati e alle

7 La penetrazione massiccia delle banche all’interno del mercato assicurativo, tendenza maggiormente diffusa rispetto alla penetrazione delle compagnie assicurative all’interno del settore bancario (fenomeno conosciuto come assurfinance) ha conosciuto una forte accellerazione sia grazie al fenomeno della disintermediazione bancaria e dalla riduzione del margine di interesse, che hanno portato ad una grande competizione tra le banche con il conseguente aumento dei costi di amministrazione e marketing, nonché dalla contemporanea notevole riduzione del margine di profitto dei prodotti bancari tradizionali. Inoltre, sono cambiate radicalmente negli anni le preferenze dei risparmiatori in termini di investimento, per cui in relazione agli investimenti di medio/lungo periodo si è assistito ad una migra- zione dai depositi bancari verso prodotti assicurativi e fondi di investimento, dal rendimento di solito più elevato rispetto a quello dei tradizionali depositi. Inoltre, le polizze assicurative del comparto vita godono di un regime fiscale favorevole, al fine di incoraggiare la previdenza complementare su base dell’iniziativa individuale.

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strategie che hanno stimolato la loro evoluzione, un altro elemento che ha spinto al processo della diversificazione seguito dai conglomerati finanziari è il modello organizzativo prescelto, considerato un fattore importante per la buona riuscita di una strategia8.

Si è detto in precedenza che la caratteristica più significativa, dal punto di vista organizzativo, per analizzare al meglio un conglomerato finanziario è l'integrazione tra le imprese e le attività da esse svolte.

Il livello di questa integrazione è determinante per valutare la capacità di sfruttare le sinergie derivanti dalle strategie del conglomerato ed ha degli effetti determinanti anche per la corporate governance dello stesso, intesa come l'insieme delle regole, delle procedure, delle funzioni e dei controlli che consentono nella gestione aziendale di conciliare gli interessi di tutti gli stakeholders9.

Un conglomerato si forma attraverso processi di acquisizioni, nella convinzione che un conglomerato si distingue da un gruppo poiché il fattore principale della sua formazione non è tanto la crescita dimensionale derivante dall'acquisizione di una o più imprese, quanto l'eterogeneità che contraddistingue sia le imprese che ne fanno parte che i business da esse svolti.

Così come i conglomerati industriali si originano da un’espansione verso linee di business eterogenee, anche i conglomerati finanziari si distinguono dai gruppi finanziari per l’eterogeneità delle società che li compongono sotto il profilo dei business caratteristici.

8 Il modello organizzativo prescelto non può esser considerato una variabile indipendente, essendo inevitabilmente influenzato da tutta una serie di relazioni tra variabili strategiche, ambientali ed organizzative. Come detto, non esiste un modello organizzativo valido in assoluto, ma va prescelto un modello che possa al meglio sfruttare le sinergie operanti tra i diversi settori appartenenti al

conglomerato, caso per caso. L’ambiente esterno, che appunto incide in maniera preponderante sulla scelta del modello organizzativo, produce minacce ed opportunità che determinano la definizione della strategia e dell’organizzazione. È dunque opportuno ribadire che non ha senso cercare di proporre o di individuare strutture organizzative ottimali, ma scegliere quel modello organizzativo che meglio riflette e si adatta nel continuo le caratteristiche dell'ambiente di mercato circostante. Al riguardo si vedano: R. Ruozi, “Problemi e prospettive della bancassicurazione in Italia”, in Il Risparmio, 3, 1996; R. Guida,”

La bancassicurazione. Modelli e tendenze del rapporto di partnership”, Cacucci, Bari 2004.

9 Evitando così l’insorgere di conflitti d’interesse tra conglomerato e stakeholders. Nello specifico, conflitti interni (tra imprese del gruppo, business units, personale, ecc.), conflitti con gli azionisti di minoranza delle imprese controllate, conflitti con il mercato (scarsa trasparenza, abuso di potere ecc.), nonché conflitti con le autorità di vigilanza (con riferimento ai controlli prudenziali adeguatezza patrimoniale ecc.). Si veda in merito F. Riolo - D. Masciandaro,” Il governo delle banche in Italia”, Edibank, Roma 1999, pp. 262 sgg.

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Sono tre le componenti che normalmente vengono citate con riferimento ai conglomerati finanziari: quella assicurativa, quella bancaria e quella dei servizi di investimento.

Un tratto distintivo dei conglomerati si rinviene dunque nella circostanza che esso comprende società operanti in almeno due dei tre settori indicati.

Ovviamente, non esiste un modello di conglomerato perfetto in assoluto, ma ne esistono di diverse tipologie.

Un primo modello di conglomerato è quello che nasce dall’ aggregazione di una banca e di una compagnia di dimensioni equivalenti, ovvero un conglomerato che, indipendentemente da quale sia stata l’istituzione leader nel suo processo di formazione, ha perso la caratterizzazione originaria.

Si tratta di conglomerati che hanno raggiunto un elevato livello di despecializzazione, in quanto non presentano più un business quantitativamente e qualitativamente dominante, e che possiamo definire conglomerati finanziari “puri”10.

In genere tali conglomerati presentano grandi dimensioni, hanno spesso una configurazione sopranazionale e detengono rilevanti quote nei singoli mercati di riferimento.

Tra questi possiamo citare Fortis, ING, Credit Suisse-Winterthur.

Da questi ultimi si devono distinguere i conglomerati che mantengono una prevalenza del business in cui opera la società che ha dato loro origine, definiti conglomerati finanziari “specializzati”.

Tra di essi è possibile individuare in primo luogo conglomerati assicurativi e conglomerati bancari11.

10 Per quanto concerne i conglomerati puri, si faccia riferimento a R.Locatelli, C.Morpurgo, A. Zanette,

“Verso un sistema bancario e finanziario europeo? L'integrazione tra banche e compagnie

d'assicurazione e il modello dei conglomerati finanziari in Europa”, Quaderni di Ricerche N.33, Ente per

gli studi monetari, bancari e finanziari “Luigi Einaudi”.

11 Si evidenzia solo una relazione partecipativa tra società finanziarie eterogenee e soggette a specifica regolamentazione, che non configura una struttura organizzativa stabile ed autonoma. Riguardo i

conglomerati specializzati, si faccia riferimento sempre a R.Locatelli, C.Morpurgo, A. Zanette, “Verso un

sistema bancario e finanziario europeo? L'integrazione tra banche e compagnie d'assicurazione e il modello dei conglomerati finanziari in Europa”, Quaderni di Ricerche N.33, Ente per gli studi monetari,

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Inoltre si possono individuare una varietà di situazioni che dipendono almeno da tre elementi: la misura della partecipazione dell’istituzione finanziaria “dominante” nell’ istituzione partecipata, la dimensione relativa delle società che compongono il conglomerato e, infine, il grado d’influenza che l’istituzione “dominante” esercita sulla società eterogenea partecipata.

Sotto questo profilo, si distinguono i conglomerati con banca/compagnia di assicurazione captive.

Di solito l’istituzione captive è totalmente partecipata dalla società dominante, è spesso di nuova costituzione, presenta una dimensione a volte marginale rispetto alla capogruppo e assume il ruolo di società prodotto, con autonomia operativa e organizzativa pressoché nulla e dipendente dalle scelte della capogruppo.

In questo caso la società captive opera spesso in un insieme limitato di segmenti, offre una gamma di prodotti complementare alle specificità produttive della capogruppo e non ha una posizione di mercato particolarmente rilevante.

È ad esempio il caso di Credit Agricole-Predìca e di Aegon, conglomerati con banca/compagnia di assicurazione partecipata per una quota inferiore al 100%. In questo caso l’istituzione partecipata è quasi sempre una società che già opera nel mercato, con un grado di autonomia anche piuttosto elevato e con una posizione non trascurabile nel proprio mercato di riferimento.

La partecipazione ha una funzione di conferma della relazione di collaborazione a livello commerciale, ma la società partecipata mantiene una politica commerciale autonoma.

A seconda dell’entità della partecipazione e del carattere più o meno vincolante per le parti, il conglomerato assume una connotazione di maggiore o minore stabilità.12

Soprattutto con riferimento ai conglomerati finanziari “specializzati” assume rilevanza la necessità di individuare una soglia dimensionale (in termini di volumi

12 A riguardo, cfr R.Locatelli, C.Morpurgo, A. Zanette, “Verso un sistema bancario e finanziario

europeo? L'integrazione tra banche e compagnie d'assicurazione e il modello dei conglomerati finanziari in Europa”, Quaderni di Ricerche N.33, Ente per gli studi monetari, bancari e finanziari “Luigi Einaudi”,

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operativi delle società e di dimensione della partecipazione) oltre la quale si possa rilevare l’esistenza di una struttura conglomerale vera e propria13.

Un altro fattore da tenere in considerazione quando si analizzano le due tipologie di conglomerato viste in precedenza è il grado più o meno elevato di integrazione tra le imprese facenti parte.

Infatti, nei conglomerati aventi un elevato grado di integrazione esiste un controllo strategico all'interno della direzione della capogruppo, comportando così la nascita di una struttura organizzativa preposta alla gestione delle attività del gruppo. Le responsabilità gestionali vengono attribuite a business units accentrati, mentre le singole imprese hanno responsabilità di carattere esclusivamente giuridico. Al contrario, nel caso in cui si riscontrasse un grado di integrazione abbastanza basso, è presente un decentramento decisionale, per cui la capogruppo svolge solo un controllo di carattere finanziario e le responsabilità gestionali restano in capo alle singole imprese facenti parte del conglomerato stesso14.

Bisogna evidenziare che lo sviluppo dei conglomerati finanziari è avvenuto contemporaneamente ad un ristrutturazione organizzativa da parte degli intermediari finanziari in conseguenza dei radicali cambiamenti del contesto di mercato e tale ristrutturazione è riconducibile a due distinti modelli, ossia quello di banca universale (modello divisionale) e quello di gruppo polifunzionale (modello funzionale)15.

Nella banca universale i diversi tipi di attività vengono svolte direttamente dalla banca capogruppo che rimane un soggetto giuridico unico, nonostante la presenza di molteplici unità organizzative, le divisioni appunto, che esercitano le attività che sono molto diverse dal core business bancario.

13 Questo aspetto è stato considerato dalla proposta di direttiva comunitaria sui conglomerati finanziari che stabilisce una soglia per l’individuazione di un conglomerato.

14 Si vedano al riguardo i risultati dell’analisi condotta in termini di assetti organizzativi di alcuni tra i principali conglomerati puri. R.Locatelli, C.Morpurgo, A. Zanette, “Verso un sistema bancario e

finanziario europeo? L'integrazione tra banche e compagnie d'assicurazione e il modello dei

conglomerati finanziari in Europa”, Quaderni di Ricerche N.33, Ente per gli studi monetari, bancari e

finanziari “Luigi Einaudi”, pagg. 28 e ss.

15 Relativamente ai gruppi polifunzionali e al modello di banca universale di stampo tedesco, si faccia riferimento a I. Basile,” Nuove frontiere delle concentrazioni e ristrutturazioni: concorrenza, crescita

dimensionale e impatto strategico, gestionale e organizzativo nelle banche e assicurazioni”, Bancaria

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Al contrario, il gruppo polifunzionale presenta una struttura distinta per prodotto/servizio offerto o per area d'attività ed è composta da più imprese specializzate e coordinate da un'unica holding, la quale può essere indifferentemente una banca, una compagnia d'assicurazione o una finanziaria, con il compito primario di controllare che le imprese facenti parte del gruppo polifunzionale lavorino insieme verso un obiettivo comune, rimanendo comunque entità giuridiche autonome16.

Negli Stati Uniti è diffuso anche un terzo modello, conosciuto come gruppo misto (o modello multidivisionale), nel quale sono presenti più entità che svolgono una molteplicità di attività e che risultano collegate sotto forma di gruppo, permettendo così di coniugare la strategia di diversificazione con un elevato grado di specializzazione17.

1.1.1 La nascita dei conglomerati finanziari in Europa

Il fenomeno della conglomerazione finanziaria, ponendo particolare attenzione al processo di convergenza tra settore bancario e assicurativo, si è diffuso nei principali paesi europei negli anni '80, avendo come fattore di stimolo i radicali cambiamenti sui mercati e nella normativa dei diversi Stati.

Siccome tali novità si sono registrate con tempistiche differenti da Paese a Paese, è ovvio che lo sviluppo dei conglomerati finanziari si è verificato con modalità e con tempi diversi nei vari contesti nazionali.

In particolare, il fenomeno della Bancassurance si è diffuso verso la metà degli anni '80 maggiormente in Francia e in Spagna, ove il mercato del credito ha ormai

16 Infatti, quando il gruppo polifunzionale fu per la prima volta regolamentato in Italia era ancora vigente il principio di specializzazione posto dalla legge bancaria del 1936, per cui fu visto come il nostro modo di attuare la diversificazione produttiva in un ambito, quale quello bancario, specializzato. D’altro canto, una parte rilevante della letteratura sui conglomerati finanziari si è sviluppata proprio in Paesi dove era presente un modello di banca specializzata. Il conglomerato, infatti, era visto come una struttura societaria in grado di realizzare un’integrazione tra attività bancaria e attività in titoli, ovvero di replicare un

modello di banca universale. Cfr. E.P.M. Gardener, “Le conseguenze strutturali e strategiche dei

conglomerati finanziari”, in Banca Impresa e Società, 1, 1998; R. Guida, “La bancassicurazione. Modelli e tendenze del rapporto di partnership”, cit.; R.J. Herring - A.M. Santomero, “The Corporate Structure of Financial Conglomerates”, in Journal of Financial Services Research, 1990, pp. 471 sgg

17 Relativamente alle carattestiche del gruppo misto, cfr “Financial conglomerates are generally

organized according to one of three distinct structural forms: universal bank, parent-subsiadiary model”,

holding company model. Per ulteriori particolari si veda H. Jackson - H. Scott, “Envolving Trends in the

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un ruolo molto rilevante nel mercato assicurativo nazionale.

La Francia in particolar modo è stato uno dei primi paesi in cui la Bancassurance ha avuto i più significativi sviluppi, soprattutto per quanto riguarda le polizze vita, che beneficiano anche di incentivi fiscali da parte dello Stato18.

Contrariamente a quanto accaduto per la Bancassurance, il fenomeno dell’Assurfinance non ha avuto un grande successo sul mercato francese.

Ciò è dovuto alle forti restrizioni presenti per gli assetti proprietari delle banche e sia per le scarse opportunità di profitto presenti nello stesso settore bancario. Il fenomeno della Bancassurance, oltre che in Francia, è particolarmente forte anche in Spagna, in Portogallo e in Danimarca.

Negli altri paesi europei, il fenomeno è giunto piuttosto tardivamente, ossia verso la fine degli anni '80-inizio anni '9019.

In Gran Bretagna, vi è stato un minore interesse dei conglomerati verso i prodotti assicurativi.

Ciò può esser dovuto al fatto che, mentre in questo Paese il processo di convergenza tra attività bancaria e attività assicurativa è un fenomeno piuttosto recente, l'ulteriore processo di integrazione tra attività creditizia e attività mobiliare ha raggiunto uno sviluppo molto più marcato, con la conglomerazione tra Merchant & Investment Banks.20

18 Infatti, nei conglomerati caratterizzati dalla presenza di una compagnia di assicurazione e di una impresa bancaria è particolarmente importante il ramo assicurativo vita; il mercato francese delle polizze vita è il più grande in Europa, terzo nel mondo dopo quello giapponese ed americano, mentre il ramo assicurativo danni è coinvolto soltanto in alcuni paesi come Danimarca, Francia, Olanda e Regno Unito. Ponendo attenzione alla realtà francese, i prodotti che hanno registrato maggiore diffusione sono stati una serie di prodotti assicurativi caratterizzati da flessibilità contrattuale e da un’accentuazione della

componente finanziaria su quella di puro rischio (per esempio Bons de Capitalization). È stato proprio il successo di questi prodotti assicurativi ad elevata componente finanziaria che ha spinto le banche ad entrare sempre di più nel mercato assicurativo, costituendo delle vere e proprie compagnie assicurative controllate. Ne sono un valido esempio Societé Général, che controlla il Sogecap, al Crédit Lyonnaise con la Federales Vie, alla BNP con la Natio-Vite, a Crèdit Agricole con Predica.

Più recentemente, poi, le banche hanno iniziato a commercializzare in maniera diffusa anche prodotti assicurativi sulla proprietà e sugli incidenti.

19 Situazione a parte sono gli Stati Uniti d’America, dove l’assetto legislativo ha imposto fino al 1999 la separazione rigorosa tra le banche, da un lato, e le compagnie di assicura- zioni e le società di

investimento, dall’altro. La separazione è stata superata con il Financial Services Modernization Act, che prevede la possibilità per le banche commerciali di produrre o vendere prodotti assicurativi.

20 Un primo punto di contatto tra le banche inglesi e il settore assicurativo nazionale si ebbe tardivamente rispetto ad una realtà già leader nel settore come quella francese, in quanto si verificò nel 1985, quando la Standard Life, una compagnia di assicurazioni, entrò nell’azionariato della Banca di Scozia, una banca di piccole dimensioni.

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Sempre in Gran Bretagna, solo nel 1986, dunque piuttosto in ritardo rispetto ai Paesi iberici e alla Francia, la legislazione britannica di settore ha concesso alle banche di poter vendere presso i propri sportelli i prodotti/servizi assicurativi21. In Germania, la conglomerazione finanziaria ha preso il nome di Allfinanz e si è diffusa alla fine degli anni '80.

Ad esempio, la Deutsche Bank ha fondato una propria compagnia assicurativa (Deutsche Bank Life), acquistando anche una quota di controllo nella società assicurativa ramo danni Gerling Versicherung ed una quota di minoranza nella Nurberger Versicherung AG.

Una strategia diversa è stata invece adottata sia dalla Dresdner Bank sia dalla Commerzbank, che hanno scelto la via di accordi di cooperazione con gruppi assicurativi preesistenti.

La Dresdner Bank si è accordata con Allianz, la più grande compagnia assicurativa tedesca, per la vendita incrociata dei prodotti finanziari e questo accordo è stato rinforzato tramite la detenzione reciproca di quote partecipative.

La Commerzbank, invece, ha creato una joint venture con la compagnia assicurativa DBV Holding AG al fine di vendere prodotti assicurativi nel ramo vita ed in quello danni.

Le grandi banche commerciali hanno implementato strategie di diversificazione di natura creditizio-assicurativa, mentre il settore assicurativo tedesco, già abbastanza esteso e fortemente sviluppato, non ha provato granché interesse ad entrare nel settore bancario.

Inoltre, bisogna mettere in luce anche che in quegli anni nascono i primi conglomerati europei, ossia conglomerati le cui imprese provengono da Paesi diversi all'interno dell'UE.

Massiccia presenza di conglomerati finanziari sovranazionali esiste in Belgio.22

21 Si veda a riguardo R.Locatelli, C.Morpurgo, A. Zanette, “Verso un sistema bancario e finanziario

europeo? L'integrazione tra banche e compagnie d'assicurazione e il modello dei conglomerati finanziari in Europa”, Quaderni di Ricerche N.33, Ente per gli studi monetari, bancari e finanziari “Luigi Einaudi”.

22 La principale banca del Belgio, la Banque Bruxelles Lambert, è stata acquisita dal conglomerato bancoassicurativo olandese ING nel 1998, mentre il gruppo assicurativo franco-belga Axa-Royale controlla altre banche. Un altro gruppo importante è Fortis, nato nel 1990 per la joint venture della

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Infatti, il mercato assicurativo belga presenta molti gruppi esteri come Allianz, Winterthur, Axa e ING.

1.1.2 La nascita dei conglomerati finanziari in Italia

In Italia, il fenomeno dei conglomerati finanziari si è diffuso nei primi anni '90. La motivazione di questo forte ritardo è la complessa e rigida normativa di settore, che teneva fortemente separati i vari settori dell'intermediazione finanziaria, e non consentiva dunque processi di integrazione e di convergenza.

Una forte spinta al cambiamento si è avuta grazie al recepimento di numerose Direttive europee, i cui obiettivi primari sono quelli di creare un elevato livello di integrazione finanziaria e un mercato finanziario unico tra gli Stati membri, fondato sul principio del mutuo riconoscimento e dell'Home Country Control. Il primo grande passo si è avuto con il recepimento della seconda Direttiva sul coordinamento bancario 92/481/CEE e l'introduzione del Testo Unico Bancario (TUB), D.lgs 385/93, che hanno portato delle grandi novità sul settore, in quanto hanno di fatto abolito il principio della specializzazione del credito, consentendo alle banche di svolgere delle attività dapprima a loro precluse (dunque non solo la tipica attività creditizia, quanto anche la possibilità di distribuire prodotti assicurativi, previo accordo contrattuale con una specifica compagnia d'assicurazione)23.

Dunque, si è data la possibilità alle banche di svolgere attività diverse dalla tradizionale attività creditizia senza dover per forza creare un gruppo polifunzionale.

Inizialmente in Italia il processo della deregolamentazione, che abbiamo visto

compagnia AG con l’olandese Amev, gruppo che ha esteso la sua attività anche nel mercato bancario con l’acquisizione di due banche belghe. Altro esempio di conglomerato a connotazione europea è quello di Dexia, composto da una banca belga e da una francese, cui successivamente si è aggiunta la

partecipazione in una società assicurativa belga.

23 Per quanto riguarda la distribuzione di prodotti bancari da parte di soggetti non bancari, le istruzioni di vigilanza emesse dalla Banca d’Italia prevedono dal 1999 la possibilità di collocare fuori sede prodotti e servizi anche mediante imprese ed enti di assicurazione e rispettivi agenti, sulla base di apposite convenzioni tra la banca e la compagnia di assicurazione. Queste istruzioni, tuttavia, limitano di fatto l’operatività dei suddetti agenti a prodotti standardizzati, ovvero costituiti da moduli contrattuali predefiniti con clausole non modificabili, tali da non attribuire alla società assicurativa un potere dispositivo o conclusivo nei confronti della banca.

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prima essere un fattore determinante per lo sviluppo del processo di conglomerazione finanziaria, era stato ostacolato dalla normativa italiana, in quanto dava l'opportunità alle banche italiane di operare nel mercato assicurativo, permettendo al contempo di unire arbitrariamente i rischi bancari con i rischi tipicamente assicurativi, generando eventuali rischi di contagio in situazioni di difficoltà e di crisi.

Infatti era stato inibito alle banche di utilizzare gli attivi a lungo termine, nelle quali sono investiti i passivi dell'attività assicurativa, ossia le riserve tecniche, proprio per evitare crisi che si propagandassero da un settore all'altro oltre che impedire che si finanziassero esigenze di breve termine, tipiche dell'attività creditizia.

Era stato impedito alle banche di avere partecipazioni in compagnie d'assicurazione, oltre che la produzione e distribuzione di prodotti/servizi prettamente assicurativi di emanazione bancaria.

Successivamente però, a seguito dello sviluppo di un mercato altamente competitivo e di matrice sempre più globale e integrato, il processo di deregolamentazione fu permesso, consentendo un riequilibrio di posizioni tra banca e assicurazione.

Inoltre, con il recepimento della Direttiva Eurosim (93/22/CEE) con il cosiddetto Decreto Eurosim (D.lgs 415/96) è caduta l'esclusiva delle SIM relativamente alla prestazione di servizi d'investimento, consentendo un ulteriore processo di integrazione, non più solo tra attività bancaria e attività assicurativa, ma anche tra attività bancaria ed attività prettamente mobiliare sui servizi d'investimento, definitivamente sancito anche nel Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria (TUF) (D.lgs 58/98).

In conclusione, solo grazie all'intervento dei suddetti recepimenti delle Direttive comunitarie, anche in Italia si sono diffusi i primi fenomeni di Bancassicurazione diversificando la propria offerta produttiva con prodotti assicurativi e prodotti di natura prettamente finanziaria.

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1.1.3 I principali rischi dei conglomerati finanziari

Vista l'elevata eterogeneità di business presenti nei conglomerati finanziari e dopo aver parlato dei vantaggi che un processo di integrazione può apportare alle imprese che ne fanno parte, è doveroso mettere in evidenza i conseguenti rischi e debolezze che un conglomerato può correre24.

Un primo aspetto da mettere in luce è legato ai potenziali conflitti d'interesse25 che

si possono creare all'interno della stessa struttura di attività molto differenti tra loro, come l'ipotetica presenza all'interno di un conglomerato di una banca commerciale, di un'impresa d'investimento e di una compagnia d'assicurazione. Proprio per questa massiccia eterogeneità, il formarsi di conflitti d'interesse sono una realtà molto presente all'interno di un conglomerato, e per questo molto pericolosi.

Più specificatamente, è possibile evidenziare tre differenti tipologie di conflitti d'interesse:

1) All'interno di un conglomerato finanziario, una o più società svolgono sia attività creditizia che offerta di servizi legati alla finanza d'impresa. Il conflitto d'interesse che si può creare è dovuto al fatto che, se l'impresa che usufruisce di questa attività finanziaria è quotata in borsa, potrebbe esserci da parte dell'intermediario un particolare interesse a salvaguardare la propria posizione creditizia, danneggiando gli investitori operanti sul mercato che acquistano i titoli di quella società quotata;

2) Un altro conflitto d'interesse potenziale può essere causato dalla compresenza all'interno dello stesso conglomerato di attività di investment banking e di risparmio gestito. In tal caso le banche potrebbero utilizzare i fondi dei propri clienti in titoli di società per le quali svolgono attività di

24 Al riguardo, tra gli altri si veda V. Desario, “Il risparmio finanziario in Italia: strumenti, intermediari,

mercati, in Banca d’Italia”, Bollettino Economico, 2001.

25 Relativamente ai possibili conflitti d’interesse all’interno dei conglomerati finanziari, cfr Pichler Flavio “I conglomerati finanziari: profili gestionali e di regolamentazione”, Università degli studi di Verona- Dipartimento di Economia Aziendale, Giuffré editore 2008; Caparvi Roberto “L’impresa

bancaria-economia e tecniche di gestione”, Franco Angeli editore 2006; Galgano F. – Roversi Monaco F., “Le nuove regole del mercato finanziario”, CEDAM editore 2009.

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collocamento o di advisory, nell'ambito della gestione individuale di portafoglio oppure di negoziazione svolta dall'intermediario per conto terzi, molte volte curando i propri interessi, ma non quelli dei loro clienti. Tali conflitti si sono verificati in molteplici episodi, come durante la bolla speculativa dei titoli tecnologici nel 2000, oppure durante gli scandali Cirio e Parmalat in Italia26 ed Enron e Worldcom negli Stati Uniti27, quando gli intermediari continuavano a consigliare ai propri clienti di investire nei titoli di queste società, pur sapendone le loro difficoltà e crisi di bilancio; 3) Un ultimo conflitto d'interesse può crearsi qualora all'interno del

conglomerato vi sia la compresenza nello stesso tempo di una società che effettua studi, ricerche e analisi sui titoli quotati e la società emittente questi titoli e oggetto d'analisi. Ovviamente l'attività di studio e di ricerca dovrebbe essere totalmente imparziale, per correttezza ed indipendenza di giudizio, ma a causa di questa compresenza, tale estraneità d'analisi può non esserci.

Inoltre, è importante elencare anche altri rischi che sono peculiari dei conglomerati stessi, ossia:

a) Il problema del double gearing28. Infatti esiste il rischio che il patrimonio complessivo del conglomerato venga “diluito” a causa del meccanismo del double gearing, ossia utilizzare lo stesso ammontare di capitale per fronteggiare simultaneamente i rischi di due o più società che operano all'interno dello stesso conglomerato ma che svolgono attività completamente diverse tra loro. Tale procedura è parecchio usuale soprattutto se nel conglomerato ci sono intermediari finanziari, ove il capitale rappresenta la principale garanzia a fronte di rischio di perdite,

26 A riguardo, si veda “Cirio Parmalat & C.: la fabbrica dei crack”, Il Sole24ore Finanza & Mercati 2005.

27 Relativamente allo scandalo della compagnia telefonica Wordcom, si veda “ Wordcom, uno scandalo da

3,8 miliardi di dollari”, Corriere della Sera 26 giugno 2002.

28 Cfr Michael Moore, “Conglomerates supervision - group support,Double Leverage and Double

Gearing”, Monetary and Capital Markets Department of Internation Monetary Fund; Mitsuhiro Fukao “Financial Sector Profitability and Double Gearing”, the National Bureau of Economic Research,

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contribuendo alla sua stabilità e alla sua solvibilità, oltre ad essere imposto dalla stessa Autorità di vigilanza competente del settore d'appartenenza come entità minima necessaria, non solo per la stabilità dello stesso intermediario come detto in precedenza, ma anche indirettamente per la tutela degli investitori operanti sul mercato. Attraverso il double gearing, inteso come il doppio computo di fondi propri, lo stesso ammontare di capitale viene utilizzato più volte per coprire rischi di differente natura, in maniera tale da aumentare la consistenza dell'attività complessiva, senza però un effettivo e reale incremento della copertura patrimoniale. Si viene a creare dunque una situazione in cui i conglomerati possono dare nel complesso l'impressione di una forte solidità finanziaria, che non è corrispondente al vero. Un altro caso di doppio computo si può verificare quando una holding finanziaria prende in prestito fondi e li reinveste interamente nella partecipazione di un'altra impresa. Questo meccanismo è noto come Capital Leveraging. Il fenomeno del double gearing potrebbe verificarsi anche quando le imprese soggette a precisi obblighi di vigilanza potrebbero espandere la propria attività attraverso imprese controllate, che effettuano operazioni simili ma che al contrario non sono sottoposte a stringenti obblighi normativi (tipico caso di banche che controllano società di leasing o factoring);

b) La possibilità del verificarsi dei cosiddetti arbitraggi regolamentari, ossia attività all'interno del conglomerato che vengono trasferite a società ove i requisiti patrimoniali ed i controlli delle Autorità di vigilanza sono meno stringenti, o inesistenti, creando situazioni di poca trasparenza, a probabile danno degli investitori;

c) La possibilità di rischi di contagio. Infatti i conglomerati, vista l'elevata integrazione tra le imprese facenti parte, sono portatori di un rischio di contagio superiore rispetto ai rischi che le imprese appartenenti corrono nello svolgimento delle proprie attività. Tale rischio si verifica qualora la crisi di una società vada a ripercuotersi sulla stabilità di tutto il conglomerato, con evidenti danni non solo dal punto di vista finanziario e patrimoniale, ma anche dal punto di vista

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dell'immagine e della reputazione di tutto il conglomerato (rischio reputazionale); d) Visto che nel conglomerato ci sono soggetti di elevate dimensioni che svolgono attività diversificate tra loro, è possibile che le singole società possano avere difficoltà nella gestione e nel controllo dei rischi. Il problema della gestione e del controllo dei rischi, oltre che della vigilanza sui conglomerati, va ad acuirsi qualora ci si trova di fronte a conglomerati operanti su scala internazionale, ove ognuno ha la propria realtà nazionale29.

1.1.4 I limiti della vigilanza per i conglomerati e la soluzione apportata dalla Direttiva 2002/87/CE: la vigilanza supplementare

Una problematica fondamentale quando si esamina il fenomeno dei conglomerati finanziari è relativa alla sua supervisione.

Infatti, anche nel caso in cui ogni singola entità facente parte del gruppo sia sottoposta a vigilanza, la realtà del conglomerato finanziario è tale che bisogna imporre una valutazione a sé stante, con caratteristiche sue proprie rispetto alle imprese singole che lo compongono.

In altre parole, nonostante le Autorità di vigilanza sottopongono le singole imprese del conglomerato alla vigilanza settoriale, per il settore di propria competenza, le stesse Autorità non riescono ad avere una visione d'insieme sul conglomerato visto nel suo complesso, quindi era necessario introdurre una tipologia di vigilanza aggiuntiva che vada ad integrare le altre tipologie di supervisione già previste dalla normativa.

In particolare, la problematica sulla quale si pone maggiore attenzione ai fini del presente lavoro, è la crescente integrazione tra attività assicurativa e attività bancaria, con la conseguente integrazione di modelli di gestione, modelli di business, prodotti/servizi offerti diversi tra loro.

Il problema della vigilanza è dunque ben evidente, visto che negli anni vi è sempre stata una netta linea di demarcazione tra la vigilanza delle banche, competenza di

29 Sui problemi definitori in materia di conglomerati finanziari si veda L. Van den Berghe - K. Verweire - S.W.M. Cachon, “Convergence in the Financial Services Industry”, OCSE, Paris 1999, e L. Van den Berghe, “Financial Conglomerates: new Rules for new Players, Kluwer Academic Publisher”, Dordrecht 1995.

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Banca d'Italia, e la vigilanza delle compagnie d'assicurazione, competenza dell'Ivass.

In un sistema di vigilanza mista come quello italiano, in cui si evidenzia la compresenza tra la vigilanza per finalità e vigilanza per soggetti o istituzionale, si è cercato di attenuare questa linea di demarcazione introducendo la vigilanza sui gruppi, dividendoli in base alle tipologie, rimanendo ancora in un'ottica prettamente settoriale30.

Tali tipologie sono:

a) I gruppi bancari, definiti dall'art.60 del TUB, ove la capogruppo è rappresentata da una banca oppure da una società finanziaria, e rispetta i requisiti di finanziarietà e di bancarietà. Tale tipologia di gruppo è sottoposta alla vigilanza di Banca d'Italia, nelle sue diverse declinazioni di vigilanza regolamentare, informativa ed ispettiva, ai sensi sempre del TUB31.

b) I gruppi finanziari, definiti dall'art.11 del TUF in “negativo” come “gruppi non bancari”32, la cui capogruppo è rappresentata da una SIM, da una SGR o da altra

società finanziaria ai sensi dell'art.107 del TUF. Questo gruppo è sottoposta alla vigilanza consolidata (art.12 del TUF), su falsariga della vigilanza sui gruppi bancari visti prima.

c) I gruppi assicurativi, intesi come insieme di compagnie d'assicurazione legate tra loro da rapporti di carattere partecipativo e contrattuale. Per tali gruppi è prevista una vigilanza denominata “Vigilanza Solo Plus”, introdotta con D.lgs 239/2001 in recepimento della Direttiva 98/78/CEE.

Tale sistema di vigilanza molto stringente e dai confini netti è andato in crisi qualora col tempo si sono create molteplici linee di contatto e di integrazione tra

30 Sulle varie tipologie di vigilanza, si veda Quirici M.C “Il mercato mobiliare- l’evoluzione strutturale e

normativa”, prefazione di Roberto Caparvi, Franco Angeli editore 2010, cap II, pagg. 78 e ss.

31 “Il gruppo bancario è composto alternativamente: a) dalla banca italiana capogruppo e dalle società

bancarie, finanziarie e strumentali da questa controllate; b) dalla società finanziaria capogruppo e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali da questa controllate, quando nell'ambito del gruppo abbia rilevanza la componente bancaria, secondo quanto stabilito dalla Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR.”

32 Si veda art. 11, comma 1 lettera b) del TUF: “(….) Tali soggetti sono individuati tra quelli che, non

sottoposti a vigilanza consolidata ai sensi del medesimo testo unico:

1) sono controllati, direttamente o indirettamente, da una Sim o da una società di gestione del risparmio; 2) controllano, direttamente o indirettamente, una Sim o una società di gestione del risparmio.”

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27 diversi settori.

Infatti, il fenomeno dei conglomerati finanziari ha messo in luce una serie di problematiche relative alla stabilità del mercato ed all'efficienza della vigilanza sia sul mercato, che sui soggetti intermediari finanziari che vi operano.

Nello specifico, si sono verificati casi di sovrapposizione e di interferenza nei controlli e nello stesso tempo anche casi di totale mancanza di vigilanza.

Per cercare di ovviare a questo problema di vigilanza settoriale, la Direttiva 2002/87/CE ha introdotto la vigilanza supplementare appositamente pensata per la supervisione di questo nuovo fenomeno dei conglomerati finanziari.

La Direttiva 2002/87/CE si pone come misura di attuazione del FSAP (Financial Services Action Plan33) il quale, introdotto nel 1999, ha tracciato le linee guida per

la creazione di un mercato unico europeo degli strumenti finanziari, avente come priorità l'integrazione dei mercati finanziari all'ingrosso, l'apertura dei mercati e dei servizi finanziari al dettaglio ed il rafforzamento e l'armonizzazione delle regole di vigilanza in ambito comunitario.

In merito alla vigilanza supplementare sui conglomerati finanziari, la Direttiva 2002/87/CE vuole introdurre una disciplina prudenziale sui conglomerati finanziari per evitare fattori distorsivi per le Autorità di vigilanza che appunto attuavano la supervisione settoriale delle imprese facenti parte del conglomerato prese singolarmente, ma non riuscivano ad effettuare una supervisione del conglomerato nel suo complesso.

Inoltre, la Direttiva si pone come obiettivo di dare una visione univoca del conglomerato finanziario34, vista la sua crescente diffusione ed infine, vuole favorire la cooperazione ed il coordinamento delle diverse Autorità di vigilanza competenti per settore d'intermediazione finanziaria35.

Per quanto concerne la definizione di conglomerato finanziario, la Direttiva da una

33 A riguardo, cfr Quirici M.C “Il mercato mobiliare- l’evoluzione strutturale e normativa”, prefazione di Roberto Caparvi, Franco Angeli editore 2010, cap VI pagg 313 e ss.

34 Per una rassegna dei problemi di definizione e l’analisi della eterogeneità delle nozioni di conglomerato finanziario utilizzate nella letteratura teorica e a livello operativo, si veda Van den Berghe et al. (1999). 35 Per una disamina della direttiva in oggetto si veda anche F. Antonini, “I conglomerati finanziari: una

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28

definizione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo36.

Dal punto di vista qualitativo, per conglomerato finanziario, si deve intendere un gruppo che, ai sensi dell’art.3, soddisfa le seguenti condizioni37:

a) a capo del gruppo vi deve essere un'impresa regolamentata o almeno una delle imprese figlie del gruppo deve essere un'impresa regolamentata;

b) se a capo del gruppo vi è un'impresa regolamentata, tale impresa deve essere a sua volta l'impresa madre di un'impresa appartenente al settore finanziario, oppure deve essere un'impresa che detiene partecipazioni in un'impresa del settore finanziario o sia un'impresa legata ad un'impresa del settore finanziario;

c) almeno un'impresa del gruppo deve essere una compagnia d'assicurazione e, nello stesso tempo, un'altra impresa deve essere un'impresa operante nel settore bancario oppure nel settore dei servizi d'investimento (settore mobiliare).

Inoltre:

1) Se invece a capo del conglomerato non c'è un'impresa regolamentata, le attività del gruppo si devono svolgere principalmente nel settore finanziario (comprendente il settore bancario, assicurativo e dei servizi d'investimento); 2) Le attività consolidate e/o aggregate delle imprese che operano all'interno del gruppo, che siano relative al comparto assicurativo ed in quello bancario e/o dei servizi finanziari, devono essere entrambe significative.

Relativamente alla definizione quantitativa che viene data dalla Direttiva al conglomerato finanziario, vengono imposte per la prima volta delle soglie identificative che qualificano se un'attività svolta nel settore finanziario sia più o meno principalmente svolta, oltre che dare una puntuale definizione di significatività.

Queste soglie quantitative sono comunque flessibili.

36 Relativamente alla definizione quali-quantitativa data dalla Direttiva 2002/87/CE, si veda Quirici M.C,

“Lo sviluppo dei ocnglomerati finanziari e le relative esigenze in termini di vigilanza supplementare”,

Attualità e prospettive negli studi di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari, Parma 4 novembre 2005.

37 Per quanto concerne le soglie per identificare un conglomerato finanziario, per cui si delinea in modo dettagliato i requisiti patrimoniali e di solvibilità che un conglomerato finanziario deve avere per soddisfare le condizioni definitorie di cui all’art. 2 del- la Dir. 2002/87/CE, si veda la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea dell’11/2/2003.

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Più nello specifico, le attività del gruppo vengono svolte principalmente nel settore finanziario se il rapporto tra il totale delle Stato Patrimoniale delle imprese regolamentate e non regolamentate, operanti nel settore finanziario ed appartenenti al gruppo, ed il totale dello Stato Patrimoniale totale dell'intero conglomerato è superiore ad un valore del 40%38.

Inoltre, le attività svolte nei vari settori finanziari sono significative se per ciascun settore finanziario il valore medio del rapporto tra il totale dello Stato Patrimoniale di quel settore finanziario ed il totale dello Stato Patrimoniale delle imprese del conglomerato che operano nel settore finanziario e del rapporto tra i requisiti di solvibilità delle predette imprese del settore finanziario appartenenti al gruppo è superiore ad un valore del 10%39.

Per ultimo, le attività svolte nei vari settori operanti all'interno del conglomerato si presumono significative anche quando lo Stato Patrimoniale del settore finanziario di minori dimensioni appartenente al gruppo superi i 6 miliardi di euro40.

Tale valutazione viene effettuata da una nuova figura introdotta proprio in occasione della Direttiva, ossia il coordinatore, che esamineremo più avanti. Inoltre, la Direttiva ha imposto che i requisiti di adeguatezza patrimoniale del conglomerato vengano calcolati secondo uno dei 4 metodi di seguito indicati, di cui nessuno viene indicato come metodo migliore in assoluto:

1) Metodo del consolidamento contabile; 2) Metodo della deduzione e aggregazione;

38 Tale quota è stata abbassata rispetto all’iniziale soglia del 50% proposta dalla Commissione, al fine di raggiungere l’obiettivo di coprire con la direttiva quelle imprese regolamentate che esercitano attività di rilievo in seno ad un gruppo misto, cioè costituito da un’impresa madre non regolamentata. Questa soglia può non essere tenuta in considerazione se sono regolamentate sia l’impresa madre, sia le altre imprese del gruppo che esercitano significative attività intersettoriali nel settore finanziario.

39 Se il gruppo non raggiunge tale soglia, le autorità competenti rilevanti possono decidere di comune accordo di non considerare il gruppo un conglomerato finanziario, nel caso in cui si pensi che

l’applicazione delle disposizioni in esame siano non necessarie o, addirittura, inopportune o fuorvianti rispetto agli obiettivi della vigilanza supplementare.

40 Riguardo la definizione di conglomerato finanziario sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, si osservi la stessa Direttiva UE in tema di vigilanza supplementare sui conglomerati finanziari Dir. 2002/87/CE art. 2, “Definizioni”, punto 14.

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