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I canali distributivi nel mercato assicurativo italiano

2.3 I canali distributivi nella Bancassicurazione

2.3.5 I canali distributivi nel mercato assicurativo italiano

Nell’ultimo decennio il sistema di distribuzione dei prodotti assicurativi in Italia è divenuto più articolato, grazie allo sviluppo di nuovi canali e soprattutto di quello bancario, così come avvenuto in altre realtà europee.

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Il contesto di mercato circostante ne ha avuto un impatto molto forte da questo cambiamento, anche perché hanno continuato a progredire, sia pur in misura più contenuta, tutti i canali, compresi gli agenti, che tuttora posseggono la quota maggiore di affari.

Le tendenze future potrebbero prevedere un ulteriore rafforzamento della vendita agli sportelli bancari e postali, anche per effetto della prevista estensione dell’attività di vendita al settore danni.

L’elemento cruciale per i futuri equilibri del mercato è rappresentato dall’avvio su ampia scala delle diverse forme di previdenza integrativa, un mercato di offerta caratterizzato da bassa volatilità, al quale sono fortemente interessate sia le compagnie di assicurazione sia le banche.

Le agenzie rappresentano dunque il canale più importante, anche grazie alla diffusione capillare sul territorio.

La densità è comunque maggiore nelle regioni settentrionali, in particolare nel nord ovest, oltre che nel Lazio, e riflette sostanzialmente la distribuzione dei premi, così come si può osservare nel grafico sottostante.

La struttura di vendita portante di tutte le imprese di assicurazione in Italia è costituita dalle agenzie in appalto, guidate da agenti che devono essere iscritti all’apposito albo istituito dalla legge 7 febbraio 1979, n. 48 e aggiornato annualmente a cura dell’Organo di controllo (Ivass).

Per ottenere l’iscrizione l’aspirante agente deve essere in possesso di determinati requisiti, tra cui non aver riportato condanne per alcuni reati, deve superare un esame di idoneità finalizzato a verificare un’adeguata conoscenza giuridica e

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In taluni casi non è richiesto il superamento della prova di idoneità, in particolare per dipendenti a livello dirigenziale di imprese di assicurazione o brokeraggio, impiegati addetti all’assunzione e produzione presso imprese o agenzie, subagenti professionisti con un’anzianità minima prevista.

I compiti affidati agli agenti in appalto generalmente si limitano alla stipula e alla gestione dei contratti (tranne la gestione dei sinistri), con tutte le operazioni ad essa connesse (consulenza, incasso dei premi, ecc.) e con particolare riferimento ai rischi individuali o aziendali di ammontare limitato, mentre l’assunzione di rischi eccedenti i valori assegnati viene per lo più effettuata direttamente dalla compagnia, oppure tramite delega su autorizzazione della Direzione delle Compagnie.

La figura dell’agente monomandatario è quella maggiormente diffusa, anche se i mutamenti intervenuti nel mercato negli ultimi anni hanno determinato una maggior presenza di agenti plurimandatari, molti dei quali sono tuttavia legati a società appartenenti tutte ad uno stesso gruppo.

In taluni casi gli agenti si possono avvalere di subagenti e di produttori salariati dipendenti delle compagnie di assicurazione, oltre che di collaboratori liberi che in vario modo li coadiuvano nel procacciamento di affari.

La maggioranza delle agenzie (oltre il 60%) gestisce portafogli di dimensione medio- piccola, compresa cioè tra 775 e 3.600 milioni di euro.

L’8% si colloca al di sotto di 775 milioni, su livelli quindi troppo bassi per poter garantire un servizio adeguato alle mutate esigenze del mercato e il restante 29% è rappresentato da strutture in molti casi organizzate in forma societaria e che gestiscono portafogli complessi.

In generale la componente auto è quella largamente prevalente nei portafogli delle agenzie, con premi di poco inferiori alla metà di quelli complessivi.

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L’esercizio dell’attività dei mediatori di assicurazione e riassicurazione o broker è regolata dalla legge 792/84, che ha istituito il relativo albo professionale al quale essi devono essere iscritti per poter operare in Italia.

Per l’iscrizione all’albo, il broker deve essere in possesso di alcuni requisiti, quali:

- Integrità morale (non aver riportato condanne per taluni reati, non essere stato dichiarato fallito);

- Avere stipulato con almeno cinque imprese non appartenenti allo stesso gruppo finanziario in coassicurazione, una polizza di assicurazione della responsabilità civile per negligenze o errori professionali per un massimale stabilito annualmente per classi di volume di affari dall’Ivass;

- Aver aderito al fondo di garanzia costituito dall’Ivass per risarcire gli assicurati e le imprese di assicurazione dei danni derivanti dalla propria attività e non garantiti dalla suddetta polizza;

- Essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore;

- Aver superato un esame finalizzato a verificare un’adeguata conoscenza giuridica e tecnica.

In taluni casi è previsto l’esonero dalla prova di idoneità, in particolare per coloro che hanno svolto in modo continuativo, per almeno un quadriennio, mansioni direttive in un’impresa di assicurazione o di brokeraggio o che siano stati per lo

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stesso periodo agenti di assicurazione operanti sul mercato con mandato conferito da una o più società.

In Italia l’attività dei broker è prevalentemente focalizzata sul segmento delle medie e grandi aziende, esposte a rischi di maggiore dimensione e complessità che più degli altri richiedono e possono beneficiare di una consulenza altamente qualificata.

I rischi danni non auto rappresentano la parte in assoluto prevalente del portafoglio dei broker, con una quota del 64,9%, come possiamo denotare nel grafico sottostante.

I promotori finanziari sono anch’essi professionisti del risparmio che per legge devono essere iscritti ad un apposito albo nazionale tenuto presso la Consob e, a livello territoriale, da apposite Commissioni regionali e provinciali istituite presso le Camere di commercio, industria e artigianato, che esercitano anche funzioni di controllo e disciplinari.

Per accedere all’albo gli aspiranti devono essere in possesso di: un diploma di istruzione secondaria superiore, requisiti morali (assenza di condanne per determinati reati), aver superato un esame volto ad accertare un’adeguata

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preparazione professionale (materie giuridiche, conoscenza del mercato finanziario).

Per particolari figure professionali (agenti di cambio, funzionari di banca o SIM, ecc.) è previsto l’accesso automatico all’albo, senza necessità di sostenere l’esame di idoneità, ma fermo restando l’obbligo di possedere tutti gli altri requisiti.

In Italia i promotori finanziari operano generalmente in reti organizzate distribuite sul territorio, spesso appartenenti a società captive.

Essi svolgono la loro attività di canalizzazione del risparmio nel settore dell'assicurazione vita, con un target di clientela prevalentemente individuale e di livello reddituale medio-alto.

La vendita di contratti di assicurazione attraverso gli sportelli bancari è iniziata in Italia sul finire degli anni Ottanta, dopo che la Circolare del 3 febbraio 1986, n. 502 del Ministero dell’industria, commercio e artigianato aveva stabilito che i prodotti assicurativi potevano essere collocati tramite il canale bancario a condizione che fossero “standardizzati” (e cioè che l’addetto allo sportello non potesse in alcun modo modificare le condizioni di polizza) e che la distribuzione avvenisse sulla base di un impegno contrattuale stipulato con un agente o un’impresa di assicurazione.

I contratti venduti tramite questo canale, destinati ad una clientela individuale, presentano caratteristiche molto vicine ai prodotti finanziari tradizionalmente collocati dalle banche, con una componente assicurativa molto modesta.

Trattandosi di polizze molto semplici e standardizzate, esse non richiedono una consulenza qualificata per la collocazione presso il pubblico, ai cui fini sono sufficienti le nozioni acquisite dagli sportellisti incaricati della vendita attraverso brevi corsi di formazione finalizzati.

I bassi costi associati alla distribuzione attraverso il canale bancario e la capillarità delle reti di sportelli, che al contrario delle agenzie di assicurazione beneficiano di contatti più frequenti con la clientela, hanno determinato il successo di tale

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metodologia di distribuzione dei prodotti assicurativi rispetto ai canali agenziali e di brokeraggio utilizzati in precedenza.

Tale successo è rimasto a lungo riservato al settore vita, con solo limitate esperienze nel comparto danni, vuoi per la maggiore complessità di questi prodotti, vuoi per la necessità di dotarsi di strutture per la gestione dei sinistri che, soprattutto le società di stampo bancario, non possiedono.

In Italia l’ingresso delle Poste nel mercato assicurativo vita risale appena al 1998, e l’elevato numero di sportelli, fittamente distribuiti sul territorio, di cui dispone questo grande operatore finanziario e le molteplici occasioni di contatto con la clientela hanno fatto rapidamente crescere il volume di premi intermediati. Negli ultimi anni i progressi tecnologici e l’accresciuta competitività del mercato hanno indotto i maggiori gruppi assicurativi europei ad avviare iniziative di vendita diretta via telefono o via Internet, che tuttavia rivestono un’importanza piuttosto marginale in termini quantitativi e sono circoscritte a prodotti di massa a basso valore aggiunto, in altre parole prodotti semplici e standard, per i quali la variabile prezzo assume rilievo determinante in termini competitivi.

Quasi la totalità degli affari conclusi tramite telefono e la gran parte di quelli via Internet sono relativi a coperture auto.

Pur se in Italia la maggior parte dei premi di assicurazione fa ancora capo alle agenzie, la quota da queste detenuta si è fortemente ridimensionata passando, facendo riferimento sia al vita che al danni, dal 66% del 1995 al 44,9% del 2001. Hanno subito una significativa contrazione anche le vendite tramite broker, che nello stesso arco di tempo si sono ridotte ad un terzo (dal 10,7% al 3,4%) anche per effetto delle difficoltà di crescita che hanno caratterizzato il settore danni non auto.

Gli andamenti osservati hanno determinato una riduzione sostanziale del peso, sul mercato italiano, dei cosiddetti canali tradizionali (agenti, venditori dipendenti e broker) che in soli sei anni è sceso dall’ 87% nel 1995 al 55,7%.

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Chi ha guadagnato peso, a ritmi sostenuti, sono state le banche, che nel 1995 raccoglievano soltanto il 6,9% e nel 2001 avevano raggiunto il 37,5% dei premi totali.

Va tuttavia osservato che il fenomeno in oggetto assume connotati diversi a seconda che si parli di comparto vita o comparto danni.

Il settore vita è quello che è stato interessato maggiormente dai cambiamenti e presenta attualmente una struttura distributiva sostanzialmente modificata rispetto al 1995.

L’elemento più caratteristico è dato dalla forte presenza del canale bancario, in assoluto preponderante (61,2% nel 2001).

La straordinaria ascesa conseguita dalle banche sul mercato assicurativo ha fortemente ridimensionato il ruolo svolto dai canali tradizionali esclusivi: la quota di questi ultimi è in progressiva diminuzione e costituisce oggi poco più di un quarto dei premi vita totali, se si considera anche la raccolta tramite venditori dipendenti che nel ramo vita costituisce pressoché l’unica forma di vendita diretta. E’ calata, però in misura modesta, anche la quota dei promotori finanziari, mentre in questo comparto è molto modesto il ruolo dei broker e del tutto irrilevante quello dei canali diretti innovativi, come si evince osservando il grafico sottostante.

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Quanto osservato lascia capire come la crescita realizzata dal mercato assicurativo vita italiano negli ultimi anni sia stata fortemente trainata dalle performance di vendita conseguiti dagli sportelli bancari.

È però importante rilevare che questa tendenza non deve indurre a pensare che il peso assunto attualmente dagli sportelli bancari vada a soppiantare i canali distributivi tradizionali, cioè broker e agenti.

Infatti nel periodo considerato anche gli altri canali hanno conseguito tassi di incremento positivi, pur se inferiori a quelli delle banche.

Se dunque tra il 1995 e il 2001 i premi raccolti sono aumentati ad un tasso medio annuo intorno al 53%, le vendite in agenzia sono progredite del 7,6% all’anno (8,5% se si considerano anche le vendite tramite produttori dipendenti).

Ciò significa che l’affermarsi delle banche non ha tolto clientela ai tradizionali operatori assicurativi, ma ha raggiunto segmenti di mercato finora non toccati dall’assicurazione, ampliandone rapidamente la dimensione grazie ad un’offerta di prodotti e servizi mirata allo specifico target.

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Un andamento analogo si osserva a partire dal 1998, quando è iniziata la vendita di polizze vita da parte delle Poste, che a loro volta sono riuscite ad assicurare nuove fasce di consumatori dando forte impulso alla crescita della raccolta.

Il fatto che la progressione degli sportelli bancari e postali non abbia sottratto clienti alle compagnie di assicurazione trova riscontro anche nel grafico sovrastante, in un’analisi dettagliata della distribuzione dei contratti vita individuali per tipologia, che evidenzia un’elevata specializzazione dei canali.

Emerge infatti che nel 2001 gli sportelli hanno raccolto quasi l’80% dei premi relativi a contratti di tipo unit o index linked e il 75% di quelli a capitalizzazione, mentre hanno avuto un ruolo assai più modesto nella vendita di coperture pensionistiche (31,9% per quanto riguarda i fondi pensione; 9,6% per i piani pensionistici individuali o PIP).

Al contrario, quasi la metà delle polizze previdenziali (48,4% dei fondi pensione; 49,2% dei FIP) e il 70% di quelle malattia a lungo termine sono state stipulate tramite gli agenti, mentre il contributo di questi ultimi alla raccolta dei prodotti linked si è limitato al 7,5%.

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Quanto agli altri canali alternativi, bisogna affermare che i promotori finanziari svolgono una parte significativa nella vendita di prodotti vita, soprattutto per quanto concerne i piani pensionistici individuali (37,8% della raccolta 2001) pur se evidenziano un andamento tendenzialmente in calo a livello di raccolta complessiva vita (11,2% la loro quota nel 2001 a fronte del 16,5% del 1995). Trascurabile, invece, il ruolo dei broker e praticamente assenti, come accennato, i canali di distribuzione innovativi.

Completamente diversa è stata l’evoluzione della struttura distributiva dei prodotti danni.

Nel grafico sottostante, si osserva prima di tutto un saldo mantenimento della leadership da parte della rete tradizionale agenziale che tra il 1995 e il 2001 si è anzi rafforzata con una quota di mercato salita dal 78,6% all’86,8%.

Più contenuta si presenta la quota dei broker, sulla cui riduzione nel tempo ha influito il quadro negativo che ha caratterizzato i mercati internazionali danni nel recente passato.

Praticamente tutto il mercato danni è stabilmente in mano ai canali tradizionali, se si considera che tra le forme di vendita diretta prevale ancora quella tramite produttori dipendenti.

Il peso delle banche e dei promotori finanziari è, in questo settore, molto modesto. Nel comparto danni la principale novità riguardante i modelli distributivi è rappresentata dall’introduzione di sistemi di vendita a distanza, che utilizzano il telefono o Internet per la commercializzazione di prodotti di massa, soprattutto auto.

Pur in presenza di tassi di crescita sostenuti (+100% per Internet, +40% per le vendite via telefono nel 2001), l’importanza di tali canali resta ancora però assolutamente marginale (circa l’1%).

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