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I colpevoli della crisi economico-finanziaria attuale

3.1 Lo scoppio della crisi finanziaria e il passaggio dal modello originate to hold ad un

3.1.1 I colpevoli della crisi economico-finanziaria attuale

In molti sostengono che la crisi finanziaria era già prevedibile da numerosi anni, a seguito dell’improvviso proliferare di nuovi strumenti, frutto dell’ingegneria finanziaria.

Ciò nonostante, la diffusione di nuovi prodotti sempre più complessi e pericolosi non è da additare come la sola causa della crisi attuale, in quanto in quegli anni la cosa più sconcertante fu l’inspiegabile immobilismo della regolamentazione finanziaria e delle Autorità di vigilanza.

Come sappiamo il sistema bancario americano era sottoposto al controllo di due Autorità di vigilanza, ossia la Federal Reserve (FED) e la Securities and Exchange Commission (SEC).

Nello specifico, la FED aveva il compito di monitorare l’attività delle banche commerciali, avendo cura di curarle e disciplinarle ai fini della stabilità e della salute del sistema bancario nel suo complesso, un po’ come la nostra Banca d’Italia.

Al contrario, la SEC aveva il compito di controllare l’operato delle investment banks, assicurandosi di proteggere gli investitori mantenendo i mercati ordinati ed efficienti, dunque compito pressoché equivalente a quello svolto dalla nostra Consob.

Alla luce della crisi finanziaria, è apparso chiaro che entrambe le Autorità non abbiano fatto per bene il loro dovere.

A seguito della crisi finanziaria e della trasformazione delle banche, da banche d’investimento a banche commerciali, questo dualismo di Autorità è venuto meno e ad oggi il sistema bancario americano è controllato solo dalla FED.

Inoltre, in tutti i sistemi finanziari mondiali, si è assistito negli ultimi anni ad un processo di deregulation, basandosi sul presupposto che mercati più liberi sono

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capaci di generare risultati migliori, facendo fluire i capitali verso impieghi più produttivi.

Allo stesso modo, innovazioni finanziarie in grado di distribuire il rischio di credito riducendo il costo del capitale, come l’utilizzo di prassi della securitisation e di prodotti strutturati come i credit derivatives, hanno facilitato l’accesso al credito da un lato, ma dall’altro hanno di fatto reso i mercati più vulnerabili e più facilmente esposti a shocks.

La Financial Services Authority (FSA), l’Autorità di vigilanza inglese sia dei mercati che dei soggetti che in essi vi operano, in uno dei suoi rapporti del periodo aveva messo in evidenza come le banche, in questa corsa alla concessione facile del credito per conseguimento di profitti di breve termine, abbiano di fatto trascurato l’aspetto importantissimo della loro operatività legata alla fase di monitoring sul funzionamento dei controlli interni della banca, nei flussi informativi e nella valutazione dei rischi di liquidità, esortando di conseguenza le banche a rivedere il proprio sistema di controllo, riprendendosi parte dei compiti affidati all’autoregolamentazione del mercato del credito.

Infatti, una delle cause maggiori dello scoppio della crisi fu proprio il lassismo di coloro i quali dovevano fungere da controllori su ogni aspetto di tutto il sistema finanziario, trascurando le recenti evoluzioni dei mercati e non adeguandovi di rimando le regole sottostanti.

Di conseguenza, i più importanti colossi bancari hanno approfittato di questa politica di lassismo, di laissez-faire, adottando una visione miope di profitto e perdendo di vista che la loro esistenza dipende dall’equilibrio di tutto il sistema finanziario e finanziando un’ingente mole di debiti consapevoli fin da subito dell’elevata rischiosità ad essi connessi.

Proprio nel 2002, le operazioni di securitisation hanno avuto un grosso aumento, trasferendo così sul mercato il surplus di rischi che queste banche commerciali si sono accollate senza averne le capacità per contenerle tutte.

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Nel 2000 si è assistita ad una progressiva riduzione dei controlli sulle banche commerciali, specie per quanto concerneva i finanziamenti ipotecari e ad una regolamentazione del mercato dei credit default swaps, attraverso il Commodity Modernization Act.

La deregulation ha inoltre incentivato la proliferazione di tecniche di ingegneria finanziaria basate su un ampio ricorso al leverage e, nel contempo, allo sviluppo del fenomeno del sistema bancario ombra (shadow banking system), riuscendo inoltre a sfuggire agli obblighi sui requisiti patrimoniali imposti dalle Autorità di vigilanza attraverso la costituzione di società ad hoc fuori bilancio.

Quando scoppiò la crisi finanziaria e dopo aver capito l’inadeguatezza dei propri assetti patrimoniali, le banche d’investimento hanno avviato il processo inverso di deleveraging in grado di migliorare il rapporto assets/equity.

Le ingenti perdite subite negli anni della crisi sugli ABS e sui credit derivatives produssero degli effetti devastanti per i bilanci delle banche d’investimento, tant’è vero che la Lehman Brothers fallisce, Bear Stearns e Merrill Lynch sono state salvate dal fallimento, mentre Goldman Sachs e Morgan Stanley si convertono in holding bancarie tornando a svolgere la loro tipica attività di banche commerciali. Oltre alle politiche aggressive condotte dalle banche d’investimento e dalle banche commerciali e alla noncuranza da parte delle Autorità governative e delle Autorità di vigilanza, parte della colpa dello scoppio della crisi economico-finanziaria va attribuita alle agenzie di rating, le quali rappresentano dei soggetti autonomi rispetto al mercato, capaci di fornire un utile supporto per l’universo degli investitori, mediante un giudizio sull’affidabilità creditizia dei prenditori di fondi riducendo le inefficienze derivanti dalle asimmetrie informative.

I rating forniti da queste agenzie influiscono moltissimo sull’andamento dei mercati finanziari, in quanto sono facilmente comprensibili da parte della comunità degli operatori presenti sul mercato, a prescindere dal grado di competenza o profilo e perché le agenzie di rating godono di una buona considerazione, in quanto

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considerati dagli operatori come organismi che offrono giudizi imparziali ed obiettivi89.

Ciò nonostante, la crisi finanziaria ha dimostrato che le agenzie hanno agito in conflitto d’interesse incompatibile con il ruolo che tradizionalmente gli viene assegnato, in quanto, sulla base di un’analisi dei consigli direttivi delle Moody’s, Standard&Poor’s e Fitch, si è dimostrato come molti membri abbiano degli stretti legami con le maggiori banche americane, alcune delle quali furono proprio le protagoniste della crisi finanziaria.

Basti pensare che, poco prima dello scoppio della crisi, molti titoli rivelatisi essere dei titoli strutturati “tossici” godevano poco prima di un ottimo standing creditizio da parte delle agenzie di rating.

Da qui l’acquisto fiducioso da parte degli investitori, che di fatto si fidavano ciecamente dei giudici forniti da queste agenzie, considerandoli sicure opportunità di investimento.

A partire dagli anni 2000, il mondo delle società di rating cambia, in quanto quest’ultime non solo offrono giudizi in merito all’affidabilità creditizia sia dell’emittente titoli e degli strumenti, ma anche delle vere e proprie consulenze per le imprese emittenti titoli, non dando dunque solo un giudizio, ma fornendo alle banche loro clienti spiegazioni circa le modalità per ottenere la valutazione degli strumenti finanziari da loro emessi90.

Si è notato che proprio gli strumenti finanziari strutturati, frutto dell’innovazione finanziaria, sono nati da un accordo tra agenzie di rating e banche, che richiedono alle stesse società di rating in che modo costruire queste tipologie di strumenti per

89 Si vedano Frost, “Credit rating agencies in capital markets; a review of research evidence on selected

criticism of the agencies, in “Journal of accounting, auditing and finance”, july 2007; Securities and

Exchange Commission, ”Report on the role and the function of credit rating agencies in the operation of

the securities markets, in “Discussion paper series”, january 2003.

90 Si veda Stiglitz, “The fruit of hypocrisy, dishonesty in the finance sector dragged us here, and

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ottenere il miglior risultato possibile, dietro un lauto corrispettivo che si aggirava intorno al 8-10% del valore nominale dell’emissione91.

La scoperta di questi conflitti d’interesse e poca parzialità tra società di rating, banche e imprese emittenti ha creato un preoccupante clima di sfiducia tra i risparmiatori, e questa poca fiducia incide in maniera negativa sulla stabilità e il buon funzionamento dell’intero sistema finanziario nel suo complesso.