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Interpretare male, argomentare peggio: dalle euristiche cognitive alle fallacie argomentative della teoria pragma-dialettica

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Academic year: 2021

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Sommario

Sommario ... 1

Introduzione generale ... 3

PARTE PRIMA ... 5

1 / Dalle tre euristiche Tversky e Kahneman al doppio sistema di processamento .... 6

1.1 Risultati sperimentali ... 7

1.2 L’euristica della rappresentatività ... 12

1.3 L’euristica della disponibilità ... 16

1.4 Ancoraggio e aggiustamento... 19

Sistema 1 e Sistema 2 ... 23

Conclusioni ... 30

2 / Oltre le tre euristiche classiche ... 32

2.1 Il confirmation bias ... 32

2.2 L’illusione della correlazione o covariation bias ... 35

2.3 L’illusione di controllo ... 38

2.4 Sillogismi concreti, ragionamenti astratti e belief bias ... 42

2.5 Esperti, pensiero controfattuale e previsioni ... 47

2.6 L’influenza del tipo di stimolo esterno nella formazione del giudizio ... 56

Conclusioni ... 63

3 / Emozioni, affetti e scorciatoie cognitive nelle decisioni politiche ... 65

3.1 L’affetto come euristica ... 65

3.2. Catene di ragionamento, pensiero ideologico e likability heuristic ... 71

3.3 Oltre il positivo e il negativo. Le sfumature dell’affetto ... 79

Conclusioni ... 83

4 / Questa tesi è una truffa? Osservazioni sul campo di ricerca affrontato... 86

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5 / Introduzione ... 90

6 / Teoria dell’argomentazione: le radici della pragma-dialettica ... 92

6.1 La cornice pragmatica linguistica ... 92

6.2 Oltre l’analisi logica formale e la riscoperta della retorica antica ... 94

7 / L’approccio pragma-dialettico ... 97

7.1 Differenze di opinione e posizioni miste/non-miste, singole/multiple ... 97

7.2 Posizioni, argomenti ed elementi inespressi ... 100

7.3 Gli schemi argomentativi ... 103

7.4 Le fallacie argomentative ... 106

7.5 Una piccola parentesi speculativa su fallacie argomentative e psicologia ... 110

7.6 Le manovre strategiche ... 111

Conclusione ... 116

8 / Oltre l’approccio pragma-dialettico: limiti, alternative e prospettive ... 118

8.1 Il modello di Walton ... 118

8.2 Oltre la centralità dello standpoint, il tentativo di formalizzazione di Schlesinger ... 122

8.3 I limiti dell’approccio pragma-dialettico ... 126

8.4 Abbozzo di un approccio cognitivo ... 129

Conclusione ... 141

Bibliografia ... 143

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Introduzione generale

Questo testo nasce dal tentativo di ottenere una maggiore comprensione delle dinamiche che portano le persone ad elaborare certe interpretazioni della realtà e, successivamente, a difenderne la validità davanti agli altri.

Per raggiungere questo obiettivo, ho pensato che per prima cosa fosse necessario capire di quali meccanismi e strumenti cognitivi dispone l’uomo per la strutturazione della realtà che lo circonda.

Mi sono allora concentrato sugli studi psicologici riguardanti le fallacie cognitive e i processamenti euristici dell’informazione, cioè quelle scorciatoie elaborative che gli esseri umani usano per sviluppare i propri giudizi riguardo alla realtà che li circonda. Successivamente, ho rivolto il mio studio verso le attuali ricerche riguardanti lo studio dell’argomentazione, per capire cosa avessero da offrire riguardo alle modalità con cui determinati giudizi vengono sostenuti o attaccati durante uno scontro argomentativo.

Quello che è venuto fuori da questa ricerca è un lavoro diviso in due parti, relativamente indipendenti: la prima parte è un tentativo di sistematizzazione degli studi psicologici che, a partire dagli anni ‘60, hanno studiato il comportamento cognitivo degli esseri umani, evidenziandone errori, strategie e bias. La seconda consiste nella presentazione e nella critica dell’approccio all’argomentazione dominante, cioè quello pragma-dialettico.

Prima Parte: le fallacie cognitive

Nella prima parte ho cercato di fornire una presentazione sistematica che permetta di orientarsi nel caotico sapere delle ricerche della psicologia sperimentale, composta da brevi articoli che rivendicano spesso come radice teorica delle loro ricerche gli studi di Tversky e Kahneman. Partendo proprio da questi due autori ho sviluppato un percorso che, partendo dai loro studi sugli errori umani davanti alla richiesta di calcoli probabilistici, arriva a rappresentare la componente affettiva ed emotiva come uno strumento determinante per la manifestazione di determinate strategie di elaborazione cognitiva. Durante questo percorso ho mantenuto il linguaggio e la terminologia utilizzati

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in questo ramo della psicologia, ma mi sono permesso di trattare ogni tema presentato accompagnandolo da critiche metodologiche e concettuali, assieme all’aggiunta di stimoli, provenienti da altre discipline, che potrebbero migliorare la comprensione dei fenomeni presentati. In particolare, ho tentato di contestualizzare queste ricerche all’interno del più vasto territorio delle scienze cognitive.

Questa parte può essere considerata completamente indipendente dalla seconda, inoltre contiene buona parte delle basi concettuali che userò successivamente per criticare l’approccio pragma-dialettico.

Seconda Parte: la teoria dell’argomentazione

In questa seconda parte mi concentrerò, prima di tutto, nel descrivere le basi teoriche della pragma-dialettica sviluppata da van Eemeren e Grootendorst. Cercherò poi di descriverne la struttura concettuale e analitica per, infine, mostrare le limitazioni di questo approccio nella comprensione dei reali fenomeni argomentativi. Per ottemperare a questo ultimo compito, prima presenterò modelli alternativi rispetto a quello pragma-dialettico, poi avanzerò la proposta di un approccio cognitivo-affettivo allo studio dell’argomentazione, abbozzato attraverso considerazioni basate sugli input concettuali della prima parte, a mio parere fondamentali per intraprendere un simile studio.

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1 / Dalle tre euristiche Tversky e Kahneman al

doppio sistema di processamento

Lo studio delle euristiche ha origine con i lavori dei due psicologi israeliani Amos Tversky e Daniel Kahneman di fine anni ‘60 e degli anni ‘701, studi che misero in crisi i modelli tradizionali di scelta razionale, evidenziando come gli individui, in numerose situazioni, non arrivino a determinati giudizi attraverso un’analisi dei dati secondo modelli normativi razionalmente validi, ma piuttosto usando delle scorciatoie cognitive, dette euristiche. Queste scorciatoie riducono le energie e la velocità di calcolo necessarie per ottenere una risposta agli stimoli presentati, ma, se manipolate, portano a errori di valutazione più o meno sistematici.

Tversky e Kahneman si concentrarono principalmente sullo studio degli errori cognitivi nei giudizi probabilistici, impegnandosi a mostrare che l’essere umano, per dirla con le parole di Simon di circa due decenni prima, possiede una “razionalità limitata”.2 Gli sviluppi di queste ricerche valsero nel 2002 il premio Nobel per l’economia a Kahneman “for having integrated insights from psychological research into economic science, especially concerning human judgment and decision-making under uncertainty”.3 I risultati delle ricerche sulle euristiche contengono infatti un’implicita critica alle teorie economiche che presuppongono che l’uomo sia un Homo Oeconomicus4, termine che sta a indicare un essere umano le cui azioni sono mosse solamente dal calcolo costi/benefici delle proprie scelte: se gli esseri umani non sono in grado di seguire le regole di calcolo della probabilità, come possono delle teorie economiche che presuppongono una corretta valutazione di vantaggi e svantaggi prevedere il comportamento, perlomeno economico, delle persone?

Gli studiosi delle euristiche, dopo aver notato che i soggetti non usano implicitamente formule matematiche come, ad esempio, quelle bayesiane nel calcolo della probabilità di

1 T. Gilovich, D. W. Griffin, Introduction – Heuristics and Biases: Then and Now, in T. Gilovich, D. W. Griffin, D. Kahneman, Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive Judgment, Cambridge University Press, N.Y. 2002.

2 H. A. Simon, La ragione nelle vicende umane, Il Mulino, Bologna 1984. 3 https://www.nobelprize.org/prizes/economic-sciences/2002/kahneman/facts/

4 G. Gigerenzer, J. Czerlinski, L. Martignon, How good are fast and frugal heuristics?, in J. Shanteau, B. A. Mellers, D. A. Schum, Decision science and technology, Springer, Boston, 1999, p. 81.

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eventi correlati, hanno elaborato formule descrittive coerenti con i risultati sperimentali, in modo da rappresentare quelle che vengono chiamate probabilità soggettive, cioè relative al peso soggettivo che gli individui danno alle informazioni loro presentate5.

“The question of whether degree of belief can, or should be, represented by the calculus of chance has been the focus of a long and lively debate”6, ma la discussione riguardante il calcolo delle probabilità soggettive va oltre gli obiettivi di questo capitolo, che si limiterà a presentare alcuni lavori seminali di Tversky e Kahneman, per poi spiegarli attraverso i concetti di rappresentatività, disponibilità e ancoraggio ed aggiustamento.

1.1 Risultati sperimentali Il problema di Linda

Forse il più noto esperimento di Tversky e Kahneman è quello che in inglese viene chiamato Linda problem. Nella versione qui utilizzata, oltre al caso di Linda, viene presentato ai soggetti anche un secondo caso con struttura analoga.7 Al soggetto viene presentata una breve descrizione

Linda is 31 years old, single, outspoken and very bright. She majored in philosophy. As a student, she was deeply concerned with issues of discrimination and social justice, and also participated in anti-nuclear demonstrations.

Il seguito del compito consiste nell’ordinare le seguenti affermazioni dalla più alla meno rappresentativa:8

Linda is a teacher in elementary school.

Linda works in a bookstore and takes Yoga classes. Linda is active in the feminist movement. (F) Linda is a psychiatric social worker.

Linda is a member of the League of Women Voters. Linda is a bank teller. (T)

5 Cfr. A. Tversky, D.J. Koehler, Support theory: A nonextensional representation of

subjective probability, in “Psychological Review”, 101.4/1994, pp. 547-567.

6 Ivi, p. 547.

7 A. Tversky, D. Kahneman, Extensional versus Intuitive Reasoning: The Conjunction Fallacy in Probability Judgment, in T. Gilovich, D. W. Griffin, D. Kahneman, Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive Judgment, Cambridge University Press, New York 2002, pp. 24-25.

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Linda is an insurance salesperson.

Linda is a bank teller and is active in the feminist movement. (T&F)

Degli 88 partecipanti circa l’85% ha valutato l’ordine di rappresentatività in questo modo: F > T&F > T per Linda. Le altre affermazioni non sono considerate perché non importanti per il risultato.

A questo test ne sono seguiti altri che, piuttosto che valutare la rappresentatività delle affermazioni, interrogavano i soggetti sulla probabilità che le stesse affermazioni fossero vere. Seguendo un ragionamento probabilistico, le possibilità di essere T&F, essendo i membri di questo gruppo un’intersezione dei gruppi F e T, dovrebbero essere inferiori a alla probabilità di appartenere questi ultimi. Invece più dell’85% dei soggetti, quando veniva chiesto loro di ordinare dalla più probabile alla meno le otto affermazioni del primo test, consideravano che Linda fosse più probabilmente una banchiera femminista piuttosto che una semplice banchiera. L’errore, chiamato fallacia della congiunzione (Conjunction Fallacy), non varia molto nemmeno con soggetti sofisticati, cioè soggetti che possiedono buone conoscenze di un determinato argomento, in questo caso di calcolo probabilistico.

Tabella 1: Risultati del test probabilistico di Linda e di Bill (non trattato in questo testo)

in A. Tversky, D. Kahneman, Extensional versus Intuitive Reasoning: The Conjunction

Fallacy in Probability Judgment, in T. Gilovich, D. W. Griffin, D. Kahneman, Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive Judgment, Cambridge University Press, N.Y.

2002, p. 25.

V = Percentuale dei soggetti che commettono la fallacia della congiunzione;

R(A&B) = posizione media della congiunzione nella classifica di probabilità delle 8 affermazioni;

R(B) = posizione media del valore meno rappresentativo della congiunzione; N = Numero di soggetti.

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Pure rendendo trasparente il compito, cioè spingendo i soggetti, tramite manipolazioni del test, a mettere a fuoco la natura del problema o del ragionamento da eseguire, gli sperimentatori, seppur abbassando quasi al 50% il numero di soggetti in errore, non sono riusciti ad eliminare la fallacia.9

Ingegneri e Avvocati

In un altro test, Tversky e Kahneman hanno diviso i soggetti in due gruppi di circa 85 individui ciascuno. Al primo gruppo hanno presentato la seguente situazione:

A panel of psychologists have interviewed and administered personality tests to 30 engineers and 70 lawyers, all successful in their respective fields. On the basis of this information, thumbnail descriptions of the 30 engineers and 70 lawyers have been written.

You will find on your forms five descriptions, chosen at random from the 100 available descriptions. For each description, please indicate your probability that the person described is an engineer, on a scale from 0 to 100. The same task has been performed by a panel of experts, who were highly accurate in assigning probabilities to the various descriptions. You will be paid a bonus to the extent that your estimates come close to those of the expert panel.10

Nel secondo gruppo la descrizione rimane la stessa ad eccezione dell’inversione del numero di ingegneri/avvocati (da 30 avvocati e 70 ingegneri a 70 avvocati e 30 ingegneri).

Mostrando le stesse descrizioni ad entrambi i gruppi, è risultato che i soggetti sono quasi indifferenti alla variazione del numero degli individui appartenenti alle due categorie, nel caso in cui la descrizione presentata contenga caratteristiche considerate tipiche o per un avvocato o per un ingegnere. Infatti, come mostra la Figura 1, non ci sono grandi variazioni nella valutazione delle descrizioni tra il primo e il secondo gruppo. L’unica eccezione a questa indifferenza compare nel caso nullo, cioè una descrizione che non può essere considerata prototipica né di un avvocato, né di un ingegnere. In quest’ultimo caso i soggetti, in assenza di alcuna tipicità, sembrano ponderare nella loro valutazione la percentuale dei membri presenti nelle due categorie.

9 Ivi, p. 26.

10 D. Kahneman, A. Tversky, On the psychology of prediction, in “Psychological Review”,

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La lista di nomi

In un test pubblicato nel 1973, Tversky e Kahneman divisero i soggetti in due gruppi ai quali fecero ascoltare alcune liste composte da 39 personaggi pubblici: due contenevano 19 uomini molto famosi e 20 donne mediamente famose, le altre due 19 donne molto note e 20 uomini che lo erano meno.

Dopo aver ascoltato la registrazione venne chiesto ai soggetti del primo gruppo di ricordare il maggior numero possibile dei nomi presenti nella lista, mentre al secondo se ritenessero che nell’audio ascoltato fossero stati presenti un numero maggiore di personaggi maschili o femminili:

On the average, subjects recalled 12.3 of the 19 famous names and 8.4 of the 20 less famous names. Of the 86 subjects in the four recall groups, 57 recalled more famous than nonfamous names, and only 13 recalled fewer famous than less famous names. […]

Among the 99 subjects who compared the frequency of men and women in the lists, 80 erroneously judged the class consisting of the more famous names to be more frequent.11

11 A. Tversky, D. Kahneman, Availability: A Heuristic for Judging Frequency and Probability in “Cognitive Psychology” 5/1973, p. 221.

Figura 1: Valore medio dato alle descrizioni in caso di bassa (ascissa) e alta (ordinata) percentuale di ingegneri.

Il quadrato indica il caso nullo.

in D. Kahneman, A. Tversky, On the psychology of

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Nonostante la differenza tra 19 e 20 possa essere impercettibile, rimane significativo che gli errori abbiano superato ampiamente il 50%, percentuale che si sarebbe presentata nel caso i soggetti avessero tirato a indovinare.

Gli stati africani nelle Nazioni Unite

Questo test consisteva nel domandare alcune quantità ai soggetti, come ad esempio quale percentuale di stati africani appartenesse alle nazioni unite. Ma, prima di rispondere una cifra precisa alla domanda precedente, i partecipanti dovevano valutare se la quantità fosse maggiore o minore rispetto al risultato determinato da una ruota della fortuna (contenente valori da 1 a 100).

Nonostante fosse esplicitamente spiegato che i risultati della ruota erano casuali, i soggetti mostrarono di esserne influenzati nella loro risposta alle domande sulla quantità. Ad esempio:

the median estimates of the percentage of African countries in the United Nations were 25 and 45 for groups that received 10 and 65, respectively, as starting points. Payoffs for accuracy did not reduce the anchoring effect.12

12 A. Tversky, D. Kahneman, Judgment under Uncertainty, “Heuristics and Biases in Science” 185/1974, p. 1128.

Tabella 2: Versione grafica dell'esperimento della lista di personaggi presentato in: N. Lund, Language and Thought, Routledge, London 2003, p. 89.

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Conclusione

Gli esperimenti presentati finora hanno l’obiettivo di dare un’idea del campo di ricerca dal quale si sono sviluppati i successivi esperimenti sul giudizio umano. I due studiosi israeliani, per spiegare i risultati ottenuti, elaborarono tre tipologie di euristica: della rappresentatività, della disponibilità, dell’ancoraggio e aggiustamento. Nonostante in certi casi alcuni risultati possano essere interpretati attraverso più di una delle tre, nei prossimi capitoli, per chiarezza espositiva, queste verranno affrontate separatamente.

1.2 L’euristica della rappresentatività

Gli errori del problema di Linda e quello degli ingegneri-avvocati possono essere considerati come il risultato di euristiche della rappresentatività. I soggetti, nella formazione del proprio giudizio, piuttosto che basarsi sulla valutazione delle probabilità, si concentrano su quanto l’oggetto sia simile alle categorie presentate. Nell’esempio di Linda, la fallacia della congiunzione può essere spiegata con la maggiore vicinanza della sua descrizione al prototipo del concetto di “banchiera femminista”, piuttosto che al prototipo di “banchiera”, mentre nel secondo esperimento, i soggetti, invece che fare un calcolo probabilistico simile a quello bayesiano, mostrano la tendenza a giudicare quanto la descrizione sia rappresentativa, o prototipica, dell’idea di ingegnere o di avvocato che possiedono.13

L’euristica della rappresentatività può essere usata come strumento per capire le valutazioni che gli individui fanno davanti a eventi più o meno casuali:

People expect that a sequence of events generated by a random process will represent the essential characteristics of that process even when the sequence is short. In considering tosses of a coin for heads or tails, for example, people regard the sequence T-T-T-H to be more likely than the sequence H-H-H-T-T-T, which does not appear random, and also more likely than the sequence H-H-H-H-T-H, which does not represent the fairness of the coin. Thus, people expect that the essential characteristics of the process will be represented, not only globally in the entire sequence, but also locally in each of its parts.14

Come mostra il testo citato, le presunte regolarità in una serie di eventi casuali, o considerati tali, vengono considerati dalle persone come atipici.

13 Per un approfondimento sugli studi della prototipicità e della formazione dei concetti, cfr. G.L. Murphy, The big book of concepts, MIT Press, Cambridge (Mass.) 2002. 14 A. Tversky, D. Kahneman, Judgment under Uncertainty, cit., p. 1125.

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Un fenomeno simile lo possiamo ritrovare nella gambler fallacy (fallacia dello scommettitore), cioè nella convinzione che dopo una serie di sconfitte la vittoria si avvicini, oppure che dopo una lunga serie di numeri neri alla roulette aumenti la probabilità che esca il rosso.15

Ancora più interessante è la percezione della cosiddetta “mano calda” nel basket, cioè la convinzione, diffusa tra appassionati e praticanti, che una serie di canestri consecutivi di un giocatore, in particolare da tre punti, possa condizionare positivamente i successivi tiri, aumentando la probabilità del canestro. Uno studio del 1985 dimostra che l’impressione della “mano calda” sia, dati alla mano dei giocatori delle partite professionistiche, una mera illusione.16

Sebbene in certe situazioni possa condurre a errori, nella vita quotidiana l’euristica della rappresentatività può rivelarsi uno strumento utile:

Judgement by representativeness, commonly referred to as the representativeness heuristic, constitutes a most useful way of making probability estimates:

• It is easy, requiring a minimum of cognitive resources.

• It can be used in a number of situations where objective probabilities cannot be calculated (e.g., in singular situations).

• It is often correct. [...] For instance, if I am going to meet a high-ranking military officer, I expect to see a man above 40, rather than a young woman. My stereotype of a “representative” officer corresponds in this case to the actual sex and age distribution of military commanders.17

Nonostante il successo ottenuto in ambito scientifico, l’euristica della rappresentatività è stata pure oggetto di critiche. La prima motivazione è l’ampiezza e la vaghezza del concetto, che ne permette una vasta applicazione, ma ne impedisce un uso preciso e sistematico:

These one-word labels at once explain too little and too much: too little, because the underlying processes are left unspecified, and too much, because, with sufficient imagination, one of them can be fit to almost any empirical result post hoc.18

15 Ibidem.

16 T. Gilovich, R. Vallone, A. Tversky, The Hot Hand in Basketball: On the Misperception of Random Sequences, in “Cognitive Psychology”, 17/1985, pp. 295– 314.

17 K. H. Teigen, Judgements by representativeness, in R F. Pohl, Cognitive Illusions. A Handbook on Fallacies and Biases in Thinking, Judgement and Memory, Psychology Press, N.Y. 2004, p. 166.

18 G. Gigerenzer, P. M. Todd & the ABC Research, Simple heuristics that make us smart, Oxford University Press, New York 1999, p. 28.

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La seconda motivazione è dovuta ad accuse metodologiche. Certe euristiche sarebbero determinate dal condizionamento dei soggetti nei laboratori. Nisbett sostiene, ad esempio, che parte degli errori siano dovuti a un’errata presentazione dei quesiti nei test sperimentali, che porta i soggetti a ritenere certi attributi non diagnostici come diagnostici:

Most prediction research employs the following model: Subjects are given information about a target case which they believe to be diagnostic of some outcome, for example, of a trait or of membership in some group or category, and subjects then are asked to make predictions about the degree to which the target possesses the trait or whether the target belongs to the category. For example, clinical psychologists are presented with MMPI profiles and are asked to predict the severity of mental illness of the patient who generated the profile. Or subjects are told that a target person is a German and are asked to predict the target’s efficiency. Or subjects are told that a target “shows no interest in political and social issues and spends most of his free time on his many hobbies which include home carpentry, sailing, and mathematical puzzles” (Kahneman & Tversky, 1973, p. 241) and are asked to predict whether the target is an engineer or lawyer.19

Nonostante la criticabilità di alcune metodologie e l’affermazione della sua possibile utilità pratica, la rappresentatività rimane ancora uno strumento teorico utile alla comprensione dei meccanismi di valutazione, comprensione e categorizzazione degli esseri umani. Può pure essere articolato in maniera meno vaga rispetto all’utilizzo che ne abbiamo fatto finora. Come osservato da Teigen, in un loro articolo Kahneman e Frederick hanno suggerito di interpretare la rappresentatività come una sostituzione di attributo (attribute substitution), cioè attraverso la comparazione degli oggetti osservati attraverso un attributo differente rispetto a quello valutato: 20

Kahneman and Frederick (2002) have offered a wider framework for heuristic judgements. In their view, representativeness illustrates a general feature of intuitive reasoning, where people solve a difficult task (estimation of probabilities) by transforming it into a simpler task (here: judgements of similarity). This can be described as a process of attribute substitution. A jury member who is asked to evaluate the probability that the defendant is telling the truth (the target attribute) may instead be performing the much easier evaluation: “How well did he answer the prosecutor’s questions” (the

19 R.E. Nisbett, H. Zukier, R.E. Lemley, The Dilution Effect: Nondiagnostic Information

Weakens the Implications of Diagnostic Information, in “Cognitive Psychology”,

13/1981, p. 249.

20 K.H. Teigen, Judgements by representativeness, cit., p. 179. Teigen si riferisce a D. Kahneman, S. Frederick, Representativeness Revisited: Attribute Substitution in Intuitive Judgment. in T. Gilovich, D.W. Griffin, D. Kahneman, Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive Judgment, Cambridge University Press, N.Y. 2002, pp. 49-81.

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heuristic attribute). There often is a valid link between these two attributes; convincing answers may be correlated with actual truth telling. But if the heuristic attribute is given too much credit, biased judgements ensue. A jury member who relies exclusively on his or her gut feelings may decide issues of guilt on the basis of credibility judgements rather than on evidence.

Representativeness reasoning refers, by this account, to two processes:

• A judgement of what is the prototypical, or “representative” exemplar of a category, a population, or a distribution (judgement of representativeness).

• A probability judgement based on how similar a target outcome is to this prototype (judgements by representativeness).

Come accennato ad inizio capitolo, l’utilizzo dei risultati ottenuti dalla ricerca sui concetti nell’ultimo mezzo secolo potrebbe essere uno strumento utile nella comprensione del fenomeno della rappresentatività. Significativi sono gli sviluppi successivi agli studi di Eleanor Rosch che, a partire dagli anni ’70,21 hanno portato alla formazione della teoria a prototipi dei concetti, la quale, abbandonando l’idea classica di categorie naturali basate su definizioni, opta per una più plausibile concezione categoriale basata sui prototipi, cioè delle astrazioni derivate dagli esemplari reali della categoria incontrati nelle proprie esperienze precedenti.

Ancora più interessante potrebbe essere mettere a confronto alcune più recenti ricerche, che interpretano il prototipo non come una semplice lista di attributi presenti in quasi ogni membro della categoria, ma come una struttura formata da slot che possono essere riempiti da caratteri diversi.22 Ad esempio, il concetto di mela può contenere uno slot per l’attributo “colore”. Questo slot può essere riempito sia con “rosso” che con “marrone” ma, nonostante la validità di entrambi, un esemplare rosso può essere considerato più tipico rispetto all’altro.23 Esistendo una relazione tra alcuni tipi di slot (prendiamo ad esempio il concetto di cane, lo slot “dimensione” riempito con “piccola” può avere una relazione con quello di “carattere” riempito con “aggressivo”), ritengo che questo possa essere accostato all’attribute substitution. Tornando all’esempio della mela, se viene considerato tipico che una mela sia dolce, probabilmente verrà considerato più probabile che una mela rossa, più tipica, lo sia rispetto a una verde, meno tipica. Proprio per questi casi, un simile modello prototipico potrebbe essere utile all’articolazione dell’euristica della rappresentatività.

21 E.H. Rosch, Natural Categories, in “Cognitive Psychology”, 4/1973, pp 328-350. 22 G.L. Murphy, The big book of concepts, cit., pp. 47-48.

23 E.E. Smith, D.E. Osherson, Conceptual Combination with Prototype Concept, in “Cognitive Psychology”, 8/1984, pp, 337-361.

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1.3 L’euristica della disponibilità

L’esperimento esposto sopra della lista dei nomi è un esempio di euristica della disponibilità. I soggetti ricordano con più facilità i nomi dei personaggi più famosi rispetto a quelli che lo sono meno. Che questo fenomeno sia dovuto al tipo di processamento dell’informazione oppure avvenga durante il momento del recupero nella memoria, rimane il fatto evidente che non utilizziamo tutte le informazioni provenienti dal mondo esterno allo stesso modo e, a causa di ciò, quel che è più disponibile nel nostro pensiero condiziona il nostro giudizio.

Let us have a closer look at the married couple. If the husband is asked about his contribution to the housework, he retrieves information that is relevant to the question. He recalls instances of preparing meals and cleaning the house. Moreover, he recalls instances of his wife doing the same work. However, this retrieval is biased: He is better at retrieving instances of his own housework than instances of his wife’s work. He remembers in some detail how he prepared a tiramisu. He may have forgotten, however, that his wife prepared paella, work that needed about the same time and effort. Even if he remembers the paella, his memories of his own efforts expended for the tiramisu are probably more vivid than the memories of his wife’s work. Other instances are remembered in an analogous way, so that in general, he remembers more easily instances of his own contribution to the housework than of his wife’s contribution. If he now has to estimate his own contribution, he compares the ease with which he can retrieve instances of his own work with the ease with which he can retrieve instances of his wife’s work. As he can more easily remember his own contributions, he overestimates his share of the housework. Of course, his wife does exactly the same, with the consequence that she can retrieve instances of her housework with greater ease, resulting in an overestimation of her contribution. […]

Let us apply the term “availability” to our example: Both the husband and his wife overestimate their own contribution to the housework because information about their own contribution is more available than information about their spouse’s contribution. As they are unable to come to an objective assessment of the proportion of housework that each of them has contributed, they use the availability of information as a heuristic for their estimate. Overestimation of one’s contribution to the joint products of a group has been only one of many applications of the availability heuristic.24

È stato dimostrato che la presenza di un certo tipo di malattie all’interno del nucleo familiare aumenti la percezione del rischio. Ad esempio, Rothman e Schwarz hanno mostrato come la disponibilità di esempi familiari di attacchi cardiaci aumenti la percezione del rischio di esserne vittima.25

24 R. Reber, Availability, in R.F. Pohl, Cognitive Illusions etc., cit., pp. 147-148.

25 A. J. Rothman, N. Schwarz, Constructing perceptions of vulnerability: personal relevance and the use of experiential information in health judgments, in “Personality and Social Psychology”, Bulletin Vol. 24/1998, pp. 1053-1064.

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In un test gli sperimentatori hanno suddiviso i partecipanti in soggetti con esperienze familiari di attacchi cardiaci e non.

Rothman and Schwarz (1998) asked male undergraduates to list either 3 or 8 behaviors that they personally engage in that may either increase or decrease their risk of heart disease. Pretests indicated that listing 3 behaviors was experienced as easy, whereas listing 8 was experienced as difficult. The personal relevance of the task was assessed via a background characteristic; namely, whether participants had a family history of heart disease. Supposedly, assessing their own risk of heart disease is a more relevant task for males whose family history puts them at higher risk than for males without a family history of heart disease. Hence, participants with a family history of heart disease should be likely to adopt a systematic processing strategy, paying attention to the specific behaviors brought to mind by the recall task. In contrast, participants without a family history may rely on a heuristic strategy, drawing on the subjective experience of ease or difficulty of recall.26

Per i soggetti senza una storia familiare di problemi cardiaci alle spalle, richiamare 8 esempi di comportamenti a rischio o preventivi risulta un compito difficile. La difficoltà di richiamo sembra essere il motivo per il quale richiamare un numero elevato di esempi di comportamenti positivi o negativi, in persone senza esperienze familiari, rispettivamente aumenti o diminuisca la percezione di rischio, rispetto al richiamo di soli 3 esempi (facili da pensare anche per individui a cui mancano esempi familiari). Al

26 N. Schwarz, L. A. Vaughn, The Availability Heuristic Revisited: Ease of Recall and Content of Recall as Distinct Sources of Information, in Gilovich-Griffin-Kahneman, Heuristics and Biases etc., cit., pp. 103-119.

Tabella 3: in N. Schwarz, L. A. Vaughn, The Availability Heuristic Revisited: Ease of Recall and Content of Recall as Distinct Sources of Information, in T. Gilovich, D. W. Griffin, D.

Kahneman, Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive Judgment, Cambridge University Press, N.Y. 2002, p. 116.

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contrario, i soggetti con esperienza hanno minore difficoltà a richiamare 8 esempi, generando un effetto inverso, secondo il quale l’aumento degli esempi è proporzionale alla percezione di rischio.

Possiamo concludere che l’aumento di disponibilità d’informazione modifichi il giudizio, ma al contempo che quest’ultimo dipenda anche dalla facilità/difficoltà del recupero in memoria delle informazioni stesse.

Altri test hanno mostrato come anche la facilità di immaginare i sintomi di una determinata malattia influenzi la percezione del rischio di contrarla27.

This suggests that the health profession might increase patient compliance and preventative compliance by making vivid presentations of the medical problems and by describing symptoms and consequences, as well as effective countersteps […], in easy-to-imagine terms.28

Anche certe euristiche della disponibilità possono essere considerate come attribute

substitution.

When confronted with a difficult question people often answer an easier one instead, usually without being aware of the substitution. A person who is asked “What proportion of long-distance relationships break up within a year?” may answer as if she had been asked “Do instances of swift breakups of long-distance relationships come readily to mind?” This would be an application of the availability heuristic.29

In un esperimento, Strack, Martin e Schwarz hanno chiesto ai partecipanti di rispondere a due domande: “Quanto sei felice in generale?”; “Quanti appuntamenti hai avuto nell’ultimo mese?”. Poste nel precedente ordine non si è presentata nessuna correlazione tra le risposte, mentre, se formulate nell’ordine inverso, la domanda sugli appuntamenti ha mostrato di influenzare la successiva.30 In base a questi risultati, sembra esserci una sostituzione di attributo dalla situazione sentimentale alla felicità complessiva.

Anche solo da questi pochi studi citati è possibile comprendere che esistono differenti forme di effetti di disponibilità, dipendenti sia dalla facilità di recupero che dalla quantità dell’informazione. Inoltre, il contesto nel quale viene formato il giudizio sembra avere

27 Cfr. S. J. Sherman, R. B. Cialdini, D. F. Schwartzman, K. D. Reynolds, Imagining Can Heighten or Lower the Perceived Likelihood of Contracting a Disease: The Mediating Effect of Ease of Imagery, in “Personality and Social Psychology”, Bulletin Vol. 11/1985, pp 118–127.

28 Ivi p. 125.

29 D. Kahneman, S. Frederick, Representativeness Revisited: Attribute Substitution in Intuitive Judgment in Gilovich-Griffin-Kahneman, Heuristics and Biases etc., cit. 30 Sherman-Cialdini-Schwartzman, Imagining etc., cit.

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influenza sulla percezione del soggetto di determinate informazioni come diagnostiche o non-diagnostiche.

1.4 Ancoraggio e aggiustamento

Il risultato dell’ultimo esperimento del primo sottocapitolo, riguardante il numero di nazioni africane nelle Nazioni Unite, può essere ascritto agli esperimenti di ancoraggio e aggiustamento:

Suppose you are the judge in a legal case of rape. The prosecutor and the defender have given their final speeches and you have just closed the court for a lunch break. The next session will start right after lunch, so that you have roughly an hour to make up your mind about the sentence. All the information that is necessary to make this important decision is right in front of you. The protocols of witnesses’ statements, the opinions of a series of experts, and the relevant passages from the penal code are spread over your desk. You go through the most important facts once again: The victim’s account of what happened that night, the expert’s assessment of how likely it is that the defendant will commit rape again, the prosecutor’s and the defender’s plea. Upon close inspection, the evidence seems mixed and you are uncertain about what to do, what sentence to give. In thinking about the core facts, the final words of the prosecutor echo in your mind “. . . therefore, your honour, I demand a sentence of 34 months”. You wonder, “34 months of prison confinement, is this an appropriate sentence?” Will the prosecutor’s demand influence your sentencing decision?

If so, your decision may be biased by one of the most remarkable influences on human judgement, namely the anchoring effect […]. Because the prosecutor’s goal is to obtain a high sentence, being directly influenced by his demand may be against your intentions. At the same time, it would put you in good company. The results of a recent study of ours (Englich & Mussweiler, 2001)31 indicate that

accomplished trial judges with an average of more than 15 years of experience were influenced by sentencing demands, even if the demands were made by non-experts. In fact, the magnitude of this influence proved to be dramatic. Judges who considered a high demand of 34 months gave final sentences that were almost 8 months longer than judges who considered a low demand of 12 months. A difference of 8 months in prison for the identical crime.

Notably, this influence occurred although both demands were explicitly made by a non-expert: In our study they were given by a computer science student in the role of the prosecutor.32

31 B. Englich, T. Mussweiler, Sentencing under uncertainty: Anchoring effects in the courtroom, “Journal of Applied Social Psychology”, 31/2001, pp. 1535–1551. 32 T. Mussweiler, B. Englich, F. Strack, Anchoring effect, in Pohl, Cognitive Illusions

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Numerosi studi mostrano come le valutazioni delle persone siano influenzate da informazioni precedentemente ottenute, a volte pure non significative. L’ancoraggio consiste nell’appoggiarsi a una quantità precedentemente osservata per poi aggiustarla secondo la propria impressione in una successiva valutazione. Un esempio utile per comprendere ancoraggio e aggiustamento potrebbe essere la contrattazione del prezzo tipica dei suq arabi, dove il venditore e il compratore esagerano il prezzo rispettivamente al rialzo e al ribasso per condizionare il risultato finale della contrattazione.

Sebbene l’ancoraggio possa avere una certa utilità in numerose situazioni reali, come ad esempio l’acquisto di una casa o di un’auto, i risultati degli studi sperimentali mostrano che l’effetto di questa euristica vada ben oltre la possibile utilità.

Strack e Mussweiler hanno mostrato come persino ancoraggi a cifre implausibili influenzino le risposte dei soggetti. Ad esempio, alla richiesta di determinare l’età di Gandhi, anche ancore implausibili come 9 anni o 140 hanno mostrato avere un effetto. Lo stesso risultato è stato ottenuto con 900 m e 0,20 m prima della richiesta di determinare la lunghezza di una balena.33

Sempre nello stesso paper, i due studiosi hanno mostrato come la congruenza della dimensione tra ancoraggio e oggetto da valutare ne aumenti l’influenza: nel compito di determinare quanto è alta o larga la porta di Brandeburgo, un’ancora basata sulla

33 F. Strack, T. Mussweiler, Explaining the Enigmatic Anchoring Effect: Mechanisms of Selective Accessibility, “Journal of Personality and Social Psychology”, 73/1997, pp

442-444.

Figura 2: Un modello di ancoraggio e aggiustamento.

in G. B. Chapman, E. J. Johnson, Incorporating the Irrelevant: Anchors in

Judgments of Belief and Value, in T. Gilovich, D. W. Griffin, D. Kahneman, Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive Judgment, Cambridge University Press, N.Y.

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dimensione dell’altezza ha mostrato di essere influente su entrambe le opzioni, ma maggiormente quando era proprio l’altezza della porta ad essere richiesta.34

Le persone mostrano anche un ancoraggio alla realtà che percepiscono, malgrado siano coscienti che la prospettiva altrui è differente. In uno studio del 2000, Keysar e i suoi colleghi hanno presentato ai soggetti degli scaffali contenenti oggetti, ma con alcune parti occluse da uno dei due lati, in modo che alcuni oggetti visibili da una parte non potessero essere osservati dall’altra.

Il soggetto nel lato A doveva eseguire le direttive del soggetto posto nel lato B, cosciente del fatto che gli ordini ricevuti fossero determinati non dalla propria, ma dalla prospettiva dell’altro, inconsapevole di cosa ci fosse dietro le parti occluse alla vista:

To study the role of perspective in the comprehension process, we distinguished between the perspectives of the director and the addressee by blocking the contents of some of the slots from the director's view […]. For example, if […] all three candles were visible to the addressee, but the director could see only two of them. The smallest candle was occluded from the director's view, so he could not know about it. This perspective difference provided a critical test of the hypothesis. Suppose the director said, "Now put the small candle above it." Clearly, the director would be referring to the small

34 Ivi pp 439-441.

Figura 3: in B. Keysar, D. J. Barr, J. A. Balin, J. S. Braune, Taking perspective in conversation. The Role of Mutual Knowledge in Comprehension, “Psychological Science”,

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candle that he could see. However, if the addressee used an egocentric interpretation strategy, then he or she would initially consider the occluded candle as the intended referent.35

Coerentemente con l’ipotesi, i soggetti hanno mostrato un ancoraggio egocentrico alla propria prospettiva, dirigendo lo sguardo verso la candela non visibile prima che a quella effettivamente indicata dall’altro.

Sempre collegata all’ancoraggio alla propria prospettiva, è l’illusione di trasparenza delle proprie intenzioni, del significato delle parole e della non ambiguità dei propri discorsi. Ad esempio, riguardo al significato delle parole:

Consider the expression to go against traffic.36 Commuters always try to go against traffic, because

then they drive in the opposite direction of the heavy traffic. In other words, when one goes against traffic one drives with relative ease and with no opposition. What is striking about this example is not that it means the opposite of the typical expression that uses 'go against X'. Instead, what is striking about the expression is that it makes perfect sense - it is transparent. Why is it transparent? Because we can tell a story that would make it so. Why did it take us so long to think about this example? Because our intuition told us that when one goes against X, one encounters opposition. This knowledge prevented us from considering alternatives.37

Come per le altre due euristiche, il campo di applicazione dell’aggiustamento e dell’ancoraggio è molto ampio e variegato: varia da effetti molto simili al priming38,39 all’uso consapevole di ancoraggi autogenerati per rispondere a domande in situazione d’incertezza:40

Anchoring effects are among the most robust and ubiquitous psychological phenomena in judgement and decision making. Given the diversity of paradigms that have been used to produce “anchoring effects”, it seems unsurprising that a careful differentiation of different processes that operate in paradigms which involve clearly different judgemental tasks is called for.

35 B. Keysar, D. J. Barr, J. A. Balin, J. S. Braune, Taking perspective in conversation. The Role of Mutual Knowledge in Comprehension, “Psychological Science”, 11.1/ 2000, pp. 32-38.

36 “Against traffic” non corrisponde alla traduzione letterale di “contro il traffico”, ma indica il muoversi in direzione opposta al flusso del traffico.

37 B. Keysar, B. M. Bly, Swimming against the current: Do idioms reflect conceptual structure?, “Journal of Pragmatics”, 31/1999, p. 1576.

38 Cfr. J.L. Bermudez, Cognitive Science. An Introduction to the Science of the Mind, Cambridge University Press, Cambridge 2014, pp 445-476.

39 Cfr. T. Mussweiler, F. Strack, The Use of Category and Exemplar Knowledge in the Solution of Anchoring Tasks, “Journal of Personality and Social Psychology”, 78.6/2000. Pp. 1038-1052.

40 Cfr. N. Epley, T. Gilovich, Putting Adjustment Back in the Anchoring and Adjustment Heuristic, “Psychological Science”, 12/2001, pp. 391–396.

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Despite this variety of judgemental paradigms and contributing mechanisms, however, the accumulated evidence suggests that the selective accessibility mechanism of generating anchor-consistent target knowledge lies at the core of the anchoring phenomenon. The various paradigms that have been used to examine anchoring effects, however, appear to differ with respect to the additional mechanisms they may involve. With a perspective on psychological processes rather than judgemental effects, we may well find that what has previously been considered as instantiations of one judgemental heuristic called “anchoring” is actually a conglomeration of fairly diverse phenomena whose similarity rests solely on the net outcome they produce.41

Sistema 1 e Sistema 2

Una delle difficoltà nel campo delle euristiche è quella di comprendere se il processamento dell’informazione di queste scorciatoie cognitive costituisca o meno un processo cosciente.

Se le prime ricerche sulle euristiche di Tversky e Kahneman sembrano indicare processi inconsci, dalla loro struttura sperimentale risulta difficile inferire cosa precisamente accada nella mente dei soggetti. Inoltre, col proseguire degli studi, certe scorciatoie cognitive sembrano nascondere maggiore ragionevolezza di quanto ritenuto in precedenza. Gigerenzer42 ha mostrato in maniera convincente che certe strategie euristiche, come il take the best, possano portare a buoni risultati con minor dispendio computazionale.

La strategia del take the best mette a confronto una coppia di oggetti, ma esclusivamente riguardo alla presenza di un solo attributo diagnostico conosciuto alla volta: nel caso in cui solo uno dei due oggetti lo possieda, esso viene considerato più rappresentativo; nel caso entrambi o nessuno dei due lo possieda, gli oggetti vengono confrontati attraverso un altro attributo diagnostico. Per esempio, nel determinare quale città americana possieda il numero più alto di senzatetto:

Because Los Angeles has a cue value of 1 for rent control whereas Chicago has a cue value of 0, the rent control cue suggests that Los Angeles has a higher homelessness rate; because Los Angeles does have a higher homelessness rate; this counts as a right inference. Between Chicago and New York, the rent control cue makes a wrong inference. And between Chicago and New Orleans, it does not discriminate – and cannot make an inference – because both cities have 0 cue values for rent control. If we count the number of right and wrong inferences for all possible pairings of the 50 U.S. cities, we

41 Mussweiler-Englich-Strack, Anchoring effect, cit., p. 196.

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find that 90% of the inferences based on rent control are right; thus the cue validity of rent control is .90. Note that we only count as inferences the cases that are discriminated; that is, in which one object has a positive cue value and the other does not. Thus the sum of all right and wrong inferences in the denominator is equal to the number of pairs of cities on which the cue discriminates. […]

However, when Take the Best is used as a model of human inference, the validities are computed only from the cue values the person actually knows (or believes).43

Se le persone sfruttano scorciatoie cognitive del genere, risulta difficile pensare che queste siano completamente inconsce. Lo diventa ancora di più se i soggetti sono capaci di descrivere l’ancoraggio autogenerato che hanno utilizzato per rispondere alle domande delle quali, pur non conoscendo la risposta, avevano informazioni nella loro memoria che potevano essere usate come ancora (“The United States declared its independence in

1776, and it probably took a few years to elect a president, so Washington was elected in . . . 1779.”44).

Per poter comprendere meglio la differenza tra le differenti forme di euristica, alcuni studiosi hanno sentito la necessità di separare i due processi, conscio e inconscio, che spesso nelle scienze cognitive sono accostati al dualismo tra automatico e deliberativo, oppure, per dirla in termini fodoriani, tra informazionalmente incapsulato e simbolico:

The distinction between these two minds can be construed in terms of one of the central puzzles in experimental psychology – whether people are best conceived as parallel processors of information who operate along diffuse associative links, or as analysts who operate by deliberate and sequential manipulation of internal representations. Do we draw inferences through a network of learned associative pathways or by applying some kind of psycho-logic that manipulates symbolic tokens in a

43 Ivi pp. 83-84.

44 Epley-Gilovich, Putting Adjustment etc., cit., p. 391.

Tabella 4: in G. Gigerenzer, J. Czerlinski, L. Martignon, How good are fast and frugal

heuristics?, in J. Shanteau, B. A. Mellers, D. A. Schum, Decision science and technology, Springer, Boston 1999, p. 84.

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rule-governed manner? The debate has raged (again) in cognitive psychology for well over a decade now. It pits those who prefer models of mental phenomena to be built out of networks of associative devices that pass activation around in parallel and distributed form (the way brains probably function) against those who prefer models built out of formal languages in which symbols are composed into sentences that are processed sequentially (the way computers function).45

Nel campo delle euristiche questi due processi vengono chiamati rispettivamente “Sistema 1” e “Sistema 2”. Sloman attribuisce al Sistema 1 un meccanismo di funzionamento di tipo associativo:46

The associative system encodes and processes statistical regularities of its environment, frequencies and correlations amongst the various features of the world. Generally speaking, associative systems are able to divide perceptions into reasonable clusters on the basis of statistical (or at least quasi-statistical) regularities. They treat objects in similar ways to the extent the objects are perceived as similar […]. The primary reason for this is that the degree to which an association is operative is proportional to the similarity between the current stimulus and previously associated stimuli. On this view, associative thought uses temporal and similarity relations to draw inferences and make predictions that approximate those of a sophisticated statistician. Rather than trying to reason on the basis of an underlying causal or mechanical structure, it constructs estimates based on underlying statistical structure.

Attribuisce invece al Sistema 2 un funzionamento rule-based: 47

The computational principles underlying rule-based reasoning are more opaque and more controversial than those of associative reasoning. One such principle, […] is productivity. Rule-based systems are productive in that they can encode an unbounded number of propositions (i.e., rules can be combined with each other to generate an ever-larger set of propositions). To understand this, consider arithmetic, in which we can always generate a new number by adding 1 to the largest number in our set. A second principle is that rules are systematic in the sense that their ability to encode certain facts implies an ability to encode others. For example, if one can reason about John loving Mary, one also has the capacity to reason about Mary loving John. Fodor and Pylyshyn (1988) argue that the productivity, systematicity, and, therefore, compositionality of mental representations necessitate that human reasoning is generated by a language of thought that has a combinatorial syntax and semantics. […]

Rules come in different kinds. Some rules are instructions, like statements in a computer program or a recipe; other rules are laws of nature or society or rules of logic. People are capable of following all of these rules (and of disobeying some). Rules can be normative, telling us how we should behave

45 S.A. Sloman, Two Systems of Reasoning, in Gilovich-Griffin-Kahneman, Heuristics and Biases etc., cit., p. 379.

46 Ivi pp. 380-381. 47 Ivi pp 381-382.

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to reach some prespecified goal (such as the conjunction rule in order to maintain a coherent set of probabilities); or descriptive, telling us how we do behave in certain contexts. In contexts in which a normative rule obviously applies, it usually becomes descriptive as well. So, some rules are handed down to us by our culture, others we make up ourselves, and some are discovered in nature or logic. Humans can understand and apply all of these rules without external support as long as they have become ìnternalized, as long as their analytic machinery has access to and mastery of them.

In termini generali, è possibile dire che il Sistema 1 agisce in maniera quasi-automatica, fornisce risposte in tempi brevi, richiede poca attenzione e sforzo cognitivo, ma non rende possibile il controllo cosciente della computazione: da un input uscirà necessariamente un determinato risultato. Invece il Sistema 2 funziona in maniera simile a un algoritmo dei computer, attraverso la manipolazione d’informazione simbolica, come in un calcolo logico o aritmetico. I simboli possono essere coscientemente manipolati, quindi, al contrario che nel Sistema 1, il processo permette di essere coscienti delle manipolazioni effettuate e, per questo, di modificarle.

Questa formulazione, come accennato sopra, deve molto al modello fodoriano di processamento dell’informazione. Per Fodor la mente è composta a “livello inferiore” da moduli in serie che elaborano l’informazione proveniente dagli organi sensoriali in maniera veloce e automatica, fornendo output precisi a stimoli precisi. Le informazioni d’uscita dei moduli che ricevono direttamente dagli input sensoriali diventano

Tabella 5: in S. A. Sloman, Two Systems of Reasoning, in T. Gilovich, D.W.

Griffin, D. Kahneman, Heuristics and Biases: The Psychology of Intuitive

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informazioni d’ingresso di moduli di livello superiore, che, integrando alcuni degli output dei livelli inferiori, generano poi una nuova risposta automatica da inviare a moduli di livello ancora più alto. La particolarità di questa tipologia di moduli è l’incapsulamento informazionale, cioè l’impossibilità della coscienza di osservare i processi in atto. Proprio per questo motivo, saremmo in grado di percepire una determinata immagine davanti ai nostri occhi, ma non i singoli fotoni che eccitano i bastoncelli e i coni all’interno della retina.

L’elaborazione simbolica e cosciente, invece, sarebbe determinata da un livello superiore di processamento: gli output finali del sistema modulare, vengono convertiti in simboli del language of thought, il linguaggio del pensiero, che permette di manipolare l’informazione, non più incapsulata all’interno di moduli silenziosi. Il vantaggio della manipolazione cosciente però porta, come contrappasso, ad una maggiore lentezza, che rende quest’ultima meno efficiente in compiti che richiedono rapidità di elaborazione.48

Ci sono però anche evidenti differenze col modello proposto da Sloman e quello di Fodor. In particolare nel Sistema 1, quello associativo, che non si riferisce semplicemente ai processamenti di livello inferiore, ma piuttosto a un sistema rapido funzionante in parallelo a quello rule-based: gli individui, a livello superiore, hanno la possibilità utilizzare sia un sistema veloce, automatico e cognitivamente economico (Sistema 1), ma anche di elaborare le stesse informazioni attraverso un sistema più lento e dispendioso, ma capace di evitare gli errori tipici delle euristiche e dei bias cognitivi (Sistema 2).

I due sistemi possono generare risposte contraddittorie, ma, nonostante il Sistema 2 sia più affidabile, forse a causa dell’impegno cognitivo e della lentezza, spesso viene preferito l’uso del Sistema 1.

People are renowned for their willingness to behave in ways that they cannot justify, let alone explain. Instead of performing a complete analysis of their interests, people vote for a politician because they have always for voted for that person or buy an item because it is associated with an image that they would like to project. However, most people only go so far. They would not do something that they consider irrational if it entailed a real penalty or cost. Fewer people buy an item after it has been linked to cancer. So, on one hand, people “follow their noses” by allowing associations to guide them; on the other hand, they are compelled to behave in a manner more justifiable. The fact that people are pulled in two directions at once suggests two forces pulling.49

48 Cfr. J.A. Fodor, The language of thought, Thomas Crowell Company, New York, 1975.

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Diversi studi mostrano come, forzando i soggetti a prestare maggiore attenzione ai compiti proposti, il numero di errori cali50.

Riprendendo un esperimento di Revlin, Leirer, Yopp e Yopp, gran parte dei lettori, se davanti al sillogismo presentato sotto, dovessero scegliere tra le opzioni quella vera:

Premesse

- Nessun governatore statunitense è membro dell’Harem Club. - Alcuni sceicchi arabi sono membri dell’Harem Club.

Quindi:

a. Tutti gli sceicchi arabi sono governatori statunitensi. b. Nessuno sceicco arabo è un governatore statunitense. c. Alcuni sceicchi arabi sono governatori statunitensi. d. Alcuni sceicchi arabi non sono governatori statunitensi. e. Nessuna delle affermazioni sopra è valida.51

Ad una prima occhiata veloce potrebbero pensare che la b sia la risposta corretta, quando, in seguito a una visione più attenta e secondo le regole sillogistiche, la reale soluzione è la d. Questo può essere considerato un esempio concreto di come operino i Sistemi 1 e 2.

Both systems are supposed to operate in parallel, with System 1 always running and System 2 occassionally supplementing or overriding System 1. In this framework, the classical heuristics could be considered to be more connected to System 1 and the fast and frugal heuristics to System 2. More precisely, System 1 is thought to provide “natural assessments” that are based on general purpose heuristics (like affect, availability, causality, fluency, similarity, and surprise), while System 2 may supply “strategies or rules that are deliberately chosen to ease computational burden”. To me, this new perspective looks promising, but it could be a tedious if not impossible task

to satisfactorily disentangle the two systems.52

Sebbene questi modelli duali siano suggestivi, un’analisi critica dei loro dualismi porta ad evidenziarne le debolezze.

Il modello fodoriano è stato criticato per la propria rigidità, ad esempio attraverso il modello di ridescrizione rappresentazionale di Karmiloff-Smith, secondo il quale i moduli non sono rigidamente inaccessibili, ma possono essere rielaborati, spacchettando

50 Cfr. sez. 1.1 sopra, Il Problema di Linda.

51 R. Revlin, V. Leirer, H. Yopp, R. Yopp, The belief-bias effect in formal reasoning: The influence of knowledge on logic, “Memory & Cognition”, 8,6/1980, p. 589. 52 R.F. Pohl, Introduction: Cognitive illusions in Pohl, Cognitive Illusions etc., cit., p.

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i processi al loro interno e ricomponendoli in nuovi moduli, oppure utilizzando l’informazione spacchettata all’interno di un processamento cosciente.53

Non è facile, nella vita quotidiana, riuscire a individuare il confine tra pensiero cosciente e quello informazionalmente incapsulato. Allo stesso modo, una netta divisione tra Sistema 1 e 2 sembra difficile da individuare durante un’attività pratica.

Inoltre, è necessario considerare la sofisticazione, cioè l’esperienza che gli individui possiedono in un determinato campo. Negli studi delle illusioni cognitive è stato dimostrato che soggetti sofisticati in campo statistico commettono meno errori.54 Ma, da lavori sul decision making, piuttosto che un utilizzo del pensiero di livello superiore, sembra che questi soggetti sappiano semplicemente usare una forma più efficiente di scorciatoie cognitive. Uno studio di DeGroot del 1965 suggerisce che:

The main difference between [chess] grandmasters and players of average strength is the speed of recognizing the central issue in each position. Where lesser players tend to spend considerable time on unimportant options, the best players almost immediately see what the real problem is. That’s their talent, or rather their competence, acquired during long years of training and competition.55

Invece di utilizzare il Sistema 2, gli esperti di un determinato settore spesso sembrano semplicemente impacchettare e processare l’informazione in modalità più adeguate, tramite procedimenti assimilabili a quelli che suggerisce la Karmiloff-Smith per la comprensione del linguaggio scritto: sembra improbabile che gli esseri umani abbiano un modulo innato per la comprensione dei caratteri, è più plausibile che alcuni circuiti neurali primitivi vengano cablati diversamente per rispondere ai compiti che si sono presentati solo tardivamente nella storia dell’uomo.56

Tornando alle capacità degli esperti, possiamo riassumerle in questo modo:

1. Experts excel mainly in their own domain.

2. Experts perceive large meaningful patterns in their domain.

3. Experts are fast: they are faster than novices at performing the skills of their domain, and they quickly solve problems with little error.

4. Experts exhibit superior short-term and long-term memory performance.

53 Cfr. A. Karmiloff-Smith, Oltre la mente modulare. Una prospettiva evolutiva sulla scienza cognitiva, Il Mulino, Bologna 1995

54 Cfr. Tversky-Kahneman, Extensional versus Intuitive Reasoning, cit., pp. 293-315. 55 S. Noorda, Preface in A. DeGroot, Thought and Choice in Chess, Amsterdam

University Press, Amsterdam 2008.

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5. Experts see and represent a problem in their domain at a deeper (more principled) level than novices; novices tend to represent a problem at a superficial level.

6. Experts spend a great deal of time analysing a problem qualitatively. 7. Experts have strong self-monitoring skills.57

Queste prospettive rendono difficile pensare al processamento come un semplice sistema

duale lento/veloce, inconscio/cosciente oppure automatico/deliberativo.

Malgrado ciò, seppur necessitando di elaborazioni più complesse e articolate, queste teorie rimangono uno stimolo ed uno strumento utile ad una maggiore comprensione di come produciamo i nostri giudizi.

Conclusioni

Abbiamo osservato come non sempre i nostri giudizi si conformino ai risultati validi a livello normativo. Le tre euristiche di Tversky e Kahneman sembrano fornire una prima cornice descrittiva, utile a interpretare l’enorme numero di differenti situazioni nelle quali queste scorciatoie cognitive si presentano. La principale critica che può essere rivolta a questi modelli è la loro generalità, cioè la possibilità di includere in queste costruzioni teoriche una varietà di fenomeni troppo differenti fra loro, rendendone difficile la verificabilità ed anche la falsificabilità. Sicuramente questa obiezione ha una sua validità ma, contemporaneamente non elimina il valore di queste generalizzazioni.

Come la gestalt, nonostante la genericità dei suoi principi, ha permesso di mettere a fuoco alcuni fenomeni nuovi nel campo degli studi della percezione visiva,58 così le tre euristiche hanno fatto a livello dell’elaborazione cognitiva umana: hanno contribuito al superamento di un approccio teorico-normativo, evidenziando la necessità di partire dallo studio sperimentale, piuttosto che da regole astratte elaborate da esperti, per comprendere le modalità di ragionamento delle persone. Ormai le discipline collegate alle scienze umane devono fare i conti con la consapevolezza che l’uomo non può essere studiato da una stretta prospettiva di razionalità assoluta. Se le tre euristiche non spiegano esaustivamente i fenomeni sui quali si propongono di fare luce, perlomeno riescono a facilitarne la comprensione.

57 S. I. Robertson, Problem Solving, Psychology Press, N.Y. 2001, p. 167.

58 Cfr. G. Kanizsa, Grammatica del vedere: saggi su percezione e gestalt, Il Mulino, Bologna 1980.

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Lo stesso possiamo affermare per la distinzione tra Sistema 1 e Sistema 2: è una generalizzazione che, se articolata, difficilmente riesce a stare in piedi, ma al contempo permette di mettere a fuoco come nella mente siano individuabili differenti forme di cognizione, con livelli di rapidità e precisione differenti. Queste astrazioni concettuali, pur con i loro limiti, permettono di strutturare e dare un nome a un insieme altrimenti infinito di casi particolari.

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2 / Oltre le tre euristiche classiche

Gli errori nei risultati del processamento di informazione non sono limitati alle tre macrocategorie proposte da Tversky e Kahneman. Nell’ultimo mezzo secolo la ricerca sui fenomeni di bias e di euristica li ha moltiplicati e diversificati, a tal punto da renderne molto impegnativa e complessa una strutturazione completa e sistematica. A questa difficoltà si aggiunge il problema della selezione dei fenomeni realmente significativi dai risultati condizionati dal metodo sperimentale utilizzato. Inoltre, come abbiamo visto, certe stranezze e singolarità della cognizione umana si rivelano, più che errori incomprensibili, delle strategie ragionevoli in situazioni che prevedono capacità di processamento limitata.

Note that models, as elements of the theoretical framework of a study, are subject to discussion. They are not necessarily intangible. What is called a bias today may very well lose that status tomorrow if, say, the current framework appears too simplistic, naïve, or based on some superficial apprehension of the situation and the involved processing. In such a situation, the notion of bias loses its relevance.59

Senza certo la pretesa di fare un affresco completo delle fallacie cognitive, questo capitolo si concentrerà solo su alcune di queste, in modo da permetterci di delineare almeno un’idea generale sull’ampiezza del fenomeno.

2.1 Il confirmation bias

Il confirmation bias consiste nella tendenza delle persone a cercare nuove informazioni che confermino, piuttosto che falsificare,60 le teorie che hanno:

“Confirmation bias” means that information is searched for, interpreted, and remembered in such a way that it systematically impedes the possibility that the hypothesis could be rejected – that is, it fosters the immunity of the hypothesis. Here, the issue is not the use of deceptive strategies to fake data, but forms of information processing that take place more or less unintentionally.

L’esempio classico citato per questa tipologia di bias è l’esperimento del 1960 di Wason, nel quale viene chiesto ai soggetti di individuare la regola che si nasconde dietro alla

59 J.-P. Caverni, J.-M. Fabre, M. Gonzalez, Cognitive biases: Their contribution for understanding human cognitive processes in J.-P. Caverni, J. M. Fabre, M. Gonzalez, Cognitive biases, North Holland, Amsterdam 1990, pp. 8-9.

60 M. E. Oswald, S. Grosjean, Confirmation Bias, in Pohl, Cognitive Illusions etc., cit., p. 79.

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