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Sistema 1 e Sistema 2

2.3 L’illusione di controllo

L’illusione di controllo corrisponde alla credenza che un individuo possiede nella propria possibilità d’influenzare eventi casuali come, ad esempio, quando i compratori di gratta-e-vinci compiono i loro rituali scaramantici per aumentare le probabilità di vittoria. In altre parole, “illusions of control occur when individuals overestimate their personal influence over an outcome”.78

Langer, in uno dei primi studi sull’argomento, mostrò come le persone commettessero un errore nella percezione dell’influenza di capacità personali in compiti completamente casuali:

When a chance situation mimics a skill situation, people behave as if they have control over the uncontrollable event even when the fact that success or failure depends on chance is salient. A lottery provides a vehicle for studying this illusion of control because, apart from the decision of whether or not to buy a ticket, the outcome is entirely governed by chance. If one could exert control over the outcome of a lottery, one would increase the likelihood of having one's ticket selected. This ticket would then be of greater value than a ticket belonging to someone without this control. And if it were of greater value, it then follows that one would require a higher price from a potential buyer.79

In uno dei suoi esperimenti diede ad alcuni soggetti un biglietto della lotteria, a metà di questi veniva fatto scegliere quale biglietto prendere, all’altra metà no. La mattina del sorteggio venne chiesto loro il prezzo al quale avrebbero venduto il biglietto: risultò che il prezzo di vendita di chi lo aveva scelto era in media circa quattro volte superiore rispetto a quelli che non lo avevano fatto.80

Sempre sullo studio dell’illusione di controllo nelle scommesse, più recentemente è stato mostrato come i soggetti siano maggiormente disposti a delegare la propria azione in una scommessa ad un soggetto considerato fortunato rispetto ad uno non considerato tale:

77 K. Fiedler, Illusory Correlation, in Pohl, Cognitive Illusions etc., cit., p. 111. 78 S.C. Thompson, Illusions of control, in Pohl, Cognitive Illusions etc., cit., p. 124. 79 E.J. Langer, The illusion of control, “Journal of Personality and Social Psychology”,

32.2/1975, pp. 315-316. 80 Ivi p. 316.

[…] if participants believe that their chance of winning is better than average, ‘then it would seem that they were treating the task as controllable’ […]. Consistent with our predictions, participants in the lucky-proxy condition reported a greater prospect of winning […] than did participants in the control condition […]. Participants in the lucky-proxy condition believed that the confederate was a luckier person […] than did participants in the control condition. Importantly, there was no difference between the lucky-proxy […] and control conditions […] for participants’ beliefs about their own personal luck.81

L’illusione di controllo, come anche gran parte dei bias e delle euristiche, può essere messo in relazione con altri fenomeni. Il primo, che abbiamo già osservato, è il

covariation bias. Se quest’ultimo è la credenza in una relazione tra eventi indipendenti,

l’altro è l’illusione che certi eventi determinati dalle nostre azioni influiscano su eventi casuali. Questo accade maggiormente quando vengono ottenuti successi durante i primi tentativi: indovinare una serie iniziale di lanci iniziali di “testa o croce” porta a una maggiore illusione di controllo.82

Inoltre, se i soggetti ritengono esista una relazione tra un’azione e un risultato, continueranno a cercare di sfruttare questa relazione anche quando sarà evidente che essa non sussiste o, se presente in passato, non sussiste più. I partecipanti a un esperimento di Rudski del 2001, durante un compito del test, continuavano a premere la levetta collegata all’accensione di una lampada, anche quando questa veniva disattivata e la luce si accendeva in maniera casuale, 83 fenomeno non molto diverso dai giocatori delle slot machine che premono compulsivamente e inutilmente il tasto di avvio, malgrado lo scorrere delle immagini sullo schermo sia ormai indipendente da input esterni. Sempre nello stesso studio, Rudski sottolinea la convinzione dei partecipanti nella possibilità di migliorare la performance nello svolgimento di un compito determinato dal caso.84

Una seconda relazione possiamo trovarla tra l’influenza della volontà di ottenere un determinato risultato e i nostri giudizi, fenomeno chiamato desirability bias,85 che, come

81 M.J.A. Wohl, M.E. Enzle, Illusion of control by proxy: Placing one’s fate in the hands of another, “British Journal of Social Psychology”, 48/2009. pp. 188-189.

82 Cfr. E.J. Langer, J. Roth, Heads I Win, Tails It's Chance: The Illusion of Control as a Function of the Sequence of Outcomes in a Purely Chance Task, “Journal of Personality and Social Psychology”, 32.6/1975, pp. 951-955.

83 Cfr. J. Rudski, Competition, Superstition and the Illusion of Control, “Current Psychology: Developmental - Learning - Personality - Social”, 20.1/2001, pp. 68-84. 84 Ibidem.

85 Cfr. D.V. Budescu, M. Bruderman, Illusion of Control and the Desirability Bias, “Journal of Behavioral Decision Making”, 8/1995, pp. 109-125.

abbiamo accennato, influenza anche il confirmation bias. Nell’esperimento effettuato da Brudescu e Bruderman, la relazione tra illusione di controllo e desirability bias ha però mostrato di essere significativa solo per il test one-shot, cioè quello che non richiedeva la ripetizione dello stesso compito più di una volta.86 Una possibile critica a questo studio è che il compito in questione consisteva nel pescare una carta da un mazzo e, se questa era rossa, ricevere una ricompensa: un compito abbastanza elementare, così banale che tutti possono, più o meno chiaramente, possedere un’idea sulla completa casualità del pescare una carta, limitando i possibili effetti dell’illusione di controllo. 87

La stessa critica può essere mossa ad un altro studio di Koehler a sostegno della validità dell’illusione di controllo solo nei test one-shot: il compito consisteva nel lancio di un dado e, anche in questo caso, l’illusione calava con l’aumento del numero delle ripetizioni del compito.88 In questo studio si trova tuttavia un’affermazione interessante riguardo ad un altro aspetto:

Post-experimental interviews with subjects revealed that most subjects did not believe that differences in degree of personal control influenced their decisions […]. Although such a belief appears to run contrary to our data.89

Nonostante i soggetti nei compiti one-shot sapessero che le probabilità erano indipendenti dalla loro azione, si sono comportati come se possedessero un’illusione di controllo. Queste interviste potrebbero suggerire l’esistenza di due processi di elaborazione che operano in contemporanea, quali il Sistema 1 e Sistema 2 presentati precedente, il primo basato su euristiche e il secondo su calcolo probabilistico. Naturalmente questa suggestione è a un livello puramente speculativo.

Anche se a un occhio esterno e in un contesto sperimentale l’illusione di controllo possa sembrare irragionevole, in un ambiente ecologico potrebbe essere un vantaggio: in condizioni d’incertezza, la convinzione che le proprie azioni possano modificare l’ambiente può risultare evolutivamente e motivazionalmente vincente rispetto ad una

86 Ivi p. 115

87 Un altro possibile fattore che può influenzare le valutazioni dei soggetti in questo test è la ragionevole convinzione, perlomeno nei primi tentativi, di non trovarsi di fronte ad un mazzo di carte normale, trovandosi essi in un contesto sperimentale piuttosto che all’interno della loro vita quotidiana.

88 Cfr. J.J. Koehler, J.B. Gibbs, R.M. Hogarth, Shattering the illusion of control: Multi- shot versus single-shot gambles, “Journal of Behavioral Decision Making”, 7/1994, pp. 183-192.

sensazione d’impotenza. La spinta ad agire per tentativi ed errori spesso porta a migliori risultati rispetto all’inattività e, anche a rischio di arrivare a conclusioni sbagliate e scelte peggiori, ha maggiore possibilità di migliorare il controllo che l’individuo o il gruppo possiedono sull’ambiente.

Rudski, nel suo studio, suggerisce che non ci sia un legame diretto tra l’illusione di controllo e i comportamenti superstiziosi:

Superstitious beliefs created in the current experimental procedure appear to be quite different from commonly held superstitions. People who held the more traditional-type superstitions such as having lucky charms or lucky numbers were no more likely to act or think superstitiously than those who did not. However, these traditional (i.e., lucky numbers and charms) were associated with each other. Furthermore, people who reported having a lucky number were also more likely to refrain from saying something for fear of jinxing oneself. This dissociation of results suggests that superstitious responding which is studied in the laboratory may be quite different from what is typically perceived to be superstition in everyday life.90

Questa posizione viene supportata dal fatto di non aver trovato una correlazione tra uso di superstizioni tradizionali e i comportamenti superstiziosi (cioè non supportati da un’efficacia empirica) nei compiti svolti all’interno del suo esperimento.

Anche se questa conclusione è metodologicamente valida, equilibrata e ben ponderata, la ritengo, a livello speculativo, piuttosto miope. Come ormai dovrebbe essere evidente dai temi trattati fino ad ora, i bias e le euristiche, anche all’interno di un certo individuo, possono presentarsi o meno a seconda del contesto e della sofisticazione nel determinato campo di applicazione.

Già negli scimpanzé esiste una forma di cultura, cioè la capacità di trasferire da un individuo ad un altro certi comportamenti utili e non geneticamente determinati, come l’uso di piccoli stecchi per cacciare le termiti.91 Nell’uomo, come numerosi studi di antropologia hanno mostrato, comportamenti sia utili che inutili vengono trasferiti da un individuo all’altro, aiutandoli a strutturare la propria codificazione della realtà.

Piuttosto quindi che limitarsi a sottolineare una quasi scontata differenza tra l’utilizzo di comportamenti superstiziosi individuali e la fiducia in quelli tradizionali (che mi sembra tanto ingenuo quanto, in uno studio sulla rappresentatività, inserire nello stesso

90 J. Rudski, Competition, Superstition and the Illusion of Control, in “Current Psychology: Developmental - Learning - Personality – Social”, 20.1/2001, p. 83. 91 W.C. McGrew, Behavioral diversity in populations of free-ranging chimpanzees in

campione individui statisticamente sofisticati e non), sarebbe stato più interessante se questa constatazione fosse stata accompagnata da un auspicio alla ricerca sulla determinazione dell’illusione di controllo come precursore del comportamento superstizioso tradizionale, magari interpretando il secondo come una forma culturalmente determinata del primo. D’altronde, se l’utilizzo delle regole statistiche è dipendente dal contesto e dalla sofisticazione, perché la pratica di un comportamento superstizioso non dovrebbe esserlo? Se possiamo essere educati ad una sofisticazione normativamente valida, non è possibile che un individuo possa essere condizionato da una sofisticazione non funzionale, tale da spingere le persone sia a mettere a fuoco pacchetti [chunks] d’informazione scorretti, sia a sviluppare processamenti non efficienti?