• Non ci sono risultati.

L'effettività del diritto (privato) europeo nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo. Analisi di un concetto indeterminato.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'effettività del diritto (privato) europeo nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo. Analisi di un concetto indeterminato."

Copied!
241
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Dottorato in Scienze Giuridiche

Curriculum di Diritto Privato – XXX ciclo

L’effettività del diritto (privato) europeo nella

giurisprudenza della Corte di Lussemburgo.

Analisi di un concetto indeterminato.

Candidata:

Francesca Episcopo

Tutor:

Chiar.ma Prof.ssa Valentina Calderai

(2)

1

SOMMARIO

PREMESSA 5

CAPITOLO I – RAGIONI E METODO DI UNA RICERCA 13

1. L’effettività nello scenario giuridico attuale 13

2. Alcune premesse metodologiche 15

3. I caratteri dell’effettività 17

3.1. Struttura sintattica e nucleo semantico 17

3.2. Indeterminatezza 20

3.2.1. Ambiguità 20

3.2.2. Vaghezza 26

3.2.3. Contestability 29

4. I contesti discorsivi dell’effettività 30

4.1. La definizione del concetto di diritto 32

4.2. Il giudizio sulla validità del diritto 34

4.3. Il giudizio sull’esistenza del diritto 37

4.4. Il ruolo dell’effettività nella determinazione e nella tutela dei diritti 38

5. Obiettivi e struttura della ricerca 42

CAPITOLO II – L’EFFETTIVITÀ DELLE NORME DI DIRITTO EUROPEO 46

1. Premessa 46

2. L’affermazione della dottrina degli effetti diretti e del primato del diritto

comunitario 50

2.1. Van Gend en Loos 52

2.2. Costa 55

2.3. Simmenthal 56

3. «The Triple Expansion of Direct Effect» 58

3.1. La tipologia di norme interessate 58

3.2. La tipologia dei rapporti interessati: l’efficacia orizzontale 60

3.2.1. Le diposizioni dei Trattati 60

3.2.2. I principi generali e le disposizioni della Carta di Nizza 65

3.2.3. I regolamenti e le decisioni 70

(3)

2 CAPITOLO III – L’EFFETTIVITÀ DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE 86

1. Premessa 86

2. L’effettività della tutela giurisdizionale come criterio di valutazione

dell’autonomia procedurale degli Stati membri 89

2.1. L’affermazione del doppio test di equivalenza ed effettività 91

2.2. L’evoluzione del Rewe-Comet test 93

3. La conformazione del sistema di rimedi e procedure alla luce degli interventi

della Corte di giustizia 99

3.1. La strategia alternativa: l’effetto utile dell’effetto diretto 100

3.2. Il sindacato sui profili processuali 104

3.2.1. L’effettività della tutela nella definizione dei poteri giudiziali a fronte di una clausola

vessatoria 107

4. L’effettività della tutela come principio e diritto fondamentale 111

4.1. L’affermazione del principio di effettività della tutela e l’introduzione dell’art. 47 CDFUE 111

4.2. L’effettività della tutela come standard di judicial review del diritto nazionale 115 4.3. L’effettività della tutela come standard per la judicial review del diritto europeo 121

CAPITOLO IV – USI, COMMISTIONI, DISCORSI 128

1. Premessa 128

2. Commistioni 129

2.1. Le interazioni tra Rewe-effectiveness e principio-diritto a una tutela e a un rimedio

giurisdizionale effettivi 129

2.2. L’interazione tra l’effettività delle norme di diritto sostanziale e l’effettività del diritto

dell’Unione complessivamente considerato 133

2.3. L’interazione tra effettività delle norme e dell’ordinamento comunitario e effettività della

tutela 136

3. Discorsi 138

3.1. L’effettività come elemento per la definizione del diritto: la determinazione della realtà

fattuale e della realtà giuridica 139

3.2. L’effettività come elemento per il giudizio sulla validità del diritto: la norma giuridica 141 3.3. L’effettività come elemento per il giudizio sull’esistenza del diritto: l’ordinamento giuridico

e la forza normativa della Corte di giustizia 144

3.4. L’effettività come criterio orientativo per la determinazione e la tutela dei diritti 146

4. «The Double life of Effectiveness» rivisitata e il nesso mancante tra diritti e

rimedi 147

5. La retorica dei diritti fondamentali e della loro tutela. Verso un’autonomizzazione

(4)

3 CAPITOLO V – LO STATUTO NORMATIVO DELL’EFFETTIVITÀ E I SUOI ABUSI. LA PROSPETTIVA EUROPEA E QUELLA NAZIONALE. 159

Premessa 159

Per una teoria normativa dell’effettività: il diritto privato europeo 160

Due studi preliminari 160

Un tentativo di generalizzazione 163

2.2.1. L’effettività come canone decisionale, interpretativo, giustificativo 163

L’uso argomentativo dell’effettività 168

2.3.1. Pars destruens 168

2.3.2. Pars construens? 180

Dall’Europa agli Stati membri. Come interpretare l’effettività nel diritto privato

italiano? 182

L’effettività nel diritto privato nazionale: il contesto 182

Il giudice nazionale e il «principio» europeo di effettività 187 3.2.1. La portata normativa del principio di effettività europea nel diritto privato nazionale 188

Un working case: la rilevazione ex officio della nullità 195

Conclusioni. Il ruolo dell’argomentazione nella costruzione del diritto e il

controllo della dottrina 200

BIBLIOGRAFIA 207

(5)

4

ABSTRACT

Il presente lavoro ha per tema il significato e la portata del c.d. principio di effettività, per individuare (i) quando il suo uso da parte della Corte di giustizia è legittimo e quando invece esso appare abusivo, e (ii) in che misura, e con quali limiti, il giudice nazionale è tenuto a darvi applicazione e farsene co-autore nelle controversie di diritto privato.

A tal fine, il primo capitolo pone le necessarie premesse metodologiche di analisi del linguaggio giuridico, individuando quattro principali tipologie di discorso in cui il richiamo all’«effettività» riveste un ruolo fondamentale (la definizione del concetto di diritto, il giudizio sulla validità del diritto, il giudizio sull’esistenza del diritto, la determinazione e la tutela dei diritti). Il secondo e terzo capitolo analizzano gli usi del criterio di effettività nella giurisprudenza della Corte di giustizia, organizzandoli secondo due principali direttrici di indagine, corrispondenti ai due principali referenti: l’effettività delle norme di diritto europeo e l’effettività della tutela giurisdizionale. Il quarto capitolo valuta la coerenza di tali usi sia rispetto al livello interno del discorso, sia in relazione all’assetto politico-istituzionale di riferimento, al fine di specificare tanto i significati quanto le funzioni che la Corte attribuisce, legittimamente o illegittimamente, all’effettività. Il quinto capitolo abbozza uno statuto normativo dell’effettività nella giurisprudenza europea – come canone interpretativo, decisionale e giustificativo – e individua alcune ipotesi di potenziale abuso. Il risultato dell’indagine è impiegato infine, secondo la struttura dialettica della comparazione, per valutare l’uso dell’effettività nel diritto privato nazionale.

* * * * *

The subject of this dissertation is the meaning and scope of the «principle of effectiveness», to identify (i) when its use by the Court of Justice is legitimate and when it appears to be abusive, and (ii) to what extent, and under which conditions, national judges shall apply it, contributing to its realization, in disputes involving private parties.

To this end, the first chapter sets the methodological framework of language analysis, identifying four types of «discourses» in which the concept of effectiveness comes into play (the concept of law, the conditions of its validity, the requirements for the existence of a legal system, the legal protection of individual rights). The second and third chapters analyze the uses of effectiveness in the case law of the Court of Justice, organizing them into two different cathegories: the effectiveness of the rules of European law and the effectiveness of judicial protection. The fourth chapter assesses the coherence of these uses with regard to the discourses in which they feature, and in relation to the political and institutional framework, to specify the meanings and functions legitimately or illegitimately assigned to effectiveness by the Court. The fifth chapter outlines the normative statute of effectiveness – as a decisional, interpretative and justificatory criterion – and identifies various hypotheses of potential abuse. The results of such analysis are finally used, in dialectical terms, to evaluate the use of effectiveness in national private law.

(6)

5

PREMESSA

«All kinds of reasoning consist of nothing but a comparison and a discovery of those relations, either constant or inconstant, which two or more objects bear to each other»

D.HUME, Treatise of Human Nature (1888), 73

L’interesse che anima la presente tesi è nato nelle aule del Palazzo dei Mille a Pisa, ove – a pochi mesi dal concorso dottorale – ho avuto l’occasione di ascoltare una lezione su «Effettività della tutela giurisdizionale, concretizzazione delle clausole generali e diritto europeo dei contratti»1. Il tema dell’effettività, tutt’altro che nuovo già all’epoca di quella

scoperta, era destinato a catalizzare l’attenzione della dottrina giusprivatistica e molti dei contributi che hanno stimolato il mio ragionare sono coevi alla ricerca. Si può dire anzi che il crescente richiamo all’effettività nel discorso dei giuristi2 abbia contribuito a determinare

non solo l’oggetto di indagine, ma ancor più le modalità con cui si è svolta.

Questa prima considerazione giustifica la natura in un certo senso ancipite del lavoro, sintesi di due distinte prospettive di studio dell’effettività nel diritto privato.

La prima prospettiva ha come focus principale l’analisi del discorso giuridico. Giurisprudenza e dottrina sembrano considerare l’effettività come un criterio ermeneutico capace di governare i complessi sviluppi della realtà normativa. Tuttavia, sebbene l’effettività offra manifestazioni sempre diverse, finanche all’interno della medesima disciplina, il suo significato è raramente esplicitato, quasi fosse ovvio. Chi si accosta al concetto con animo indagatore ha così l’impressione di posare lo sguardo su uno specchio dalla superficie opaca e irregolare, che restituisce non uno ma molteplici riflessi, tutti sfocati. Di qui la convinzione che l’attuale discorso sull’effettività debba essere sottoposto a un vaglio critico, una vera e propria operazione di pulizia concettuale, capace di mettere ordine tra molteplici richiami e tracciare la linea sottile che separa l’uso dall’abuso. Una tale indagine, se portata avanti con la dovuta completezza, esulerebbe per portata e tempistiche dagli angusti spazi a disposizione di una tesi di dottorato. Essa inoltre rischierebbe probabilmente di lasciare insoddisfatto chi, non a torto, concepisce lo studio dottorale come

1 PAGLIANTINI, Effettività della tutela giurisdizionale, concretizzazione delle clausole generali e diritto europeo dei

contratti, lezione tenuta durante la Summer School Private Law and Fundamental Rights after the Lisbon Treaty, tenutasi presso la Università di Pisa, nel luglio 2014.

2 Per un’attenta analisi del ruolo dei giuristi (giudici, accademici, e pratici del diritto in generale) nella formazione del

diritto, si richiamano LOMBARDI VALLAURI, Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, 1967 e GENTILI, Il diritto come

(7)

6

una ricerca di risposte concrete a problemi (anche) pratici3, a causa della scelta di una

prospettiva esclusivamente teorica. Il che ci porta a indentificare la seconda linea di indagine del presente lavoro.

Se di effettività si parla in molteplici settori disciplinari, e con diverse modalità, essa riveste un ruolo di particolare rilievo nel diritto privato europeo. Pur in assenza di un ancoraggio positivo, la Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha fatto espresso riferimento all’esigenza di effettività del diritto comunitario fin dalla storica Van Gend en Loos e col tempo – complice il medium istituzionale dall’art. 267 del Trattato sul

Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) – ha fornito a quella istanza un’articolazione, una pervasività e una risonanza tali da indurre i giuristi a indagare le propagazioni che il cd. «principio di effettività» innesca, o è capace di innescare, nella giurisdizione civile nazionale. Come si avrà modo di trattare estensivamente, l’effettività ha costituito la ratio per la

creazione ed espansione dell’effetto diretto, così come delle dottrine a esso associate (l’effetto diretto-quasi orizzontale, l’effetto diretto incidentale, l’obbligo di interpretazione conforme, l’effetto utile dell’effetto diretto)4; contemporaneamente, essa ha supportato

l’elaborazione della tutela giurisdizionale quale come limite all’autonomia procedurale degli Stati membri, principio generale e diritto fondamentale5.

Il fenomeno è oltremodo complesso e coinvolge sia la dimensione particolare del diritto – la risoluzione di specifiche controversie giudiziali – sia profili di vera e propria

Methodenlehre: la teoria dell’interpretazione, il ruolo e i limiti della private law adjudication, il

rapporto tra forma e sostanza giuridica, la selezione di forme e tecniche di tutela, nonché quella complessità disordinata delle fonti magistralmente definita «compendio di tutti gli altri problemi giuridici»6. Tali questioni si proiettano in due direzioni, corrispondenti

appunto ai livelli – europeo e nazionale – su cui la giurisprudenza della Corte esercita i propri effetti. Nella prospettiva europea, la rilevanza dell’effettività sollecita l’interprete a interrogarsi sulla natura e sui limiti di tale canone normativo, con particolare riguardo alla sua compatibilità rispetto ai principi di attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità, nonché ai margini del suo impatto nelle relazioni tra privati. A livello nazionale, la possibilità di recepire il principio di effettività – disapplicando una norma nazionale o orientandone la costruzione in via interpretativa –, e finanche di amplificarne l’eco verso il diritto non armonizzato, impone di analizzare criticamente l’impatto del diritto europeo, individuando

3 Anche se – si potrebbe obbiettare – non è certo uno studioso estraneo al rigore positivistico ad aver sostenuto che

«[l]a scienza giuridica per essere veramente pratica deve avere il coraggio di sondare unpraktischen Dinge»: MESSINA,

L'interpretazione dei contratti, Macerata, 1906, ora in Scritti giuridici, V, Milano, 1948, 153 (richiamato da CALDERAI,

Interpretazione dei contratti e argomentazione giuridica, Torino, 2008, 329).

4 Cap. II. 5 Cap. III.

6 BRECCIA, Immagini della giuridicità contemporanea tra disordine delle fonti e ritorno al diritto, in Immagini del diritto privato - Volume I. Teoria generale, fonti, diritti. Scritti di Umberto Breccia, Torino 2013, 66, 68.

(8)

7

i limiti entro i quali esso sia normativamente giustificato e opportuno, e le modalità con cui il giudice nazionale debba combinare i diversi strumenti che confluiscono nel suo complesso e mutevole strumentario7.

Questi, dunque, gli interrogativi pratici ai quali – con quelli di carattere più teorico – dobbiamo rispondere: quando è legittimo l’uso del principio di effettività da parte della Corte di Giustizia e quando invece esso appare abusivo; in che misura, e con quali limiti, il giurista nazionale è tenuto a darvi applicazione e farsene co-autore. Di qui la natura ancipite del lavoro: con un gioco di specchi e prospettive incrociate, il profilo teorico della ricerca – la volontà di chiarire usi essenzialmente promiscui e approssimativi dell’effettività nel linguaggio giuridico – si interseca e plasma la soluzione del problema pratico, vale a dire, l’individuazione dei profili di legittimità nell’uso giudiziale dell’effettività nel diritto privato europeo, tanto nella sua formulazione, quanto nella sua recezione.

Nel panorama nazionale si riscontrano valutazioni contrapposte del crescente ruolo dell’effettività8. Un primo orientamento considera il fenomeno come espressione di una

logica garantista, tipica del fundamental rights discourse: esso porterebbe un generale

innalzamento del livello della tutela delle situazioni giuridiche aventi fonte nel diritto comunitario, costituendo allo stesso tempo il riflesso di una tendenza personalistico-solidarista in atto e il medium della sua affermazione9. In questo senso, la versione europea

dell’effettività sarebbe complementare al principio costituzionale espresso all’art. 24 Cost., e con esso intrinsecamente compatibile. Ecco perché – the argument goes – il giudice nazionale

sarebbe tenuto, anche attraverso l’applicazione diretta del principio nelle controversie tra privati, a garantire un rimedio effettivo alle situazioni giuridiche di cui viene chiesta tutela. Addirittura, questa operazione dovrebbe avere delle ricadute oltre i confini del diritto privato europeo, offrendo l’occasione per elaborare un’«ermeneutica dell’effettività»10 – con

varianti più o meno antiformalistiche – destinata a interessare l’ordinamento nel suo complesso. Con toni diametralmente opposti, vi è invece chi vede nell’effettività la manifestazione dell’odierna «eclissi del diritto civile»11: in quanto strumento di

interpretazione autonoma, essa avrebbe permesso alla Corte di Giustizia di trasformarsi da organo dello ius-dicere a superlegislatore, realizzando un’armonizzazione asfittica e

7 «Choosing between competing or differently labelled sources of law is hardly a new challenge for any judge,

especially one in a Member State of the European Union. […] In short, which legal toolbox(es) can the judge open and how should the bits of the kit inside be handled?» ROSS, Effectiveness in the European legal orders(s): beyond supremacy to

constitutional proportionality?, in European Law Review, 31, 2006, 476.

8 Sul punto, VETTORI, Effettività delle tutele civili (diritto civile), in Enciclopedia del diritto. Annali, Milano, 2017, 382. 9 REICH, General Principles of EU Civil Law, Cambridge, 2014.

10 BENEDETTI, "Ritorno al diritto" ed ermeneutica dell'effettività, in Persona e mercato, 2017, 3, 7. 11 CASTRONOVO, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015 passim (in particolare, 56, 228 ss.)

(9)

8

incontrollata dei diritti nazionali12. A loro volta i giudici comuni – riverenti verso la Sibilla

cumana del diritto europeo13 ma in competizione con la dottrina tradizionale –

utilizzerebbero il richiamo all’effettività, di origine sia europea che nazionale, per adottare un approccio rimediale in aperto contrasto con le scelte sull’an e il quomodo della tutela

adottate dal legislatore. Le due soluzioni contrapposte, stilizzate nelle loro linee essenziali, condividono la tendenza, se non a equiparare, almeno a giustapporre e associare gli usi nazionali dell’effettività a quelli elaborati dalla Corte di giustizia, nonché dalle altre Corti sovranazionali: tutte le versioni dell’effettività sarebbero infatti foriere di un trend

giurisprudenziale in cui l’appello alla forza della sostanza prevale, a torto o a ragione, sulle strettoie interpretative della forma giuridica.

Tuttavia, la prospettiva di analisi del discorso giuridico revoca in dubbio la fondatezza di suddetta impostazione: ove l’assimilazione del diritto nazionale al diritto europeo non sia adeguatamente ponderata, il discorso sull’effettività – indipendentemente dai toni, ottimistici o scettici, nei quali è declinato – assume una traiettoria ellittica e potenzialmente deformata14.

Pertanto, ho scelto di isolare i due piani e indagare il significato dell’effettività nel diritto europeo, per poi cercare di capire se esso subisca o debba subire qualche alterazione, una volta recepito in un contesto essenzialmente diverso da quello originario15. La ricerca si è

così declinata lungo le linee della comparazione, intesa come metodo e passaggio fondamentale del processo conoscitivo16. Lo studio di ciò che è diverso non si esaurisce

12 CASTRONOVO, Armonizzazione senza codificazione. La penetrazione asfittica del diritto europeo, in La metafora delle fonti e il

diritto privato europeo. Giornate di studio per Umberto Breccia, NAVARRETTA (a cura di), Torino, 2015, 105, soprattutto 110 ss.

13 CASTRONOVO, Eclissi del diritto civile, cit., 228.

14 Si pensi, per esempio, all’associazione fatta da Cass. civ., sez. III, 17 settembre 2013, n. 21255, in Foro it., 2013, I,

3121, ove il principio di effettività è definito come espressivo di diritto «di beneficiare di strumenti idonei a garantire la piena soddisfazione dell’interesse azionato, dovendosi interpretare la norma costituzionale sull’(inviolabile) diritto alla tutela giurisdizionale non solo seguendo l’itinerario di pensiero indicato dalle sentenze della Consulta […], ma anche alla luce del più generale contesto rappresentato dall’ordinamento internazionale che quella norma integra [...], ordinamento nel quale il moltiplicarsi di accenni sul diritto al rimedio effettivo che emerge dalla lettura degli artt. 8 della

Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, 13 della Convenzione dei diritti dell’Uomo (stante l’interpretazione offertane dalla Corte di giustizia già a far data della sentenza Johnston del 1986) e 47 della Carta dei diritti fondamentali

dell’Unione e oggi del Trattato di Costituzione Europea, è indicativa del fatto che quello alla tutela giurisdizionale non viene inteso soltanto come diritto di accesso al giudizio o all’esercizio di un determinato potere processuale, ma è concepito pure, in una prospettiva contenutistica, come diritto alla misura appropriata alla soddisfazione del bisogno di tutela»

(pp. 68-9; corsivo aggiunto).

15 Per una estensiva riflessione sulla (parziale) autonomia dei concetti europei SCANICCHIO, La specificità del diritto

privato europeo, in Trattato di diritto privato europeo, LIPARI (a cura di), I. Il diritto privato europeo nel sistema delle fonti. I soggetti (parte prima), Padova, 2003, 233, soprattutto 243. Sulla dinamica «circolare» dei principi nel diritto europeo, in particolare, GROUSSOT, General Principles of Community Law, Groeningen, 2006.

16 Il riferimento è, ovviamente, alla «grande querelle, se il diritto comparato sia scienza o metodo» (GORLA, Diritto comparato e straniero, in Enciclopedia giuridica, XI, Roma, 1988, 1 3) ma non deve essere inteso come predilezione di una

soluzione sull’altra, ché da Altri è stato già chiarito come «ogni disciplina è in parte scienza e in parte metodo» (GAMBARO-MONATERI-SACCO, Comparazione giuridica, in Digesto delle Discipline Privatistiche. Sezione civile, III, Torino, 1988, 48, 52). Piuttosto, si vuole qui specificare che nella presente tesi la comparazione apparirà essenzialmente come

(10)

9

infatti nella scoperta di un quid novi, né è meramente funzionale a comprendere o incentivare

fenomeni di circolazione giuridica; piuttosto, essa costringe l’interprete a osservare con scarto critico il diritto autoctono, nell’intento di mettere in risalto rationes, sovrastrutture e

forme applicative che un’impostazione monolitica, di stampo nazionale e positivistico, rischierebbe di lasciare in ombra17. Concetti apparentemente simili possono avere significati

divergenti se usati in ordinamenti diversi, perché costituiscono il risultato e lo specchio di tradizioni culturali e giuridiche distinte. Ecco perché uno studio sull’effettività nel diritto privato non può muovere da una visione aprioristicamente unitaria e irenica del concetto, quasi non vi fosse soluzione di continuità tra gli ordinamenti in cui essa si svolge.

Così facendo, l’interprete si trova però di fronte a un altro problema. Nella giurisprudenza della Corte di giustizia i riferimenti all’effettività sono tanti, e tanto vari, che risulta difficile trovare una corrispondenza biunivoca, un pattern, tra determinati significati

del termine e contesti giuridici di riferimento. Mi sono pertanto convinta che per comprendere il significato e la portata normativa del concetto sarebbe stato necessario ricostruire il quadro composito dei significati in base alle diverse modalità impiegate dalla Corte. Ho dunque dedicato una parte sostanziale del lavoro a costruire una tassonomia degli «usi linguistici» dell’effettività18: una mappa concettuale che potesse orientare una dottrina

e una giurisprudenza che spesso toccano il tema dell’effettività solo incidentalmente, come frammento di un discorso che ha il proprio baricentro altrove. Nel suo sforzo ordinante, d’altra parte, questa ricostruzione vuol essere qualcosa di più di una acritica ricognizione

metodo, «insieme di procedure per giungere a certi risultati» (GAMBARO-MONATERI-SACCO, Comparazione giuridica, cit., 3), per cui lo studio dell’uso europeo dell’effettività – nonché degli elementi giuridici, paragiuridici e sistematici che lo connotano (GORLA, Diritto comparato e straniero, cit., 3) – è finalizzato (anche) a risolvere questioni che si pongono nel diritto privato nazionale. Sui caratteri e le funzioni del diritto comparato, oltre ai contributi già citati, sono fondamentali: GORLA, Diritto comparato, in Enciclopedia del diritto, XII, Milano, 1964, 928; SACCO, Introduzione al diritto comparato, Torino, 1980.

17 Cfr. GORLA, Diritto comparato, cit., 928: «[la comparazione] è un processo quasi circolare di conoscenza che va

dall’uno all’altro termine, e dall’altro ritorna sull’uno e così via; e arricchisce in tal modo sempre più la conoscenza dell’uno e dell’altro, per i caratteri individuali di ciascuno di essi (che risultano e possono risultare soltanto dal raffronto, poiché non si dà l’ «individuo» senza l’ «altro”) e per i caratteri comuni. Nello stesso tempo si controlla l’ipotesi di lavoro di un quid comune, e così si attinge la conoscenza di questo quid e la si sviluppa». In una prospettiva

complementare, connessa agli scopi del diritto comparato come scienza, si veda la «Quinta Tesi di Trento» in GAMBARO-MONATERI-SACCO, Comparazione giuridica, cit., 56: «La conoscenza di un sistema giuridico non è monopolio del giurista appartenete al sistema. Al contrario, il giurista appartenete al sistema dato, se da una parte è favorito dall’abbondanza di informazioni, sarà però impacciato più di ogni altro dal presupposto che gli enunciati teorici presenti nel sistema siano pienamente coerenti con le regole operazionali del sistema considerato». Nello specifico ambito del diritto privato europeo, richiamava espressamente l’esigenza di un approccio comparatistico già LIPARI, Diritto privato

e diritto privato europeo, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, 2000, 7, 17: «Se è infatti vero che la regola di fonte

comunitaria nasce nella prospettiva di essere applicata ad esperienze giuridiche diverse, l’applicazione all’interno di una sola di esse esige l’uso di tecniche comparatistiche pur nel quadro di un singolo ordinamento; la diversità della fonte nonostante l’unità del sistema giuridico di riferimento impone un peculiare confronto fra norme dello stesso ordinamento, nella consapevolezza che quelle di fonte comunitaria possono esigere diversità di effetti nel loro modo di inserirsi nei diversi ordinamenti nazionali».

18 Come si avrà modo di chiarire nel cap. I – dedicato alle premesse metodologiche e alla fissazione degli obbiettivi

della ricerca – il concetto di uso linguistico qui utilizzato è mutuato da WITTGENSTEIN, Philosophische Untersuchungen, Frankfurt am Main, 1953 (trad. it. di Piovesan e Trinchero, Ricerche filosofiche, Torino, 1995).

(11)

10

dello status quo: un canone ermeneutico, un paradigma per mezzo del quale valutare se e

quando il riferimento all’effettività sia utilizzato in maniera abusiva a livello europeo e, indirettamente, nazionale.

Se si sostiene – come qui si vuol fare – che la correttezza del linguaggio normativo è una funzione della sua rispondenza agli usi condivisi del materiale giuridico, allora confrontare un richiamo contingente all’effettività con una simile tassonomia può forse aiutare a individuare, secondo un giudizio di congruità, quelle operazioni che non possono essere supportate dal sistema. La costruzione di un modello di tal genere vuole aiutare l’interprete a capire cosa la Corte di giustizia realmente persegua quando parla di effettività, per reagire nella maniera più consapevole e disincantata rispetto alle sollecitazioni provenienti dall’ordinamento europeo. La griglia di significati così ricostruita verrà dunque utilizzata come strumento per risolvere i problemi pratici che la presente tesi si propone di affrontare, ovvero quali sono i limiti all’uso dell’effettività nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo, e come il giudice debba mediare tra diritto nazionale e diritto europeo nella giurisdizione civile.

Prima di illustrare la struttura del lavoro è opportuno fare ancora una premessa. Negli ultimi capoversi ho spesso parlato di diritto europeo e non – come ci si potrebbe aspettare – di diritto privato europeo. La tradizionale distinzione tra diritto pubblico e privato che

caratterizza lo Stato occidentale moderno è infatti estranea all’ordinamento dell’Unione19,

il cui obbiettivo principale – la costruzione di un mercato unico secondo la formula della soziale Marktwirtschaft – assicura alle fonti europee una pervasività trasversale a tutti i rapporti:

interstatali, Stati e privati orizzontali. Se in tale contesto gli strumenti privatistici sono necessariamente piegati a una funzione di regolamentazione, allora qualsiasi intervento normativo, per essere adeguatamente compreso, deve essere collocato all’interno di un più ampio progetto di integrazione giuridico-economica. A fronte di una simile labilità dei confini disciplinari, è bene che gli studiosi del diritto privato mantengano la peculiare sensibilità, che consente loro di valutare criticamente scelte destinate a ripercuotersi in un contesto giuridico diverso da quello in cui sono adottate. Allo stesso tempo, essi devono saper ampliare la gamma degli strumenti a propria disposizione, affrontando il dato normativo di derivazione comunitaria come un iceberg che – sotto una superficie insidiosa

perché a tratti riflettente – nasconde un impianto strutturale e funzionale in gran parte

19 Né certamente tale distinzione è mai stata realmente agevole, perché basata su criteri alternativi (soggetti, interessi,

poteri), e diacronicamente modulata su modelli di relazione (dicotomia e assorbimento), che spostano continuamente il punto di contatto tra settori dell’ordinamento e rispettive norme giuridiche. Per tutti: ALPA, Diritto privato «e» diritto

pubblico. Una questione aperta, in Studi in onore di Pietro Rescigno, AA.VV.(a cura di), I. Teoria generale e storia del diritto, Milano 1998, 3. Lungi dal voler minimizzare una delle questioni fondamentali della riflessione giuridica – dibattuta fin dai tempi di Ulpiano («publicum ius est quod ad Statum rei Romanae spectat, privatum quoad ad singulorum utilitatem: sunt enim quaedam publice utilia, quaedam privati»: D.1.1.1.2., Ist. 1.4) – si vuole al contrario evidenziare come l’incidenza del diritto europeo sul diritto privato sia uno dei fattori che spingono per una costante ri-definizione dei confini tra pubblico e privato (ALPA, Diritto privato europeo, Milano, 2016, 23-4; MICKLITZ, Introduction, in

(12)

11

estraneo all’ordinamento autoctono20. Ecco perché l’oggetto della presente ricerca sembra

a prima vista sconfinare verso territori che tradizionalmente attengono allo studio del diritto europeo, per così dire, pubblico. Uno strumento giuridico pervasivo e poliforme come l’effettività non potrebbe essere compreso studiandone alcune manifestazioni contingenti, ma richiede di essere collocato in un contesto generale, capace di rifletterne il più possibile la complessità.

* * * * *

La ricerca prenderà le mosse da un interrogativo preliminare, ovvero cosa significhi il termine effettività. L’impossibilità di individuare un’entità corrispondente al segno linguistico mi ha infatti portato a indagare il significato e le finalità con cui gli operatori giuridici fanno uso di questo lemma. In questa prospettiva, il capitolo I servirà a individuare le ragioni per cui è opportuno sviluppare un’analisi linguistica dell’effettività (il suo essere un termine proteiforme, di cui gli interpreti hanno una percezione meramente intuitiva),

20 La pluralità di significati, nonché le Weltanschauungen di cui essi sono portatori, sono diffusamente riconosciuti nella

dottrina nazionale ed europea (fondamentale il richiamo a LIPARI, Diritto privato e diritto privato europeo, cit.). La stessa manualistica riconosce la difficoltà nel tracciare i confini concettuali e operativi del cd. diritto privato europeo, nonché la conseguente assenza di un’univoca definizione, seppur stipulativa, del termine. Nel panorama nazionale, si ricordano le considerazioni di CASTRONOVO-MAZZAMUTO, Manuale di diritto privato europeo, Milano, 2007, 3-12, ove il diritto privato europeo è presentato come un concetto mutevole, volto a indicare, a seconda dei casi, il diritto romano attuale, la communis opinio doctorum, l’extra-positività del diritto privato, la regolamentazione positiva derivante da fonti

comunitarie, il diritto paracostituzionale, il riparto di competenze, il diritto rimediale, il risultato del diritto degli Stati membri in quanto oggettivamente orientati all’armonizzazione. Similmente, ALPA, Diritto privato europeo, cit., 26-9, suggerisce che il termine possa essere declinato secondo tre accezioni basate, rispettivamente, su l’origine formale delle regole, sulla loro combinazione negli ordinamenti interni, e infine sulla tradizione giuridica comune da cui queste ultime derivano. Per ciascuna accezione, si pongono poi diversi problemi a seconda della prospettiva, interna o esterna, con cui si osserva il fenomeno: nell’ottica esterna, il diritto privato europeo si definisce in funzione della fonte comunitaria e, a causa appunto della sua origine, sarebbe destinato a mantenere un elemento di «estraneità», sebbene basato su un sostrato comune alle varie tradizioni giuridiche degli Stati membri; nell’ottica interna, esso rappresenta un insieme disomogeneo di regole settoriali finalizzate ad armonizzare ordinamenti nazionali differenziati ma convergenti. Poiché tali accezioni sono concettualmente distinte ma operano secondo un processo di determinazione reciproca, ecco che il diritto privato europeo emergerebbe come «corpus di regole in cui si riconoscono le diverse esperienze dei Paesi appartenenti all’Unione, diretto ad integrare il diritto pubblico europeo raffigurato nei principi costituzionali comuni, nei principi del Trattati, nella Carta dei diritti fondamentali, e, prossimamente, nella Convenzione europea […], in conformità alla disciplina costituzionale dei singoli Stati membri». Nella dottrina europea è stato correttamente ricordato come «the term European private law does not have an established meaning», ma che sia comunemente usato per indicare l’insieme di norme di diritto primario, secondario, nonché di soft law – che plasmano, direttamente o

indirettamente, lo status giuridico dei privati –, considerate nella loro matrice esclusivamente europea, oppure nella loro conformazione finale, ovvero all’esito dell’incorporazione nei diritti nazionali in cui sono destinate a operare (HARTKAMP, European Law and National Private Law. Effect of EU Law and European Human Rights law on Legal Relationships

between Individuals, Cambridge, 2016).

Sulle specificità del diritto privato europeo, come diritto regolatore, settoriale, e doppiamente funzionale – perché relativo a frammenti di istituti in vista della regolamentazione di specifiche attività e settori economici, e finalizzato alla costruzione di un sistema giuridico europeo – la letteratura è vastissima, sicché ogni tentativo di ricognizione sarebbe vano. Si richiamano, per tutti: SCANICCHIO, La specificità del diritto privato europeo, cit., in particolare 233-63, e MICKLITZ,

The Visible Hand of European Regulatory Private Law – The Transformation of European Private Law from Autonomy to Functionalism in Competition and Regulation, in Yearbook of European Law, 28, 2009, 3; COMPARATO-MICKLITZ-SVETIEV,

The regulatory character of European private law in Research Handbook on EU Consumer and Contract Law, TWIGG-FLESNER (a cura di), Cheltenham, 2016, 35.

(13)

12

porre le premesse di tipo metodologico necessarie per affrontare l’indagine secondo l’approccio prescelto e infine discernere, in prima ipotesi, quattro principali discorsi giuridici in cui l’effettività riveste un ruolo fondamentale (la definizione del concetto di diritto, il giudizio sulla validità del diritto, il giudizio sull’esistenza del diritto, la determinazione e la tutela dei diritti).

Sulla base di queste considerazioni preliminari, il secondo e il terzo capitolo analizzano gli usi dell’effettività nel diritto privato europeo, organizzandoli secondo due principali direttrici di indagine, corrispondenti appunto alle maggiori specificazioni dell’effettività nella casistica della Corte di giustizia: l’effettività delle norme di diritto europeo (capitolo II) e l’effettività della tutela giurisdizionale (capitolo III).

Una volta considerati tali fenomeni da un punto di vista prettamente descrittivo, si tratta di valutarne la coerenza sia rispetto al livello interno del discorso, sia in relazione all’assetto politico-istituzionale di riferimento. Ciò permetterà di specificare tanto i significati quanto le funzioni che la Corte attribuisce, legittimamente o illegittimamente, all’effettività (capitolo IV).

Alla luce di questa ricostruzione, il capitolo conclusivo abbozza uno statuto normativo dell’effettività nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo e individua varie ipotesi di potenziale abuso. Il risultato dell’indagine è impiegato infine, secondo la struttura dialettica della comparazione precedentemente delineata, per valutare l’uso dell’effettività nel diritto privato nazionale (capitolo V).

(14)

13

CAPITOLO I – Ragioni e metodo di una ricerca

SOMMARIO: 1. L’effettività nello scenario giuridico attuale — 2. Alcune premesse

metodologiche — 3. I caratteri dell’effettività — 3.1. Struttura sintattica e nucleo semantico — 3.2. Indeterminatezza — 3.2.1. Ambiguità — 3.2.2. Vaghezza — 3.3.3. Contestability — 4. I

contesti discorsivi dell’effettività — 4.1. La definizione del concetto di diritto — 4.2. Il giudizio sulla validità del diritto — 4.3. Il giudizio sull’esistenza del diritto — 4.4. Il ruolo nella determinazione e nella tutela dei diritti — 5. Obbiettivi e struttura della ricerca.

1. L’effettività nello scenario giuridico attuale1

Nel diritto privato attuale il riferimento all’effettività sembra essere onnipresente2.

In molteplici occasioni essa ha ricoperto un ruolo determinante nella struttura decisionale e argomentativa di sentenze, nazionali e sovranazionali3. Parallelamente – in un

rapporto di determinazione reciproca non del tutto univoco4, diverse voci in dottrina

presentano l’effettività come espressione e chiave di lettura di una congerie di fenomeni caratterizzanti il diritto contemporaneo: la fuga nell’argomentazione per principi e il

1 Le pagine iniziali del presente lavoro riprendono alcune considerazioni sviluppate in EPISCOPO, Principio di effettività e diritto giurisprudenziale nell’ordinamento europeo, in Effettività e Drittwirkung: idee a confronto. Atti del Convegno, NAVARRETTA (a cura di), Torino, 2017, 187.

2 Sull’uso dell’effettività come principio nel diritto privato nazionale ed europeo: VETTORI, Effettività delle tutele civili (diritto civile), cit., passim; VETTORI, Il diritto ad un rimedio effettivo nel diritto privato europeo, in Rivista di diritto civile, 2017, 666; VETTORI, La giurisprudenza come fonte del diritto, in Persona e mercato 2016, 149; VETTORI, Il contratto europeo tra regole e principi, Torino, 2015; IMBRUGLIA, Effettività della tutela: una casistica, in Persona e mercato, 2016, 62; IMBURGLIA, Effettività della

tutela e ruolo del giudice, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile 2017, 961; PAGLIANTINI, Principio di effettività e clausole

generali: il canone “armonizzante” della corte di Giustizia, in Giurisprudenza per principi e autonomia privata, MAZZAMUTO -NIVARRA (a cura di), Torino, 2016, 81; PAGLIANTINI, Diritto giurisprudenziale, riconcettualizzazione del contratto e principio di

effettività, in Persona e mercato, 2016, 112; NAVARRETTA, Il contratto “democratico” e la giustizia contrattuale, in Rivista di diritto

civile, 2016, 1262, 1289; NAVARRETTA, Libertà fondamentali dell’U.E. e rapporti fra privati: il bilanciamento di interessi e i rimedi

civilistici, in Rivista di diritto civile, 2015, 878; PLAIA, Giurisprudenza per principi ed effettività delle tutele, in Giurisprudenza per

principi e autonomia privata, MAZZAMUTO-NIVARRA (a cura di), Torino, 2016, 157, 172; PROTO PISANI, Il principio di

effettività nel processo civile italiano, in Il giusto processo civile, 2014, 825; ORIANI, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, Napoli, 2009.

3 Sul punto si vedano, rispettivamente, i capitoli II, III e V.

4 La questione è direttamente connessa al ruolo dell’argomentazione come fonte di produzione normativa, nonché

alla contaminazione tra formante giurisprudenziale e dottrinale e, in particolare, al processo di legittimazione reciproca che si sviluppa tra le parti del dialogo inter-istituzionale. Per la teoria dei formanti plurimi dell’ordinamento: SACCO,

Formante, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, VIII, 1992, 438. Per una tesi forte sul ruolo dell’argomentazione

nella produzione normativa si richiama GENTILI, Il diritto come discorso, cit., 3-24. Una immagine particolarmente calzante dei richiami tra dottrina e giurisprudenza in tema di effettività è offerta da BOBEK, Why There is No Principle of "Procedural

Autonomy" of the Member States, in The European Court of Justice and the Autonomy of the Member States, MICKLITZ-DE WITTE (a cura di), Cambridge, 2012, 305, 321, n. 53, il quale –sostenendo che non esista alcun principio di national procedural autonomy, ma solo «a convenient nickname for the default rule that the primary shaping of the procedures falls in the

hands of the Member States, while being fully aware of the limits set on the autonomy by the Court of Justice» – sottolinea come «it is no accident that […] the Court of Justice itself has not been using, up until very recently, the term procedural autonomy of the Member States», mentre esso sarebbe stato usato in dottrina da tempi assai più remoti.

(15)

14

passaggio dal diritto della fattispecie a quello dei valori5; la rimodulazione di istituti e

categorie civilistiche in una prospettiva rimediale che piega la struttura alle esigenze della funzione6; il rafforzamento delle istanze equitative nel giudizio civile come tappa nella

ricerca di una decisione giusta7; quella complessità disordinata delle fonti che è stata definita

«compendio di tutti gli altri problemi giuridici»8. Se da una parte all’effettività è riconosciuto

un significato tale da risolvere la questione controversa, o da interpretare i complessi sviluppi della realtà normativa, dall’altra tale significato è raramente esplicitato, quasi fosse ovvio.

Nel discorso giuridico si parla di effettività in molteplici settori disciplinari, mentre in un medesimo settore si registrano usi diversi quanto a funzione, significato e qualificazione, fin quasi a creare una rete apparentemente inestricabile di significati. Ove pertanto tale concetto non sia specificato, i riferimenti all’effettività rischiano di essere forieri più di vuote

5 Per tutti: IRTI, “Calcolabilità weberiana” e crisi della fattispecie, in Rivista di diritto civile, 2014, 987; IRTI, Crisi della fattispecie,

in Rivista di diritto processuale, 2014, 36. Sull’argomentazione per principi in generale: NAVARRETTA, Costituzione e principi

fondamentali: dialogo ideale con Angelo Falzea, in Rivista di diritto civile, 2017, 982; NAVARRETTA, Complessità dell'argomentazione

per principi nel sistema attuale delle fonti di diritto privato, in Rivista di diritto civile, 2001, 779; D'AMICO, Problemi (e limiti)

dell’applicazione diretta dei principi costituzionali nei rapporti di diritto privato (in particolare nei rapporti contrattuali), in Giustizia civile, 2016, 443. Sul ruolo dei valori nel giudizio civile e nell’ermeneutica giuridica: CALDERAI, I valori presi sul serio. Il

circolo ermeneutico di argomentazione e interpretazione nelle strategie di produzione del diritto, in Persona e tutele giuridiche, COMANDÈ (a cura di), Torino, 2003, 119.

6 Sul profilo dei rimedi, si segnalano in particolare: PAGLIANTINI, Principio di effettività e clausole generali, cit. («[…] il

canone di un’effettività della tutela giurisdizionale si salda, nella stagione presente, col profilo dei rimedi, intesi questi naturalmente nella loro versione continentale di mezzi immediatamente funzionali a soddisfare il bisogno di tutela espresso da un valore protetto. E siccome, in questa veste che li vede rappresentati alla stregua di una «proiezione in executivis di una situazione giuridica soggettiva», i rimedi si atteggiano a dispositivi di una tutela giudiziale disposta sulla

scorta di parametri involgenti «l’adeguatezza [e la] ragionevolezza [della regola d’azione dedotta]», l’effettività conosce il nuovo significato di un optimum della protezione, quale predicato indefettibile del valore tutelato, che passa attraverso

la verifica di una congruità e utilità del mezzo di tutela esperibile», 112); DI MAJO, Rimedi e dintorni, in Europa e diritto

privato, 2015, 703703; DI MAJO, Giustizia e “materializzazione” nel diritto delle obbligazioni e dei contratti tra (regole di) fattispecie

e (regole di procedura), in Europa e diritto privato, 2013, 796; DI MAJO, Il linguaggio dei rimedi, in Europa e diritto privato, 2005, 341; MESSINETTI, Sapere complesso e tecniche rimediali in Europa e diritto privato, 2005, 605; MAZZAMUTO, La nozione di rimedio

nel diritto continentale, in Europa e diritto privato, 2007, 587; MAZZAMUTO-PLAIA, I rimedi nel diritto privato europeo, Torino, 2012; NIVARRA, Rimedi: un nuovo ordine per il discorso civilistico?, in Europa e diritto privato, 583; SMORTO, Sul significato di

«rimedi», in Europa e diritto privato, 2014, 159.

7 L’accento sul profilo della correttezza della decisione giudiziale, in particolare in materia di contratto, si ha in

PAGLIANTINI, Diritto giurisprudenziale, riconcettualizzazione del contratto e principio di effettività, cit., 48, il quale sottolinea come «la cd. dottrina delle Corti calibr[i] l’incipiente opera di riconcettualizzazione processuale del contratto su un canovaccio palesemente ispirato – piuttosto – ad una giustezza della decisione, sintagma questo declinabile, già provando qui a sunteggiare il discorso, nella triplice accezione ‘materializzata’: del diritto al rimedio effettivo (art. 24 Cost.) […]; di una concentrazione attuosa delle tutele […] di un’etica materiale che vuole il danno traslato su chi ne sia stato l’artefice oppure, nell’ottica di un superior risk bearer, sul terzo che possa sopportarlo con minor costo, evitando che il pregiudizio

rimanga allogato là dov’è»; NAVARRETTA, Il contratto “democratico” e la giustizia contrattuale, cit., passim; VETTORI, Effettività

delle tutele civili (diritto civile), cit., passim. Sul tema della giustizia contrattuale in generale: CALDERAI, Giustizia contrattuale, in Enciclopedia del diritto. Annali, VII, Milano, 2014, 447.

8 «“L’antico sistema si nebulizza» e l’interprete deve confrontarsi con una normatività diffusa che ha bisogno della

integrazione dei fatti dei principi che hanno il segno della normatività e si debbono confrontare con «l’esperienza, la prassi, il gioco degli interessi» […] mettono a nudo il fondamento sociale del diritto positivo […] e contribuiscono a legare validità ed effettività»: VETTORI, Il contratto europeo tra regole e principi, cit., 164, richiamando BERTI, Diffusione della

(16)

15

astrazioni che di un consapevole ragionamento critico. L’effettività fa infatti parte di quei

termini giuridici caratterizzati da una forte carica evocativa ma da una portata comunicativa debole: si presume che essi abbiano un significato ben determinato, su cui coloro che partecipano al discorso implicitamente concordano, mentre l’affidamento su quest’apparenza di Gemeinsinn alimenta un circolo vizioso di fraintendimenti.

L’appello all’effettività può quindi costituire uno strumento fuorviante: un passe-partout

teleologicamente indeterminato, o un pugno sul tavolo9, che chiude apoditticamente il

discorso creando un corto circuito in cui l’argomentazione razionale non può andare avanti. Inoltre, questa imprecisione potrebbe essere non solo inconsapevole, dovuta a una scarsa chiarezza di fondo su cosa sia l’effettività, ma addirittura malevola, volta a sfruttare l’opacità semantica del termine per raggiungere obiettivi altri, nascosti appunto dietro al «velo» dell’effettività10. Si potrebbe così verificare una volontaria eterogenesi dei fini per cui il cd.

«principio di effettività», sbandierato come indice di una crescente insofferenza alle mere

declamazioni dei diritti e delle tutele11, resterebbe, a sua volta, declamato e ineffettivo12.

2. Alcune premesse metodologiche

Poiché all’effettività è riconosciuto un significato decisivo ma ineffabile, evocato ma non esplicitato, sembra dunque opportuno uno sforzo chiarificatore; solo così sarà possibile comprendere e governare il fenomeno, senza lasciarsi trascinare alla deriva dalla sua forza propulsiva13.Prima di affrontare direttamente la questione, è opportuno fissare alcune brevi

9 BRECCIA, Diritto, verità, giustizia, in Immagini del diritto privato: teoria generale, fonti, diritti. Scritti di Umberto Breccia, Torino,

2013, 225, 295. L’immagine del pugno sul tavolo è tratteggiata da Alf Ross per criticare l’uso di parole come «giusto» o «ingiusto»: «[i]nvocare la giustizia è la stessa cosa che picchiare un pugno su un tavolo: un’espressione emotiva che trasforma un’esigenza in un postulato assoluto. Non è questa la maniera più adatta per comprendersi. impossibile tenere una discussione razionale con una persona che mobilita la «giustizia», perché egli non dice nulla per cui possano essere adottati argomenti a favore o contro. Le sue parole sono persuasione, non argomentazione. L’ideologia della giustizia conduce al fanatismo e al conflitto, poiché, da un lato, induce a credere che le esigenze di uno non siano meramente l’espressione di un certo interesse in conflitto con opposti interessi, ma posseggano un valore più alto, assoluto; e, d’altra parte, chiude la strada a qualsiasi argomento discussione razionale per una soluzione. L’ideologia della giustizia è atteggiamento militante di tipo biologico-emotivo, con il quale ci si eccita alla difesa implacabile e cieca di certi interessi»: ROSS, Diritto e giustizia, Torino, 1965, 259 (trad. it. di On Law and Justice, Berkeley Los Angeles, 1959).

10 L’immagine del velo è tratta da NAVARRETTA, Libertà fondamentali dell'U.E. e rapporti fra privati, cit., passim.

11 In questo senso VETTORI, Effettività delle tutele civili (diritto civile), cit., che, in riferimento all’utilizzo del principio di

effettività delle tutele di cui all’art. 13 CEDU da parte della Corte di Strasburgo, parla di un vero e proprio «antidoto alla astrattezza delle situazioni soggettive». Nello stesso senso anche MAZZAMUTO-PLAIA, I rimedi nel diritto privato

europeo, cit., 2, i quali definiscono l’affermazione della prospettiva rimediale – strettamente connessa all’effettività –

come operante «“in presa diretta”con l’interesse da proteggere e [...] a stretto ridosso della sua violazione, segno di un sistema giuridico sempre più insofferente alle proclamazioni di tutela ed alle declamazioni di diritto ineffettive».

12 Si pensi, per esempio, al non-senso giuridico rappresentato dall’art. 1, comma 20, L. 20.05. 2016, n. 76, su cui infra. 13 Particolarmente calzante appare l’immagine, tratta da un precedente di diritto inglese del XIX sec., per cui

l’effettività sarebbe «a very unruly horse, and when once you get astride it you never know where it will carry you. It

may lead you from the sound law»; l’immagine è richiamata da ARNULL, The principle of effective judicial protection in EU

(17)

16

premesse metodologiche. Un’indagine sul significato e la portata del cd. principio di effettività nel diritto privato europeo, volta a capire se, e in che termini, esso debba essere recepito nel diritto privato nazionale, passa per l’analisi del linguaggio, intesa come studio dei termini e degli enunciati costitutivi delle proposizioni giuridiche14. Tale scelta non

costituisce una digressione estranea all’interesse dello studioso di diritto positivo. Il diritto usa il linguaggio ed è linguaggio15. La comunicazione è elemento costitutivo di ogni canone

normativo, così che «se non fosse possibile comunicare standard generali di condotta, che una moltitudine di individui possa comprendere, senza ulteriori indicazioni, che richiedano una determinata condotta al verificarsi di determinate circostanze, niente che noi conosciamo come diritto potrebbe esistere»16. Pertanto, il metodo dell’analisi del linguaggio

permette di individuare una serie di specificità che caratterizzano l’effettività come segno

linguistico e ne plasmano il potenziale comunicativo come canone giuridico.

Al tempo stesso, senza disconoscere i vantaggi del metodo analitico, occorre evitare di rimanere intrappolati nel labirinto di cui una simile impostazione potrebbe essere foriera. Pertanto, le questioni controverse che interessano gli studi del linguaggio e la filosofia analitica da un punto di vista teorico non verranno in questa sede problematizzate. In particolare, nel cercare di determinare il significato del termine effettività nel linguaggio giuridico, la prospettiva sintattico-semantica e quella pragmatica saranno considerate come interdipendenti e in massima parte fungibili17. Se infatti conoscere il significato di una parola

equivale, almeno in parte, a determinare il suo contributo alle condizioni di verità degli enunciati, gli usi del linguaggio sono molteplici e conoscere il significato letterale delle parole è di per sé insufficiente per coglierne la portata comunicativa nel contesto concreto18.

14 Sui vari livelli del discorso giuridico (descrittivo, prescrittivo, meta-descrittivo e meta-prescrittivo): HARE, Il linguaggio della morale, Roma, 1968, trad. it. di The Language of Morals, Oxford, Clarendon Press, 1961; BOBBIO, Essere e

dover essere della scienza giuridica, in Studi per una teoria generale del diritto, GRECO (a cura di), Torino, 2012, 119; TARELLO,

Diritto, enunciati, usi. Studi di teoria e metameria del diritto, Bologna, 1974, parte II e III. Per gli studi linguistici (soprattutto

i contributi di Russell e del primo Wittgenstein) sulla distinzione tra livelli di linguaggio, si rimanda a SCARPELLI,

Semantica giuridica, in Novissimo Digesto italiano, XVI, Torino, 1957, 978, 980.

15 Per un excursus sul rapporto tra diritto e linguaggio, e su come l’analisi del linguaggio possa avere un ruolo

fondamentale nello studio della natura ultima del diritto, si veda ENDICOTT, Law and Language, in The Stanford

Encyclopedia of Philosophy, 2016, https://plato.stanford.edu/entries/law-language/disponibile all’indirizzo

https:plato.stanford.eduarchivessum2016entrieslaw-language (ultimo accesso: luglio 2016). L’attenzione per la dimensione linguistica del diritto è caratteristica della scuola analitica del diritto; nell’esperienza giuridica italiana sono fondamentali: TARELLO, Diritto, enunciati, usi, cit., SCARPELLI, Semantica giuridica, cit.; LUZZATI, La vaghezza delle norme.

Analisi del linguaggio giuridico, Milano, 1990. Pietre miliari della analitical jurisprudence anglosassone sono invece: AUSTIN,

How Do Things with Words, Oxford, 1975; HART, The Concept of Law, London, 1961 (trad. it., Il concetto di diritto, Torino, Einaudi, 2002).

16 HART, The Concept of Law, cit.

17 La distinzione tra semantica e pragmatica risale a MORRIS, Foundation of the Theory of Signs, Chicago, 1938; MORRIS, Segni, linguaggio e comportamento Milano, 1963 (trad. it di Ceccato, Sign, Language and Beahviour), anche se lo stesso autore,

col tempo, tende a dare un peso maggiore alla pragmatica, fino ad assorbire sintattica e semantica. Sul punto: SCARPELLI, Semantica giuridica, cit., 981-4.

18 Questo aspetto è messo bene in luce nella teoria delle implicature conversazionali, ove la violazione delle massime

relazionali (corrispondenti ai principi di quantità, qualità, relazione e modo) permette di comunicare qualcosa che va al di là del significato letterale degli enunciati proferiti: GRICE, Logic and Conversation in Speech Acts, COLE-MORGAN (a cura

(18)

17

Negare l’esistenza di condizionamenti reciproci tra il profilo semantico e quello pragmatico sarebbe non solo difficile da sostenere, ma anche e soprattutto in contrasto con la tesi – che qui si è adottata – secondo la quale il significato di una parola è, almeno in parte, determinato dall’uso19. Proprio in base alla considerazione per cui esistono tanti significati

dell’effettività quanti sono gli usi del termine comunemente praticati, l’indagine muove da

un punto di vista sintattico-semantico per proseguire, senza soluzione di continuità, con l’analisi dei discorsi giuridici20.

3. I caratteri dell’effettività

3.1. Struttura sintattica e nucleo semantico

Il sintagma effettività sostantiva una qualità – l’essere effettivo – che connota un elemento cui il parlante si riferisce21. Discorrendo di effettività crediamo di usare un nome

il cui significato può essere illustrato con riferimento a un oggetto22, mentre in realtà si tratta

di), New York, 1975, 41. Un esempio di questa operazione può essere ricavato dal dettato dell’art. 1, comma 20, della L. 76/2016, già richiamata supra, ove si legge che «[a]l solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno

adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso» (corsivo aggiunto). Tanto il riferimento all’effettività, quanto l’inciso «al solo fine di», possono essere apprezzati come ipotesi di implicature conversazionali. Il riferimento «all’effettività della tutela» viola la massima di quantità, perché ridondante rispetto alla

ratio di garanzia dei diritti riconosciuti con l’introduzione delle unioni civili: esprime la volontà di evidenziare attraverso

una ripetizione e l’utilizzo di un topos di preferenza (su cui PERELMAN-OLBERECHTS-TYTECA, Traité de l’argumentation.

La nouvelle rhétorique, Paris, 99) il profilo garantistico di un intervento legislativo che, per quanto apprezzabile, in realtà

non tutela a pieno di diritti delle coppie omosessuali, anche solo per il fatto di costituire un’alternativa, discriminatoria, al matrimonio tradizionale. Similmente, la precisazione «al solo fine di» rappresenta una seconda e distinta implicatura: il surplus comunicativo serve in questo caso ad arginare il rischio di una interpretazione estensiva dell’effettività della

tutela che possa risultare foriera di ulteriori margini di equiparazione tra gli statuti giuridici delle rispettive figure. Per un’analisi critica della L. 762016, e in particolare per un’acuta individuazione dei margini di interpretazione estensiva dei diritti e delle garanzie ivi previste, si rimanda a AZZARRI, Unioni civili e convivenze (diritto civile), in Enciclopedia del diritto.

Annali, X, Milano, 2017, 997.

19 Sostiene la tesi per cui i concetti giuridici non sono semanticamente vuoti né arbitrariamente selezionabili e

modificabili, ma presentano uno stabile nucleo di significato corrispondente appunto all’uso che se ne fa nella comunità giuridica: GENTILI, Il diritto come discorso, cit., in I concetti nel diritto privato europeo, 227, 255-6; similmente, CALDERAI,

L’eclissi in una luce diversa, in Rivista di diritto civile, 2016, 1631. Per una chiara esposizione delle principali teorie sulla

nozione di significato (come, rispettivamente, estensione, intenzione, elemento lessicale e uso), declinata secondo la sensibilità giuridica: LUZZATI, La vaghezza delle norme, cit., 8-39.

20 Per cui l’indagine, nel suo complesso, si avvale di quella che Morris definisce «semiotica generale», «che non è

peraltro la semplice somma delle tre discipline (sintattica, semantica e pragmatica): SCARPELLI, Semantica giuridica, cit., 982.

21 GAVAZZI, Effettività (principio di), in Enciclopedia giuridica, XII, Roma, 1989, 420; ACCETTO-ZLEPTNIG, The Principle

of Effectiveness: Rethinking Its Role in Community Law, in European Public Law, 11, 2005, 375.

22 Per la tesi secondo cui un nome proprio è quello di cui si può avere conoscenza diretta («acquaintance»): RUSSELL, Knowledge by Acquaintance and Knowledge by Description, in Proceedings of the Aristotelian Society, 1911, 108. L’idea, rielaborata

(19)

18

di un simbolo incompleto23, un segno linguistico che assume un significato concreto solo

nel contesto proposizionale di riferimento. Quello che grammaticalmente ha l’apparenza di un sostantivo è in realtà un fatto, uno stato di cose24, ovvero la qualità esterna di un oggetto

consistente appunto nel suo essere effettivo, reale, concreto25.

Il termine effettività sarebbe infatti uno sviluppo dell’aggettivo effectivus – a sua volta

derivante da effectum, participio passato tardo medioevale del verbo efficiere (fare, produrre)

– che indica appunto la circostanza in cui qualcosa è fatto, fa, nel duplice senso di essere realmente esistente, o di essere produttivo di effetti26. Nella versione legata alla forma

passiva del verbo, l’esistenza (Effektivität, effettività, effectiveness, effectivité) può colorarsi di due

sfumature ulteriori: può esprimere la verità (Wirklichkeit), contrapposta all’apparenza della

realtà sensibile, o la concretezza (Tatsächlichkeit), contrapposta all’astrattezza delle mere

rappresentazioni27. Nella seconda versione (Wirksamkeit, efficacia, efficacy, éfficacité), l’esistenza

come caratteristica attiva di un oggetto può essere intesa a sua volta sia come capacità astratta di produrre effetti, sia come concreto nesso di determinazione tra la causa e il suo effetto.

Tutti i derivati di efficiere sono dunque accomunati da «un certo riferimento alla

dimensione effettuale, agli effetti prodotti o che si dovrebbero produrre»28, ciascuno però

in una sfumatura diversa: l’effettività designa la concreta realizzazione dell’oggetto a cui il parlante fa riferimento; l’efficacia denota invece l’idoneità di determinati strumenti a realizzare gli scopi per cui sono stati preposti; infine l’efficienza indica sia la diretta relazione causale tra l’oggetto in questione e un effetto determinato, sia il rapporto tra le risorse utilizzate e i risultati ottenuti29. Se tuttavia l’efficienza – soprattutto in virtù dell’uso del

Torino, 2009 (trad. di Tractatus logicus philosophicus, 1921). Il caso della sfasatura tra forma logica e forma grammaticale

delle «descrizioni camuffate» in nomi è invece trattato in RUSSELL, La filosofia dell'atomismo logico, Torino, 2003 (trad. it diBonino, The Philosophy of Logical Atomism, 1918, 34), 34.

23 Russell considera «incompleti» quei simboli che, a differenza dei nomi (i quali denotano uno e un solo oggetto)

mancano di un significato autonomo, per cui l’unico modo in cui possono essere definiti è attraverso enunciati ove il

definendum non è una descrizione, ma un contesto d’uso in cui il simbolo viene determinato; così che si potrebbero

(anzi, dovrebbero) essere scomposti in proposizioni formate da dai quei tre generi di entità delle espressioni linguistiche (oggetti, proprietà e relazioni) che, come gli atomi, non sono ulteriormente riducibili, permettendo dunque la formulazione di proposizioni immediatamente valutabili come vere o false: RUSSELL, On Denoting, in Mind New Series, 56, 1905, 479.

24 WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, cit., 2, 2.01.

25 Definizione di effettività data dal Grande Dizionario della Lingua Italiana, Garzanti, 1987.

26 Ibid. Piovani ricorda come il termine derivi probabilmente la propria origine dai trattati di filosofia medioevale, in

cui rappresenta l’attributo della individualità, e sia stato poi recepito della scuola fenomenologica, che lo ha utilizzato per esprimere la caratteristica fondamentale dell’ «esserci, qui ed ora» (Da-sein): PIOVANI, Effettività (principio di), in

Enciclopedia del diritto, XIV, Milano, 1965, 420.

27 L’immagine della contrapposizione per «dissociazione di nozioni» è tratta da PERELMAN-OLBERECHTS-TYTECA, Traité de l’argumentation. La nouvelle rhétorique, cit., 446-496.

28 PINO, Norma giuridica, in Filosofia del diritto. Introduzione al pensiero giuridico e al diritto positivo, PINO-SCHIAVELLO-VILLA

(a cura di), Torino, 2013, 144, 174.

29 Così IRTI, Il significato giuridico dell'effettività, Napoli, 2008, 8. A sua volta, l’efficienza può assumere diversi accezioni:

Riferimenti

Documenti correlati

(sostanziali o processuali) o di interpretazioni elaborate in ambito nazionale che risultino incompatibili con disposizioni del diritto dell’Unione, come interpretate dalla

f) se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è

«nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge», già prima della legge del 1994 la Cassazione a sezioni unite e la Corte costituzio- nale avevano

Essi comunque urtano contro diritti fondamentali, come la libertà di manifestazione del pensiero, come la tutela della dignità della persona e della sua salute,

Nella medesima prospettiva la Corte di Cassazione ha escluso che detto impegno pattizio al riconoscimento agli effetti civili di una sentenza ecclesiastica di

Agendo in questo modo, le parti si uniranno in matrimonio non solo secondo il diritto islamico e musulmano, ma anche in base al dettato normativo di diversi

Come è invece a tutti noto, facendo leva, non su una direttiva, ma su una norma del Trattato della quale assume (incredibilmente!) l’efficacia im- mediatamente precettiva, la ormai

• «il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della