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L’effettività della tutela come standard per la judicial review del diritto europeo

CAPITOLO III – L’effettività della tutela giurisdizionale

4. L’effettività della tutela come principio e diritto fondamentale

4.3. L’effettività della tutela come standard per la judicial review del diritto europeo

Uno dei settori di maggiore interesse per l’analisi del principio di effettività della tutela riguarda il sindacato sulla legittimità delle regole di judicial review degli atti delle istituzioni

europee. La casistica in questione merita di essere tratteggiata, nelle sue linee essenziali, per due ragioni. La prima è data dalla circostanza per cui il criterio dell’effettività della tutela ha svolto un criterio ermeneutico e decisionale decisivo, sicché tale analisi contribuisce a

contratto di credito, quest’ultima aveva ottenuto il parziale annullamento del contratto di credito e l’integrale annullamento di quello costitutivo di garanzia. Nel corso di tale procedimento, il Krajský súd v Prešove aveva chiesto se

la direttiva 93/13, «alla luce dell’art. 38 della Carta», dovesse essere interpretata come preclusiva di una normativa nazionale che permetteva al creditore di esigere la prestazione derivante da clausole contrattuali abusive procedendo all’esecuzione sul bene, nonostante tra le parti esistesse una controversia relativa all’abusività delle clausole inserite nel contratto principale. La Corte decise le questione includendo, tra gli indici normativi a fronte dei quali valutare la legittimità della normativa nazionale, proprio l’art. 47 della Carta: «[d]al momento che le prime tre questioni poste dal giudice del rinvio sono dirette a stabilire il livello di protezione di cui beneficiano i consumatori nonché i rimedi giurisdizionali di cui essi dispongono, è necessario integrare tale articolo tra gli strumenti del diritto dell’Unione di cui il giudice del rinvio chiede un’interpretazione alla Corte», in quanto «precetti [che] valgono per l’attuazione della direttiva» (parr. 5, 47). Poiché però la questione della realizzazione delle garanzie al credito non era disciplinata dalla direttiva, essa rientrava appunto nell’autonomia procedurale degli Stati membri, nel rispetto dei principi di equivalenza e effettività (ibid. 50).

154 Ibid., 54-62. 155 Ibid., 60-5.

156 C 119/15, Biuro podróży ‘Partner’ sp. z o.o. sp.k. w Dąbrowie Górniczej contro Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i

Konsumentów, sentenza del 21.12.2016 (Quinta sezione) ECLI:EU:C:2016:987.

157 Ibid., par. 26 (corsivo aggiunto). Il ruolo dell’art. 47 CDFUE nella tutela giurisdizionale del professionista è

considerato in particolare da VAN DUIN, Metamorphosis? The Role of Article 47 of the EU Charter of Fundamental Rights in

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definire la portata del principio nel contesto europeo. La seconda ragione è data dall’interazione tra il principio in questione e la conformazione degli strumenti di judicial review delineati dalla struttura dei Trattati, nella misura in cui tale controllo costituisce «una

garanzia costituzionale che fa parte dei fondamenti stessi della Comunità»158, elemento

essenziale di qualsiasi istituzione basata sulla rule of law159.

La prima tipologia di casi riguarda i limiti previsti dai Trattati (prima e dopo Lisbona) in merito ai criteri di legittimazione individuale per l’esperimento di un’azione di annullamento di un atto adottato da un’istituzione dell’Unione. Come è noto, l’art. 173 TCEE prevedeva che qualsiasi persona fisica o giuridica potesse proporre ricorso «contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente e individualmente». Tale criterio era stato inteso dalla Corte in maniera particolarmente stringente, essendo i ricorrenti privati tenuti a dimostrare che la misura contestata li «tocca[va] nella loro individualità o nella loro particolare situazione»160. Interrogata sulla

legittimità di tale criterio, la Corte aveva risposto che i Trattati avevano stabilito un «sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, affidandolo al giudice comunitario»161, in cui spettava

agli Stati membri di garantire la completezza e l’effettività del sistema di protezione giurisdizionale.

Questo quadro è stato contestato dall’A.G. Jacob nella celebre conclusione in UPA162,

ove un’associazione di rappresentanza dei contadini spagnoli, che aveva visto rigettare il proprio ricorso per l’annullamento di un regolamento del Consiglio volto ad abolire una serie di sussidi comunitari, aveva proposto appello innanzi la Corte lamentando che l’interpretazione restrittiva data all’art. 173 in Plaumann163 determinava un’inaccettabile

situazione di diniego di giustizia. L’A.G., criticando la retorica della completezza del sistema di rimedi affermato in Les Verts164, sostenne che il livello di protezione garantito allo status

158 Cause riunite C-402/05P e C-415/05 P, Kadi, cit., par. 290. In un senso simile, anche C-29/48, Parti écologiste «Les Verts» contro Parlamento Europeo, sentenza del 23.04.1986 [1986] ECR 1339, ECLI:EU:C:1986:166, par. 23.

159 Notoriamente critico rispetto a questa funzione giudiziale è WALDRON, The Core of the Case Against Judicial Review,

in Yale Law Journal, 115, 2005, 1346. Sulla judicial review nel diritto europeo: STONE SWEET, The European Court of Justice, in The Evolution of EU Law, CRAIG-DE BÚRCA (a cura di), Oxford, 2011 (2°ed), 121; ARNULL, Judicial Review in the

European Union, in Oxford Handbook of European Union, ARNULL-CHALMERS (a cura di), Oxford 2015, 376; LECZYKIEWICZ, Constitutional Justice’ and Judicial Review of EU Legislative Acts, in Europe's Justice Deficit?, KOCHENOV-DE BÚRCA-WILLIAMS (a cura di), Oxford, 2015, 97.

160 C-25/62, Deutz, par. 9; C-25/62, Plaumann & Co. contro Commissione della Comunità economica europea, sentenza del

15.07.1963 [1963] ECR 199, ECLI:EU:C:1963:17, par. 40.

161 C-50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores contro Consiglio dell’Unione Europea, sentenza del 25.07.2002 [2002]

ECR I-6677, ECLI:EU:C:2002:462, par. 40.

162 C-50/00 P, UPA, cit.

163 C-25/72, Plaumann & Co. contro Commissione della Comunità economica europea, sentenza del 15.06.1963 [1963] ECR

199, ECLI:EU:C:1963:17

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quo – in cui il privato doveva fare affidamento sul rinvio pregiudiziale per ottenere una

pronuncia circa la validità dell’atto lesivo – appresta un rimedio eccessivamente costoso e prolungato, indiretto, incerto e in alcuni casi materialmente impossibile: per avere accesso alla tutela giurisdizionale, il singolo avrebbe dovuto prima violare le disposizioni dell’atto pregiudizievole, per poi eccepirne l’illegittimità nel procedimento giurisdizionale avviato contro di sé a livello nazionale165. A fronte di una situazione così paradossale, considerare

integrato il requisito dell’interesse individuale «nel caso in cui, in ragione delle circostanze di fatto a lui peculiari, tale atto pregiudichi o possa pregiudicare in modo sostanziale [gli] interessi [di un soggetto]»166, avrebbe fornito un’adeguata protezione dei suoi interessi,

garantendo il rispetto del principio di effettività della tutela.

Purtroppo la Corte non seguì le conclusioni dell’A.G., continuando peraltro a giustificare la propria chiusura, inter alia, in base al postulato della completezza del sistema comunitario,

per cui «i giudici nazionali sono tenuti, per quanto possibile, ad interpretare e applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio delle azioni in maniera da consentire alle persone fisiche e giuridiche di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario di portata generale, eccependo l’invalidità di quest’ultimo»167. Paradossalmente, è stato così elevato a baluardo dell’effettività della tutela

quello stesso rinvio pregiudiziale che in Jégo Quéré il Tribunale ha definito inidoneo, alla luce

degli artt. 6 e 13 della CEDU e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, «a garantire ai singoli un diritto di azione effettivo che permetta loro di contestare la legittimità di disposizioni comunitarie di portata generale direttamente incidenti sulla loro sfera giuridica»168.

Tale impostazione originaria169 è stata solo in parte modificata dal Trattato di Lisbona170.

Il fatto che l’effettività della tutela sia stata considerata inidonea a giustificare un’interpretazione evolutiva delle regole in materia di individual standing e abbia anzi

costituito il pivot di una ripartizione di competenze che fa leva su un sistema di review

165 Conclusioni dell’A.G. Jacobs per C-50/00 P, UPA, ECLI:EU:C:2002:197, parr. 36-58. 166 Ibid., par. 60.

167 C-50/00 P, UPA, cit., par. 42.

168 T-177/01, Jégo-Quéré & Cie SA contro Commissione delle Comunità europee, sentenza del 03.05.2002 [2002] ECR

II-2365, ECLI:EU:T:2002:112, par. 47.

169 C-263/02 P, Commissione delle Comunità europee contro Jégo-Quéré & Cie SA, sentenza del 01.03.2004 (Sesta

sezione) [2004] ECR I-3425, ECLI:EU:C:2004:210, in cui la CGUE ha ritenuto che, «tenendo conto del fatto che il Trattato CE ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso ad affidare al giudice comunitario il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni […] si deve riconsiderare l’interpretazione restrittiva, sinora adottata, della nozione di persona individualmente interessata da una decisione ai sensi dell'art. 230, quarto comma, CE» (par. 50).

170 Art. 263(4) TFUE: «Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo

comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

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decentrato e indiretto de-responsabilizza le istituzioni europee e solleva qualche perplessità. Prescindendo da una vera e propria valutazione critica del limitato accesso al sindacato di validità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione, pare opportuno concentrare l’attenzione sul peso «asimmetrico» che le decisioni sopra riportate hanno attribuito al principio di effettività171.

Infatti, le regole relative alla legittimazione individuale di cui all’art. 163 TFUE sono in un certo senso lo specchio delle diverse concezioni della rule of law172. Esse esprimono infatti

tanto il diritto a non essere soggetti ad atti costituzionalmente illegittimi, quanto un elemento fondamentale per realizzare un sistema efficiente ed effettivo di judicial review; così

che la previsione di condizioni eccessivamente stringenti può frustrare tanto il diritto dell’individuo quanto il funzionamento delle regole funzionali a garantire il controllo di legalità e validità degli atti adottati dalle istituzioni nazionali ed europee. Queste conseguenze negative potrebbero però non essere realizzate contemporaneamente o alla stessa maniera: una concezione formale della rule of law non considera leso il principio di

diritto ove siano previste regole che limitano l’accesso alla giustizia per il singolo ricorrente, ma che non inficiano l’effettività del sistema giurisdizionale nel suo complesso; al contrario, una concezione sostanziale considera inaccettabile un simile esito perché lo stesso diritto a una tutela e a un rimedio effettivi costituisce una condizione indispensabile perché il principio di diritto possa dirsi rispettato, essendo il rispetto dei diritti fondamentali un elemento imprescindibile della rule of law.

I documenti della Commissione sul rispetto della rule of law173, così come una valutazione

comparativa del concetto di stato di diritto nei vari Stati membri, sembrano giustificare l’affermazione per cui l’Unione europea adotta una accezione sostanziale della rule of law. In

questo senso, la Commissione fa espresso riferimento al rispetto dei diritti fondamentali e all’effettività della tutela giurisdizionale come condizioni imprescindibili perché un sistema sia conforme al principio di diritto. Pertanto, vista la peculiare natura semi-federale dell’Unione europea, quest’ultima potrebbe dirsi basata sulla rule of law solo ove sia le sue

istituzioni che quelle degli Stati membri rispettino i valori costituzionali a essa connessi. A fronte di una simile impostazione, i requisiti fissati dall’art. 163 TFUE devono essere

171 Sembra suggerire il diverso peso del principio a livello nazionale ARNULL, Judicial Review in the European Union, cit.,

il quale, criticando la scelta della CGUE di far gravare il peso del rispetto della rule of law sul meccanismo «del rinvio pregiudiziale e quindi da ultimo sui giudici nazionali), si esprime nei seguenti termini: «In the present context, it led the court to a conclusion which if accepted might sometimes prove inadequate to guarantee respect for the fundamental right to effective judicial protection, a general principle of law having a constitutional status. The result was to leave the Union depend on the national courts to ensure full respect for that principle, one which seems to impose greater burdens on them than it does on the Union Courts. It is potentially more intrusive than the older principles of national procedural autonomy effectiveness and equivalence, which it shows signs of superseding» (398).

172 CRAIG, Formal and substantive conceptions of the rule of law: an analytical framework, in Public Law, 1997, 467.

173 Si veda, per esempio, la Comunicazione Della Commissione Al Parlamento Europeo E Al Consiglio, Un nuovo

quadro dell'UE per rafforzare lo Stato di diritto, 2014, disponibile all’indirizzo https://eur-

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giudicati in base alla loro attitudine a realizzare il controllo di legittimità degli atti delle istituzioni, anche alla luce della loro conformità con il rispetto dei diritti fondamentali. Se il diritto a una tutela giurisdizionale e un rimedio effettivi costituisce un diritto fondamentale, ai sensi dell’art. 52(1) della Carta di Nizza esso potrebbe essere soggetto a restrizioni solo ove queste si dimostrino legittime, necessarie e proporzionate; il che, ancora una volta, supporta la soluzione suggerita dall’A.G. Jacobs, per cui il Plaumann test non supererebbe

questo tipo di giudizio e, pertanto, necessiterebbe urgentemente di una revisione. Lo status quo delle regole sulla legittimazione individuale di cui all’art. 163 TFUE come interpretate

dalla CGUE è gravemente insoddisfacente e pregiudica il rispetto della rule of law da parte

dell’Unione europea a causa delle ripercussioni che questo ha sia sulla validità del sistema complessivamente considerato sia sul rispetto del diritto fondamentale ad un rimedio e una tutela giurisdizionale effettivi, di cui l’accesso alla giustizia rappresenta un elemento costitutivo.

Il secondo ambito operativo in cui il principio-diritto a una tutela e un rimedio effettivi ha svolto un ruolo fondamentale è quello relativo al sindacato di validità degli atti e delle procedure giurisdizionali intentante dalle istituzioni dell’Unione nei confronti dei singoli. Esempio paradigmatico è la celeberrima saga Kadi174, in cui Tribunale e CGUE si sono

trovati a giudicare sui ricorsi di annullamento proposti contro i regolamenti adottati in virtù degli artt. 60, 301 e 308 TCE per dare esecuzione alle risoluzioni con cui il Consiglio di sicurezza aveva predisposto l’adozione di specifiche misure restrittive nei confronti di soggetti associati al terrorismo internazionale. I ricorrenti avevano lamentato che le misure di congelamento di capitali imposte dagli atti impugnati violavano sia il loro diritto di proprietà sia – non essendo state correttamente motivate – il loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Limitando in questa sede l’attenzione all’ultimo profilo richiamato, è importante evidenziare come la Corte accolse tutte le censure sollevate. I diritti della difesa, in particolare quello al contraddittorio, non erano stati rispettati perché nessuno degli atti contestati prevedeva alcuna procedura di comunicazione preventiva degli elementi a giustificazione della inclusione dei nomi degli interessati nella lista dei soggetti colpiti dalle misure restrittive o di audizione di questi ultimi, né garantiva la comunicazione successiva ai ricorrenti degli elementi assunti a loro carico. Ebbene,

«alla luce della giurisprudenza della Corte in altri settori […] si deve concludere, nella fattispecie, che l’efficacia del controllo giurisdizionale, che deve poter avere ad oggetto, segnatamente, la legittimità dei motivi sui quali si basa se del caso l’inclusione del nome di una persona o di un’entità nell’elenco che costituisce l’allegato I del regolamento controverso e che comporta l’applicazione a tali destinatari di un insieme di misure restrittive, implica che l’autorità comunitaria in questione sia tenuta a comunicare detti motivi alla persona o entità interessata, per quanto possibile, al momento in cui tale inclusione è stata decisa, o,

174 T-315/01, Yassin Abdullah Kadi contro Consiglio dell'Unione europea e Commissione delle Comunità Europee,

126 quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale decisione, in modo da

consentire ai destinatari di esercitare, entro i termini, il loro diritto di ricorso. L’osservanza di tale obbligo di comunicare detti motivi è infatti necessaria sia per consentire ai destinatari delle misure restrittive di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice comunitario (v., in tal senso, sentenza Heylens e a., cit., punto 15), sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo della legittimità dell’atto comunitario di cui trattasi, cui è tenuto ai sensi del Trattato CE.»175

Come è noto, alla fine la Corte realizzò un bilanciamento tra le istanze in gioco annullando il regolamento contestato nella parte in cui aveva effetto nei confronti dei ricorrenti, ma prevedendo che esso mantenesse i sui effetti per i successivi tre mesi, in maniera tale da permettere al Consiglio di rimediare alle violazioni perpetrare e rivedere le misure adottate nei confronti delle parti.

Un terzo settore idoneo a comparare le modalità con cui la Corte ha sviluppato il riferimento all’effettività della tutela nella judicial review del diritto nazionale e comunitario è

quello della concessione dei rimedi ad interim. Dopo aver deciso il celebre Factortame, la

CGUE fu infatti chiamata a giudicare se i giudici nazionali fossero tenuti a sospendere l’applicazione di misure nazionali che implementavano il diritto comunitario di cui era stata contestata la validità, premesso che – secondo il leading case Foto-Frost – essi non avevano

alcun potere di dichiara l’invalidità di tali misure, perché tale competenza spettava unicamente alla CGUE176. In Zuckerfabrik177, la Corte affermò che l’art. 189 TCE non

escludeva la competenza dei giudici nazionali a concedere la sospensione dell’esecuzione di un provvedimento amministrativo nazionale adottato alla stregua di un regolamento comunitario, e che la possibilità per i singoli di contestare la validità di quest’ultimo tramite il meccanismo del rinvio pregiudiziale sarebbe compromessa se, in attesa di una sentenza della Corte, fosse loro negata una misura capace di paralizzare nei loro confronti gli effetti del regolamento impugnato178. Nonostante l’asserzione per cui «la tutela cautelare garantita

dal diritto comunitario ai singoli dinanzi ai giudici nazionali non può variare a seconda che essi contestino la compatibilità delle norme nazionali con il diritto comunitario oppure la validità di norme del diritto comunitario derivato, vertendo la contestazione, in entrambi i casi, sul diritto comunitario medesimo»179 – da cui deriva una netta impressione che la

necessità di attribuire tale potere ai giudici nazionali sia un corollario dello stesso principio

175 Ibid., parr. 335-7.

176 C-314/85, Foto-Frost contro Hauptzollamt Lübeck-Ost, sentenza del 22.10.1987 [1987] ECR 4199,

ECLI:EU:C:1987:452, in particolare par. 20.

177 Cause riunite C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrik Süderdithmarschen AG contro Hauptzollamt Itzehoe and

Zuckerfabrik Soest GmbH contro Hauptzollamt Paderborn, sentenza del 21.02.1991 [1991] ECR I-415, ECLI:EU:C:1991:65.

178 Ibid., parr. 17, 21. 179 Ibid., par. 20.

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della rule of law – la Corte individuò una serie di limiti stringenti che condizionavano la

disponibilità di un rimedio ad interim:

«la sospensione dell’esecuzione di un provvedimento nazionale adottato in applicazione di un regolamento comunitario può essere concessa da un giudice nazionale a condizione che:

— lo stesso giudice nutra gravi riserve in ordine alla validità dell’atto comunitario e provveda direttamente ad effettuare il rinvio pregiudiziale, nell’ipotesi in cui alla Corte non sia già stata deferita la questione di validità dell'atto impugnato; — ricorrano gli estremi dell’urgenza e sul richiedente incomba il rischio di subire un pregiudizio grave ed irreparabile;

— il suddetto giudice tenga pienamente conto dell’interesse della Comunità.»180

Tanto per la previsione di questi limiti, quanto per la maniera in cui essi sono stati specificati nel successivo case law181, è chiaro che l’idea fondamentale è quella di un

bilanciamento di interessi che va a favore del singolo solo ove, in assenza della misura cautelare, egli riceverebbe un danno non riparabile in via successiva e solo ove la sospensione non svuoterebbe l’effettività della misura contestata. Non è questa la sede per contestare il bilanciamento di interessi così avanzato dalla Corte. Quello che preme evidenziare, piuttosto, è come il requisito di effettività della tutela risulti recessivo rispetto alla sua applicazione nel sindacato sulla compatibilità delle normative nazionali con il diritto comunitario.

180 Ibid., par. 33.

181 Ci si riferisce in particolare a C-465/93, Atlanta Fruchthandelsgesellschaft mbH and others contro Bundesamt für

Ernährung und Forstwirtschaft, sentenza del 9.11.1995 [1995] ECR I–3761, ECLI:EU:C:1995:369: «Dalle considerazioni che precedono risulta che la seconda questione sollevata dal Verwaltungsgericht di Francoforte sul Meno eve essere risolta nel senso che provvedimenti provvisori, in ordine ad un atto amministrativo nazionale adottato in esecuzione di un regolamento comunitario, possono essere concessi da un giudice nazionale a condizione che: i) tale giudice nutra gravi riserve sulla validità dell’atto comunitario e provveda direttamente ad effettuare il rinvio pregiudiziale, nell’ipotesi

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