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L’effettività come canone decisionale, interpretativo, giustificativo Se non si vuole acriticamente accettare lo statuto giuridico attribuito dalla CGUE a

CAPITOLO III – L’effettività della tutela giurisdizionale

5. La retorica dei diritti fondamentali e della loro tutela Verso un’autonomizzazione dell’art 47 CDFUE nel diritto privato europeo?

2.2.1. L’effettività come canone decisionale, interpretativo, giustificativo Se non si vuole acriticamente accettare lo statuto giuridico attribuito dalla CGUE a

vari significati dell’effettività (diritto fondamentale, principio, principio generale), è necessario adottare una prospettiva diversa, capace di inquadrare l’effettività in un contesto più ampio. Il metodo analitico qui adottato può servire allo scopo.

Come anticipato nel capitolo I, la ricerca ha fatto uso di diversi strumenti concettuali, tra loro organizzati secondo una struttura a scatole cinesi. Dapprima, si è cercato di raccogliere le manifestazioni contingenti dell’effettività intorno a schemi di attribuzione di significato condivisi, rispondenti all’immagine di uso linguistico. Successivamente, i riferimenti sono stati inquadrati all’interno di quattro discorsi, distinti in base alla questione giuridica che essi intendono affrontare. Se tuttavia è vero che il diritto è linguaggio, e che il linguaggio a sua volta è un’attività, per capire lo statuto giuridico dell’effettività si deve impostare l’analisi in funzione anche della struttura dei discorsi, individuando a quale gioco linguistico essi appartengano.

In questa prospettiva, tutti gli usi dell’effettività fanno parte di un discorso interpretativo, con cui la Corte decide questioni giuridiche controverse e giustifica le scelte effettuate. È proprio da questa intersezione di funzioni nella struttura delle sentenze della Corte di giustizia che si coglie il ruolo dell’effettività come canone decisionale, interpretativo e giustificativo, funzionale al processo di integrazione e costruzione del diritto europeo. Essa è un canone interpretativo perché permette di

15 PAGLIANTINI, Principio di effettività e clausole generali, cit., 103: «effettività subiettiva ed oggettiva coincidono solo

quando la soluzione giuridica soggettiva posta dal legislatore europeo sia di tipo processuale […] Altrimenti sono nozioni che divergono sul piano dell’effetto confermativo in quanto diversi risultano essere i beni della vita cui alludono».

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concretizzare norme, come quelle attributive di posizioni giuridiche soggettive, che sono in parte necessariamente vaghe. Allo stesso tempo è un canone decisionale perché, come espressione dell’esigenza di realizzare l’interesse sotteso alla norma di riferimento, costituisce il motivo della decisione sub specie di ragionamento teleologico. Infine, è un

canone giustificativo: sostenendo l’interpretazione così elaborata nella giustificazione esterna16, permette di presentare la soluzione scelta come (unico) esito interpretativo

corretto.

Sul significato e le tecniche di interpretazione la letteratura è vastissima17 e non è

questa la sede per tentarne una ricognizione. Se però partiamo dal presupposto che di una teoria ermeneutica generale non si possa parlare – o che lo si possa fare solo con importanti caveat18 – allora l’attività della Corte di giustizia deve essere analizzata come

fenomeno in sé e per sé considerato, in maniera da delinearne le particolarità.

L’ordinamento europeo difetta di regole sull’interpretazione, sia nel diritto primario sia in quello secondario. L’unica eccezione sul punto è rappresentata dagli artt. 51 ss. della Carta di Nizza19, la cui applicazione è tuttavia limitata alle disposizioni della Carta,

e non può essere soggetta a generalizzazione20. In assenza di espliciti criteri eteronomi,

la CGUE sembra da sempre intenzionata a fissare essa stessa le regole della propria attività, ricorrendo a parametri diffusi nel legal reasoning delle corti nazionali, talvolta

secondo la loro conformazione tradizionale, talaltra plasmandoli in maniera del tutto peculiare21.

16 WROBLEWSKY, Legal Decision and Its Justification, in Logique & Analyse, 14, 1971, 409, su cui più ampiamente infra. 17 Per una prima ricognizione, si veda TARELLO, L'interpretazione della legge, cit.; PARESCE, Interpretazione (fil.), in

Enciclopedia del diritto, XXII, Milano, 1972, 152; MONATERI, Interpretazione del diritto, in Digesto delle Disicipline

Privatistiche, Sez. Civ., Torino, 1993, 31; GUASTINI, Interpretazione - Interpretazione dei documenti normativi, in Enciclopedia

giuridica, XVII, Roma, 1989, 1, e letteratura ivi citata.

18 TARELLO, L'interpretazione della legge, cit.

19 In particolare l’art. 53 CDFUE, secondo cui «nothing in this Charter shall be interpreted as restricting or

adversely affecting human rights and fundamental freedoms as recognized, in their respective fields of application, by Union law and international law and by international agreements to whihc the Union, the Community, or the all the member States are party, including the European Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms, and by the Member State’s constitutions». Sui problemi connessi al divieto di limitazione del livello di protezione, e sul principio della massima espansione dei diritti (come affermato, ad esempio, da Corte Cost. n. 317/2009) come punto di convergenza degli ordinamenti normativi e giurisprudenziali, si veda SALVI,

Diritto civile e principi costituzionali europei e italiani: il problema, cit., 5 ss.

20 ITZCOVICH, The Interpretation of Community Law by the European Court of Justice, in German Law Journal, 10, 2005,

537, 539. Sottolinea l’importanza (ma anche la tendenziale vacuità) di un principio di massima espansione delle tutele nei diversi ordinamenti (nazionali e sovranazionali) SALVI, Diritto civile e principi costituzionali europei e italiani: il

problema, cit. Per un’analisi dettagliata delle citate disposizioni: WARD, The EU Charter of Fundamental Rights, cit.; PEERS-PRECHAL, Article 52 - Scope and Intepretation of Rights and Principles, in The EU Charter of Fundamental Rights. A

Commentary, PEERS-HERVEY-KENNER-WARD (a cura di), Oxford, 2014, 1455; DE WITTE, Article 53 - Level of

Protection, in The EU Charter of Fundamental Rights, PEERS-HERVEY-KENNER-WARD (a cura di), Oxford, 2014, 1523.

21 Il monopolio interpretativo della Corte di giustizia deriva, oltre dai poteri attribuiti dai Trattati, dalla particolare

modalità con cui essa stessa ha interpretato il dovere del giudice nazionale di proporre rinvio pregiudiziale nel leading case C-283/81 Srl CILFIT e Lanificio di Gavardo SpA contro Ministero della Salute, sentenza del 06.10.1982 [1982] ECR-

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Tra i modelli comuni, ma utilizzati con modalità e frequenza tali da renderli sui generis,

vanta un peso particolare l’interpretazione sistematica – ove il contesto è spesso rappresentato dai principi e obiettivi dell’ordinamento nella loro massima generalizzazione22 – nonché un insieme di tecniche «dinamiche»23: l’interpretazione

funzionale, secondo cui una disposizione deve essere interpretata in maniera da garantirne l’effet utile; quella teleologica, orientata a rendere la norma coerente con gli

obbiettivi esplicitamente o implicitamente stabiliti per essa dall’ordinamento; e infine quella consequenzialista, secondo la quale il significato della norma deve essere ricostruito tenendo conto delle conseguenze che dalla stessa attività interpretava potrebbero derivare.

In dottrina sono state offerte diverse ricostruzioni del fenomeno, dando vita a un cospicuo dibattito sulle forme e sui limiti del legal reasoning della CGUE24. Da un lato

sono schierati i sostenitori – più o meno dichiarati – della Corte, i quali basano il proprio supporto su un pragmatico scetticismo, o su una ideologia realista, per cui i canoni ermeneutici avrebbero valore normativo per il semplice fatto di essere utilizzati25. Tali

comunitario, nonché della difficoltà per il giudice nazionale di giudicare come «evidente» l’interpretazione del diritto comunitario, proprio in virtù delle peculiarità di quest’ultimo, e dunque delle tecniche interpretative richieste: « […] la configurabilità di tale eventualità va valutata in funzione delle caratteristiche del diritto comunitario e delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta. Va innanzitutto considerato che le norme comunitarie sono redatte in diverse lingue e che le varie versioni linguistiche fanno fede nella stessa misura: l’interpretazione di una norma comunitaria comporta quindi il raffronto di tali versioni. Deve poi osservarsi, anche nel caso di piena concordanza delle versioni linguistiche, che il diritto comunitario impiega una terminologia che gli è propria. D’altronde, va sottolineato che le nozioni giuridiche non presentano necessariamente lo stesso contenuto nel diritto comunitario e nei vari diritti nazionali. Infine, ogni disposizione di diritto comunitario va ricollocata nel proprio contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni del suddetto diritto, delle sue finalità, nonché del suo stadio di evoluzione al momento in cui va data applicazione alla disposizione di cui trattasi», parr. 72 ss.). Sulla peculiarità del diritto europeo e della sua interpretazione (in particolare sull’impossibilità di utilizzare il principio dell’art. 31 della Convenzione di Vienna, e quindi sulla necessità di essere interpretato come diritto «eteronomo», e non «autonomo”) si rimanda all’analisi del caso Van Gend en Loos, cap. II, §2.1), e alle considerazioni di ITZCOVICH,

The Interpretation of Community Law by the European Court of Justice, cit., 540 ss.

22 ITZCOVICH, The Interpretation of Community Law by the European Court of Justice, cit., 552. Sulla predilezione per un

piano di astrazione massimo nella legal reasoning della Corte, anche CONWAY, The Limits of Legal Reasoning and the

European Court of Justice, Cambridge, 2012, 225 ss. (dove considera criticamente il cd. «meta-teleological approach

whereby a result is reached through the abstraction of very broadly stated goals of effectiveness and integration, coupled with a tendency to assert certain conclusions as required by these without always adequately canvassing alternative resolutions», 245)

23 ITZCOVICH, The Interpretation of Community Law by the European Court of Justice, cit., 549, riprendono la

classificazione tra criteri «linguistici», «sistemici» e «dinamici», notoriamente elaborata da BENGOETXEA, The Legal

Reasoning of the European Court of Justice. Towards a European Jurisprudence, Oxford, 1993, 234.

24 Per una minuziosa ricostruzione, CONWAY, The Limits of Legal Reasoning and the European Court of Justice, cit., 52

ss., e, in sintesi, BOBEK, Legal Reasoning of the Court of Justice of the EU, in European Law Review, 39, 2014, 418, da cui la distinzione tra teorie descrittive e teorie implicitamente o esplicitamente normative è ripresa.

25 BECK, The Limits of Legal Reasoning and the European Court of Justice by Gerard Conway, in International & Comparative

Law Quarterly, 62, 2013, 515; WEILER, The Court of Justice on Trial, in Common Market Law Review, 24, 1987, 555; BENGOETXEA, The Legal Reasoning of the European Court of Justice, cit., per cui le decisioni della Corte devono essere analizzate attraverso una ricostruzione dei suoi standard, e la cui legittimità dipende dal livello di conformità con la pratica istituzionale in cui sono calate.

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criteri sono considerati norme di secondo grado (cioè direttive sull’interpretazione), valide perché effettive, cioè concretamente utilizzate dall’istituzione che ha il monopolio

interpretativo del diritto europeo. Alternativamente, sono giustificati in virtù di un giudizio opportunistico-funzionale: da un lato, l’asserita peculiarità dell’Unione come entità politica non strutturata e continuamente rivolta alla progressiva integrazione escluderebbe la vigenza dei canoni interpretativi tradizionali; dall’altro, il suo essere naturalmente finalizzata al progetto di integrazione legittimerebbe ex se l’uso di criteri di

interpretazione dinamica, secondo un’arrière-pensée – neppur tanto nascosto – per cui i

fini sarebbero ben sufficienti a giustificare i mezzi26.

In senso diametralmente opposto si collocano i critici che, ritenendo inaccettabile l’ideologia realistica dell’anything goes e rifiutando l’assunto per cui un’istituzione sui generis

debba avere criteri ermeneutici altrettanto peculiari, cercano di elaborare una teoria normativa che tragga dai principi fondanti dell’Unione (non degli obbiettivi) criteri ermeneutici strutturati capaci di guidare l’attività della Corte e limitarne la tendenziosità27. In altre parole, l’alternativa sembra porsi tra l’acritica accettazione dei

canoni liberamente utilizzati dalla Corte e l’elaborazione di una gerarchia ermeneutica che ne regoli l’uso.

Se la prima soluzione è insoddisfacente, perché basata sulla più banale delle fallacie naturalistiche – derivare il sollen dal sein –, la seconda appare a sua volta criticabile, perché

ipostatizza la necessità di criteri interpretativi gerarchicamente definiti28.

26 WEILER, Rewriting Van Gend en Loos: Towards a Normative Theory of ECJ Hermeneutics, in Judicial Discretion in

European Perspective, WIKLUND (a cura di), 2003, 150, che prevede tre criteri di legittimità: uno empirico, basato sull’accettazione della comunità, uno tecnico, ovvero la conformità con i canoni di interpretazione comunemente accettati; e uno politico-morale, connesso alla desiderabilità e opportunità dei risultati dell’attività giudiziale; EDWARD, Judicial Activism - Myth or reality, in Legal Reasoning and Judicial Interpretation of European Law: Essays in Honour

of Lord Mackenzie Stuart, CAMPELL-VOYATZI (a cura di), Trenton, 1996, 34, ITZCOVICH, The Interpretation of

Community Law by the European Court of Justice, cit; WEILER, Rewriting Van Gend en Loos: Towards a Normative Theory of

ECJ Hermeneutics, cit., 555 ss., ARNULL, The European Court and Judicial Objectivity: A Reply to Professor Hartly, in Law

Quarterly Review, 112, 1996, 411.

27 Il primo celebre critico della Corte di giustizia è stato RAMUSSEN, On Law and Policy of the European Court of

Justice, Dordrecht, 1986, ma il pensiero dell’Autore olandese è esplicitamente più attento all’analisi dell’operato della

Corte (i diversi livelli di judicial activism riscontrabili, le sue cause, le reazioni avutesi dai vari interlocutori istituzionali,

e gli ambiti in cui è maggiormente criticabile giustificabile), che non alla elaborazione di una teoria normativa che – in assenza dell’accordo tra Stati membri su come dovrebbe essere portata avanti l’integrazione – sembra impossibile. Diversamente, NEILL, The European Court of Justice: A case Study in Judicial Activism, London, 1995 e HARTLEY, The European Court, Judicial Objectivity and the Constitution of the European Union, in Law Quarterly Review, 112, 1996, 95 argomentano in favore di una più stretta aderenza al dato normativo, mentre CONWAY, The Limits of Legal

Reasoning and the European Court of Justice, cit., ricostruisce il ruolo dell’argomento meta-teleologico – ovvero la

tendenza della Corte a fare riferimento agli obbiettivi dei Trattati, o a considerazioni di sistema con un alto grado di astrazione – , la scarsa predisposizione per l’interpretazione letterale, discute il collegamento che questa scelta interpretativa ha in vista di una giurisprudenza pro-communitarian – illegittima perché contraria al principio

democratico, alla rule of law e al principio di separazione dei poteri –, e suggerisce l’interpretazione letterale di stampo

originalistico come alternativa allo status quo.

28 Sulla impossibilità di configurare un unico tipo di interpretazione: TARELLO, L'interpretazione della legge, cit., 5

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Come una Giurista ha correttamente osservato, «i metodi di interpretazione codificati sono un frammento di una complessa procedura di convalidazione – o, per dir meglio, di falsificazione – necessaria per trascorrere dal diritto (solo) formale al diritto (anche) effettivamente valido […]. Questa procedura comprende da un lato i canoni e metodi ermeneutici in senso stretto, codificati e non, dall’altro lato i parametri e le giustificazioni che reggono la scelta e l’impego degli argomenti»29. In assenza di disposizioni

sull’interpretazione – quali gli artt. 12 ss. delle disposizioni preliminari, o le disposizioni sull’interpretazione del contratto nel codice civile – l’attività interpretativa difetta di una regola linguistica di trasformazione stringente, così che non si può valutare l’interpretazione-attività (e quindi l’interpretazione-risultato) «verificando se la determinazione semantica della norma in rapporto alla fattispecie concreta tiene conto della regola d’uso prescritta». Questo però non significa che l’attività giudiziale non sia suscettibile di alcun giudizio di correttezza. Al contrario, «si tratta di operare un controllo non sull’attività interpretativa, ma sulla sua giustificazione, attraverso un vaglio di coerenza, esaustività, ragionevolezza delle scelte interpretative adottate in rapporto alle premesse in fatto e diritto della decisione»30.

In questo senso, decidere, interpretare e argomentare possono essere apprezzati come elementi complementari in relazione dialettica. Se, in termini kantiani, «l’interpretazione è la strada che segue l’immaginazione creatrice nell’operazione del giudizio riflettente»31,

essa rappresenta la costruzione del significato di un enunciato normativo attraverso una inferenza logica tra premesse e conclusione, basata su una sequenza di argomenti.

L’interpretazione è corretta se ben giustificata, ovvero se è possibile individuare degli argomenti empirici o analitici capaci di supportare il fatto che, alla luce delle premesse del discorso, si possano trarre specifiche conclusioni o avanzare determinate pretese. Il che si traduce nella necessità di giustificare le proprie inferenze attraverso un sostegno argomentativo il quale, a sua volta, deve poter essere sottoposto a un onere di giustificazione di secondo grado32. Poiché il procedimento potrebbe andare avanti

all’infinito, è legittimo supporre che le proposizioni portate a sostegno di una soluzione possano essere considerate legittime se ulteriormente giustificate oppure se accettate da tutti i partecipanti al discorso33.

Se dunque decidere, interpretare e giustificare sono espressioni diverse di un medesimo fenomeno, ove il trait d’union è offerto dalla razionalità dell’argomentazione,

l’effettività deve essere qualificata essenzialmente come argomento e – ça va sans dire –

29 CALDERAI, Interpretazione dei contratti e argomentazione giuridica, cit., 76. 30 CALDERAI, Interpretazione dei contratti e argomentazione giuridica, cit., 450 ss.

31 RICOER, Interpretazione e/o argomentazione, in Ars interpretandi. Annuario di ermeneutica giuridica, 1996, 77, 89. 32 TOULMIN, The Uses of Arguments, Cambridge, 1964.

33 ALEXY, Theorie der juristischen Argumentation. Die Theorie des rationalen Diskurses als Theorie der juristischen Begründung,

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una teoria normativa che aspiri a definirne il labile confine tra uso ed abuso deve essere costruita di conseguenza.

L’uso argomentativo dell’effettività

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