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L’effettività come criterio orientativo per la determinazione e la tutela dei diritt

CAPITOLO III – L’effettività della tutela giurisdizionale

4. L’effettività della tutela come principio e diritto fondamentale

3.4. L’effettività come criterio orientativo per la determinazione e la tutela dei diritt

L’ultima accezione di effettività attiene a un tipo di discorso che abbiamo definito assiologico, in cui essa rappresenta un criterio per determinare sia l’esistenza e il contenuto dei diritti soggettivi, sia le modalità sostanziali e procedurali della loro tutela.

Come anticipato nel primo capitolo, i due profili sono teoricamente distinti e potrebbero dunque essere trattati separatamente. Tuttavia, tale dicotomia non pare concretamente adottabile in ipotesi di costruzione pretoria del diritto, considerato che l’affermazione di una situazione giuridica soggettiva non è separabile dal riconoscimento giudiziale e dall’asserita necessità della tutela69. Sulla connessione tra diritti (statici) e rimedi (dinamici)

nel sistema del diritto privato europeo dovremo tornare più avanti70. Per il momento è

sufficiente evidenziare come tutte le manifestazioni dell’effettività che abbiamo fin qui individuato si collochino anche all’interno di questa tipologia di discorso.

Gli usi dell’effettività individuati nel secondo capitolo costituiscono appunto il medium e

l’esito di un’attività giudiziale funzionale all’affermazione di una situazione giuridica soggettiva: gli effetti diretti servono proprio a riconoscere in capo al privato un diritto che

68 MARTINICO, Building Supranational Identity; Legal reasoning and Outcome in Kadi I and Opinion 2/13 of the Court of Justice,

cit., considera il parere della Corte come improntato alla logica del «Thou shalt have no other courts before me» (mutuando l’efficace espressione di MILCH, Thou shalt have no other courts before me, in VerBlog, http://verfassungsblog.de/thou-

shalt-no-courts/ 2014, ultimo accesso, agosto 2017): «Without any doubt this Opinion is the product of a Court which

does not know how to handle the axiological part of its constitution (the Charter of Fundamental Rights) and understands the ECHR as a source of problems rather than an added value. This has clear consequences on what we could call the jurisprudence of the EU constitutional identity. The CJEU has had an approach which could appear schizophrenic at a first look. Yet, such an approach is extremely coherent once seen from the perspective of a court which has always been interested in protecting the autonomy of its legal system and, thus, its interpretative monopoly» (262, 267). Altre ipotesi della «gelosia istituzionale» della CGUE, analizzate dall’Autore sono (258): C-459/03, European Commission v. Ireland (Mox Plant), sentenza del 30.05.2006 (Grande Sezione) [2006] ECR-4635, ECLI:EU:C:2006:42;

Cause riunite C-118/10 e C-198/10, Aziz Melki (C-188/10) e Sélim Abdeli (C-189/10), sentenza del 22.06.2010 (Grande Sezione) [2010] ECR I-5667, ECLI:EU:C:2010:363; C-399/11, Stefano Melloni contro Ministerio Fiscal, sentenza del 26.02.2013 [2013] ECLI:EU:C:2013:107.

69 Cfr. cap. I, § 4.4. 70Infra, §0.

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la normativa nazionale non attribuisce, creando un vincolo immediato tra previsione normativa comunitaria e patrimonio giuridico dell’individuo; mentre la loro espansione si traduce nel riconoscimento di nuovi diritti di fonte europea. Ancora più chiara è l’inerenza dei casi in cui la Corte fa riferimento all’effettività della tutela giurisdizionale: la Rewe- effectiveness, la Johnston-effectiveness, l’art 19(1) TUE, l’art. 47 CDFUE, così come i meccanismi

di tutela introdotti direttamente dalla CGUE, quali il risarcimento del danno in Francovich o

il riconoscimento di rimedi ad interim in Factortame, sono tutti espressione del principio per

cui le situazioni giuridiche soggettive devono essere corredate da garanzie giurisdizionali tali da permettere il soddisfacimento dell’interesse sotteso.

4. «The Double life of Effectiveness» rivisitata e il nesso mancante tra diritti e rimedi

A causa della crescente rilevanza di questo ultimo discorso, in particolare per il richiamo all’effettività della tutela, si può essere tentati di interpretare le soluzioni e la forma mentis

della CGUE come se il significato giuridico dell’effettività avesse subito una evoluzione: da una effettività «oggettiva», riferita alla singola norma o all’ordinamento comunitario nel suo complesso e orientata alla realizzazione del mercato concorrenziale, a una effettività «soggettiva», orientata alla tutela delle situazioni giuridiche aventi fonte nel diritto comunitario e medium per l’affermazione di una idea solidaristica di giustizia nei rapporti

contrattuali.

L’indagine sviluppata fin qui mostra però come non sia possibile autonomizzare la dimensione soggettiva dell’effettività da quella oggettiva. La Corte ha plasmato la natura sui generis dell’UE e lo statuto giuridico delle sue norme in maniera tale da far convergere il più

possibile l’interesse dell’Unione con gli interessi dei privati, i quali, insieme ai giudici da loro aditi, sono stati progressivamente elevati a private attorneys general nell’enforcement del diritto

europeo71. Nella casistica della CGUE entrambe le versioni dell’effettività sono da sempre

poste su due piani complementari e il particolare ruolo assegnato alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive nel sistema giurisdizionale decentrato dell’UE ha determinato una fisiologica interazione tra i livelli del discorso.

Emblematico è il caso delle direttive: se è vero che queste non possono di per sé avere efficacia diretta orizzontale, il singolo i cui interessi siano stati lesi da un altro privato, il quale ha agito sulla base di una normativa nazionale non conforme alla direttiva europea, potrà comunque giovarsi di molti dei vantaggi che avrebbe ricevuto da una completa attuazione del diritto secondario. Egli potrebbe infatti ottenere lo stesso risultato connesso all’efficacia orizzontale attraverso il richiamo ai principi generali, agli effetti orizzontali cd. incidentali, all’interpretazione conforme, alla disapplicazione per violazione di una norma

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procedurale sostanziale o – extrema ratio – agendo a titolo di responsabilità dello Stato per

la mancata trasposizione di una direttiva o per la mancata predisposizione di un rimedio effettivo attraverso gli strumenti appena richiamati, creati proprio per garantire l’effettività sia delle norme di diritto europeo sia dei diritti che queste attribuiscono ai singoli72. Ove

invece la direttiva sia correttamente trasposta, il ricorso all’argomento dell’effettività della tutela giurisdizionale può garantire un ulteriore margine di penetrazione del diritto europeo attraverso un’armonizzazione negativa, dove l’esigenza di garantire la massima effettività delle norme di diritto europeo e della tutela giurisdizionale dei diritti da essa derivanti funge da criterio per giudicare la validità (in senso lato) della normativa nazionale incidentalmente coinvolta.

La continua alternanza tra riferimento all’effettività del diritto comunitario e l’effettività della tutela evidenzia chiaramente come la Corte abbia usato entrambe le dimensioni dell’effettività per potenziare l’enforcement delle situazioni giuridiche soggettive di origine

comunitaria, creando un sistema il più possibile completo di rimedi volti a neutralizzare comportamenti inerti o controproducenti degli Stati membri nell’attuazione del diritto europeo73. Tale vocazione rimediale è riscontrabile lungo l’intera casistica qui richiamata:

sia in materia di bilanciamento tra principi di autonomia procedurale nazionale ed effettività della tutela giurisdizionale, sia nello stesso riconoscimento dell’esistenza e dell’efficacia della normativa comunitaria non recepita a livello nazionale. Non si tratta dunque solo di un’asimmetria tra il piano sostanziale e quello rimediale, consistente nella moltiplicazione dei rimedi esperibili, anche ex officio, a fronte dell’asserita violazione di una norma europea.

Piuttosto, si riscontra una vera e propria inversione logica tra i due profili: la leva dell’effettività ha permesso alla Corte di coniare rimedi che operano prima e oltre le disposizioni sostanziali, determinando l’esistenza e il contenuto delle stesse attraverso l’affermazione di una loro infrazione e l’imposizione di un meccanismo di riparazione74. In

questo senso, la seminale decisione di Van Gend en Loos sull’interpretazione dell’art. 12 TCE

non è altro che l’imposizione di un rimedio a fronte di una violazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. Attraverso l’affermazione della dottrina degli effetti diretti, la Corte rimedia alla non conformità della normativa statale derivando da quella disposizione un interesse, che il privato può far valere davanti al giudice nazionale come pretesa al riconoscimento di quell’interesse sub specie di diritto soggettivo75. La comunicazione di

72 LECZYKIEWICZ, The Constitutional Dimension of Private Law Liability Rules in the EU, cit., 217. 73 Netta, in questo senso, è la posizione di KILPATRICK, The Future of Remedies in Europe, cit.

74 Sull’interazione tra diritti e rimedi, nel diritto europeo come in quello nazionale, si rimanda alla letteratura citata al

capitolo 1, nota, 5.

75 Il che vale in particolare ove si sostenga – secondo l’impostazione qui adottata – la tesi della valenza oggettiva degli

effetti diretti, ovvero la non necessità di dimostrare l’intenzione legislativa di attribuire un diritto individuale ai fini dell’operatività della dottrina.

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validità tra ordinamenti76, si realizza, dunque, attraverso un meccanismo circolare di

creazione della norma giuridica: dalla prospettiva dell’ordinamento europeo è l’art. 12 TCE a «dare fondamento ed oggettività al diritto (soggettivo) che, manifestandosi come pretesa, legittima l’azione e conduce il giudice […] a riconoscerne, non a costituirne, la fondatezza»77, mentre a livello nazionale è l’accoglimento di quella pretesa a creare sia il

diritto soggettivo, sia il relativo diritto oggettivo che il primo porta necessariamente con sé. Lo stesso si può dire anche per il principio di effettività nel Rewe test. Il giudizio sulla

conformità della normativa nazionale determina in capo al singolo che agisce in giudizio per far valere i propri interessi la pretesa che non gli sia reso concretamente difficile o eccessivamente difficile far valere i diritti attribuiteli dalla norma di diritto europeo; ove giuridicamente fondata, questa deve essere accolta dal giudice attraverso la concessione di un rimedio in negativo (come la disapplicazione la norma che prevede un periodo decadenziale eccessivamente lungo per la denunzia del vizio di non conformità nei contratti dei consumatori)78 oppure in positivo (quale il riconoscimento del diritto del consumatore

a ottenere la riduzione del prezzo, ove il contratto non sia risolvibile a casa della ridotta rilevanza del difetto di conformità)79.

L’esempio forse più calzante di questo meccanismo di sublimazione della pretesa in strumento di private enforcement mi sembra rappresentato dalla dottrina dei cd. effetti diretti

incidentali. Qui il singolo non vanta mai un vero e proprio diritto autonomo, avente fonte nell’ordinamento comunitario e inteso come espressione del riconoscimento giuridico e dalla predisposizione di meccanismi di tutela di un interesse sostanziale, come potrebbe essere, per far un esempio classico, il diritto a non essere discriminati in virtù della propria nazionalità, espresso nelle forme delle varie libertà fondamentali. Al contrario, il privato fa esclusivamente valere in sede giudiziale un interesse proprio, del tutto accidentale, a che la

disciplina nazionale contrastante con la normativa comunitaria sia resa inefficace nella controversia in questione, perché tale esito sarebbe per lui maggiormente vantaggioso nella configurazione dei propri rapporti giuridici. Anzi la distinzione fra protezione di un

entitlement coincidente con la mera pretesa a ottenere l’applicazione forzosa del diritto

comunitario e diritti aventi fonte nella direttiva non correttamente trasposta, costituisce la chiave di volta che permette alla Corte di giustificare la dottrina degli effetti diretti incidentali senza incorrere in una manifesta violazione della Marshall rule80.

76 FEMIA, Pluralismo degli ordinamenti e comunicazione di validità, cit.

77 GENTILI, Il diritto come discorso, cit., in L’ordinamento delle pretese giudizialmente perseguibili, 303.

78 C-497/13, Froukje Faber contro Autobedrijf Hazet Ochten BV, sentenza del 04.06.2015 (Prima sezione) [2015]

ECLI:EU:C:2015:357.

79 C-32/12, Soledad Duarte Hueros contro Autociba SA e Automóviles Citroën España SA, sentenza 03.10.2013 (Prima

Sezione) [2013] ECLI:EU:C:2013:637.

80 Ancora una volta, non pare cogliere il segno la critica per cui l’effetto diretto incidentale non può essere equiparato

alla creazione di un nuovo diritto. espressa dalla stessa Corte in Wells e, in dottrina, da HARTKAMP, European Law and

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Questa considerazione introduce un secondo aspetto relativo alla cd. vocazione rimediale del diritto europeo: l’innegabile tendenza a ruotare intorno alla categoria del rimedio – piuttosto che della fattispecie – come risposta «al difficile compito di far convivere il massimo di efficienza ed effettività con il minimo investimento assiologico ed il minimo tasso di riconcettualizzazione e generalizzazione»81.

In dottrina, si è lamentata la «mancanza di un collegamento tra diritti e rimedi», cui si potrebbe ovviare solo attraverso una chiara definizione legislativa del contenuto delle situazioni giuridiche soggettive. In questo modo, sarebbe possibile derivare con certezza i rimedi esperibili in caso di lesione, mantenendo un margine di indeterminatezza (e quindi di non uniformità) solo per gli aspetti attinenti ai profili strettamente procedurali della questione82. Una variante più sfumata di questa critica restringe l’ambito operativo di questo

nesso di corrispondenza biunivoca, e suggerisce che per garantire uniformità nel riconoscimento dei diritti è necessario (e sufficiente) che siano definitivi chiaramente gli elementi costitutivi, perché «the costitutive conditions of the remedy should be the same as the substantive law conditions for the underlying remedy to arise», a pena di spezzare il nesso di corrispondenza logica tra «legal positions» e rispettive «cure for wrongs»; i profili esecutivi dei rimedi potrebbero invece divergere, sicché non vi sarebbe alcuna aporia nel rimettere la loro determinazione ai singoli Stati membri, salvo il rispetto dei principi di effettività ed equivalenza83.

Ebbene, a questa impostazione può essere rivolta una duplice critica.

In primo luogo, ove il panorama giuridico fosse circoscritto al trittico di rights, remedies and procedures – in cui il diritto soggettivo sarebbe la posizione giuridica astrattamente

definita dalle disposizioni del diritto primario o secondario, e il rimedio sarebbe il

the consequence is that it cannot be applied. What happens next depends on the nature of the EU law provision. If it does create rights and obligations between the parties, it is a case of direct horizontal effect that obligates parties, it is a case of direct horizontal effect of that provision. If it does not, the relationship between the parties will be determined by another rule: in some cases, another EU law rule which does have horizontal effect, but more often a rule of national law which does have horizontal effect, but more often a rule of national law or a valid agreement between the parties». Questa distinzione è infatti basata, a sua volta, su quella che intercorre tra substitutive direct effect ed exclusionary direct effect

(su cui CRAIG-DE BÚRCA, EU Law, cit., 302 ss.), ed è volta più a razionalizzare – e quindi a legittimare – una casistica altamente incoerente come quella relativa all’efficacia diretta orizzontale delle direttive, che non a rappresentare la concreta conformazione della situazione giuridica delle parti all’esito dell’utilizzo, da parte del soggetto interessato, del controllo indiretto di compatibilità del diritto nazionale con la normativa europea.

Lo stesso, vale, a maggior ragione, per le diverse nozioni (soggettiva e oggettiva) dell’effetto diretto: su cui, ancora una volta, si rimanda al capitolo II, §2.

81 Per tutti, MAZZAMUTO-PLAIA, I rimedi nel diritto privato europeo, cit., (citazione a pagina 5).

82 EILMANSBERGER, The Relationship Between Rights and Remedies in EC Law: in Search of the Missing Link, in Common

Market Law Review, 41, 2004, 1999, 1235-6.

83 VAN GERVEN, Of Rights, Remedies and Procedures, cit., in particolare 525-30. In senso diametralmente opposto invece

TRIDIMAS, Enforcing Community Rights in National Courts: Some Recent Developments, in The Future of Remedies in Europe, KILPATRICK-NOVITZ-SKIDMORE (a cura di), Portland, 2000, 35, secondo il quale varrebbe il meccanismo (tipico della

Rewe-Comet formula) per cui il diritto comunitario si limita a riconoscere un interesse comune al quale possono

corrispondere una varietà di rimedi nei differenti sistemi, purché si rispettino alcuni principi essenziali, di equivalenza ed effettività.

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meccanismo che ne permette la realizzazione84 – il dibattito relativo alla natura dei diritti e

dei rimedi nel diritto (privato) europeo sarebbe mal posto85. Infatti, più che sulla nozione

civilistica, il concetto sovranazionale di rimedio sembra improntato su quella – tipica del

common law – di «cure for wrongs»86, volto non alla realizzazione di una posizione giuridica

pre-determinata, ma alla individuazione ed eliminazione di un pregiudizio. Questa precisazione contribuisce a spiegare non solo la qualificazione in termini di rimedio dell’effetto diretto che – diversamente da altri strumenti, come il risarcimento del danno in

Francovich – non presuppone l’attribuzione di un diritto soggettivo da parte della direttiva

inattuata87, ma permette anche di capire perché la corrispondenza contenutistica ricorre

non già tra diritto e rimedio, ma tra rimedio e pretesa. In un ordinamento incompleto e policentrico come quello europeo, quest’ultima può infatti prendere la forma di semplice

Rechtreflexe, contrapposto ai più compiuti subjective offentliche rechte88.

In secondo luogo, anche ammettendo che debba comunque esserci un certo livello di corrispondenza tra diritti e rimedi, quello che è stato qualificato come link da colmare,

sembra essere tutt’altro che missing: il nesso logico-operativo è rappresentato proprio

dall’effettività, che permette alla Corte di concretizzare norme essenzialmente vaghe, come quelle attributive di diritti soggettivi, senza però esplicitare tale operazione. Il giudice, chiamato a fungere da «cerniera» tra ordinamento europeo e nazionale, conforma la situazione giuridica ai dettami del diritto europeo modificando i diritti e gli obblighi che incombono sulle parti, attraverso la concessione di un rimedio che concretizza una nuova posizione giuridica.

Ove si ricorra al principio di effettività della tutela giurisdizionale, egli, in qualità di

organo dello Stato, avrebbe appunto il dovere di contribuire ad attuare il diritto europeo89;

ove invece si faccia riferimento all’art 47(1) CDFUE, il giudice sarebbe tenuto a garantire un rimedio effettivo in virtù di un separato vinculum iuris tra sé e il privato che si colora –

non sempre correttamente – di una forte dimensione assiologica. Il singolo sarebbe così

84 VAN GERVEN, Of Rights, Remedies and Procedures, cit.

85 EILMANSBERGER, The Relationship Between Rights and Remedies in EC Law: in Search of the Missing Link, cit.;

86 LAWSON, Remedies in English Law, London, 1980, 1. Contra: BIRKS, Rights, Wrongs, and Remedies, in Oxford Journal of

Legal Studies, 20, 2000, 1. Per una accurata analisi del concetto di rimedio nel diritto continentale e nel common law, si

rimanda ancora una volta a SMORTO, Sul significato di «rimedi», cit., mentre per la dimensione europea si veda MAZZAMUTO-PLAIA, I rimedi nel diritto privato europeo, cit., 2 ss.

87 Cap. I, §2.

88 REICH, “System der subjektiven öffentlichen Rechte” in the Union: A European Constitution for Citizens of Bits and Pieces, cit.,

169: «The Community law concept of direct effect tries to transfer these objective principles [legal norms which do not create specific rights, but might be mobilitated in the individual interest] into subjective rights, similar to the Jellinek concept that mere Rechtsreflexe (shadow rights) need to be transformed into subjective öffentliche Rechte». Con le parole

di VAN GERVEN, Of Rights, Remedies and Procedures, cit., è possiamo dire che l’ordinamento europeo adotta una concezione oggettiva, e non soggettiva, dell’effetto diretto, per cui l’attribuzione di un diritto soggettivo è consequenza, non condizione, dell’efficiacia diretta di una disposizione.

89 L’operatività del principio come indiretta fonte di diritti e obblighi per i privati è chiaramente affermata in C-14/83,

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indiretto beneficiario di una relazione tra istituzioni appartenenti a ordinamenti diversi, nel primo caso, e diretto esponente di una pretesa nei confronti del potere giudiziario, nel secondo.

Riformulando l’immagine del missing link e rendendola, forse, più coerente con le stesse

intenzioni dell’Autore, il problema non è l’assenza di un collegamento tra diritti e rimedi, quando l’opportunità e legittimità di un vincolo basato sull’idea del private enforcement

piuttosto che su quella della Schutzzwecktheorie90.

5. La retorica dei diritti fondamentali e della loro tutela. Verso

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