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La realizzazione dei principi del giusto processo e del giusto procedimento nella riforma del giudizio di responsabilità amministrativa

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

LA REALIZZAZIONE DEI PRINCIPI DEL GIUSTO

PROCESSO E DEL GIUSTO PROCEDIMENTO

NELLA RIFORMA DEL GIUDIZIO DI

RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

Il Relatore

Chiar.mo Prof. Salvatore Vuoto

La candidata

Benedetta Ridarelli

(2)

Alla mia famiglia. E alle persone che mi sono state accanto nei momenti difficili.

(3)

INDICE

Premessa ... 5

Capitolo I: La genesi e lo sviluppo del giudizio di

responsabilità amministrativa ... 7

1.1. La nascita del giudizio di responsabilità amministrativa ed il consolidarsi di un modello di giustizia “ibrido” ... 7

1.2. Le riforme degli anni ‘90 ... 15

1.3. L’inadeguatezza della giustizia contabile sul piano del giusto processo ... 21

1.4. Brevi note sull’evoluzione della giurisdizione contabile ... 34

1.5. Dall’art. 20 della l.124/2015 al d.lgs. 174/16: la codificazione della giustizia contabile ... 38

Capitolo II: La denuncia di danno erariale ... 50

2.1. L’incompletezza della previgente disciplina della fase predibattimentale ... 50

2.2 La fase preprocessuale dopo il codice: il giusto procedimento ... 53

2.3. La notitia damni ... 67

2.3.1. Le innovazioni introdotte dall’art. 17 co. 30 ter della l. 102/2009 e l’attuale formulazione dell’art. 51 c.g.c. : “specificità” e “concretezza” della notizia di danno ... 70

2.3.2. (Segue): la notizia di danno all’immagine ... 75

2.3.3. (Segue): le nullità istruttorie ... 80

2.3.4. I soggetti tenuti alla denuncia di danno erariale ... 81

2.3.5 Le iniziative necessarie ad evitare l’aggravamento del danno ... 90

2.3.6. Il problema dell’applicabilità del principio nemo tenetur se detegere ... 91

Capitolo III: L’attività istruttoria del pubblico ministero

contabile ed il contraddittorio in fase preprocessuale ... 97

3.1. Il pubblico ministero contabile ... 97

3.2. La “specificazione” dei poteri investigativi del procuratore contabile ... 104

3.2.1 Le richieste istruttorie e l’introduzione dell’istruzione preventiva ... 109

3.2.2. L’ampiezza delle deleghe istruttorie ... 116

3.2.3. I primi rilievi critici in ordine alle nullità di cui all’art. 65 c.g.c. ... 120

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3.3. Il contraddittorio in fase preprocessuale ... 125

3.3.1. Gli orientamenti giurisprudenziali alla base del dettato codicistico ... 129

3.3.2. L’attività preprocessuale di parte ... 134

3.3.3. L’invito a dedurre come presupposto processuale e i suoi rapporti con l’atto di citazione ... 139

Capitolo IV: L’esercizio dell’azione contabile ed il potere

sindacatorio ordinatorio ... 146

4.1 La formalizzazione del provvedimento di archiviazione ... 146

4.2. La prospettazione della disponibilità dell’azione contabile ... 154

4.3. La perdurante assenza dell’amministrazione ed il ruolo rivestito dalla stessa nell’attuale giudizio di responsabilità amministrativa ... 160

4.4. Il potere sindacatorio ordinatorio del giudice contabile ... 169

4.4.1. Gli orientamenti ondivaghi della dottrina e della giurisprudenza sul tema del potere sindacatorio ordinatorio del giudice contabile .... 172

4.4.2. L’attuale disposto dell’art. 83 c.g.c: il “crepuscolo del potere sindacatorio ordinatorio” ... 179

Capitolo V: L’istruttoria processuale ... 186

5.1. L’istruttoria processuale nelle fonti previgenti ... 186

5.1.2. L’istruttoria e il giusto processo: il diritto alla prova e la formazione della prova nel contraddittorio fra le parti ... 190

5.1.3. (Segue): il potere sindacatorio istruttorio e la preminenza della prova documentale ... 193

5.2. La disciplina codicistica dell’istruttoria processuale ... 204

5.2.1. L’istruzione probatoria potere sindacatorio istruttorio e principio dispositivo ... 205

5.2.2. I mezzi di prova e le relative modalità di assunzione ... 212

5.2.3. La rilevanza dell’attività consultiva nel corso dell’istruttoria processuale ... 220

Conclusioni ... 224

Bibliografia ... 229

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Premessa

La presente tesi di laurea si propone di effettuare una disamina critica della nuova disciplina del giudizio di responsabilità amministrativa, interamente ridisegnata in conseguenza del varo del codice di giustizia contabile (d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174), in attuazione della delega conferita al Governo dall’art. 20 della l. 124/15.

Il codice interviene su di un substrato magmatico costituito da norme, in larga prevalenza, di matrice prerepubblicana (il Regolamento di Procedura, R. D. 1038/33 e il Testo Unico delle Leggi sulla Corte dei conti, R.D. 1214/34), che non offrivano una compiuta regolamentazione del processo contabile. Su di esso si è innestata per anni l’assidua opera ermeneutica della giurisprudenza contabile, alla quale era demandato l’arduo compito di colmare le numerose lacune normative dell’ordinamento processuale.

Alla luce di quanto evidenziato, la disciplina del giudizio di responsabilità amministrativa non poteva che risultare priva di molte delle garanzie che dovrebbero caratterizzare ogni processo, in virtù del disposto del novellato art. 111 Cost. (l. cost. 2/1999): da anni, veniva invocato da più parti un complessivo ripensamento della materia, nella duplice prospettiva di fornire un quadro normativo di riferimento completo e compatibile con il dettato costituzionale.

L’obiettivo è stato realizzato con l’elaborazione del codice di giustizia contabile: il presente elaborato si propone di mettere in luce le modalità con cui il principio del giusto processo (art. 4 c.g.c.) ha trovato attuazione nel codice.

Sebbene questo sia il tema portante dell’intera trattazione, non si mancherà di evidenziare anche le perduranti criticità dell’attuale normativa, ed in particolare quella che è stata definita la “precoce vetustà del codice”1:

l’attuale corpo normativo sembrerebbe, infatti, essere stato elaborato con “uno sguardo rivolto al passato”2, nella prospettiva del recepimento di

garanzie già introdotte in via pretoria e senza operare significative “scelte di rottura”.

In ragione di ciò, l’approccio metodologico adottato è stato quello di analizzare gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali elaborati nella

1 S. PILATO, Il giudizio di responsabilità amministrativa. Prospettive e

retrospettive. Una prima lettura critica del codice, in F. MASTRAGOSTINO,S.PILATO

(a cura di), La giustizia contabile. Dal regolamento di procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p. 159.

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vigenza del Regolamento di Procedura, per poi verificare come questi abbiano influito sulla codificazione ed in quale misura siano stati recepiti.

Effettuata questa premessa di ordine metodologico, è possibile illustrare la struttura dell’elaborato. Il primo capitolo intende ripercorrere l’evoluzione del giudizio di responsabilità amministrativa, dalla sua genesi fino all’attuale codificazione. Il secondo capitolo analizza, dapprima, le ricadute del principio del principio del giusto processo sulla fase preprocessuale, per poi effettuare una disamina della notitia damni e della denuncia di danno. Il terzo capitolo si interessa della nuova disciplina dell’istruttoria preprocessuale del pubblico ministero contabile e del subprocedimento di controdeduzione. Il quarto capitolo, invece, è dedicato ai temi dell’azione di danno e del potere sindacatorio ordinatorio del giudice contabile. Infine, il quinto capitolo ha ad oggetto la nuova disciplina dell’istruttoria processuale.

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7

Capitolo I: La genesi e lo sviluppo del giudizio di

responsabilità amministrativa

1.1. La nascita del giudizio di responsabilità amministrativa ed il

consolidarsi di un modello di giustizia “ibrido”

La Corte dei conti è un organo di rilievo costituzionale3, formato da un corpo di magistrati indipendenti, che riveste il duplice ruolo di istituzione di controllo dell’amministrazione dello Stato e Suprema magistratura amministrativa in materia di contabilità pubblica4.

Entrambe funzioni vengono suggellate dagli artt. 100 e 103 della Costituzione.

L’art. 103 Cost., in particolare, individua al secondo comma la “giurisdizione contabile” come quella esercitata nelle materie di “contabilità pubblica” e nelle altre previste dalla legge.

Già anteriormente alla Carta Costituzionale, erano devoluti alla cognizione del giudice contabile il giudizio di conto, il giudizio di responsabilità amministrativo-contabile dei giudizi in materia pensionistica e dei giudizi ad istanza di parte. Il dettato costituzionale, infatti, ha costituzionalizzato la funzione giurisdizionale già che Corte dei conti esercitava in base alla normativa di settore preesistente.

Sia la funzione di controllo, prevista dall’art. 100 Cost., sia quella giurisdizionale avevano, infatti, già ritrovato un riconoscimento normativo nella legislazione prerepubblicana volta a delineare l’assetto della contabilità pubblica. In particolar modo, l’art. 10 della l. 800/1862 aveva posto le basi della <<funzione tradizionale, logicamente e storicamente ineliminabile di

tale organo>>, cioè il controllo dei conti pubblici, associato ad un giudizio

di conto e di responsabilità contabile5; in questa prospettiva, le ulteriori

attribuzioni della Corte, quali, la liquidazione delle pensioni a carico dello

3 M. ORICCHIO, La giustizia contabile, Napoli, Edizioni giuridiche Simone, 1998, p.13. Secondo l’A.., si tratta di una definizione da preferirsi rispetto ad organo ausiliario del Governo, dal momento che il disposto dell’art. 100 Cost., nel delineare la funzione di controllo e nel sancire l’indipendenza dei suoi componenti rispetto all’esecutivo, configurerebbe il mandato della Corte non come funzionale allo Stato-apparato, ma allo Stato-comunità.

4 M.ORICCHIO,La giustizia contabile, Napoli, Edizioni giuridiche Simone, 1998, p.11.

5 F. G. SCOCA, Fondamento storico ed ordinamento generale della

giurisdizione della Corte dei conti in Atti del convegno di studi di scienza dell’amministrazione Varenna, 15-17 settembre 2005, Milano, Giuffré, 2006, pp.

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Stato ed il relativo contenzioso pensionistico, sebbene originarie, dovrebbero essere considerate come non caratterizzanti6.

In un primo momento, il processo di responsabilità amministrativa si è connotato come “giudizio speciale” del giudizio di conto7, concepito come

modello originario da cui mutuare forme ed istituti processuali. In modo particolare, si deve evidenziare gli stessi tratti inquisitori del giudizio di responsabilità, ed in modo particolare i poteri officiosi del giudice contabile di determinare l’ambito soggettivo ed oggettivo della controversia, derivassero dal potere sindacatori del giudice nel giudizio di conto, alla stessa stregua dell’officialità dell’azione8.

È stato riscontrato, tuttavia, come, nello sviluppo del primo modello processuale, la sindacatorietà abbia incontrato il più stringente limite dei fatti introdotti in giudizio dall’attore, quale presidio del contraddittorio e del diritto di difesa9.

Tale circostanza ha impedito una compiuta autonomizzazione del giudizio speciale di responsabilità amministrativa, almeno fino al R.D. 2893/1923, con cui è stata operata una separazione fra i giudizi di conto e quelli riguardanti i contabili e gli amministratori, attraverso la previsione di un giudizio di responsabilità avviato d’ufficio o su richiesta dell’autorità di vigilanza, condotto in modo separato rispetto al giudizio di conto10.

Una pietra miliare di tale percorso evolutivo è stata indubbiamente costituita dalle riforme degli anni ’30 con l’introduzione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti (R.D. 1038/1933) e dal Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti (R.D. 1214/1934), successivamente modificato dalla l. 161/195311.

6 Ibidem. Secondo l’A. andrebbe letta in tal senso la liquidazione delle pensioni a carico dello Stato ed il relativo contenzioso pensionistico. Si rileva che in dottrina si sia fatto riferimento al giudizio di conto come “giudizio originario”, in quanto previsto dalle leggi istitutive della Corte dei conti e dei Consigli di Prefettura, in contrapposizione agli ulteriori giudizi sorti successivamente e dunque “speciali” rispetto al primo.

7 G.SCOCA, F. G.SCOCA, Fondamento storico ed ordinamento generale della

giurisdizione della Corte dei conti in Atti del convegno di studi di scienza dell’amministrazione Varenna, 15-17 settembre 2005, Milano, Giuffré, 2006, p. 40.

8 S.PILATO, La responsabilità amministrativa- Profili sostanziali e processuali

nelle leggi 19/94, 20/94 e 639/96, Padova, Cedam, 1999, p. 297.

9 M. SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, Giuffré, 1999, p.111.

10 V.GIOMI, Il sistema delle prove nei giudizi innanzi alla Corte dei conti, Torino, Giappichelli, 2011, p.90.

11 M. SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, Giuffré, 1999, p.96.

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Il ruolo di queste riforme fu quello di fornire un compendio di disciplina processuale per tutti i giudizi innanzi alla Corte dei conti, nel primo caso, e disciplinare anche alcuni aspetti sia del controllo che della giurisdizione, nel secondo.

Si è trattato di un’opera di aggregazione di norme preesistenti opera che tuttavia, sul piano metodologico, caratterizzata da “lacune e soluzioni normative opinabili”12.

Il primo profilo critico era determinato dalla permanenza della singolare commistione fra aspetti del controllo e della giurisdizione (propria di tutte le riforme anteriori alla codificazione), dal momento che norme processuali erano rinvenibili anche all’interno del testo unico. Sebbene il regolamento interessasse i vari procedimenti speciali innanzi alla Corte dei Conti, esso non si ispirava ad un modello di giustizia tipico, ma ne esplicitava gli aspetti strettamente inerenti al loro oggetto13.

Si può fin da ora rilevare che il regolamento di procedura ineriva anche ad aspetti di rito quali: alcuni profili sommari del giudizio di responsabilità, le forme delle istanze e dei ricorsi, i termini processuali, le vicende anomale del giudizio, le udienze, le decisioni, l’esecuzione delle stesse, il giudizio di conto, i giudizi ad istanza di parte, il contenzioso pensionistico, una disciplina generale delle impugnazioni.

Per quanto riguarda il secondo testo, in esso erano rinvenibili, oltre a disposizioni che disciplinavano l’esercizio della funzione di controllo, anche alcune processuali che inerenti al giudizio di conto, a quello di parifica (ancora vigenti dal momento che il codice non interviene solo sullo stesso), alla denuncia di danno erariale, alla disciplina delle impugnazioni (straordinarie ed ordinarie), ai poteri istruttori delle sezioni, all’abbandono del processo, al contenzioso pensionistico. Ad un primo sguardo, è dunque possibile notare l’illogicità e frammentarietà della disciplina, che andava addirittura a disarticolare la regolamentazione delle stesse fasi o degli stessi istituti processuali in due corpi normativi differenti.

Entrando nel merito dei contenuti fonte14 più risalente, ossia il R.D.

1038/33, si deve rilevare -in questa sede- la particolare tecnica di disciplina dei giudizi innanzi la Corte dei conti. In modo particolare, l’art. 26 del R.D

12 A.CAROSI, La Corte dei Conti nell’ordinamento italiano, www.cortedeiconti.it, 2012.

13 Ibidem.

14 Nonostante la dicitura “regolamento”, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha considerato le sue disposizioni come aventi forza di legge. Corte Cost. n.74/1978 e n. 41/ 73 riportate in F.GARRI, I giudizi innanzi alla Corte dei conti, Milano, Giuffré, 1997 p. 224.

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1038/33, operava un rinvio al codice di procedura civile in quanto applicabili e non modificate dalle norme previsto dallo stesso regolamento15. Ciò

implicava che il regolamento di procedura andasse a disciplinare unicamente gli aspetti speciali e derogatori rispetto al codice di procedura civile, rimandando per tutto il resto alle diposizioni di diritto comune, recepite a seguito di un vaglio di compatibilità con il sistema contabile operato dall’interprete. Questa modalità di regolamentazione degli aspetti processuali del contenzioso innanzi alla Corte dei conti – e quindi anche del giudizio di responsabilità- ha costituito per decenni il perno di molte delle considerazioni in ordine ai suoi connotati, nonché la principale causa dei suoi esiti disfunzionali sul piano applicativo.

Per affrontare questa specifica problematica è indispensabile procedere ad una disamina dello sforzo interpretativo della giurisprudenza contabile nella determinazione della accennata portata precettiva del rinvio. Esso era concepito come dinamico16, idoneo quindi ad adeguarsi all’evoluzione

normativa del processo civile stesso. Come già sottolineato, i principali limiti all’operatività del rinvio erano costituiti dalla normativa speciale e nell’incompatibilità delle norme processualcivilistiche con i tratti più peculiari del processo contabile, tra cui, segnatamente l’inquisitorietà e l’ufficialità dell’azione.

Al fine di evitare la creazione arbitraria di norme in via pretoria, la mancata applicazione delle disposizioni di diritto processuale comune era giustificabile unicamente a fronte di un’incompatibilità assoluta ed il ricorso a norme di altri sistemi processuali era considerato tendenzialmente inammissibile, salvo limitati casi in cui si prospettava una loro applicabilità in via di analogia legis17. Leggendo in correlazione i due aspetti, un ulteriore

profilo problematico era costituito dal recepimento degli sviluppi della normativa processualcivilistica, non solo in presenza di una lacuna della disciplina speciale, ma persino laddove ciò fosse stato in contrasto con precetti espressi del regolamento di procedura.

La soluzione, prospettata dalla dottrina e seguita dalla giurisprudenza, fu quella del recepimento di tutte le innovazioni attuative dei principi costituzionali in materia di giudizi, diritti dei cittadini ed azione dei pubblici

15 M.SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, Giuffré, 1997,p. 97.

16 Ibidem. 17 Ivi, p.98.

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poteri, con la conseguente disapplicazione della normativa speciale18 (v. infra

§ 1.4).

L’ultimo profilo di criticità, connesso a tale tecnica di regolamentazione, era l’inevitabile difficoltà di applicare un insieme di norme concepito fin dall’origine come incompleto19. Questo problema si

verificava non solo quando, in mancanza di una disciplina espressa, era necessario attingere alla disciplina processualcivilistica, ma ancor di più quando questa non forniva e non poteva fornire alcuna soluzione. Ciò era particolarmente avvertito in sede di istruttoria predibattimentale, dal momento che la stessa era assimilabile soltanto alle indagini preliminari del processo penale20. Nei successivi capitoli, si tenterà di fornire una più

compiuta disamina delle conseguenze derivanti da tali anomalie.

Una seconda direttrice interpretativa è costituita dai particolari connotati assunti dal processo contabile, nonostante l’espresso rinvio al codice di procedura civile, a fronte della “presenza di elementi che mal si

adattano ad una concezione di mera assimilazione agli schemi tradizionali del giudizio civile”21. A tal proposito, in passato la dottrina in passato ha

messo in luce come i giudizi dinanzi alla Corte dei conti “abbiano la

sostanza di un processo penale che si svolge nelle forme del processo civile”22.

In tal senso, è stato affermato come la giustificazione logica del rinvio trova un fondamento logico nella natura patrimoniale degli interessi tutelati dalla giurisdizione contabile, mentre la somiglianza strutturale con il processo penale trova ancoraggio nell’indisponibilità dell’interesse pubblico alla sana gestione finanziaria, garantita da un giudizio attivabile d’ufficio23.

Secondo un’altra prospettazione, il processo contabile, in considerazione della natura contrattuale della responsabilità, del ruolo di attore del

18 F. G. GARRI,I giudizi innanzi alla Corte dei conti, responsabilità, conti,

pensioni,Milano, Giuffré,199 , p.225. L’A. riporta il caso delle decisioni e della pubblicazione delle stesse.

19 Tale incompletezza, tuttavia, di per sé non costituiva un profilo di frizione con il giusto processo, dovendo essere considerata semplicemente come la mancanza di una normazione espressa. In tal senso, S PILATO, Il giudizio di responsabilità

amministrativa. Prospettive e retrospettive. Una prima lettura critica del codice in F.

MASTRAGOSTINO,S.PILATO (a cura di), La giustizia contabile. Dal regolamento di procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p.130.

20 Analisi tecnico-normativa allegata al codice- Analisi del quadro normativo

nazionale, p.2. Tale aspetto verrà più compiutamente analizzato nel capitolo II

21 M.RISTUCCIA, Applicabilità dei principi del giusto processo al giudizio

contabile, in Riv. Corte conti, n. 3/2000, p.202.

22 Ivi, p. 203.

23S PILATO, Il giudizio di responsabilità amministrativa. Prospettive e

retrospettive. Una prima lettura critica del codice in F. MASTRAGOSTINO,S.PILATO

(a cura di), La giustizia contabile. Dal regolamento di procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p.128.

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Procuratore, nonché della menzionata natura patrimoniale dell’obbligazione, sarebbe configurabile come un processo civile, seppur bisognoso di alcuni temperamenti24. È un fatto che, nel giudizio di responsabilità, sia

riscontrabile una continua ambivalenza terminologica, sintomatica di un’evidente ibridazione di regole.

Tale rilievo sarebbe infatti corroborato dalla natura doverosa dell’azione contabile, nonché dalla valenza “assolutoria” della pronuncia all’esito del giudizio. A questo proposito, si rileva come sia stato operato, in passato, anche un raffronto tra il potere riduttivo dell’addebito e la graduazione della pena e delle attenuanti, proprie del processo penale25.

Come è stato messo in luce, all’origine di queste elaborazioni teoriche e persistenti incertezze, vi sarebbe il problema irrisolto della natura stessa della responsabilità amministrativa, in considerazione “del rapporto di

congruenza che non può non sussistere fra la materia oggetto del giudizio e la struttura ed i caratteri di questo” 26.

A fronte di tali interminabili controversie dottrinali in ordine ai caratteri del processo contabile, la giurisprudenza della Corte dei Conti – come è stato sostenuto27- si sarebbe semplicemente limitata a ratificare il

dato inconfutabile della specificità del processo contabile, nel suo essere

atipico e mai del tutto sussumibile in un modello penalistico o civilistico. A

ciò è conseguita l’elaborazione di regole proprie di questo contenzioso28, che

andassero ad integrare le esigue disposizioni previste dal regolamento di procedura e dal testo unico, nonché quelle recepite dalla giustizia civile, tramite il rinvio. Un diritto vivente poi confluito, in parte, nella recente codificazione.

L’ambivalenza intrinseca al giudizio di responsabilità amministrativa è stata ad oggetto anche di una controversa vicenda giurisprudenziale innanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel caso Rigolio c. Italie, la Corte di Strasburgo ha infatti sancito la riconducibilità del giudizio di responsabilità amministrativa ad “una controversia sui diritti e doveri di carattere civile”,

24 C. GALTIERI, Individuazione dei responsabili e chiamata in giudizio dei

corresponsabili di danno in L’acquisizione delle prove nel processo contabile tra iniziativa del pubblico ministero e potere delle sezioni, in Quaderni della Rivista della Corte dei conti, n. 1/1992 , p.69. Sempre in questa prospettiva si è parlato

anche di un rapporto di genere a specie fra processo civile e contabile, v. M. SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, Giuffré, 2017, p. 84.

25 Ibidem.

26 M.RISTUCCIA, Applicabilità dei principi del giusto processo al giudizio

contabile, in Riv. Corte conti n. 3/2000, p.202.

27 F.MASTRAGOSTINO, S.PILATO, La giustizia contabile. Dal regolamento di

procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p.129.

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rigettando quindi una sua possibile ricostruzione in termini penalistici.29

Entrando brevemente nel merito della vicenda in esame, il ricorrente aveva adito la Corte di Strasburgo, successivamente all’esperimento dei rimedi giurisdizionali interni, invocando, in primo luogo l’applicazione dell’art. 6 CEDU in relazione all’ambito penalistico, come si evince dalle stesse parole della Corte.30 In secondo luogo, la riconducibilità al settore civilistico o

penalistico della controversia rilevava ai fini dell’applicabilità dell’art. 7 CEDU, dal momento che la necessaria irretroattività è un tratto caratterizzante, in via esclusiva, della legge penale, nonché dell’applicabilità dell’art. 2 del Protocollo 7 alla Convenzione, che sancisce il diritto ad un doppio grado di giudizio, afferente, anch’esso, unicamente alla materia penalistica31. La Corte negò, in ordine a tutti profili, che il giudizio di responsabilità fosse assimilabile ad un procedimento avente ad oggetto un’accusa penale.

Questo approdo giurisprudenziale risulta alquanto problematico per due ordini di ragioni.

In primo luogo, la qualificazione del giudizio di responsabilità in termini civilistici o in termini penalistici determina, infatti, il modello di giustizia preso come riferimento nel vaglio di conformità del giudizio di responsabilità ai contenuti del giusto processo. Affermare, infatti, che il giudizio di responsabilità, attenga ad una procedura litigiosa avente ad oggetto una contestazione su diritti e obbligazioni di carattere civile, comporta inevitabilmente l’applicazione dell’Articolo 6 CEDU esclusivamente con riguardo gli aspetti civili32, e dunque soltanto del primo

paragrafo.

In secondo luogo, non si può fare a meno di rilevare come tutte le qualificazioni operate in via giurisprudenziale siano inevitabilmente precarie. In tal senso, anche l’esaminata prospettazione del giudizio di responsabilità potrebbe essere, infatti, suscettibile di ripensamenti da parte della Corte di Strasburgo, in quanto frutto di un’analisi singolare e poco mediata.33 Una

delle argomentazioni della sentenza in esame, ineriva, infatti, alla circostanza

29 F.GOISIS, Giudizio di responsabilità avanti alla Corte dei conti e art. 6

CEDU: una riflessione a fronte del codice della giustizia contabile, in Riv. Corte

conti, n. 1-2/2017, p. 700

30 “La Cour doit d’abord déterminer si, comme le soutient le requérant,

l’article 6 de la Convention trouve à s’appliquer, sous son volet pénal, à la procédure devant les sections régionale et centrale de la Cour des comptes”, CEDU

13 maggio 2014 n. 20148/09 §33.

31 CEDU 13 maggio 2014 n. 20148/09 , §§43-48.

32 P.SANTORO, Il codice della giustizia contabile e il giusto processo, p.3 in www.contabilità-pubblica.it.

33F. GOISIS,Giudizio di responsabilità avanti alla Corte dei conti e art. 6

CEDU: una riflessione a fronte del codice della giustizia contabile, in Riv. Corte Conti n. 1-2/2017, p. 700.

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contingente della gravità della condanna (nel caso di specie, di euro 40000), laddove le condanne della Corte possono comportare un pregiudizio patrimoniale ben più consistente34.

Il codice di giustizia contabile interviene, quindi, su una materia dai contorni non chiaramente definiti ed soggetta a futuri sviluppi nella prassi. Ad ogni modo, si evidenzia come la tendenza della magistratura contabile sia quella di affermare la natura risarcitoria dell’azione contabile35.

La dottrina, all’indomani della modifica dell’art.111 Cost., aveva messo in luce come risolvere il citato problema della natura della responsabilità amministrativa (e quindi anche del suo giudizio) costituisse una questione preliminare al necessario adattamento – tramite leggi ordinarie- del processo contabile al giusto processo36. Posto che gli ultimi sviluppi sul tema non possano propriamente dirsi una soluzione definitiva, vale la pena constatare come il legislatore abbia cercato di riallineare il giudizio di responsabilità ai suoi dettami37 in un quadro di perdurante

incertezza.

Nel quadro descritto, è evidente come la giurisdizione della Corte dei Conti presenti alcuni tratti suoi propri. In primo luogo essa non si configura come una giurisdizione di mera legittimità degli atti sottoposti al suo giudizio, estendendosi la sua cognizione anche al fatto e alle situazioni soggettive sottese38.

Essa, in secondo luogo, è “esclusiva”, intendendosi con ciò il potere della Corte di conoscere qualunque posizione soggettiva, sia di natura pubblica che privata, senza distinzione fra interessi legittimi e diritti soggettivi. Essa presenta, inoltre, i tratti della necessarietà, per quanto riguarda i conti giudiziali, dal momento che prescinde dall’impulso di parte o dalla sussistenza di una controversia.

Due ulteriori peculiarità della giurisdizione contabile sono costituite dall’obbligatorietà della presenza del Pubblico Ministero e dall’ampia

34 Ivi, p. 701.

35 P. SIMEON, “Principi del giusto processo e giudizio di responsabilità

amministrativa per danno all’erario. Perché la giurisdizione della Corte dei Conti è da ritenersi esclusiva. Relazione tenuta al convegno “Il nuovo processo contabile: riflessioni a confronto” - Venezia, Corte dei Conti, 1 dicembre 2017 in

www.rivistacortedeiconti.it, n. 22/18.

36 M.RISTUCCIA, Applicabilità dei principi del giusto processo al giudizio

contabile, in Riv. Corte conti. n. 3/2000, p.200.

37 La Relazione illustrativa al codice annovera fra le linee di fondo della codificazione il principio ispiratore del giusto processo (p.3).

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discrezionalità del giudice nella determinazione del danno nell’ambito del giudizio di responsabilità, attraverso l’esercizio del potere riduttivo39.

L’ultimo elemento che la contraddistingue è costituito dalla sua inquisitorietà40, “quale elemento di maggiore caratterizzazione della giustizia

contabile”. La manifestazione “attiva e concreta” dell’inquisitorietà è il

potere sindacatorio del giudice, in base al quale lo stesso può delimitare l’ambito soggettivo ed oggettivo della controversia, tramite l’esercizio di poteri officiosi. Si deve rilevare, tuttavia, che, come si avrà modo di mettere in luce nel corso della trattazione, essa, allo stato attuale, profondamente ridimensionata in conseguenza della riforma che ha interessato tutte le tipologie di giudizio devolute alla cognizione del giudice contabile (v. infra § 1.5) .

1.2. Le riforme degli anni ‘90

Le riforme degli anni’90 (453/93 convertito nella l. 19/94, così come il 20/94 ed il 639/ 94) hanno segnato una svolta nell’evoluzione del sistema giuscontabile, sotto molteplici punti di vista. A fronte dell’esaminata frammentarietà delle disposizioni contenute nelle fonti degli anni ’30, tali riforme, così come il R.D. del 1934, sono intervenute sia sul controllo (si veda la centralità dell’art. 3 della l.20/1994), sia su alcuni aspetti sostanziali della responsabilità amministrativa: ci si riferisce al tema del il danno c.d. obliquo41, cioè il danno cagionato ad amministrazioni diverse da quella di

appartenenza.

Altre innovazioni di grande importanza sono state costituite dalla personalità e trasmissibilità agli eredi dell’obbligazione derivante da responsabilità amministrativa42, dall’irrilevanza dell’elemento soggettivo

della colpa lieve nella determinazione del danno erariale, dall’imputazione della responsabilità negli organi collegiali solo in caso di voto favorevole, dalla rilevanza della buona fede.

39 M. SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, Giuffré, 1999, pp.17-18.

40 Ivi, p.18.

41 P. AVALLONE, S.TARULLO, Il giudizio di responsabilità

amministrativo-contabile innanzi alla Corte dei conti, p. 12. Pur essendo un profilo strettamente

collegato alla sussistenza di un rapporto di servizio con l’amministrazione danneggiata, e quindi con il tema della giurisdizione in materia di responsabilità amministrativa, il disposto dell’art. 1, 4° co. della l. 20/1994 andrebbe visto infatti come una norma sostanziale ed interpretativa, e non meramente processuale. In questo senso, S. PILATO, La responsabilità amministrativa-Profili sostanziali e

processuali nelle leggi 19/94, 20/94, 639/96, Cedam, Padova,1999, p.284.

42 P. AVALLONE, S.TARULLO, Il giudizio di responsabilità

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Con riferimento agli aspetti processuali, oggetto della presente trattazione, sia sufficiente richiamare alcuni profili sui quali si avrà modo di sviluppare ulteriori considerazioni nel prosieguo.

Con riferimento agli aspetti storici, l’intervento legislativo è stato giustificato dal Governo con la necessità di contrastare la crisi di moralità e i fenomeni corruttivi che affliggevano le istituzioni negli anni Novanta: esso era volto, dunque, volte a fronteggiare la cattiva amministrazione con misure di accertamento della responsabilità amministrativa.

Con specifico riguardo al contenuto delle riforme degli anni ’90, in primo luogo, è da porre in rilievo un aspetto le di primaria importanza: il decentramento della giurisdizione contabile e pensionistica a seguito del d.l. 453/93, fenomeno che interesserà poi anche gli aspetti del controllo.

In realtà, il tema dell’organizzazione della Corte dei conti era già stato preso in esame dal legislatore con la l.117/1988, istitutiva del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti43.

Si tratta di un intervento che non va letto nella prospettiva di un mero decentramento funzionale, ma come la premessa per un’intensificazione nell’applicazione del diritto processuale contabile, prima circoscritta ad una ristretta porzione del territorio nazionale.

È stato notato, infatti, come al precedente modello –incentrato in via prioritaria sulle due sezioni giurisdizionali centrali romane- fosse coessenziale quella “limitatezza numerica” dei giudizi alla base del generale disinteresse per la materia44

.

Il d.l. 453/93 ha istituito una Sezione giurisdizionale e la relativa Procura regionale in ogni capoluogo di Regione, nonché le due sezioni giurisdizionali di Trento e Bolzano competenti sulle relative circoscrizioni provinciali.

Inoltre, il d.l. 453/93 –convertito nella l. 19/94- affiancò alle due preesistenti, una terza Sezione centrale (art. 1 co. 8 bis), nonché una quarta Sezione per la Regione Siciliana. Queste quattro sezioni centrali divennero quindi le sezioni centrali d’Appello delle pronunce emesse dalle Sezioni giurisdizionali in primo grado. Il quadro normativo fu completato dall’introduzione della Sezione giurisdizionale centrale di Bolzano oltre a quella di Trento, a seguito del d.lgs. 212 del 14 giugno 1999.

43 M.ORICCHIO, La giustizia contabile. Guida alle funzioni giurisdizionali e di controllo della Corte dei conti, Edizioni Simone, Napoli, 1998, p. 294.

44 M.SCIASCIA, Premessa metodologica alla prima edizione in Manuale di

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Tale assetto organizzativo fu corredato da un apparato processuale funzionale all’adeguamento alla decentralizzazione. Fu previsto, in primo luogo, la possibilità di far valere i vizi di competenza soltanto con l’appello e nei limiti della cognizione del giudice contabile, stante la preclusione del mezzo di gravame del regolamento di competenza di fronte alla Cassazione in considerazione della specificità del sistema giuscontabile45.

Alla decentralizzazione, è seguito un più generale ripensamento della disciplina delle impugnazioni – riordinata anche dall’odierno codice- data la trasformazione della prima e seconda Sezione centrali in Sezioni d’Appello. In tal senso il d.l. 453/1993 ha previsto che le sentenze delle Sezioni regionali fossero appellabili per il Procuratore generale o regionale e per il convenuto entro 60 giorni dalla notifica della sentenza (a cui si aggiunse il termine lungo di un anno con il d.l. 453/199346, venuto successivamente meno nel

processo civile).

Da ultimo, all’art. 1 (co. 5 ter- 5 quater) ha introdotto una speciale inibitoria sull’esecuzione delle sentenze di primo grado, laddove impugnate. Tale innovazione, oltre a costituire un capovolgimento del principio per cui, nel processo contabile, i gravami non erano idonei a sospendere l’esecuzione delle decisioni, si configurava come un dato in controtendenza rispetto allo stesso processo civile ed amministrativo. La ragione di una simile disciplina “speciale” era da rinvenirsi nella menzionata ibridazione di forme con il processo penale, declinata, in questo caso, nel rispetto della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva e nell’esigenza di tutela della parte processualmente più debole.

Un’ulteriore novità è stata quella apportata dall’art. 639 della l. 20 dicembre 1996, che è andato ad inserire, all’interno dell’art. 1 della l. 20/94, un inciso che recepiva un orientamento già prevalente all’interno della giurisprudenza della Corte dei conti, in base al quale veniva precluso al giudice contabile il un sindacato di merito sulle scelte discrezionali, e cioè un sindacato che incidesse sulle ragioni di una scelta amministrativa fra più opzioni. Ad ogni modo, questa innovazione non precludeva, analogamente a quanto avviene nel processo amministrativo, un sindacato in merito alla ragionevolezza e alla congruità della scelta in sé considerata, riconducibili al vizio di eccesso di potere.

Sotto una seconda prospettiva, l’ampliamento della scarno dettato del regolamento di procedura è stato realizzato tramite l’introduzione di alcuni istituti che mutarono radicalmente la fisionomia del giudizio di responsabilità.

45 Ibidem. 46 Ibidem.

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In primo luogo, vennero stabiliti, espressamente, i poteri inquirenti del pubblico ministero contabile (art. 5, co. 6), da leggere in correlazione alla successiva l. 68/2001, che attribuiva alla Guardia di Finanza poteri di accertamento bancario.

Si deve sottolineare che un primo ampliamento dei poteri del procuratore contabile era avvenuto con l’art. 16, co 3 della l. 203/91, che aveva introdotto la possibilità per la Corte dei Conti di disporre accertamenti ed ispezioni presso le pubbliche amministrazioni.

Di rilievo non inferiore fu l’introduzione dell’invito a dedurre ad opera dell’art. 5, 1° co. della 19/94: tale istituto ha affievolito l’inquisitorietà della fase predibattimentale del giudizio di responsabilità. Infatti, essa passò dall’essere una fase priva di ogni forma di contraddittorio, ad essere un procedimento in cui aveva luogo un confronto anticipato. In questo quadro, il contraddittorio ha assunto rilevanza centrale nell’introduzione di argomenti a discolpa del presunto responsabile, tramite l’eventuale esperimento dell’attività controdeduttiva.

L’art. 5 della l. 19/94 recava al suo interno anche una disciplina frammentaria della tutela cautelare, integrativa di quella già in parte esistente nel regolamento di procedura. L’art. 5 co. 2, 3, 4 e 5aveva, infatti, introdotto le modalità procedurali per l’esecuzione del sequestro conservativo nei giudizi contabili. Tuttavia, il legislatore non ha fornito una compiuta regolamentazione dello stesso, limitandosi ad esplicitarne gli aspetti derogatori, costituiti dalla titolarità in capo al pubblico ministero contabile della domanda cautelare e dall’adozione della misura inaudita altera parte, a contraddittorio posticipato, mentre, nella disciplina di diritto processuale comune, un ruolo preminente –almeno in via teorica- dovrebbe essere rivestito dal procedimento a contraddittorio anticipato.

L’applicabilità delle restanti misure cautelari è rimasta invece ancorata al meccanismo stabilito dall’art. 26 del regolamento di procedura47. In questo

senso, il recepimento della particolare forma di tutela prevista dall’art. 700 c.p.c., ha determinato l’insorgenza di una nutrita giurisprudenza contabile48,

che oscillava fra il riconoscimento della sua indispensabilità, in quanto attinente ad alcuni poteri della giurisdizione in sé, e statuizioni– prevalenti- volte e negarla49.

47 Ibidem, p.297.

48 F.GARRI, I giudizi innanzi alla Corte dei Conti. Responsabilità, conti,

pensioni, Milano, Giuffré, 1997, p.527.

49 S.PILATO, La responsabilità amministativa Profili sostanziali e processuali

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Le ulteriori innovazioni processuali di tale ondata di riforma avevano investito anche la prescrizione, di decorrenza quinquennale rispetto al verificarsi dell’evento dannoso (art. 1 co. 2, poi modificato dal d.l. 543/1996), nonché l’evenienza di omissioni o ritardi nella denuncia di danno, a cui conseguiva che l’azione potesse essere esperita entro i cinque anni dalla data di maturazione della prescrizione50.

A conclusione delle riflessioni sviluppate in ordine agli interventi normativi degli anni ’90 nell’ambito del processo contabile, si ritiene di dover accennare anche ad una riforma mancata: la bozza c.d. Boato, elaborata dalla Bicamerale D’Alema e mai giunta ad approvazione.

Ci si riferisce al progetto di legge costituzionale -ispirato al principio cardine dell’unità della giurisdizione51- con cui si prevedeva un deciso ridimensionamento delle giurisdizioni amministrative, tale da avere importanti ricadute sulla giustizia contabile, poiché si prospettava la sottrazione della giurisdizione contabile alla Corte dei conti.

Il testo, tuttavia, incideva profondamente anche sull’esercizio della funzione di controllo, dal momento che il sindacato della Corte veniva poteva estendersi alla verifica del rispetto dei ai parametri di efficienza e di economicità delle gestioni pubbliche, con esclusione quindi di ogni valutazione sulla legittimità degli atti e sull’efficacia dell’azione amministrativa. Analogamente, al Consiglio di Stato veniva sottratto l’esercizio della funzione giurisdizionale, residuando in capo allo stesso unicamente un ruolo consultivo.

Se, da un lato, ciò avrebbe posto fine a tutte quelle perplessità in ordine l’imparzialità e l’indipendenza di giudici appartenenti ad un organo che cumulasse funzioni consultive e giurisdizionali, menzionate dalla relazione di accompagnamento al testo, dall’altro, si è sottolineata la circostanza per cui nessun magistrato contabile e nessun consigliere di Stato svolgesse mai le due funzioni contemporaneamente52, con l’esito inevitabile di ridurre la forza

di tali censure.

All’interno del progetto, veniva inoltre prospettato un più generale ripensamento di tutta la giurisdizione amministrativa e contabile53, che si

sarebbe articolata in un primo grado, affidato ai Tribunali Regionali per la

50 P. AVALLONE, S.TARULLO, Il giudizio di responsabilità

amministrativo-contabile innanzi alla Corte dei conti, p. 12.

51 M.SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano, Giuffré, 1999 , p. 10.

52 M.ORICCHIO, La giustizia contabile- Guida alle funzioni giurisdizionali e

di controllo della Corte dei Conti, Edizioni Simone, Napoli, 1998.

53 All’esito della riforma essa sarebbe stata limitata unicamente alla responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari.

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Giustizia Amministrativa e, in un secondo grado, devoluto ad una Corte di Giustizia Amministrativa; allo stesso modo, la giurisdizione tributaria veniva soppressa ed il relativo contenzioso affidato al giudice ordinario54.

Infine, veniva inferto un ulteriore fendente alla giurisdizione amministrativa: la sottoposizione delle pronunce, sia contabili che amministrative, al sindacato di legittimità55 della Corte di Cassazione56.

Non si può sottacere il fatto che il fallimento di una simile riforma sia stato favorevolmente da alcuni studiosi del processo contabile, per una serie di motivazioni riconducibili, in linea di massima, alla scarsa organicità e alla poca accuratezza di un tale ripensamento del titolo IV della Costituzione.

Se da un lato, infatti, esso poteva dar luogo all’ineffettività della responsabilità finanziaria degli amministratori pubblici, dall’altro, come è stato notato, il principio dell’unità della giurisdizione, nella sua valenza non assoluta e meramente strumentale alla realizzazione dell’indipendenza del giudice, non era che “un illusorio mito”, dietro al quale si celava in realtà “la preoccupazione di evitare influenze anomale sulla funzione giudicante”57. A

questo proposito, la bozza prevedeva comunque la permanenza di una giurisdizione amministrativa –seppur dai mutati connotati- accanto a quella ordinaria, rendendo nei fatti non coerentemente perseguito il principio che avrebbe dovuto ispirare la stessa58.

Di non secondaria importanza, inoltre, è il rilievo che la bozza trascurasse esigenze diverse, quali la specializzazione dei giudici e la interconnessione ineliminabile fra giurisdizione e controllo59. In modo

particolare, quest’ultima ha da sempre costituito un elemento caratterizzante della responsabilità amministrativo-contabile, tanto da essere stata posta in rilievo da alcune pronunce della Corte Costituzionale ed, infine, positivizzata nella recente codificazione60.

54 M. SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Giuffré, Milano, 1999, p.10.

55 Le sentenze della Corte dei conti, infatti sono soggette al ricorso in Cassazione unicamente per i profili attinenti alla giurisdizione, esattamente come quelle del Consiglio di Stato (art. 111, 8° co. Cost.) e art. 207 c.g.c.

56 M. SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Giuffré, Milano, 1999, p.10.

57Ivi, p.11.

58 M.ORICCHIO, La giustizia contabile- Guida alle funzioni giurisdizionali e

di controllo della Corte dei Conti, Edizioni Simone, Napoli, 1998, p. 294.

59 Ibidem, p.11.

60 I valori della contabilità pubblica erano stati infatti ad oggetto delle sentenze della Corte Costituzionale 29/95 e 235/2015, la prima delle quali viene debitamente citata dalla relazione illustrativa al codice in tema di rapporti fra

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A seguito del fallimento del mandato della Bicamerale, la Corte dei Conti ha preservato interamente le sue funzioni originarie. L’attuale codificazione, quindi, si innesta su un assetto istituzionale mutato – ma non stravolto- in ragione del decentramento operato dalla l. 20/94.

1.3. L’inadeguatezza della giustizia contabile sul piano del

giusto processo

Il contenuto e l’operatività del principio del giusto processo sono variabili a seconda della fonte del diritto e dell’oggetto della controversia presi in considerazione: per questa ragione, si rende, in primo luogo, necessario prendere le mosse dai passaggi argomentativi che hanno condotto ad affermare l’applicabilità di questo principio al giudizio di responsabilità amministrativa.

In un secondo momento, si entrerà nel merito delle censure concretamente operate in questo senso dagli studiosi del processo contabile, costituendo il sostrato su cui si è innestata la redazione del codice.

Per quanto afferisce al primo aspetto, è stato messo in luce dalla dottrina come il modello più risalente di giusto processo -quello delineato, a livello sovranazionale, dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo- non fosse stato concepito dai redattori del trattato come estensibile alla materia amministrativa, in ragione della sua connessione con la sovranità statuale e per il timore di una compromissione dell’efficacia dell’azione degli apparati pubblici61.

La Convenzione, tuttavia, si è prestata ad un singolare utilizzo dell’interpretazione evolutiva da parte dei giudici della Corte, che – rivendicandone il carattere di living instrument- hanno adeguato i suoi contenuti agli sviluppi della società. Questo si configura come un argomento ricorrente nelle sentenze della Corte, applicato a molteplici branche del diritto e aspetti della vita associata. Ai fini della presente trattazione, concepire la Convenzione come uno “strumento vivente” ha permesso di superare la preclusione dell’applicabilità dell’art. 6 CEDU ad alcune controversie amministrative, nonostante la norma individui al primo paragrafo quali ambiti applicativi, le controversie aventi ad oggetto “diritti e doveri di carattere civile” e quelle aventi ad oggetto la “fondatezza di un’accusa penale”.

controllo e giurisdizione (p.23). Anche questo aspetto verrà ripreso in un momento successivo.

61 F.GOISIS, Giudizio di responsabilità avanti alla Corte dei Conti e art. 6

CEDU: una riflessione a fronte del codice della giustizia contabile, in Riv. Corte conti, n. 1-2/2017, p.696.

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In ambito pubblicistico, l’evoluzione delle dinamiche della vita associata si è apprezzata sul piano del progressivo intervento della regolazione statale nelle relazioni fra privati. Coerentemente, nella prospettiva della Corte, laddove, il risultato di alcuni procedimenti giurisdizionali, comunemente ricondotti al diritto pubblico, avesse avuto un esito decisivo sui diritti e le obbligazioni dei privati, essi avrebbero potuto essere riguardati alla stregua di controversie inerenti la determinazione di diritti civili62.

Tuttavia, si deve rilevare che la Corte di Strasburgo, nella sua giurisprudenza, non sia giunta ad affermare in ogni circostanza la possibilità di assimilare le controversie pubblicistiche a quelle aventi ad oggetto un diritto civile, negandola, ad esempio, per il contenzioso innanzi alle Commissioni tributarie.

La motivazione addotta della Corte era da rinvenire particolare connotazione pubblicistica del rapporto tributario, che lo rendeva imprescindibilmente connesso con quel nocciolo duro della sovranità statuale, che aveva determinato l’esclusione delle controversie amministrative dallo spettro applicativo della Convenzione63. Diversamente, essa fu riconosciuta per l’aspetto meramente sanzionatorio della materia tributaria64.

Un’ulteriore condizione ostativa all’applicazione del giusto processo alla materia amministrativa era legata alla particolare configurazione del diritto amministrativo italiano, incentrata sull’interesse legittimo, privo di omologhi a livello comparatistico. A questo proposito, infatti, laddove la situazione giuridica soggettiva fosse stata di interesse legittimo, non sarebbe stata controversa né propriamente “un diritto civile”, né tantomeno un’accusa penale.65 In questo senso, si può brevemente accennare al caso Mennitto v.

Italy, in cui la Corte arrivò ad affermare la possibilità di configurare

l’interesse legittimo come un diritto soggettivo.

Nel sancire l’applicabilità dell’art. 6 CEDU alla controversia in esame, la Corte non utilizzò l’argomentazione del “living instrument”, ma diede un’interpretazione molto estesa del termine “civil right”, senza operare

62CEDU,12luglio 2001,n. 44759/98, §27. Vale la pena menzionare come nel caso di specie, si controvertesse in ordine alla riconducibilità alle controversie “sui diritti e doveri dei cittadini di carattere civile” del contenzioso di fronte alla Commissioni tributarie provinciali e regionali, ai fini dell’applicazione dell’art. 6 CEDU, con l’esito, nonostante l’affermazione di principio esaminata, di una pronuncia negativa della Corte.

63 CEDU,12luglio 2001,n. 44759/98, §27 §§29-31. 64 Ibidem.

65 P. SANTORO, Codice della giustizia contabile e giusto processo, www.contabilità-pubblica.it, 2016.

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distinzioni fra il concetto di diritto soggettivo perfetto ed interesse legittimo, andando a ratificare semplicemente l’esistenza di una controversia giudiziaria66.

Un ulteriore fattore ostativo all’applicabilità delle garanzie previste dall’art. 6 CEDU alle controversie pubblicistiche, era che in base alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, l’art. 6 CEDU non trovava applicazione alle liti in cui fossero parte agenti pubblici impieghi che implicassero la partecipazione ai pubblici poteri, a salvaguardia di interessi generali 67.

Passando dall’applicabilità del giusto processo alle controversie amministrative in generale al caso specifico del giudizio di responsabilità amministrativa, il punto di approdo è stato costituito –nuovamente- dalla sentenza Rigolio c. Italie.

Come rilevato in precedenza, la Corte ha espressamente riconosciuto una riconducibilità di tale contenzioso alle controversie afferenti a “diritti civili” negando una sua qualificazione in termini penalistici (v. supra §1.1).

In questa sede, però, si deve evidenziare come essa, nel negare una configurazione penalistica del giudizio di responsabilità, contemporaneamente sia andata a sancire –in positivo- l’applicabilità del giusto processo, seppur con riferimento ai soli aspetti civilistici68.

Sul secondo versante, si possono affrontare gli sviluppi del principio del giusto processo a livello interno. Questo principio è sancito dall’art. 111 Cost., disposizione che, in origine, era composta dai soli tre commi finali69.

66 “The Court does not deem it necessary to consider whether the autonomous

concept of a right for the purposes of Article 6 § 1 of the Convention covers only a “personal right” (diritto soggettivo perfetto) or a “legitimate interest” (interesse legittimo) also. It merely notes that Article 26 of the Regional Law had given rise to a jurisdictional dispute.” CEDU 5 ottobre 2000 n. 33804, §27.

67 P. SANTORO, Il codice della Giustizia contabile ed il giusto processo, www.contabilità-pubblica.it, 2016.

68 Ibidem, p. 698 e 700. Afferma, infatti, la Corte: “La Cour considère en

revanche que, à la lumière de ses conséquences patrimoniales et de sa nature compensatoire, la procédure litigieuse avait pour objet une « contestation sur [l]es droits et obligations de caractère civil » du requérant. Dès lors, elle estime que l’article 6 § 1 de la Convention s’applique sous son volet civil.” CEDU 13 maggio

2014 n. 20148/09, § 39.

69 L’art. 111 Cost. dispone che :”La giurisdizione si attua mediante il giusto

processo regolato dalla legge .Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.

Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per

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La legge costituzionale n. 2/1999 è intervenuta sulla disposizione, anteponendo cinque commi ai tre preesistenti (art. 111, 6, 7, 8 co. Cost.)70.

Con riferimento alle finalità perseguite dal legislatore con la novella costituzionale, si deve evidenziare che l’introduzione di tale articolo si è configurata nel contempo sia come una “revisione-bilancio”, attuata nella prospettiva di recepire quelle trasformazioni, al testo costituzionale, operate da fonti subcostituzionali, sia come una “revisione-programma”, operata invece nell’ottica di un superamento del contenuto precettivo delle fonti esistenti71.

Un tentativo precursore verso l’introduzione del giusto processo era già stato operato con il menzionato progetto di riforma costituzionale elaborato in seno alla Commissione bicamerale del 1997, che presentava tuttavia notevoli differenze con il testo attuale, prospettando una pluralità di “giusti processi” e interessandosi di profili quali la custodia cautelare e l’assistenza legale per i non abbienti, trascurati nella riforma del 1999.

Il legislatore costituzionale con la l. cost. 2/1999 ha inserito nel corpo dell’art. 111 Cost. non solo quelle garanzie contemplate dal terzo paragrafo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e già previste dal progetto della Bicamerale, ma ha introdotto anche un quarto ed un quinto comma, aventi ad oggetto il principio del contraddittorio nella formazione della prova.

preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.

La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”.

70 I commi aventi ad oggetto la motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, nonché il ricorso in Cassazione per violazione di legge e per motivi inerenti alla giurisdizione.

71 M. CECCHETTI, La riforma dell’art. 111 della Costituzione, fra fonti

preesistenti, modifica della Costituzione diritto intertemporale ed esigenze di adeguamento alla legislazione oridinaria, www.osservatoriosullefonti.it.

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L’inserimento di questi due commi nel testo costituzionale è stata particolarmente significativa, anche a fronte della contingenza storica che ha portato alla novella costituzionale, cioè della dichiarazione di illegittimità costituzionale da parte della Consulta, ad opera della sent. 361/98 delle modifiche apportate all’art. 513 c.p.p., volte a limitare l’utilizzo in dibattimento delle dichiarazioni rese dai coimputati durante le indagini preliminari. In effetti, anche nella valutazione che è stata data successivamente dalla dottrina, saranno proprio questi due commi a costituire quella parte della Costituzione dalla portata realmente innovativa, condensando al loro interno principi non desumibili in alcun modo dal testo costituzionale e dalle leggi ordinarie previgenti. A tal proposito si riteneva, infatti, che le norme contenute al 111, 3 co. e al 111, 4 e 5 co. fossero già implicite negli artt. 24-27 Cost72.

Per quanto riguarda le ripercussioni della riforma costituzionale sulla giustizia contabile, esse sono riconducibili in primo luogo all’espressa applicabilità dei primi due commi a tutti i processi – quindi anche a quello innanzi alla Corte dei Conti- e al susseguente sforzo degli studiosi nel valutare la compatibilità delle risalenti norme, da cui era regolato, con il nuovo disposto costituzionale73.

Una preliminare differenza –quindi- fra art. 111 Cost. con il modello sovranazionale può essere già ravvisata nell’applicabilità automatica del primo anche alla materia amministrativa.

Va rilevato come la dottrina si fosse già interrogata sul diverso versante dell’idoneità del processo contabile a garantire l’effettività tutela giurisdizionale, mettendo in luce la connessione fra questa ed il rispetto del principio costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.), nonché il suo rapporto con la legalità dell’azione amministrativa74 .

L’introduzione del giusto processo in Costituzione aprì ulteriori scenari di riflessione sul processo contabile.

In primo luogo, i profili di analogia con il processo penale portarono la dottrina a chiedersi se anche quei commi (3-4-5) dell’art.111 Cost., applicabili secondo il tenore letterale dell’art. 111, unicamente alla materia criminale, potessero essere estesi anche ai giudizi innanzi alla Corte dei Conti. In questo senso, avrebbero militato infatti quelle somiglianze strutturali e quelle ambivalenze terminologiche prima esaminate, specchio a

72 Ibidem.

73 P. SANTORO, Il codice della giustizia contabile ed il gusto processo, www.contabilità-pubblica.it, 2016.

74 S.PILATO, La responsabilità amministrativa. Profili sostanziali e

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loro volta della fisionomia incerta della responsabilità amministrativa e della sua finalità75.

Come detto, la dottrina ha proceduto ad una valutazione in ordine alla compatibilità del processo contabile ai nuovi contenuti del giusto processo, posta l’incertezza in merito all’esatta estensione della sua portata precettiva in questo ramo del diritto. Per affrontare questo tema, è necessario preliminarmente interrogarsi sul significato della formula “giusto processo”.

In un primo senso, infatti, è un processo giusto quello che si svolge con le garanzie universalmente riconosciute; da altra prospettiva, il riferimento al “giusto processo” deve essere inteso come giustezza della condanna, nella sua duplice dimensione di equità del giudizio e di conformità della sanzione ai parametri stabiliti dalla legge; da ultimo, il “giusto processo” è dato dalla presenza di validi requisiti per l’esercizio dell’azione nella sua fase iniziale76.

La commistione fra i tre profili rileva anche sul piano pratico: un processo, svolto nel pieno rispetto delle garanzie, è comunque ingiusto, laddove non poteva essere avviato, o laddove si sia concluso con una condanna troppo severa o troppo mite. Ne discende che nella logica del giusto processo, ove si guardi al giudizio di responsabilità, sia implicitamente da ricomprendersi anche il tema della giusta azione, poiché caratterizzato da un avvio d’ufficio77.

Definito così il giusto processo, possiamo delinearne i contenuti. Un processo giusto è un “processo regolato dalla legge”, ex art. 111 Cost. In tal modo, il dettato costituzionale pone una riserva di legge assoluta, in base alla quale la materia processuale deve essere integralmente regolata dalla legge. Esse, inoltre, deve ritenersi “relativa”, ponendo limiti di contenuto e di merito a quanto il legislatore ordinario dovrà regolare.

Un ulteriore elemento imprescindibile del giusto processo è costituito dal contraddittorio fra le parti, da guardare, tuttavia, non solo come uno strumento di garanzia soggettiva, ma anche come strumento di garanzia oggettiva, e cioè come esigenza immanente alla funzione giurisdizionale.

75 M.RISTUCCIA, Applicabilità dei principi del giusto processo al giudizio

contabile, in Riv. Corte conti, n. 3/2000, p. 220.

76 P.SANTORO, Il giusto processo contabile in Foro Amm. C.d.S n. 1/2002, p 558.

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