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Capitolo II: La denuncia di danno erariale

2.3. La notitia damni

2.3.6. Il problema dell’applicabilità del principio nemo tenetur se

L’istituto della denuncia di danno erariale è stato recentemente oggetto di questione di massima delle Sezioni Riunite (sent. n. 02/2017/QM), chiamate a fornire un’interpretazione dell’art. 1 co. 3 della l. 20/94 in funzione nomofilattica310.

Tale disposizione prevede che in caso di omissione o di ritardo nell’effettuare la denuncia di danno erariale, la responsabilità risarcitoria si “trasli” in capo alla persona fisica venuta meno al proprio obbligo. Si viene a configurare così un’autonoma fattispecie di danno erariale la cui prescrizione decorre dalla data in cui la prescrizione al dell’originario diritto al risarcimento è maturata311.

Tale disposizione è stata fonte di molteplici dubbi interpretativi fra gli studiosi. In passato, era controverso se tale forma di responsabilità fosse autonoma rispetto a quella per il fatto non denunciato: a tale quesito è stata fornita risposta affermativa, ritenendo la seconda fattispecie autonoma sul piano della condotta e del nesso di causalità312.

In secondo luogo, la dottrina si è chiesta se la fattispecie di cui all’art. 1 co. 3 della l. 20/94 ricomprendesse i casi di denuncia incompleta, offrendo una soluzione negativa.

Infine, ha evidenziato la difficoltà di individuare criteri univoci in base ai quali valutare la tempestività della denuncia313.

A gennaio del 2017, la Sezione centrale di appello ha deferito alle Sezioni riunite una questione di massima avente ad oggetto il seguente quesito: “se l’art. 1 co. 3 della l. 20/94 possa essere interpretato nel senso

310 Art. 1 co. 3 l. 20/94: “Qualora la prescrizione del diritto al risarcimento

sia maturata a causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato la denuncia. In tali casi, l'azione è proponibile entro cinque anni dalla data in cui la prescrizione è maturata”. In tal senso, si produrrebbe uno “slittamento in avanti” del termine di

prescrizione rispetto al verificarsi dell’evento dannoso.

311 NAPOLI, La notitia damni e l’obbligo di denuncia, in F. MASTRAGOSTINO, S.PILATO (a cura di), La giustizia contabile. Dal regolamento di procedura al nuovo

codice, Bologna, Bup, 2017, p.189.

312 M.SCIASCIA,Manuale di diritto processuale contabile, Giuffré, Milano, 1999, p. 368.

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che l’obbligo di denuncia si risolva in un obbligo di autodenuncia del soggetto agente”314.

Si è posto, dunque, il problema se un soggetto tenuto alla denuncia di danno sia liberato da tale obbligo e dalle conseguenze derivanti dall’inerzia allo stesso previste dall’art. 1 co. 3 della l. 20/94, laddove “questi possa

ragionevolmente ritenere che l’evento segnalato sia riconducibile a condotte proprie con addebito a titolo di responsabilità amministrativa”315.

Veniva dunque così in rilievo il tema dell’applicabilità al processo contabile del principio, di matrice processualpenalistica, del nemo tenetur se

detegere, a cui sono riconducibili una serie di facoltà del soggetto sottoposto

a procedimento o dell’imputato: quella di non autoincriminarsi, quella di rimanere in silenzio, quella di non essere interrogato dalle parti o dall’organo giudiziario316.

Infatti, se tale principio fosse applicabile anche al processo contabile, non sarebbe prospettabile un obbligo di autodenuncia e l’art. 1 co. 3 l. 20/94 andrebbe disapplicato.

La prospettazione del menzionato dovere di denuncia e delle sue conseguenze –costituite dall’applicazione dell’art. 1, co. 3 l. 20/94- anche in relazione al proprio operato sarebbe, infatti, del tutto incompatibile con tale principio.

Le Sezioni Riunite sono giunte a negare l’applicabilità del principio in esame al processo contabile, affermando che “in termini generali, non è

314 M.BRISACANI, Nota alla sentenza del 30 gennaio della Corte dei conti,

Sezioni Riunite- Obbligo di denuncia di un danno erariale nell’ipotesi di autodenuncia di un soggetto agente, in www.contabilità-pubblica,2017,p.1.Nel caso

di specie era stato contestato un danno causato da una diseconomica locazione di immobili da parte del Comune di Napoli, che aveva causato una duplicazione di costi a seguito del trasferimento e un danno all’immagine.

315 A. NAPOLI, La notitia damni e l’obbligo di denuncia, in F. MASTRAGOSTINO,S.PILATO ( a cura di) La giustizia contabile. Dal regolamento di procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p. 190 . Nel caso di specie, era stato

contestato un danno erariale a causa di una diseconomica locazione di immobili da parte del Comune di Napoli, che aveva determinato una duplicazione di costi a seguito delle operazioni di trasferimento e un pregiudizio all’immagine dell’ente,M. BRISACANI, Nota alla sentenza del 30 gennaio della Corte dei Conti, Sezioni Riunite-

Obbligo di denuncia di un danno erariale nell’ipotesi di autodenuncia di un soggetto agente, in www.contabilità-pubblica,2017, p. 1.

316 A tali facoltà fa riferimento anche la sentenza Corte dei Conti, ss.rr., 30 gennaio 2017, n. 2/2017/QM, Diritto § 2.2. La sentenza cita, altresì, alcune disposizioni del codice di procedura penale costituiscono realizzazione di tale principio: “Costituiscono applicazione del principio in disamina gli articoli del

codice di procedura penale: - 62 comma 1 (…)- 63 comma 1(…) - 64 comma 3 (…); - 198 comma 2 (…); - 350 commi 2 e 3 (...); - 364 commi 1 e 2 (…)”.

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escluso, contrariamente a quanto ritenuto dai difensori, che l’obbligo di denuncia possa gravare sul presunto autore dell’illecito amministrativo- contabile”317.

Nel prosieguo della sentenza, la Corte dei Conti, ricostruendo i tratti essenziali dell’obbligo di denuncia, ha effettuato un’approfondita disamina della progressiva estensione soggettiva dello stesso, mettendo in evidenza come alcune leggi di settore abbiano introdotto una disciplina analoga anche per pubblici dipendenti.

La Corte ha notato come, in base ad un più generalizzato obbligo di collaborazione derivante dall’art. 17 del d.P.R. 3 del 1957, il singolo dipendente sia tenuto alla segnalazione dell’illecito erariale al proprio superiore. Su quest’ultimo incomberebbe il diverso obbligo di inoltrare la denuncia al procuratore (v. supra 3.2.4)318.

A tal riguardo, le stesse hanno affermato che l’art. 52 c.g.c. si pone in una prospettiva di continuità con il quadro normativo preesistente, confermando come lo stesso gravi su figure di vertice, di controllo ed ispettive. In tal senso: “Il soggetto onerato, proprio in base al rapporto di

servizio, si trova in una posizione propria differenziata che presuppone e legittima l’onere stesso”. Diversamente, la prospettazione di una limitazione

a un tale obbligo potrebbe avere l’effetto di comprimere “l’effettività e

l’efficacia dell’azione del Pubblico Ministero contabile”319

È stato infatti evidenziato in precedenza come la normativa di settore e il codice prevedano la generale incombenza di tale obbligo sugli organi di vertice, di controllo, di vigilanza ed ispettivi, e non sui dipendenti (v. supra § 3.2.4.).

Dopo aver così definito l’obbligo di denuncia, la Corte ha rapportato l’obbligo di denuncia al principio del nemo tenetur se detegere.

La Corte ha cioè valutato se un soggetto possa essere liberato dall’obbligo e dalle conseguenze dell’inottemperanza allo stesso320 laddove

questi abbia determinato l’illecito erariale da segnalare.

Le Sezioni unite hanno asserito, infatti, che non esiste “una norma che

preveda la non perseguibilità dell’illecito contabile di cui all’art. 1 comma 3

317 Corte dei Conti, ss.rr., 30 gennaio 2017, n. 2/2017/QM, Diritto § 2. 318 Ivi, § 2.2.

319 Corte dei Conti, ss.rr., 30 gennaio 2017, n. 2/2017/QM, Diritto § 2.1. 320 In questo caso costituite dal prodursi anche della diversa fattispecie di danno di cui all’art. 1 co. 3 l.20/94.

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della l. n. 20 del 1994 nei casi in cui dalla denuncia potrebbe emergere la responsabilità dell’obbligato”.

Per quanto riguarda il codice della giustizia contabile, il legislatore ha richiamato il principio nemo tenetur se detegere soltanto con riferimento all’audizione personale (art. 60 c.g.c.) e non in materia di denuncia di danno.

Tale scelta legislativa sarebbe stata dettata dalla differente funzione dei due menzionati istituti. L’audizione, infatti, ha luogo già a seguito della formulazione di un atto di incolpazione istruttoria (l’invito a dedurre), mentre la denuncia non solo è collocata al di fuori del processo, ma della stessa istruttoria, costituendo un mero atto di impulso dell’attività investigativa.

Da ciò deriva che, durante l’audizione, il soggetto chiamato a rispondere possa rifiutarsi di riferire su fatti che potrebbero rivelarsi a lui pregiudizievoli, esigenza che non si pone all’avvio dell’istruttoria preprocessuale321.

Secondo la Corte, inoltre, l’art. 1 co. 3 della l. 20/1994 non prevede nessuna forma di coercizione in capo al soggetto gravato dall’obbligo di denuncia a dichiarare la propria responsabilità.

La Corte rileva, a tal riguardo, che l’obbligo di denuncia si colloca in una fase anteriore sia al processo in senso stretto, sia alla fase investigativa.

Inoltre, le informazioni fornite alla Procura (v. supra § 2.3.5) vengono definite come “meri strumenti conoscitivi di per sé inidonei ad incidere su

posizioni soggettive di terzi e dello stesso soggetto informatore”322.

Il legislatore, infatti, ha stabilito la necessità di un’individuazione soggettiva dei responsabili soltanto facoltativa ex art. 53, laddove il previgente art. 20 del d.P.R. 3/57 non menzionava del tutto tale requisito.

Per questa ragione, il dettato codicistico non richiederebbe un “contributo conoscitivo” tale da portare all’autoincolpazione del soggetto denunciante323.

A tale denuncia non può dunque rivestire la natura di confessione stragiudiziale (art. 2735 c.c.), non potendosi ravvisare la sussistenza di un

321 Corte dei Conti, ss.rr., 30 gennaio 2017, n. 2/2017/QM, Diritto § 2.2. 322 Ivi, § 2.3.

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animus confitendi, dal momento che la stessa ha l’unico scopo di permettere

le indagini del procuratore contabile324.

Nei successivi passaggi (§§ 3 e 4), la sentenza si sofferma sui peculiari connotati della responsabilità prevista all’ art. 1 co. 3 della l. 20/94 e sul corretto inquadramento del principio in esame in base agli orientamenti della Corte EDU.

Per quanto riguarda il primo aspetto, i giudici ritengono che la disciplina dell’illecito derivante da omessa denuncia non presenti alcuna incongruenza rispetto alla prescrizione. Laddove, infatti, l’omessa denuncia sia correlata al doloso occultamento del danno, il termine non decorrerebbe anteriormente alla conoscenza da parte dell’amministrazione del danno.

Diversamente, la maturazione della prescrizione per omessa denuncia gravemente colposa inizia a decorrere cinque anni dopo l’evento dannoso.

L’art. 1 co. 3 non delineerebbe dunque una forma di responsabilità né sanzionatoria, né oggettiva325.

Da ciò può evincersi come anche questa tipologia di responsabilità presupponga l’elemento soggettivo del dolo e della colpa grave, in conformità agli orientamenti della dottrina e dalla giurisprudenza prevalente326.

Con riguardo al secondo, contrariamente alla tesi difensiva, tale interpretazione dell’art. 1 co. 3 della l. 20/94 nel senso di permettere un obbligo di denuncia in capo al soggetto denunciante non era contrario al principio del giusto processo, sia a livello sovranazionale che nazionale, né al diritto di difesa327.

La Corte europea dei diritti dell’uomo, infatti, pur affermando l’estensibilità del principio in esame a quei procedimenti che avessero ad oggetto sanzioni di natura amministrativa ma dalla sostanza penalistica, tuttavia, ha ribadito l’afferenza del nemo tenetur se detegere al processo penale328.

Le Sezioni Riunite, per escludere l’operatività del principio anche all’istituto dell’obbligo di denuncia, hanno dunque rievocato la sentenza

324 Ibidem. 325 Ivi, § 3.1.

326 M.OCCHIENA, Il procedimento preliminare al giudizio innanzi alla Corte

dei conti, Napoli, Editoriale Scientifica,2008, p. 67.

327 Corte dei Conti, ss.rr., sent. 30 gennaio 2017, n. 2/2017/QM, Diritto § 4.1. 328 Ibidem.

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Rigolio, la quale ha negato una ricostruzione in termini penalistici del giudizio di responsabilità, qualificandolo come un processo avente ad oggetto un diritto civile (v. supra §§ 1.1 e 1.3)329.

Gli ultimi due passaggi dell’argomentazione giuridica della Corte hanno messo in evidenza come anche alla base di questa controversia interpretativa sia sotteso il problema della natura della responsabilità amministrativa e del suo processo, già ad oggetto del richiamato caso Rigolio.

A tal riguardo, un primo profilo problematico di tale statuizione è costituito dall’argomento con cui si afferma la natura non sanzionatoria della tipologia di danno delineata dall’art. 1 co. 3 l.20/94.

La giurisprudenza precedente, infatti, aveva ravvisato la sussistenza di una sanzione ex lege nel meccanismo di slittamento in avanti del termine di prescrizione, sostenendo quindi che l’applicazione del principio era motivata dalla finalità sanzionatoria della specifica norma in esame330.

In base a tale orientamento, l’applicabilità del nemo tenetur se detegere non era di per sé in contrasto con l’affermazione di una generale funzione compensativa (civilistica) della responsabilità amministrativa, dal momento che era motivata dalle caratteristiche della specifica norma presa in considerazione331.

La Sezioni Riunite, al quarto paragrafo dell’argomentazione giuridica della sentenza, escludono l’operatività di tale principio, invece, utilizzando proprio l’argomento della natura risarcitoria del giudizio di responsabilità amministrativa, come stabilito nella sentenza Rigolio.

Tale esito giurisprudenziale è stato accolto comunque con favore dalla dottrina in quanto sembra, infatti, confermare l’assunto per cui il processo contabile non possa mutuare principi ed istituti propri del processo penale in assenza di specifiche previsioni normative. La ragione di una tale limitazione risiederebbe nel fatto che i due processi tutelino beni giuridici differenti: l’erario pubblico e la libertà personale332.

329 Ibidem.

330 Corte dei conti, sez. giur. Campania, sent. 15 dicembre 2016, n. 637. 331 Ibidem.

332A. NAPOLI, La notitia damni e l’obbligo di denuncia, in F. MASTRAGOSTINO,S.PILATO (a cura di) La giustizia contabile. Dal regolamento di procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p. 194.

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Capitolo III: L’attività istruttoria del pubblico ministero