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Capitolo IV: L’esercizio dell’azione contabile ed il potere

4.4. Il potere sindacatorio ordinatorio del giudice contabile

4.4.2. L’attuale disposto dell’art 83 c.g.c: il “crepuscolo del potere

Delineato il substrato teorico su cui si è innestata la codificazione, si può fin da subito sottolineare che il codice ha contribuito al superamento quasi definitivo del potere sindacatorio, potendosi parlare addirittura di un suo “crepuscolo”541.

Con riferimento al potere sindacatorio ordinatorio, si può ritenere che sia quasi del tutto superato, in ragione del fatto che l’art. 83 c.g.c. prevede il divieto la chiamata in causa iussu iudicis (art. 107 c.p.c. e art. 47 R.D. 1033/38)542, se non a fronte dell’emersione di nuovi fatti nel corso del

processo.

Ad una conclusione non dissimile si dovrebbe pervenire anche aderendo alla tesi dottrinale (recessiva) che riconduce anche l’integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario pretermesso all’esercizio del potere sindacatorio ordinatorio, in quanto anch’essa fortemente limitata dal disposto dell’art. 83 c.g.c543.

Con l’introduzione dell’art. 83 c.g.c. il legislatore ha inteso attuare il criterio direttivo previsto dalla legge-delega all’art. 20 lett. [g] punto 6, prevedendo “la preclusione in giudizio su chiamata per ordine del giudice in

540 Corte conti, Sez. app. reg. Sicilia, 4 settembre 2014, n. 377

541 P. SANTORO, Il codice di giustizia contabile e il giusto processo, in www.contabilità-pubblica,2016,p.7.

542 La norma, in termini analoghi all’art. 107 c.p.c., prevedeva che l’integrazione del contraddittorio potesse avvenire in virtù di intervento “ordinato

dalla sezione d’ufficio”.

543 Al secondo comma si prevede, infatti, che il litisconsorte necessario pretermesso, non debba essere evocato in giudizio, ma che il giudice nella determinazione del quantum debba tener conto anche dell’apporto causale dei soggetti non convenuti in giudizio.

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assenza di motivate ragioni di soggetto già destinatario di formale provvedimento di archiviazione”.

Si tratta di una disposizione di grande rilievo, con il quale il legislatore ha inteso recepire la più recente giurisprudenza in materia, inserita nel capo I del titolo III, dedicato alle “Generalità” del rito contabile (v. supra §4.4)

Del resto, con l’art. 83 c.g.c. il codice recepisce quello che era il prevalente orientamento della giurisprudenza contabile negli anni immediatamente precedenti all’approvazione del codice: si intendeva, infatti, limitare l’esercizio del potere sindacatorio con riferimento alla chiamata iussu

iudicis ex art. 107 c.p.c.

Per quanto riguarda i casi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.g.c, il legislatore non ha potuto che prevedere che tutte le parti vadano convenute nello stesso processo.

Tuttavia, laddove ciò non avvenga, in considerazione della parziarietà e della personalità dell’obbligazione di danno, nella determinazione del

quantum il giudice deve tener conto anche dell’apporto causale dei soggetti

non convenuti in giudizio.

In tal modo, il legislatore introduce una disciplina alquanto restrittiva, che preclude, nel caso in cui non emergano nuovi fatti, l’integrazione del contraddittorio non soltanto nei casi di cui all’art. 107 c.p.c., ma anche in quelli di litisconsorzio necessario sostanziale544.

A tal riguardo, si deve evidenziare che la disposizione, tuttavia, ha suscitato molteplici perplessità laddove sembrerebbe circoscrivere l’applicabilità del meccanismo di riduzione dell’addebito, delineato dal secondo comma, soltanto ai casi di litisconsorzio necessario sostanziale, e non anche a tutti i casi in cui si verifichi un concorso alla produzione del danno erariale545.

Le ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, infatti, nel giudizio di responsabilità amministrativa sono di rara verificazione e, secondo parte della dottrina, da escludersi del tutto546.

544 Si deve rilevare come la giurisprudenza, anteriormente all’approvazione del codice, riteneva ammissibile l’integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., sebbene i casi di litisconsorzio necessario sostanziale fossero di difficile verificazione nella prassi.

545 La giurisprudenza dianzi esaminata, infatti, prevedeva l’operatività di un meccanismo analogo con riferimento alla chiamata iussu iudicis ex art. 107 c.p.c.

546 Tale tesi viene argomentata nel seguente modo: dal momento che il giudice deve condannare ciascun responsabile per la parte di danno che ha provocato (in considerazione della natura parziaria della responsabilità) è da escludere che la sentenza possa essere inutiliter data, come invece avviene nel caso di mancata

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Come rilevato in precedenza, la giurisprudenza ha affermato che nel caso di pluralità di condotte le cause sono da ritenersi tendenzialmente scindibili, e, come tali, non suscettibili di dare luogo a un litisconsorzio necessario sostanziale547: ciò può verificarsi soltanto laddove siano dedotte in

giudizio posizioni sostanziali inscindibili, come nel caso di fatti illeciti a concorso plurisoggettivo necessario548, ma non in quello di delibere collegiali

Sulla base di queste premesse, la formulazione della norma si risulta alquanto problematica: la rara verificazione di ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale ex art. 102 c.p.c. potrebbe portare alla mancata applicazione dell’istituto.

A tal riguardo, tuttavia, si deve segnalare una recente inversione di tendenza.

I giudici contabili, infatti, in una recentissima sentenza, sono giunti ad affermare l’applicabilità del litisconsorzio necessario sostanziale (e dunque dell’art. 83, 2 co. c.g.c.) anche alle fattispecie di responsabilità parziaria con riferimento alle condotte di componenti di organi collegiali549, ponendosi in

contrasto con il precedente orientamento giurisprudenziale in materia550.

In base a questa interpretazione, il meccanismo delineato dall’art. 83, 2 co. c.g.c. può dunque trovare applicazione nei casi di responsabilità derivante da delibere collegiali.

Resta il fatto che tale norma risulti di scarsa utilità pratica e intrinsecamente contraddittoria, dal momento che impone al giudice di decidere la causa a contraddittorio non integro: ciò è “logicamente incompatibile” con la presenza di un litisconsorzio necessario sostanziale ed

integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. In tal senso, A.CIARAMELLA, Il rito

ordinario, in F.MASTRAGOSTINO,S.PILATO (a cura di), La giustizia contabile: dal

regolamento di procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p. 163.

547 Sez. app. reg. Sicilia, 4 settembre 2014, n. 377. 548 Corte conti, ss.rr., 20 giugno 2001, n. 5/QM/2001.

549 Corte conti, sez. Trentino Alto-Adige, Bolzano, 16 febbraio 2018, n. 6, in

Rivista Corte conti, n. 1/2018, p. 373. Nel testo della pronuncia si può leggere che

“Nell’utilizzare l’aggettivo “sostanziale” il legislatore delegato abbia, con una

formulazione chiaramente riconducibile alla categoria delle, norme in bianco ha inteso con ogni evidenza riferirsi ad una pluralità di soggetti che si relazionano su un piano (appunto) di diritto sostanziale. Il che induce il collegio a rivisitare senz’altro il rammentato orientamento negativo relativamente alle determinazioni degli organi collegiali, posto che è in tale ambito che ciascuna condotta dei singoli componenti interagisce giocoforza con quella degli altri”.

La sentenza tuttavia prevede anche che le ipotesi di responsabilità solidale non integrino gli estremi del litisconsorzio necessario sostanziale.

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il trattamento normativo ad esso riservato nella disciplina di diritto processuale comune551.

Al terzo comma, il codice, confermando il divieto di chiamata in causa

iussu iudicis, prevede che il giudice, qualora nel corso del processo emergano

nuovi fatti rispetto a quelli introdotti con l’atto di citazione, debba trasmettere gli atti al pubblico ministero per le valutazioni di competenza, senza sospendere il processo.

Mentre nell’ordinamento previgente, in caso di litisconsorzio facoltativo, il giudice poteva ordinare la chiamata in causa oppure detrarre la quota di danno imputabile al soggetto non convocato, il codice adesso imporrebbe al giudice di adottare quest’ultima soluzione, fatta salva l’emersione di fatti nuovi552.

In quest’ultimo caso, il giudice non può ordinare l’integrazione del contraddittorio, ma deve rimettere gli atti al pubblico ministero, perché quest’ultimo decida se procedere con l’azione di danno o meno.

Nonostante l’afflato garantistico della disposizione, essa tuttavia potrebbe essere fonte di molteplici problemi applicativi.

Una prima criticità è costituita dal fatto che il giudice, quando rimette gli atti al pubblico ministero al fine dell’integrazione del contraddittorio, non è, tuttavia, tenuto a sospendere il processo: tale disposizione sembrerebbe sacrificare l’esigenza del simultaneus processus al fine di perseguire il perseguimento della speditezza procedurale e della ragionevole durata del processo (art. 20, co. 2 lett. [l ])553.

Dal momento che il giudice non è tenuto a sospendere il processo, il pubblico ministero potrebbe citare in giudizio gli altri soggetti che hanno contribuito alla produzione del danno quando il giudice ha già deciso sulla causa, addebitando la totalità del danno unicamente ai compartecipi originariamente convenuti in giudizio554.

551 C.CHIARENZA,P.EVANGELISTA, Il giudizio di responsabilità innanzi alla

Corte dei conti, V.TENORE (a cura di), in La nuova Corte dei conti, responsabilità,

pensioni, controlli, Milano, Giuffré, 2018, p. 733.

552 Ivi, p. 734. Si deve sottolineare che questa tesi presupponga un’interpretazione estensiva dell’art. 83, co. 2 c.g.c., laddove un’interpretazione letterale sembrerebbe circoscrivere l’applicabilità delineato meccanismo di riduzione dell’addebito soltanto ai casi di litisconsorzio necessario sostanziale.

553 I.A.CHESTA, Commento all’art. 83, in A. GRIBAUDO (a cura di), Il codice

di giustizia contabile commentato articolo per articolo, Santarcangelo di Romagna,

Maggioli, 2017, p. 304.

554 A.CIARAMELLA, Il rito ordinario, in F.MASTRAGOSTINO,S.PILATO (a cura di), La giustizia contabile: dal regolamento di procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p. 264.

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Inoltre, il codice ha introdotto una modalità di integrazione del contraddittorio peculiare: in luogo dell’ordine del giudice, si è previsto un meccanismo di trasmissione degli atti al pubblico ministero contabile.

Si deve evidenziare come in questo caso il d.lgs. 174/16 recepisca una delle soluzioni prospettate dagli studiosi del processo contabile al fine di preservare la necessaria terzietà del giudice e la titolarità dell’azione di danno da parte del pubblico ministero555.

Parte della dottrina, tuttavia, ha manifestato non poche perplessità circa il fatto che queste nuove modalità di integrazione del contraddittorio siano sufficienti a rendere l’istituto compatibile con il dettato costituzionale.

È stato, infatti, affermato che “il codice lascia immutato il potere-

dovere del giudice di concorrere assieme al requirente all’individuazione dei presunti responsabili”, contraddicendo quanto affermato dal primo comma

dell’art. 83 c.g.c.556.

Con riferimento all’ipotesi di emersione di nuovi fatti, sembrerebbero quindi, riproporsi i problemi di terzietà ed imparzialità dell’organo giudicante, laddove quest’ultimo contribuisca alla determinazione dell’ambito soggettivo della controversia.

A tutela dei soggetti coinvolti nel procedimento, il divieto di esercitare l’azione nei confronti di chi sia stato già destinatario di un provvedimento di archiviazione.

Questo vale anche per un soggetto per cui sia stata valutata “l’infondatezza del contributo causale della condotta al fatto dannoso” nel corso dell’attività istruttoria, anche laddove questa non sia stata invitata a presentare la proprie controdeduzioni.

In tal modo, il legislatore ha esteso il trattamento normativo previsto per il destinatario di un formale provvedimento di archiviazione anche ad altri soggetti la cui estraneità sia stata accertata nel corso dell’istruttoria.

Una scelta diversa, infatti, secondo gli estensori del codice, si sarebbe configurata come una discriminazione, censurabile in base all’art. 3 Cost.557.

Si deve rilevare, tuttavia, che la norma pone molteplici problemi interpretativi: nel caso in cui non sia stato emesso un invito a dedurre o non

555 I.A.CHESTA, Commento all’art. 83, in A. GRIBAUDO (a cura di), Il codice

di giustizia contabile commentato articolo per articolo, Santarcangelo di Romagna,

Maggioli, 2017, p. 304.

556 A.CIARAMELLA, Il rito ordinario, in F.MASTRAGOSTINO,S.PILATO (a cura di), La giustizia contabile: dal regolamento di procedura al nuovo codice, Bologna, Bup, 2017, p. 264.

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sia stato adottato un formale provvedimento di archiviazione, potrebbe risultare nella prassi difficile distinguere fra la semplice mancata valutazione della condotta e la valutazione positiva della sua estraneità al fatto dannoso558.

All’ultimo comma, a presidio del diritto di difesa del soggetto convenuto in giudizio ex art. 83, co. 2 c.g.c., si prevede che il pubblico ministero non possa comunque disporre la citazione in giudizio se non previa notifica dell’invito a dedurre: il presunto responsabile potrà, dunque, far valere le proprie ragioni, negli spazi riservati al contraddittorio nella fase preprocessuale.

Si può notare, come anche in questo caso, il codice recepisca alcune delle soluzioni prospettate dagli studiosi negli anni passati, al fine di rendere la chiamata in causa iussu iudicis compatibile con i principi costituzionali.

Da quanto evidenziato emerge come il nuovo corpo normativo, recependo gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti in materia di potere sindacatorio ordinatorio, abbia contribuito al superamento del tratto del sistema giuscontabile meno conciliabile con i principi del giusto processo.

Ad ogni modo, come rilevato in precedenza, per una parte minoritaria della dottrina e della giurisprudenza, il potere del giudice di convocare un terzo in giudizio era visto come un contrappeso dell’assoluta discrezionalità del pubblico ministero con riguardo alle determinazioni sull’azione contabile. Questo era possibile perché il decreto di archiviazione era concepito come un atto interno, privo di efficacia preclusiva o valore di giudicato559:

nulla impediva al giudice di chiamare in giudizio anche soggetti nei cui confronti fosse stato già adottato un decreto di archiviazione.

Diversamente, l’attuale art. 83, 3 co. c.g.c. prevede che il provvedimento di archiviazione sia produttivo di effetti preclusivi: esso, infatti, impedisce la chiamata in causa iussu iudicis nel corso del processo.

A fronte di questo rilievo, la mancata introduzione di un controllo giurisdizionale sul decreto di archiviazione risulta ancora più problematica che in precedenza.

558 I.A.CHESTA, Commento all’art. 83, in A.GRIBAUDO (a cura di), Il codice

di giustizia contabile commentato articolo per articolo, Santarcangelo di Romagna,

Maggioli, 2017, p. 304.

559 Corte Costituzionale, ordinanza 4 luglio 2006, n. 261. Si ricorda che nel caso in esame, i giudici di merito sostenevano che la mancata formalizzazione del provvedimento di archiviazione nei confronti di soggetti poi convenuti in giudizio ex art. 47 R.D. 1038/1933 era lesiva del loro diritto di difesa e contraria al principio del contraddittorio (art. 24 e 111 Cost.). La Consulta ha ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale.

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In primo luogo, è stato eliminato quasi del tutto il potere sindacatorio ordinatorio quale “energico correttivo”560 alla mancanza di un controllo

giudiziario sul decreto di archiviazione, una delle principali anomalie del processo contabile.

In secondo luogo, è stata conferita anche efficacia al provvedimento di archiviazione adottato dall’organo requirente in completa autonomia, dal momento che è preclusa l’integrazione del contraddittorio nei confronti di un soggetto destinatario del provvedimento di archiviazione561.

Laddove si aderisse a questa impostazione, la disciplina dell’art. 83 c.g.c. avrebbe eliminato la principale forma di controllo sull’operato del pubblico ministero, prevedendo addirittura l’efficacia preclusiva di un provvedimento adottato esclusivamente dall’organo requirente.

In base a questa prospettazione, il codice avrebbe sortito l’effetto indesiderato di allontanare ancora di più il giudizio di responsabilità dal modello astratto di giusto processo.

560 A.VETRO, L’evoluzione della problematica sul potere sindacatorio con

particolare riguardo all’integrazione del contraddittorio su disposizione del giudice contabile, alla luce della più recente giurisprudenza della Corte dei conti, in

www.contabilità-pubblica.it,2011, p. 2.

561 S.PILATO, L’archiviazione, in E.F.SCHLITZER,C.MIRABELLI (a cura di),

Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile, Napoli Editoriale

Scientifica, 2018, p. 600. In termini analoghi, I.CACCIAVILLANI, Il nuovo codice della “giustizia contabile”: una giustizia anomala, Napoli, Editoriale Scientifica,

2018, pp. 60-61. Secondo altra parte della dottrina, inoltre, il legislatore con l’art. 83 c.g.c. avrebbe privato il giudice contabile di poteri pacificamente ammessi per gli altri giudici, quale la chiamata in causa di un soggetto terzo ( e, nella fattispecie, al giudice civile art. 107 c.p.c.), v. A.VETRO, Analisi del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, codice di giustizia contabile adottato ai sensi dell’art. 20 della l. 124/2015, in www.contabilità-pubblica.it,2016, p. 9.

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