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Obbligatorietà ed effettività della difesa tecnica: una ricognizione tra sistemi processuali penali

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I

INDICE

CAPITOLO I

LE DISPOSIZIONI COSTITUZIONALI RELATIVE AL DIRITTO DI DIFESA E LA LORO LETTURA IN CHIAVE DI EFFETTIVITÀ

1. Il diritto di difesa e il processo penale ... 1

2. Una nozione di difesa penale... 4

3. L’art. 24 comma 2 cost. ... 5

3.1 Gli elementi costitutivi del diritto di difesa ... 6

3.2 Il diritto di difesa nella dimensione soggettiva e in quella oggettiva ... 10

3.3 Le modalità di esercizio del diritto di difesa penale ... 12

3.4 L’effettività della difesa tecnica ... 17

4. Il giusto processo e il diritto di difesa ... 22

CAPITOLO 2

IL DIRITTO DI DIFESA, LA SUA EFFETTIVITÀ E QUALITÀ, ALLA LUCE DELL’ ART. 6 C.E.D.U.

1. L’art. 6 cedu : contenuto ed effettivita’ della norma ... 25

2. Rassegna di alcuni casi giurisprudenziali ... 33

2.1 Il caso Artico c. Italia... 33

2.2 Il caso Goddi c. Italia ... 35

2.3 Il caso Daud c. Portogallo ... 35

2.4 Il caso Czekalla c. Portogallo ... 36

2.5 Il caso Stanford c. Regno Unito ... 39

2.6 Il caso Sannino c. Italia ... 39

2.7 Il caso B. c. Portogallo ... 41

(2)

II

2.9 Il caso Gorbunov e Gorbacher c. Russia ... 43

2.10 Il caso Vasenin c. Russia ... 44

3. L’efficacia delle sentenze della corte di strasburgo in italia: i riflessi sull’effettività del diritto di difesa ... 44

CAPITOLO III

EVOLUZIONE STORICO-NORMATIVA DELLA DIFESA D’UFFICIO E DEL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO: UNA LETTURA IN CHIAVE DI MANCATA EFFETTIVITÀ 1. Introduzione ... 52

2. La differenza tra la difesa d’ufficio e il patrocinio a spese dello stato ... 54

3. Un breve excursus storico sulla difesa d’ufficio ... 56

3.1 Il codice del 1930 ... 56

3.2 Il codice del 1988 ... 61

3.3 La legge n. 60 del 2001 ... 66

3.4 Il decreto legislativo n. 6 del 2015... 75

4. Due ipotesi emblematiche in relazione all’effettività della difesa d’ufficio . 79 4.1 La retribuzione del difensore d’ufficio: nodo centrale dell’effettività .... 79

4.2 Il praticante avvocato quale difensore d’ufficio: un problema di competenza... ... 86

5. Il patrocinio a spese dello stato: l’effettività legata all’art. 3 cost. ... 91

5.1 Introduzione ... 91

5.2 Il regio decreto n. 3282 del 1930 ... 93

5.3 L’art. 24 comma 3 Cost. e i primi interventi della Corte costituzionale.. 95

5.4 Il codice di rito del 1988 ... 99

5.5 La prima legge sul patrocinio a spese dello Stato... 100

5.6 La riforma costituzionale del 1999 e i riflessi sull’effettività del patrocinio per i non abbienti ... 104

(3)

III

5.8 L’attuale disciplina del patrocinio per i non abbienti – il d.p.r. n. 115 del

2002 ... 110

5.9 Brevi cenni sulla direttiva 2016/1919/UE in materia di patrocinio a spese dello Stato ... 114

CAPITOLO IV

GLI ARTT. 97 E 108 C.P.P.: ANALISI DELLE DISPOSIZIONI E PROBLEMATICHE LEGATE AL DIRITTO DI DIFESA 1. L’art. 108 c.p.p. e il termine a difesa ... 118

1.1 L’art. 108 c.p.p.: ratio, evoluzione, contenuto ... 118

1.2 I casi oggetto della norma ... 123

1.3 L’abuso della facoltà di richiesta del termine ... 128

1.3.1 Le possibili soluzioni al problema dell’abuso……… 133

2. La figura del sostituto ex art 97 comma 4 c.p.p. ... 136

3. Gli artt. 108 e 97 comma 4 c.p.p.: il problema ... 140

3.1 La mancata concessione del termine a difesa al sostituto provvisorio .. 140

3.2 Ulteriori casi problematici ... 149

3.3 Le conseguenze pratiche della mancata concessione del termine al sostituto del difensore ... 155

3.4 I possibili rimedi ... 157

4. L’art. 97 comma 5 ... 162

4.1. La nozione di giustificato motivo ... 163

4.2 Un caso particolare: la sentenza Pizzuto ... 172

4.3 La concreta operatività dell’art. 97 comma 5 c.p.p.: questioni problematiche... 173

5. L’autodifesa e la difesa tecnica ... 180

5.1 Il caso delle Brigate Rosse: il rifiuto del processo ... 181

5.2 La differenza tra il rifiuto della difesa dal processo e il rifiuto della difesa nel processo... 184

(4)

IV

5.3 La miglior condotta difensiva in ipotesi di conflitto ... 186

BIBLIOGRAFIA ... 190

GIURISPRUDENZA CITATA ... 211

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1

CAPITOLO I

LE DISPOSIZIONI COSTITUZIONALI RELATIVE AL

DIRITTO DI DIFESA E LA LORO LETTURA IN CHIAVE DI

EFFETTIVITÀ

SOMMARIO: 1. Il diritto di difesa e il processo penale - 2. Una nozione di difesa penale - 3.

L’art. 24 comma 2 Cost. - 3.1 Gli elementi costitutivi del diritto di difesa - 3.2 Il diritto di difesa nella sua dimensione soggettiva ed in quella oggettiva - 3.3 Le modalità di esercizio del diritto di difesa penale - 3.4 L’effettività della difesa tecnica - 4. Il giusto processo e il diritto di difesa

1. IL DIRITTO DI DIFESA E IL PROCESSO PENALE

Gli obiettivi che il procedimento penale dovrebbe perseguire sono contemporaneamente due: limitare la commissione di reati e tutelare l’imputato a fronte di una condanna ingiusta (vuoi perché innocente, vuoi perché, colpevole, egli subisce una pena sproporzionata rispetto al fatto accertato in giudizio). La prima delle due prerogative non è più importante dell’altra, perché, seppur vero che è immediatamente ravvisabile un interesse collettivo nella stessa, il medesimo interesse pubblico può ravvedersi anche nella seconda: chiunque può essere accusato di un reato e sottoposto a procedimento penale, perciò chiunque vorrebbe essere tutelato nel migliore dei modi in tale evenienza.

È logico che il legislatore deve ricercare un punto di equilibrio fra queste due esigenze, con il rischio che «Il limitare le possibilità della difesa […] aumenta il rischio di condannare un innocente […] Viceversa, l’ampliamento dei diritti di difesa aggrava il pericolo che siano assolti i colpevoli.»1.

Gli studiosi di politica del diritto hanno rilevato che mentre nei sistemi totalitari si fa prevalere la prima esigenza, viceversa in quelli garantisti, è la difesa del singolo che prevale sulla tutela della società.

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2

Infatti, se si analizza il modo di essere della difesa, in particolare di quella tecnica, nei sistemi inquisitori, come sicuramente può dirsi quello instaurato a seguito dell’approvazione del codice di procedura penale del 19302

, ci si accorge che quest’ultima non viene quasi mai eliminata del tutto; l’obiettivo che ci si pone è invece quello di modellarla, sviarla, deformarla3, attribuendole poteri limitati e marginali. Questa disparità fra accusa e difesa era, secondo i teorici del sistema inquisitorio, compensata da un ruolo attivo e “paternalistico” del giudice.

La tesi che fondava questa esclusione della difesa si basava sul fatto che permettere una piena partecipazione del difensore sarebbe stato sintomo di una sfiducia nei confronti del giudice, e perciò una sfiducia verso lo Stato, elemento questo intollerabile per un regime autoritario4.

A riprova di ciò il fatto che il sistema inquisitorio, ad esempio, non prevede la possibilità di una partecipazione effettiva alla fase di raccolta delle prove, che infatti vengono ricercate e gestite direttamente ed unicamente dal giudice5. Mentre con l’istituto del “segreto istruttorio”, si impedisce una partecipazione al procedimento, comportando la mancanza di una vera dialettica processuale6.

2

R. D. 19 ottobre 1930, n. 1399, in materia di “Approvazione del testo definitivo del Codice di Procedura Penale”.

Il Ministro della Giustizia Rocco nella Relazione al codice si poneva come obiettivo di raggiungere un «giusto equilibrio» fra accusa e difesa, ma questa enunciazione di principio non trovò spazio nella realtà del codice. Infatti, nonostante questo andasse formalmente inserito in un sistema “di tipo misto”, era evidente la matrice sostanzialmente inquisitoria.

3

In questi termini si esprime Ferrua, il quale mette in risalto l’ambiguità della garanzia della difesa tecnica: un sistema «inquisitorio può tollerare ed anzi sfruttare in chiave di alibi la figura del difensore », ed anche i poteri che vengono attribuiti a quest’ultimo non sono di per sé indice certo di positività o negatività, «giacché essi, più che per il numero o l'ampiezza, valgono per ciò che significano in rapporto ai poteri degli altri soggetti, ossia dell'accusatore e del giudice», P. FERRUA, voce Difesa (diritto di), in Dig. Disc. Pen., vol. III, Utet, Torino, 1989, p. 477.

4

T. BENE, Il difensore d’ufficio. Profili sistematici e prospettive di riforma, Editoriale scientifica, Napoli, 2012, p. 9.

5

Nel codice del 1930 la fase di raccolta delle prove era infatti governata dal giudice istruttore o, nel caso di istruzione sommaria, dal pubblico ministero.

6

L’art. 314 c.p.p. abr. prevedeva in tal senso il potere di disporre perizia solo in capo al giudice; perizia per la quale non era previsto nessun termine di notificazione, talché essa poteva essere effettuata anche senza la presenza del difensore.

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3

Viceversa nei sistemi accusatori (o adversary) è il dibattimento il luogo prediletto, individuato affinché le parti, ben distinte fra loro, possano avere un dialogo in situazione di parità; ecco che allora l’udienza dibattimentale non è più solo il momento in cui il difensore deve limitarsi a supervisionare la regolarità formale degli atti, come avviene nel sistema inquisitorio7, bensì egli ha facoltà di escutere (esame diretto, controesame, riesame) i teste a carico e discarico dell’assistito, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Ed è proprio quest’ultima facoltà l’elemento che maggiormente qualifica la figura del difensore nei sistemi accusatori8.

A ciò si lega anche il potere della difesa di ricercare direttamente le fonti di prova: un contraddittorio non può dirsi effettivo, e perciò in grado di stimolare la miglior decisione del giudice, se la difesa non è posta nelle condizioni di poter acquisire mezzi di prova9.

Ecco allora perché nel sistema accusatorio, che per l'appunto valorizza un ruolo attivo delle parti, la figura del difensore è così determinante: questi, oltre a dimostrare l’infondatezza della tesi dell’accusa dovrà ricercare le fonti di prova a discarico del proprio cliente10.

7

Il codice del 1930 rilegava il difensore alla mera attività statica. Egli infatti si limitava, nella fase dibattimentale, a replicare al contenuto del decreto di rinvio a giudizio che era sostanzialmente equiparabile ad un’odierna sentenza di condanna; in questi termini, G. LOZZI, Conclusioni, in AA.VV., Libertà personale e ricerca della prova nell’attuale assetto delle indagini preliminari:

atti del Convegno presso l'Università di Catania, Giuffrè, Milano, 1995, p. 227.

8

G. FRIGO, Difensore, in E.AMODIO-O.DOMINIONI (a cura di), Commentario del nuovo

codice di procedura penale, Giuffrè, Milano, 1989, p.569 ss.

9

Nel senso che senza la facoltà di ricerca delle prove il contraddittorio sarebbe ineffettivo perché «sono le previe acquisizioni unilaterali di ciascuna parte a permettere la formulazione di domande pertinenti durante l’esame diretto; a consentire di soppesare se le conoscenze acquisite in fase investigativa possano “tenere” in dibattimento in sede di controesame», vedi M.L. DI BITONTO,

Il difensore, in Procedura penale. Teoria e pratica del processo, diretto da

G.SPANGHER-A.MARANDOLA-G.GARUTI-L.KALB, Utet, Milano, 2015, p. 397.

10

A riprova di ciò il fatto che l’art. 380 c.p. qualifica come reato la condotta dolosa del patrocinante che «rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca agli interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinnanzi all’Autorità giudiziaria».

(8)

4 2. UNA NOZIONE DI DIFESA PENALE

Già prima dell’entrata in vigore della Costituzione si è posta l’esigenza di trovare un significato alla nozione di “difesa penale”.

Sul punto una dottrina minoritaria11 ha definito la difesa come «l’attività processuale diretta a far valere davanti al giudice i diritti soggettivi e gli altri interessi giuridici dell’imputato».

Si tratta di una visione che si ricollega al concetto di “agire in giudizio per tutelare i propri interessi”, giudizio che può essere attivato solo da chi è titolare del diritto fatto valere. Da ciò deriverebbe che anche chi si difende, così come chi agisce, lo fa per tutelare i propri interessi.

A ben vedere però, è una visione limitata del concetto di difesa penale12, che si lega troppo al dato letterale dell’art. 24 Cost. .

Così, altra dottrina13, sostiene che un processo possa dirsi giusto solo se, oltre alla separazione personale e funzionale tra giudice e pubblico ministero, vi è anche una difesa che si contrappone a quest’ultimo.

Infine alcuni commentatori hanno ben affermato che la difesa è «la funzione dialetticamente contrapposta all'accusa che l'imputato (autodifesa) e il suo difensore (difesa tecnica) esercitano di fronte ad un giudice imparziale»14. Si tratta

11

V. MANZINI, Trattato di diritto processuale penale, vol. II, G.CONSO (a cura di), VI ed., G.CONSO-G.D.PISAPIA (a cura di), Utet, Torino, 1968, p. 542.

12

Une delle critiche che viene mossa a questa tesi è quella finire per legittimare il ruolo della parte civile nell’attività di difesa penale, G.BELLAVISTA, Difesa giudiziaria penale, in Enc.dir., XII, Milano, 1964, p. 455. . In senso conforme anche, P. FERRUA, op. cit., p. 466.

Altri invece, pur criticando la tesi in esame, ritengono che la difesa penale interessi anche la parte civile in quanto quest’ultima «dopo l’imputato, rappresenta il soggetto processuale maggiormente coinvolto», D. CURTOTTI NAPPI, voce Difesa Penale, in Dig. disc. Pen., 2005, p.378.

13 G.BELLAVISTA, op. cit., p. 455. 14

P. FERRUA, op. cit., p.466.

Anche questa tesi però non è rimasta immune da critiche.

In particolare, si evidenzia che difesa e contraddittorio sono due cose diverse: «la storia del processo è la storia della difesa», ma non è vero che «la storia del processo […] è la storia del contraddittorio» (D. CURTOTTI NAPPI, op. cit., p. 377, infatti in alcuni sistemi il contraddittorio non è previsto, ma non per questo si nega la difesa.

Ed infine, continuando in questa critica, si dovrebbe dire che, siccome la difesa si realizza solo nel contraddittorio, se questo non vi fosse (come nel caso del decreto ingiuntivo), ciò porterebbe all’incostituzionalità della disposizione per violazione del diritto di difesa.

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5

di una nozione che ha, fra gli altri, l’obiettivo di negare con forza l’idea, propria del codice del 1930, secondo cui il processo aveva la funzione di accertare la verità materiale, relegando perciò la difesa ad un ruolo meramente passivo. Quest’ultima infatti non può essere esercitata in ogni sistema penale, quale che siano i «rapporti tra fasi e tra funzioni del processo, accusatorio, inquisitorio, misto»15: solo un ordinamento che garantisce un equilibrio dialetto fra accusa e difesa può tutelare concretamente quest’ultima.

Tuttavia la ricerca di una nozione “teorica” di difesa, cui si è concentrata gran parte della dottrina durante la vigenza del codice del ’30 e anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione, denota mancanza di attenzione per un aspetto che forse è ben più significativo: l’elemento dinamico, vale a dire l’analisi della difesa nel suo aspetto “in divenire” cioè, come questa si concretizza, rendendola realmente “funzione del processo”16

.

3. L’ART. 24 COMMA 2 COST.

L’art. 24 comma 2, Cost., sancisce che «La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento»17. La norma va anzitutto collegata all’art. 2 Cost., in

I fautori di queste critiche, per loro conto, sostengono invece che partendo dall’idea che la difesa, in senso naturalistico, significhi tutelarsi da qualcosa che ci attacca, si arrivi all’assunto per cui essa è «un diritto di libertà dell’imputato, volto ad ottenere il riconoscimento della sua innocenza ovvero a preservarlo da un trattamento ingiusto ed inadeguato», così D. CURTOTTI NAPPI, op.

cit., p.379.

15 P. FERRUA, op. cit., p. 466. 16 T. BENE, op.cit., p. 11. 17

Inizialmente l’espressione proposta durante i lavori preparatori era «la difesa processuale è garantita a tutti». Espressione però criticata dalla dottrina in quanto «pareva voler solo assicurare quel diritto all'assistenza tecnica, il cui riconoscimento è un segno di per sé ambiguo, compatibile anche con una struttura marcatamente inquisitoria», P. FERRUA, op. cit., p. 488.

Per altro verso, è stato rilevato come, affinché la formula del comma 2 della norma de qua, non perda di effettività, lo Stato dovrebbe essere tenuto a rifondere le spese processuali a favore del soggetto dichiarato prosciolto. Di visione opposta la Corte costituzionale che, facendo leva su argomenti che «non sembrano cogliere la sostanza del problema» ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento agli artt. 111 comma 2,3 e 24 cost. Più nel dettaglio si veda, Corte cost., 30 luglio 2003, n. 286, con nota di G.

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quanto enuclea uno dei diritti fondamentali ed inviolabili della persona sanciti da questa disposizione costituzionale.

Inoltre, in chiave storica, l’aver proclamato all’epoca l’inviolabilità di tale diritto significava segnare una netta rottura con l’esperienza autoritaria del passato, impedendo che le barbarie e gli abusi dell’epoca fascista si potessero ripresentare in futuro18.

Lo scopo del secondo comma della norma in esame (art. 24), è stato correttamente individuato dalla Corte costituzionale nell’ «l’interesse dell’imputato ad ottenere il riconoscimento della completa innocenza, da considerare il bene della vita costituente l’ultimo e vero oggetto della difesa»19

, con la conseguenza che allora l’unico titolare di tale diritto è l’imputato.

3.1 Gli elementi costitutivi del diritto di difesa

Procedendo ad una scomposizione degli elementi costitutivi dell’art. 24 Cost., debbono essere fatte due premesse.

La prima precisazione deriva dall’analisi dei lavori preparatori della Costituzione e si riferisce alla ratio della norma in esame: la formula dell’art. 24 Cost. è «espressa in termini così lapidari e perentori che nessuna legge potrà mai e per nessuna ragione violarla»20

La seconda considerazione è che la disposizione ha un contenuto volutamente vago ed indeterminato che non fa riferimento né al tipo di struttura processuale idonea a garantirla21 né alle singole tutele in cui essa si sostanzi; ed infatti il

SPANGHER, Proscioglimento dell’imputato e refusione delle spese di difesa, in Giur.cost., 2003, p. 2333 ss.

18 D. CURTOTTI NAPPI, op. cit., p. 371.

19 Corte cost., 14 luglio 1971, n. 175, in Giur.cost., 1971, p. 2143. 20

Relazione dell’ On. Tupini, Ass.cost., ad.plen., sed. 15 aprile 1947.

Mostra di condividere la dizione, G. GUARNERI, Le parti nel processo penale, F.lli Bocca, Milano, 1949, p. 229., che, riferendosi alla formulazione dell’art. 24 Cost., afferma: «una formula che non poteva essere più felice».

21

La Corte costituzionale non ha operato una scelta in ordine al tipo di sistema, inquisitorio, accusatorio o misto, idoneo a tutelare la difesa. «Tuttavia [nella Costituzione] si possono ritrovare [...] le garanzie fondamentali tipiche del sistema accusatorio, soprattutto in tema di diritto di

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contenuto della norma potrà e dovrà essere arricchito grazie agli interventi della Corte costituzionale e del legislatore22. Siamo davanti per l'appunto ad una petizione di principio, una norma costituzionale volutamente vaga il cui contenuto sarà, lo si ribadisce, enucleato volta per volta dal legislatore, a seconda del periodo storico di riferimento23; il legislatore, si badi bene, non è titolare di un assoluto arbitrio nel riempire di contenuti la norma costituzionale e dovrà essere sempre orientato da quella formula aperta e lapidaria.

Ebbene, i caratteri che si possono evidenziare sono essenzialmente due.

Il primo è la «inviolabilità»: si tratta di un requisito di difficile definizione, in quanto al livello costituzionale non viene specificato il modo in cui tale carattere debba esprimersi in concreto. In maniera critica, si rileva come «tutto quel che al soggetto («difesa») aggiunge il predicato («inviolabile») in termini di effettività della tutela può essere facilmente neutralizzato, impoverendo l'essenza del diritto il cui valore viene a dipendere sostanzialmente dalla discrezionalità dell'interprete

difesa», P. REBECCHI, Il difensore d’ufficio, in G.SPANGHER (diretta da), Quaderni per la

formazione professionale, Pacini giuridica, Pisa, 2017, p. 15.

22

In questo senso, Corte cost., 3 ottobre 1979, n. 125, «All'affermazione categorica del diritto inviolabile di difesa, proprio anche per la portata generale della norma che la contiene, non si accompagna, nel testo costituzionale, l'indicazione, dotata di pari forza cogente, del o dei modi di esercizio di quel medesimo diritto. Con la conseguenza che è consentito al legislatore, valutando la diversa struttura dei procedimenti, i diritti e gli interessi in gioco, le peculiari finalità dei vari stati e gradi della procedura, dettare specifiche modalità per l'esercizio del diritto di difesa, alla tassativa condizione, però, che esso venga, nelle differenti situazioni processuali, effettivamente garantito a tutti su un piano di uguaglianza».

In realtà, la dottrina ha individuato in tale vaghezza della norma un possibile limite della stessa; infatti, a differenza di altre prerogative processuali, la difesa è un qualcosa di “finto”, che deve essere effettivitzzato, G. FIANDACA - G. DI CHIARA, Una introduzione al sistema penale: per

una lettura costituzionalmente orientata, Jovene, Napoli, 2003, p. 273.

In senso conforme, P. FERRUA, op. cit., p. 488, secondo cui «Nulla è detto, infatti, né sul tipo di struttura idonea a salvaguardare la difesa né sulle singole garanzie che la compongono».

23

G. ILLUMINATI, Costituzione e processo penale, in Giur.it., 2008 p. 525, sostiene che l’art. 24 comma 2 Cost. «è norma che fa tipicamente riferimento a concetti “valutativi”, il cui contenuto cioè deve essere determinato facendo riferimento al contesto politico della società in un determinato momento storico. Le parole usate, nonostante la perentorietà del dettato, non hanno un significato univoco, a partire dalla nozione stessa di «difesa», che si specifica solo in relazione ad una data struttura processuale».

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(legislatore e Corte costituzionale). A sollevare discussioni è il concetto della difesa, non la sua inviolabilità dalla quale nessuno osa dissentire»24.

Dall’inviolabilità come requisito sancito dalla disposizione in esame derivano poi alcuni corollari.

Anzitutto inviolabilità significa “inalienabilità”, cioè la fissità della titolarità della difesa in capo solo ed esclusivamente all’imputato. Da questo carattere “personale” consegue che, poiché nel processo si discute della responsabilità dell’imputato e non dell’avvocato, la difesa personale non può essere limitata attraverso l’attribuzione a persone diverse di poteri che incidano sulla stessa25

.

In secundis, il difensore gode di indipendenza26 rispetto allo Stato ed autonomia rispetto all’imputato, nel senso che egli non può essere obbligato a seguire una linea difensiva da lui non condivisa e imposta dal cliente27.

Il secondo elemento costitutivo è individuato nella formula «in ogni stato e grado del procedimento», il che significa che tale garanzia inizia sin dalla fase delle indagini preliminari.

In realtà, anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione e nelle more del codice del ’30, questa espressione veniva limitata, tant’è che nella fase istruttoria la presenza del difensore era ridotta (fino ad uno); viceversa nel giudizio vi era la possibilità di nominare fino a due difensori, la cui partecipazione era obbligatoria a pena di nullità assoluta ex art. 185 comma 3 c.p.p. abr.. A riprova di ciò il fatto che l’abbandono di difesa era sanzionato disciplinarmente anche in ipotesi di violazione del diritto di difesa, salvo due eccezioni: l’art. 129 c.p.p. abr., e,

24 P. FERRUA, op. cit., 477. 25

Si è detto che il diritto di difesa nella dimensione personale, «non patisce l’opposizione limitativa di scopi “eteronomi”», T. PADOVANI, A.D.R. risponde sul cd. Abuso del processo, in

Cass.pen., 2012, p. 3606.

26

In questo senso entrano i gioco le garanzie di libertà del difensore nell’esercizio della sua attività. Sul punto, recentemente, vedi, B. GALGANI, La sfera si immunità del difensore, in D. NEGRI-P. RENON (a cura di) Nuovi orizzonti del diritto alla difesa tecnica. Un itinerario tra

questioni attuali e aperture del quadro normativo, Giappichelli, Torino, 2017, p. 287 ss.

27

Ponendosi qui il problema di stabilire cosa accada in ipotesi di divergenza di opinioni fra avvocato e cliente: nel caso della difesa di fiducia l’imputato potrà revocare il mandato (cfr. G. LOZZI, Lineamenti di procedura penale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 57); più complesso è stabilire cosa accada nel caso della difesa d’ufficio. Per un approfondimento vedi cap. IV

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9

secondo alcuni commentatori, nel caso in cui il difensore avesse partecipato in maniera “finta”: infatti «non si può in tal caso parlare di abbandono con riferimento a ciò che non esiste»28.

La stessa Corte costituzionale ha inserito il diritto di difesa «nel quadro dei diritti inviolabili della persona…talché…esso non potrebbe essere sacrificato in vista di altre esigenze»29. Occorre altresì rilevare come sia la stessa Corte a non attribuire valore assoluto a tale diritto, in quanto, come tutti i diritti garantiti al livello costituzionale, anch’esso può trovarsi a dover essere bilanciato con altri (ad esempio con l’interesse alla realizzazione della giustizia)30.

In quanto diritto fondamentale, allora, la difesa, al pari di altri, dovrebbe essere garantita a chiunque in maniera eguale. È pur vero che non si tratta di un diritto gratuito per tutti, ma oggi siamo difronte ad un dato incontrovertibile: «il diritto di difesa è in realtà un costoso diritto patrimoniale, la cui effettività è condizionata alle disponibilità economiche della persona»31.

Infine, continuando nella qualificazione della norma de qua, questa può dirsi “aperta” nel senso che, se, col passare del tempo, si dovessero enucleare ulteriori garanzie rispetto quelle fino ad oggi riconosciute, ed atte a garantire tale diritto, esse godrebbero della tutela costituzionale ai sensi dell’art. 24 Cost.32

.

28 G. BELLAVISTA, op. cit., p. 462. 29

Corte Cost., 24 marzo 1994 n. 98, in Giur. Cost., 1994, p. 892; Corte cost., ord., 3 marzo 1984, n. 98.

30

Ex multis, Corte cost., 19 febbraio 1965, n. 5, in Giur. Cost., 1965, p.43.

Quanto da ultimo detto afferisce al più amplio tema dell’ «equilibrato contemperamento tra tutela delle garanzie individuali ed esercizio della giurisdizione», vedi V.GREVI, Alla ricerca di un

processo penale giusto, Giuffrè, 2000, Milano, p. 38 ss.

31

L. FERRAJOLI, Il pubblico ministero della difesa: un’esigenza garantista, in Quest.giust., 2011, p. 7

32

M. SCAPARONE, Il secondo comma dell’art 24. Il diritto di difesa nel processo penale, in G.BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione. Rapporti civili (art. 24-26), Zanichelli, Bologna-Roma, 1981, p. 82 ss.

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3.2 Il diritto di difesa nella dimensione soggettiva e in quella oggettiva

Il diritto di difesa si compone di due elementi: il primo, che potremmo definire soggettivo/individuale (un diritto personale dell’imputato), si esprime nella necessità della partecipazione dell’accusato al processo, dato che la decisione finale, una volta divenuta irrevocabile, statuirà ora e per sempre, sul fatto contestato, con conseguente applicazione di una pena (ovviamente in caso di condanna); insomma, nel processo penale si discute della libertà della persona, e perciò a questa deve essere data la possibilità di difendersi33.

Il secondo elemento invece si esprime nella difesa quale “garanzia oggettiva” di corretto svolgimento del processo34 e cioè il fatto che, attraverso un dialogo fra le parti, che sono portatrici di interessi contrapposti, si possa giungere al miglior accertamento della verità.

Si tratta di un aspetto che prescinde dall’interesse soggettivo dell’imputato per agganciarsi invece ad un elemento pubblico: l’interesse dello stato alla realizzazione di un procedimento in cui sia garantito il pieno contraddittorio e la parità delle armi, in via effettiva.

Da ciò si può evidenziare, peraltro, il ruolo pubblico della difesa, nel senso che la sua presenza «risulta intimamente connessa con il regolare esercizio del potere giurisdizionale, e la sua attività si profila come espressione di funzione pubblica»35.

È necessario precisare però che questa dualità della difesa non importa che vi sia un generale obbligo di cooperazione del difensore per la ricerca della verità, perché altrimenti si creerebbe una tensione pericolosa fra tutela della garanzia del singolo ed interessi di giustizia36.

33

Si è detto che in questi casi viene in gioco «un’opzione di civiltà», G. GIOSTRA, Valori ideali e

prospettive metodologiche del contraddittorio in sede penale, in Pol.dir., 1986, p. 20.

34

Vedi, Corte cost., 22 giugno 1972, n. 122.

35

G. BELLAVISTA, op. cit., p. 457

36

Questa tesi risulta avallata dal dettato codicistico: da un lato l’art. 334-bis c.p.p., «Esclusione dell’obbligo di denuncia [da parte dell’avvocato] nell’ambito dell’attività di investigazione difensiva», dall’altro l’art. 327-bis comma 1 c.p.p. .

(15)

11

Bisogna però chiederci se l’art. 24 Cost. faccia riferimento alla difesa solo come diritto personale dell’imputato o anche come garanzia del corretto volgimento del processo37.

Da una prima lettura superficiale saremmo portati a pensare che la norma in esame, sia perché collocata nell’ambito dei «Diritti e doveri dei cittadini», sia perché riferita ad un diritto e perciò attinente e connessa ad una titolarità soggettiva, faccia riferimento solo alla difesa quale diritto dell’imputato, escludendo la dimensione oggettiva38.

In realtà, già da un’analisi storica del sistema processuale italiano dell’800 emerge un’attenzione maggiore, seppur non esclusiva, per l’elemento oggettivo: se l’imputato fosse rimasto privo del difensore o in ipotesi di negligenza di questo, lo Stato sarebbe dovuto subentrare per garantire un «ordine pubblico e [un] interesse sociale»39.

Questa impostazione è presente nel codice del 1913 nel quale all’art. 73 c.p.p. abr. si prevede la presenza obbligatoria del difensore nel giudizio a pena di nullità e viene esasperata nel codice del 193040.

Interessante, su questo versante, la questione del favoreggiamento del difensore rispetto a condotte altrui e di un eventuale obbligo per questi di «concorrere a creare le condizioni di una sentenza giusta»: sul punto P. CORSO, Sulla configurabilità di un obbligo del difensore di «concorrere a

creare le condizioni di una sentenza giusta», in Cass.pen., 1982, p. 943 ss.

37

La questione è di vitale importanza in quanto è proprio sull’elemento pubblicistico/oggettivo della difesa che i sostenitori del divieto di autodifesa esclusiva basano buona parte della loro tesi.

38

Questa tesi sarebbe confortata dal fatto che la Corte costituzionale non è mai arrivata a sancire la presenza, a livello costituzionale, dell’obbligo della difesa tecnica.

39

F. CARRARA, Accusato e patrono, in Opuscoli di diritto criminale, vol. V, Giusti, Lucca, 1874, p. 332.

40

Si veda l’art. 125 c.p.p. abr. .

Peraltro, è condivisibile la tesi secondo cui non corrisponde a verità che per il solo fatto che l’obbligo della difesa tecnica venga imposto dal codice Rocco in epoca fascista, allora da ciò derivi l’erroneità dello stesso. Certo, è ovvio che vi fu una strumentalizzazione da parte del legislatore fascista; è ovvio che in chiave di effettività vi erano dei deficit, come ad esempio la disciplina della difesa d’ufficio e del patrocinio dei non abbienti; ed è ovvio che il legislatore del ’30 sanciva l’obbligo del difensore nel giudizio, ma poi in realtà nella fase realmente decisiva per il risultato del processo, cioè l’istruttoria, la presenza non era affatto garantita in maniera concreta; tutto ciò però, lo si ripete, non può di per sé solo far venir meno la giustezza di tale principio, V.

(16)

12

Con l’entrata in vigore della Costituzione questa impostazione viene ribadita con forza41, infatti l’art. 24 Cost., tutelando il diritto dell’imputato a veder riconosciuta la propria innocenza, non garantisce solo il singolo, bensì l’intera collettività, l’intero “sistema giustizia”.

3.3 Le modalità di esercizio del diritto di difesa penale

Per quanto concerne le modalità di esercizio del diritto di difesa penale ex art. 24 Cost., questo può essere esplicato o attraverso un’autodifesa42 (e cioè personalmente dall’imputato43

) o per mezzo del difensore (difesa tecnica).

La prima si compone sia di un elemento “positivo”, cioè la facoltà di poter dialogare con le altre parti del processo al fine di provare la propria innocenza, sia “negativo” che si sostanzia nel diritto di non autoincriminarsi, di non rispondere44

e rifiutare di essere interrogato45.

Per quanto concerne la difesa tecnica invece, l’art. 24 Cost. mette in rilievo il carattere costituzionalmente rilevante di quest’ultima46, cioè di quella difesa

GREVI, Rifiuto del difensore ed inviolabilità della difesa, in V.GREVI (a cura di), Il problema

dell’autodifesa nel processo penale, Zanichelli, Bologna 1982, p. 15.

41

Vero è che i Padri Costituenti siano stati influenzati proprio dalle leggi ordinarie (i codici) che governavano il processo penale da anni in Italia. Si tratta di un modo d’agire che fu seguito anche in altri casi, ad esempio, nella stesura dell’art. 112 Cost., A. GIARDA, La difesa tecnica

dell’imputato: diritto inviolabile e canone oggettivo di regolarità della giurisdizione, in V.GREVI

(a cura di), Il problema dell’autodifesa nel processo penale, Zanichelli, Bologna, 1982, p. 64.

42

La difesa svolta dalla parte personalmente prende anche il nome di difesa materiale o generica.

43

Cfr. G. CONSO – M. BARGIS, Glossario della nuova procedura penale, Giuffrè, Milano, 1992, p. 153 ss.

44 Corte cost., 26 ottobre 1998, n. 361. 45

O. MAZZA, I protagonisti del processo, in AA. VV, Procedura penale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 126, il quale sostiene che l’autodifesa in senso negativo trovi il suo fondamento, non solo nell’art. 24 Cost., ma anche nella presunzione d’innocenza ex art. 27 comma 2, Cost.

46

M. SCAPARONE, op., cit., p. 91.

Già la dottrina precedente affermava che «soprattutto nel processo penale si dovrebbe sentire la necessità di assicurare all’imputato il patrocinio di un tecnico, conferendogli in tal modo una guarentigia difensiva che non fosse illusoria. Non può infatti concepirsi vero contraddittorio senza

(17)

13

svolta da un privato, professionista qualificato47, iscritto in apposito albo, che possiede (o quantomeno dovrebbe possedere48) una congrua preparazione scientifica per poter affrontare un procedimento penale e non ha interessi propri nel processo in oggetto.

La stessa Corte costituzionale infatti ha fin dall’inizio sottolineato l’importanza della difesa tecnica statuendo che «la potestà effettiva dell’assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga meno ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti»49, è una prerogativa essenziale per la realizzazione della giustizia50. Invero, l’assistenza tecnica trova la sua ragion d’essere nella dialettica processuale51 con la conseguenza che senza un soggetto che conosca a pieno le norme, l’imputato non potrebbe da solo approntare una tutela piena ed efficace nel contraddittorio52.

una contrapposizione di organi omogenei», così, E. MASSARI, Le dottrine generali del processo

penale, Jovene, Napoli, 1948, p. 65.

47

Per una lettura in chiave evolutiva, seppur breve, del ruolo dell’avvocato dall’epoca del diritto comune ai giorni nostri, si veda, E. DEZZA, L’avvocato nella storia del processo penale, in G ALPA-R.DANOVI (a cura di ), Un progetto di ricerca sulla storia dell’avvocatura, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 111 ss.

48

Il condizionale si riferisce soprattutto alla disciplina della difesa d’ufficio che, prima delle recenti riforme (e secondo alcuni tutt’ora) non assicurava realmente una preparazione giuridica adeguata all’avvocato.

49

Corte cost., 18 marzo 1957 n. 46.

50

Si tratta però di un principio che si è affermato solo col tempo. Emblematica in questo senso la vicenda riportata da G. SABATININ, Del legittimo impedimento del difensore di fiducia a

comparire al dibattimento, in Giust. pen., 1952, III, p. 210, nella quale, pur in assenza del

difensore di fiducia dell’imputato per malattia, un Presidente di Sezione della Suprema corte, affermò, rigettando la richiesta di rinvio che «con l’avvocato e senza l’avvocato è la stessa cosa».

51

Infatti «l’efficacia del contraddittorio implica parità di potenza nei contraddittori» così, G. BELLAVISTA, op. cit., p. 458

52

Ma anche supponendo una conoscenza delle norme da parte dell’imputato, questi potrebbe non avere «il sangue freddo ed il distacco necessari per equilibrare l’accusatore», G. BELLAVISTA,

op. cit., p. 458. Cfr., Corte cost., 26 ottobre 1989, n. 498, secondo la quale il difensore è l’unico a

garantire all’imputato «quella serenità che gli consente di valutare adeguatamente le situazioni di causa»; conformemente M. G. AIMONETTO, Commento all’art. 125, in Commentario breve al

codice di procedura penale, diretto da G.CONSO-V.GREVI, Cedam, Padova, 1987, p. 449, A.

(18)

14

In questo senso è ribadita una sorta di valenza pubblicistica della funzione del difensore, che già ritroviamo a livello codicistico quando l’art. 99 c.p.p. sancisce l’estensione delle facoltà e dei diritti che la legge riconosce all’imputato anche al proprio difensore.

Emblematici in tal senso, due codice deontologici: quello europeo53 e quello Messicano. Dal preambolo contenuto nel primo, ricaviamo che la funzione dell’avvocato non è solo quella di adempiere fedelmente al mandato ricevuto, ma anche di «garantire il rispetto dello Stato di diritto». Ancor più evidente, nonostante la diversità di sistemi giuridici, è il Codice deontologico messicano: nel preambolo leggiamo che «En una sociedad fundada en el respeto a la Justicia,

el Abogado tiene un papel fundamental. Su misión no se limita a ejecutar fielmente un mandato en el marco del Derecho. En un Estado de Derecho, el Abogado es indispensable para lograr el respeto y cumplimiento de la Justicia»54.

Cfr. anche Cass., Sez. Un., 16 luglio 2013, n. 40715 in base alla quale «l’autodifesa non può ritenersi generalmente consentita, in difetto di una previsione ad hoc, neppure quando l’imputato sia soggetto abilitato all’esercizio della professione forense innanzi alle magistrature superiori», con commento di D. CERTOSINO, Autodifesa e difesa tecnica: un binomio inscindibile anche per

l’imputato-avvocato, in Proc.pen.giust., 2014, p. 74 ss; cfr. anche, sul panorama internazionale,

Corte e.d.u., 4 aprile 2018, Correira De Matos c. Portogallo: si è detto che «In Portogallo, rileva la Corte europea, l’assistenza della difesa tecnica è obbligatoria, cosicché, disponendo d’un margine di apprezzamento, gli Stati possono imporre l’assistenza di un avvocato [anche ad un imputato che sia abilitato al patrocinio] per garantire l’effettività della difesa», F. ZACCHÈ, Monitoraggio

Corte edu: aprile 2018, in www.penalecontemporaneo.it .

Sostiene invece che l’argomento sopra richiamato e che nega l’autodifesa esclusiva in capo all’avvocato-imputato, sia «tutto da provare sul piano psicologico», A. MELCHIONDA, Il diritto

dell’imputato all’alternativa fra autodifesa e difesa tecnica, in V.GREVI (a cura di), Il problema dell’autodifesa nel processo penale, Zanichelli, Bologna, 1982, p. 89.

53

Codice deontologico degli Avvocati Europei, 28 ottobre 1988, modificato tre volte, l’ultima delle quali nella sessione plenaria tenutasi ad Oporto il 19 maggio 2006. Cfr. D. CERRI, La deontologia forense in Italia, 2006, in www.academia.edu

54

Còdigo de ètica del ilustre y nacional colegio de abogados de Mexico, approvato nel luglio del 1997 e reperibile su www.miguelcarbonell.com

(19)

15

In particolare il rapporto55 che lega il difensore56 con l’imputato è detto “assistenza”57

, qualificabile come una specifica forma di rappresentanza, la quale, di per sé, non esclude l’autodifesa ; anzi, quest’ultima, da un punto di vista codicistico, ex art. 99 comma 2 c.p.p., è destinata a prevalere sulla difesa tecnica, perché nel processo penale «è in questione un diritto di libertà»58.

Il munus al difensore di fiducia viene conferito attraverso una procura ad litem59, secondo le modalità dell’art. 96 comma 2 c.p.p., in particolare, dichiarazione orale resa dall’imputato all’autorità procedente ovvero dichiarazione scritta consegnata o trasmessa per raccomandata dal difensore all’autorità procedente.

Un’eccezione a questa regola generale si ha però nel terzo comma dell’articolo citato: «la nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, finché la stessa non vi ha provveduto , può essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme previste da comma 2». Si tratta di una deroga che tuttavia non scardina il binomio titolarità-esercizio del diritto di difesa, cioè anche in questo caso il principio per cui titolare del diritto di difesa è l’imputato viene rispettato, poiché la nomina ha effetto condizionato al successivo consenso dell’imputato che potrà ratificarla o revocarla60

.

55

Da un punto di vista civilistico il rapporto in esame può essere qualificato, alla luce dell’art. 2230 c.c., come la prestazione di un’opera intellettuale. L’avvocato è tenuto, in virtù di un’obbligazione di mezzi, a compiere tutto il possibile sulla base della diligenza professionale che lo contraddistingue. Sono peraltro vietati in questo senso il patto quota lite e la cessione di crediti litigiosi. Cfr., anche per ulteriori richiami, R. DANOVI, La nuova legge professionale forense, Giuffrè, Milano, 2014, p. 92 ss.

56

Proprio per affermare l’essenzialità della fiducia nel rapporto avvocato-cliente, anche la Corte e.d.u. si è più volte espressa sulla necessità che i colloqui tra difensore e imputato possano sì essere limitati temporalmente e spazialmente dagli Stati membri, ma comunque senza poter ostacolare una concreta assistenza difensiva, ex plurimis, Corte e.d.u., Sakhanovskiy c. Russia, 2 novembre 2010.

57 P.TONINI, op., cit., p. 146 58

P.TONINI, op. cit., p. 147

59

Si tratta di un atto personale che perciò non può essere conferito dal procuratore speciale, R. PUGLISI, Sub art. 96 c.p.p., in A.GIARDA-G.SPANGHER (a cura di), Codice di procedura

penale commentato, Ipsoa, Milano, 2017, p. 424.

60

Così, D. CURTOTTI NAPPI, op. cit., p. 380.

Second altri invece, «la nomina effettuata dal congiunto ha piena efficacia e non è soggetta né a conferma da parte dell’interessato né a particolari termini di scadenza», tant’è che la nomina

(20)

16

Questo atto, da ritenersi a forma libera61, attribuisce all’avvocato il potere di porre in essere tutti gli atti processuali per conto del cliente62, salvo che non si tratti di “atti personali” (ad esempio la transazione che ha per oggetto il diritto controverso in relazione al risarcimento del danno) per i quali è prevista la necessità di una procura speciale ex art. 122 c.p.p.63, o “atti personalissimi” (quale l’interrogatorio) per i quali la rappresentanza non opera. Inoltre, nell’ottica di valorizzare al massimo il ruolo del difensore coniugandolo con l’art. 24 comma 2 («in ogni stato e grado del procedimento»), l’art 96 comma 1 attribuisce la facoltà all’imputato di nominare fino a due difensori64.

successiva di un altro difensore non importa automaticamente la caducazione dell’altro, salvo revoca. Così, G.CONSO-G.ILLUMINATI, Commentario breve al codice di procedura penale, Cedam, Milano, 2017, p. 284.

61

Nel senso che l’atto di nomina non necessita di forme sacramentali, vedi, in dottrina, P.TONINI,

op. cit., p. 1148; F. DELLA CASA, Soggetti, in G.CONSO-V.GREVI (a cura di), Compendio di procedura penale, Cedam, Padova Assago, 2016, p.133, il quale precisa, in relazione alle modalità

di nomina, che non si tratta di casi tassativi; O. MAZZA, op.cit., p. 46; in giurisprudenza tuttavia, se l’atto di nomina è privo degli elementi identificativi del difensore, si ritiene l’inefficacia di quest’ultimo, Cass., Sez. V, 14 luglio 2009, n. 34266.

62

L’art. 99 comma 1 c.p.p. innova la disciplina rispetto al previgente codice di rito in base al quale il difensore poteva, in via estensiva, solo proporre impugnazione (art. 192, comma 3, c.p.p. abr.).

63

Cfr. anche per ulteriori esempi, A. DIDDI, Il difensore, in AA.VV., Manuale di diritto

processuale penale,Wolters Kluwer , Milano, 2017, p. 878

64

Nel codice di rito del 1930 invece, nella fase istruttoria, l’imputato poteva nominare solo un difensore, salvo poi l’intervento, con la l. 18 marzo 1971, n. 62, col quale il legislatore ha adeguato la disciplina con la fase dibattimentale (che già prevedeva la «nomina fino a due difensori»). Peraltro, sempre nell’ottica suddetta, la giurisprudenza odierna ritiene che l’omessa notifica della data del dibattimento ad uno dei due difensori nominati importi nullità intermedia, vedi Cass., Sez. Un., 25 giugno 1997, n. 6 .

Inoltre, nell’ipotesi di nomina di più di due difensori si ritiene, ai sensi dell’art. 24 disp.att. c.p.p., che questa sia senza effetto fino a che non sopraggiunga la revoca di uno dei precedenti difensori (Cass., Sez. I, 1 gennaio 1993), salvo che la nomina non si riferisca alla proposizione dell’impugnazione (Cass., Sez. Un., 15 dicembre 2012, n. 12164); per una rassegna della giurisprudenza, anche in senso difforme, vedi, R. PUGLISI, op.cit., p. 96-97.

(21)

17

In relazione alla difesa d’ufficio, invece, l’art. 97 comma 1 c.p.p. fonda al contempo il principio di obbligatorietà della difesa tecnica65 e quello di sussidiarietà66 della difesa d’ufficio.

Tuttavia il carattere sussidiario della stessa non significa né gratuità né assistenzialità. Con ciò si vuol dire che la funzione del difensore d’ufficio è quella di garantire comunque, poiché l’imputato è privo di un difensore di fiducia, la presenza di un soggetto che sia in grado di dialogare dialetticamente con l’accusa, in situazione di parità di armi difensive67.

Difensore d’ufficio e difensore di fiducia ad oggi non si differenziano più per i poteri che sono attribuiti alle due figure, bensì l’elemento scriminante resta solo la natura dell’atto di investitura. Certo è che in ogni caso vi deve essere come fondamento del rapporto una fiducia reciproca tra avvocato e cliente.

3.4 L’effettività della difesa tecnica

Se e vero, come è vero, che «la garanzia del diritto di difesa costituisce la garanzia delle garanzie»68, allora una reale effettività dello stesso diventa una questione cruciale dell’intero procedimento penale. Non a torto e correttamente, infatti

65

In chiave comparatistica possiamo rilevare come la statuizione di questo principio non sia comune a tutti i paesi dell’area europea. Il sistema tedesco infatti non contiene, né nella Legge Fondamentale, né in norme ordinarie, il principio di obbligatorietà della difesa tecnica. In merito sia dottrina che giurisprudenza ritengono che sia legittima un’autodifesa esclusiva, salvo la previsione di ipotesi obbligatorie di difesa tecnica ai sensi del par. 464° StPO; vedi, più specificatamente, F. RUGGIERI, Difesa d’ufficio e patrocinio per i non abbienti nell’area

tedesca, in Cass.pen., 1999, p. 3051.

66

Infatti l’art. 97 comma 6 c.p.p. prevede che «il difensore d’ufficio cessa dalle sue funzioni se viene nominato un difensore di fiducia».

67

Chiaro in tal senso, P.TONINI, op. cit., p. 149, secondo cui «se il miglior metodo per accertare il fatto storico è ritenuto essere il contraddittorio, l’imputato non può rinunciare alle sue armi dialettiche. Tanto equivarrebbe disporre della propria libertà personale» ma ciò non è possibile poiché «quest’ultima è riconosciuta come diritto indisponibile dalla Costituzione».

68

E. M. CATALANO, L’abuso del diritto di difesa, in D.NEGRI-P.RENON (a cura di), Nuovi

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18

l’effettività del diritto di difesa è stata definita come «uno dei profili più critici del diritto di difesa nel processo penale»69.

Effettività significa presenza di «prerogative riconosciute dalla legge, tanto all’imputato, quanto al difensore, affinché il diritto solennemente enunciato all’art. 24 Cost. possa riempirsi di contenuti ed essere esercitato attraverso strumenti adeguati e in una posizione di reale parità con l’accusatore»70

.

Si è infatti sostenuto che «la figura del difensore nel processo penale muove dall’esigenza – esigenza di civiltà ancor prima che di efficienza di un sistema giuridico – di vedere assicurato il contraddittorio sotto ogni profilo»71.

Infatti un diritto, sancito solo al livello di principio astratto, ma non concretamente garantito, è come se non esistesse72. Indubbiamente si tratta di una affermazione forte, ma che, anche in modo provocatorio, crediamo riesca a mettere in evidenza, semmai ce ne fosse bisogno, la centrale importanza dell’effettiva e reale garanzia di un diritto.

Si tratta di un tema, infatti, che tocca in moltissimi punti l’intero processo, in quanto senza una garanzia effettiva del diritto di difesa, forse, neppure di processo si potrebbe parlare.

In questo senso il diritto di difesa si manifesta in moltissimi ambiti del processo penale: dall’interrogatorio dell’indagato, al diritto all’assistenza di un difensore, al diritto alla prova, e ancora nel diritto di tacere.

La stessa Corte costituzionale, nell’affermare la regola secondo cui spetta al legislatore stabilire il modo e le forme di estrinsecazione della difesa a seconda della fase o grado dei procedimenti73, pone come limite a questa discrezionalità proprio l’effettività della difesa74

.

69

C. SCACCIANOCE, Il diritto di difesa tra effettività e necessità: le garanzie prevalgono nella

lettura delle Sezioni Unite, in Proc.pen.giust., 2015, p. 54

70

M. L. BUSETTO, Controlli giudiziali sulla qualità della difesa tecnica. Un itinerario tra fonti

europee e diritto interno, Cedam, Milano, 2017, p. 110.

71

G. TRANCHINA, I soggetti, in AA.VV., Diritto processuale penale, Giuffrè, Milano, 2011, I, p. 217

72

Con ciò detto non si intende assolutamente negare l’importanza della statuizione di un diritto in astratto, in quanto, se questa non vi fosse, neppure si porrebbe il problema di come tutelarlo in concreto.

73 Ex plurimis, Corte cost., 18 marzo 1957, n. 46. 74 Corte cost., 17 febbraio 1994, n. 48.

(23)

19

Se la difesa è, come si è detto, una “contrapposizione dialettica”, affinché ciò sia possibile, bisogna che vi sia una separazione di poteri, una separazione di figure: le parti sono una cosa, il giudice un’altra. Affinché tale separazione sia effettiva occorre che vi sia una parità di armi processuali75: ciò, evidentemente, presuppone che la difesa «sia valida, autorevole e, quindi effettiva»76.

Una questione problematica riguarda se questa espressione (parità di armi) debba essere o meno intesa come la doverosa attribuzione di identiche prerogative e facoltà in capo all’accusa e alla difesa. Come già rilevato77

, la risposta negativa78 è imposta dalla presa d’atto del differente ruolo del pubblico ministero rispetto al difensore-imputato: il primo, figura “bifrontale” in quanto organo dell’accusa ma al contempo portatore di un interesse pubblico al perseguimento della giustizia, il secondo titolare di un diritto a difendersi dall’accusa. Ebbene, ipotizzare l’attribuzione di poteri identici presupporrebbe anche una parità di obblighi, che non appare conforme col nostro sistema79.

75

Per un approfondimento vedi, E. MARZADURI, Appunti sulla riforma costituzionale del

processo penale, in AA.VV., Scritti in onore di Antonio Cristiani: omaggio della Facoltà di giurisprudenza dell’università di Pisa, Giappichelli, Torino, 2001, p. 446 ss

76

In questi termini si esprime l’On. Saponara nella Relazione in materia di riforma della difesa d’ufficio, nella seduta del 18 dicembre 2000.

77

La stessa Corte costituzionale con sentenza n. 26 del 2007, afferma che una razionale disparità di trattamento potrebbe «risultare giustificata, nei limiti della ragionevolezza, sia dalla posizione istituzionale del p.m., sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia».

Per una motivazione storica, seppur sintetica, della non assoluta parità di armi nel processo, vedi, L.P. COMOGLIO, Sub Art. 24, Cost., in A.GIARDA-G.SPANGHER (a cura di), Codice di

procedura penale commentato, Ipsoa, Milano, 2017, p. 38.

78

In questo senso, invita a non dare una lettura formale e rigida della parità delle armi, R. MAGI,

Le indagini difensive, Esselibri, Napoli, 2001, p. 19

79

Ad esempio ciò imporrebbe il venir meno di quella differenza in base alla quale, mentre l’accusa (in quanto titolare di un “dovere di lealtà processuale”) ha l’obbligo di portare a conoscenza del giudice tutte le prove raccolte, anche quelle a favore dell’imputato, la difesa invece è libera di scegliere, dopo aver valutato l’impatto che nel processo potrebbe avere l’ingresso di quel mezzo probatorio (ciò in virtù del fatto che l’avvocato agisce solo nell’interesse del cliente).

(24)

20

Ecco allora che, come è stato correttamente osservato, la parità significa «reciprocità, ossia […] idoneità degli uni a controbilanciare gli altri in funzione delle opposte prospettive»80.

In conclusione, preso atto di una diseguaglianza strutturale e “naturale” tra difesa e accusa, attuare un principio di “parità delle armi” significa dare la possibilità alla prima di poteri e facoltà «idonei a controbilanciare efficacemente […] quelli attribuiti alla seconda»81.

Inoltre il principio in esame si lega inscindibilmente con un’altra disposizione costituzionale: l’art. 3 Cost.

Infatti, la garanzia della “parità fra i soggetti” deriva dall’osservanza di un’ eguaglianza fra cittadini, che a maggior ragione, deve essere tale anche nel processo penale.

D’altronde, se in quest’ultimo entrano in gioco il giudice (tecnicamente qualificato) e il pubblico ministero, (anch’egli con preparazione tecnica), affinché sia rispettato l’art. 3 cost., la difesa si deve trovare in parità di armi con l’accusa; se ciò non significa la necessaria uguaglianza di poteri, perlomeno deve implicare che la preparazione dei soggetti che si contrappongono sia, in astratto, similare. Nel nostro sistema è lo Stato, nella forma del pubblico ministero, che ci chiama in giudizio, ed è lo Sato che ci impone l’assistenza di un difensore, perciò, deve essere sempre lo Stato che si preoccupa di garantire l’effettività della difesa.

Infine, parlando di effettività, un cenno deve essere fatto anche alla disciplina della tutela dei non abbienti.

È dall’assunto che il diritto di difesa può dirsi effettivo solo se garantito a tutti, che nasce l’idea del patrocinio gratuito per coloro che non hanno i mezzi e le risorse per nominare un difensore: infatti l’art. 24 comma 1, Cost., afferma che «tutti» hanno diritto di agire in giudizio. Come sosteneva Carnelutti, «non sono mai soverchie le cure rivolte a garantire non solo la possibilità, ma la effettività del contraddittorio […] Si deve mettere l’accento sul principio di uguaglianza, che

80 P. FERRUA, op. cit., p. 477

(25)

21

è alla base del contraddittorio. Se per esempio, una parte vorrebbe agire, ma non ha i mezzi all’uopo, il contraddittorio è apparente, anziché effettivo»82

A ciò si lega inevitabilmente il principio di uguaglianza sostanziale che, ai sensi dell’art. 3 comma 2 Cost., impone di rimuovere tutti quegli elementi di ordine economico che limitano l’uguaglianza. Fra questi vi rientra sicuramente l’onerosità del ricorso alla giustizia.

Partendo infatti dall’assunto che la giustizia è onerosa83

bisogna garantire a tutti l’accesso alla tutela giurisdizionale. Se non si consente a chi non ha le adeguate risorse economiche di accedere a quest’ultima, allora l’eguaglianza del dettato costituzionale rimane una mera illusione84. In sintesi, garantire l’effettività del diritto di difesa significa tutelare una concreta partecipazione dell’imputato al procedimento, il che costituisce «il perno di uno svolgimento processuale autenticamente giurisdizionale»85.

82

F. CARNELUTTI, Diritto e processo, Morano, Napoli, 1958, p. 100.

Inoltre, la parità delle armi, in chiave di effettività, implica garantire una difesa tecnica anche e soprattutto nei casi di procedimenti a distanza, vedi, P. SECHI, Il patrocinio dei non abbienti nei

procedimenti penali, Giuffrè, Milano, 2006, p. 67.

83

Vedi N. TROCKER, Processo civile e costituzione : Problemi di diritto tedesco e italiano, Giuffrè, Milano, 1974, p. 295.

Peraltro sulla questione problematica dell’onerosità della giustizia anche quando l’imputato-indagato risulti essere prosciolto vedi, B. BALLERO, Tutela sostanziale del diritto di difesa e

nuovo corso della giurisprudenza costituzionale, in Giur.cost., 1972, p. 1006; ed anche, per

ulteriori richiami, P. SECHI, op. cit., p. 30-31.

84

Nell’art. 111 Cost. novellato non si faceva alcun riferimento all’effettività della difesa dei non abbienti. Secondo alcuni (P. SECHI, op. cit., p. 83) si è voluto evitare di dettare una disciplina generale, che viene rimessa alla volontà del legislatore; però, se è vero com’è vero che l’intento della riforma era quello di garantire l’effettività della difesa, almeno un richiamo sarebbe stato opportuno, anche in virtù delle ripetute condanne della Corte e.d.u. in tal senso (Corte e.d.u., 13 maggio 1980, Artico c. Italia).

85

Così, M. CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona, 3ᵅed., Vol II, Giuffrè, Milano, 1984, p. 135.

(26)

22

4. IL GIUSTO PROCESSO E IL DIRITTO DI DIFESA

La Corte Costituzionale ha più volte rilevato come la tutela effettiva del diritto di difesa sia correlata con la garanzia del principio del contraddittorio86: per garantire una vera dialettica processuale si presuppone un contraddittorio effettivo87 al quale è indissolubilmente legata una difesa altrettanto tale.

Ed ecco allora come il diritto di difesa può essere inteso anche come l’esplicazione, dal lato dell’accusato, del principio del contraddittorio.

In relazione alla difesa tecnica, questa può dirsi fondata proprio sul principio dell’art. 111 Cost, e più in generale sul principio del «giusto processo»88

, in quanto, poiché il contraddittorio esige una parità di armi, si ritiene che solo con l’ausilio di un soggetto terzo, qualificato ed indipendente (anche da un punto di vista emotivo) rispetto alla causa trattata, quale è l’avvocato, l’imputato abbia davvero la forza per opporsi all’accusa rivoltagli89

.

86

In dottrina, L.P. COMOGLIO, op. cit., p. 38.

87

Cfr. A. GAITO, L’effettività del contraddittorio, in G.CERQUETTI-C.FIORIO (a cura di), Dal

principio del giusto processo alla celebrazione di un processo giusto: materiali d’esercitazione per un corso di procedura penale, raccolti da Alfredo Gaito, Cedam, Padova, 2002, p. 15 ss.

88

Circa la nozione di «giusto processo», alcuni (P. FERRUA, Il “giusto processo”, Zanichelli, Bologna, 2005, p. 44) ritengono che esso riassuma quelle garanzie che la stessa disposizione sancisce ai commi seguenti: contraddittorio fra le parti, giudice terzo ed imparziale ecc. Sostanzialmente l’aggettivo «giusto» non aggiunge nient’altro al sostantivo «processo» in quanto «ogni modello di processo è, per chi lo adotta, immancabilmente giusto» (P. FERRUA, Il processo

penale dopo la riforma dell’art. 111 della Costituzione, in Quest.giust., 2000, p. 50.)

Non mancano però critiche in tal senso, (E. AMODIO, Processo penale, diritto europeo e common

law: dal rito inquisitorio al giusto processo, Giuffrè, Milano, 2003, p. 133), che rilevano come tale

definizione sia «riduttiva», sostenendo invece che nell’aggettivo «giusto» vi sia un elemento di giusnaturalismo che qualificherebbe tale «formula [come] tutt’altro che neutra o retorica»

Ed infine, altri ancora, ritengono che si tratti di «un concetto ideale di Giustizia, che preesiste rispetto alla legge e che è direttamente collegato a quei diritti inviolabili di tutte le persone coinvolte nel processo» (TONINI P., L’alchimia del nuovo sistema probatorio: una attuazione del

“giusto processo”?, in P.TONINI (a cura di), Giusto processo. Nuove norme sulla formazione e valutazione della prova(l. 1° marzo 2001, n. 63), Cedam, Padova, 2001, p. 72).

89

Secondo alcuni, a dire il vero, il diritto di difesa sorge in un momento anteriore al contraddittorio, inteso come il momento in cui l’imputato si trova a doversi difendere da un’accusa formale (imputazione); infatti «accanto al diritto di difesa inteso come diritto al contraddittorio» vi è «anche un diritto di difesa in funzione del contraddittorio», G. DALIA, Il “nuovo” ruolo del

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23

La necessità di inserire in costituzione il principio generale del «giusto processo» si ha, per la prima volta, nei lavori preparatori per la legge di riforma costituzionale n.1 del 199790.

Anzitutto, per quel che ci riguarda, si è sentita l’esigenza di cristallizzare al livello interno le garanzie del fair trial91 e due process of law dell’art. 6 par. 3 CEDU. Inoltre parte della dottrina ha rilevato come il fatto che nel novellato art. 111 Cost. non si faccia riferimento alla difesa tecnica e a quell’effettività, che invece è stella cometa delle sentenze di Strasburgo sul tema, significhi che il legislatore costituzionale abbia in realtà voluto lasciare la disciplina della stessa nell’alveo di quella formula generale, ma pur sempre legislativamente tipizzata, dell’art. 24 Cost.92.

Possiamo concludere dicendo che, la presenza, e la conseguente tutela effettiva, delle garanzie generali del sistema processuale, è una condizione necessaria ma non sufficiente per aversi un “processo giusto”: in aggiunta a ciò esso deve essere

ruolo del difensore nel processo penale, Giuffrè, Milano, 2002, p.21. Peraltro lo stesso autore

evidenzia, seppur in modo generale, le problematiche di compatibilità tra l’art. 24 Cost. e le fonti sovranazionali (CEDU e Patto internazionale sui diritti civili e politici).

90

Tramutatasi poi nella riforma costituzionale con legge cost., 23 novembre 1999, n. 2.

In realtà, G. UBERTIS, Argomenti di procedura penale III, Giuffrè, Milano, 2011, p. 203, rileva come già con una sentenza della Corte delle Leggi del 1993 (segnatamente la 19 gennaio 1993, n. 10), il tema del «giusto processo» e dei requisiti dello stesso, balzarono in primo piano.

91

Circa la natura del concetto di fair trial e la sua nascita nei paesi di common law vedi, L. MOCCIA, Il sistema di giustizia inglese. Profili storici e organizzativi, Maggioli, Rimini, 1984. In realtà alcuni rilevano come vi sia una profonda differenza tra la nozione di «giusto processo» e quella di fair trial: mentre il primo, garantito nel nostro ordinamento dall’art. 111 Cost., attiene al rispetto che il processo deve avere per regole prestabilite (con la conseguenza che il giudice nazionale deve applicare regole formali ed astratte), il secondo impone alla Corte di Strasburgo di valutare, al di là del dato formale dettato dalla rules, il rispetto concreto dei diritti. Così P.

SPAGNOLO, Il modello europeo delle garanzie minime e il regime delle invalidità: un binomio conciliabile, in A. MARANDOLA (a cura di), Le invalidità processuali. Profili statici e dinamici, Giappichelli, Torino, 2015, p. 27.

92

In questi termini si esprime, M. L. BUSETTO, op. cit., p. 109, sostenendo che il diritto di difesa deve rimanere ancorato all’art. 24 Cost., e cioè in quella «sua raffigurazione legale, [e] non già nella dimensione dell’esperienza concreta d’ogni singolo procedimento».

Allo stesso modo, v. G. ILLUMINATI, I principi generali del sistema processuale penale italiano, in Pol. dir., 1999, p.319.

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24

«strutturato sulla base di meccanismi tali per cui … [il processo] sia in grado di concludersi secondo criteri di regolare funzionalità [e di effettività], assicurando la pronuncia di una sentenza giusta»93.

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