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3. Un breve excursus storico sulla difesa d’ufficio

3.4 Il decreto legislativo n 6 del 2015

La nuova legge professionale forense, la n. 24781 del 2012, fu l’occasione per riformare, fra le altre, anche la materia della difesa d’ufficio82

. La legge delegava al governo il compito di “ristrutturare” la disciplina della difesa d’ufficio, con particolare riferimento, in primis, alla previsione di criteri e di modalità di accesso ad una lista unica, mediante indicazione dei requisiti che assicurassero la stabilità e la competenza della difesa tecnica d'ufficio, in secundis, all’abrogazione delle norme vigenti incompatibili83.

Ecco allora che l’ultimo passaggio evolutivo si ha con il decreto legislativo del 30 gennaio 2015, n. 6.

La riforma si pone come obiettivo quello di continuare il percorso indicato con la direttiva n. 105 della legge di delega per l’approvazione del codice e cioè garantire una difesa d’ufficio maggiormente improntata a criteri di effettività. Va anzitutto rilevato che con questa novella il legislatore non ha voluto introdurre criteri per valutare il corretto svolgimento del patrocinio d’ufficio, non ha cioè

80 A. DINELLI, op. cit., p. 33 81

Per un commento alla legge di cui trattasi, A. DIDDI, Profili processuali della nuova disciplina

dell’ordinamento forense, in Proc.pen.giust., 2013, p. 96 ss.

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Sul punto, A. DIDDI, La nuova legge sui difensori di ufficio: cronaca di un’occasione perduta, in Proc.pen.giust., 2015, p. 130, secondo cui il vero vulnus della difesa d’ufficio era riscontrabile nella «mancanza di previsioni per contrastare il fenomeno che costituisce il vero nervo scoperto dell’intero sistema, quello dell’assenteismo dei difensori nominati ex art. 97 c.p.p.».

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Per un commento allo schema di decreto legislativo che ha portato alla nuova disciplina del 2015, anche con un parallelismo con la vecchia disciplina, vedi L. DIPAOLA, Lo schema di

decreto legislativo attuativo del disposto dell’art. 16 della l. 31 dicembre 2012, n. 247, che delega al governo il riordino della materia relativa alla difesa d’ufficio: “muta l’ordine dei fattori ma il risultato non cambia”, in Cass.pen., 2014, p. 4037 ss.

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posto «meccanism[i] di controllo» sulla qualità84 della difesa tecnica d’ufficio, con la conseguenza che «gli anticorpi per garantire una valorizzazione»85 della stessa dovranno ritrovarsi in regole di auto condotta deontologiche.

Nel settore dell’avvocatura, l’Unione delle Camere Penali aveva evidenziato come uno degli ambiti di maggior crisi della difesa d’ufficio, fosse l’assenza prolungata e disinteressata degli avvocati dalle aule di giustizia, cd. “girandola dei difensori”, con conseguente operatività dell’art 97 comma 4 c.p.p.: anche su questo versante bisognava intervenire.

In relazione alla cd. fase statica, cioè l’individuazione del professionista che sarà iscritto nell’apposito albo, queste le maggiori novità: si incide sull’art. 97 comma 2 c.p.p. attribuendo la competenza centralizzata per la tenuta dell’elenco dei difensori d’ufficio in capo al CNF; viene modificato l’art. 29 comma 1 disp.att. c.p.p. che ad oggi prevede la competenza centralizzata attribuita al Consiglio nazionale forense per la predisposizione e tenuta, con relativo aggiornamento trimestrale, dell’elenco degli avvocati disponibili ad assumere la difesa d’ufficio. La norma in esame, perciò, non muta i requisiti soggettivi per l’ingresso nell’elenco: è sempre richiesta la manifestazione di volontà esplicita del difensore. Mutano invece i requisiti oggettivi. Il comma 1-bis dell’art. 29 disp.att. c.p.p. prevede che l’idoneità all’iscrizione vi sia se sussiste almeno uno dei tre requisiti elencati:

1) l’aver partecipato ad un corso biennale di formazione e aggiornamento professionale in materia penale, organizzato dal Consiglio dell'ordine circondariale o da una Camera penale territoriale o dall'Unione delle Camere penali, della durata complessiva di almeno 90 ore, con superamento di esame finale.

2) Essere iscritto all'albo da almeno cinque anni ed avere esperienza nella materia penale, comprovata dalla produzione di idonea documentazione.

3) Aver conseguimento il titolo di specializzazione in diritto penale ex art 9 legge n. 247 del 2012.

84 Cfr. M. L. BUSETTO, op. cit., p. 125 ss. 85 F. CERQUA, op. cit., p. 22

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Nonostante la riforma abbia sicuramente approntato una disciplina che assicura una maggiore competenza86 ab initio degli avvocati d’ufficio, restano tuttavia alcuni elementi di dubbio.

Anzitutto resta ferma la possibilità di sostituire i corsi ex art. 29 comma 1-bis, lett. a disp.att. c.p.p. con l’autocertificazione ai sensi della lett. b della medesima disposizione. Su questo versante se può dirsi apprezzabile l’incremento della durata dei corsi da 2 a 5 anni, rimane il dubbio circa l’interpretazione da doversi dare alla dizione di “idonea documentazione”. Sul punto è intervenuto il CNF, con il regolamento del 10 giungo 201587, nel quale, all’art. 4 comma 3, prevede che la documentazione idonea a comprovare l’esperienza in materia penale avrà ad oggetto la partecipazione ad almeno dieci udienze penali, camerali o dibattimentali anche quale sostituto processuale, nell’anno di presentazione della richiesta, e, tra queste, non più di due udienze quale sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p., non più di tre innanzi al Giudice di pace, con esclusione di quelle di mero rinvio.

Infine, se da un alto si sono precisati i termini (90 giorni) e la durata dei corsi, non vi è però né l’indicazione delle materie, né l’oggetto né la qualifica dei docenti che dovrebbero tenere questi corsi. Per colmare la lacuna è nuovamente intervenuto il Regolamento del CNF che ha stabilito le materie oggetto dei corsi88 e la qualifica dei docenti89.

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Su questo versante si pongono: la previsione della durata dei corsi pari a ventiquattro mesi, la possibilità di un massimo di assenze pari al 20% delle ore totali e la presenza di un esame finale ostativo all’abilitazione; quest’ultimo elemento può dirsi sicuramente innovativo in quanto in passato i corsi erano meramente partecipativi.

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Regolamento per la tenuta e l’aggiornamento dell’elenco unico nazionale degli avvocati iscritti

negli albi disponibili ad assumere le difese di ufficio, approvato nella seduta del 22 maggio 2015.

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L’art. 2 comma 1 fa riferimento alle seguenti materie: diritto penale, diritto processuale penale, deontologia forense, cenni di diritto penale europeo, diritto penitenziario, misure di prevenzione personali e patrimoniali

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L’art. 2 comma 3 si riferisce a: relatori e docenti sono scelti fra avvocati di consolidata esperienza professionale, nonché, solo per particolari esigenze e temi di insegnamento, tra docenti universitari, magistrati ed esperti nel settore penale

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Il comma 1-ter della norma de qua si preoccupa poi di stabilire la competenza per la valutazione dei requisiti di accesso alle liste. Ad oggi la competenza è stata correttamente accentrata presso il CNF. Si tratta di un procedimento di natura amministrativa: il difensore che intende iscriversi nell’elenco deve presentare la Consiglio dell’Ordine locale la domanda con allegati i requisiti ex art. 29 comma 1-bis. A questo punto il Consiglio dà il proprio parere. Relativamente all’ambito di valutabilità attribuito all’organismo, possiamo dire che vi è un mero controllo di legalità formale in relazione alla valutazione della sussistenza del requisito del corso di formazione biennale o titolo di specializzazione, mentre vi è una maggiore discrezionalità nella valutazione della “comprovata esperienza penale”. Si ritiene poi che se il Consiglio dà parere negativo, vi sia un obbligo trasmetterlo in ogni caso al CNF: ciò sembrerebbe comprovato dal comma 1-ter della disposizione.

Avverso poi la decisione del CNF è ammesso il ricorso in opposizione ai sensi dell’art. 7 d.p.r. 24 novembre 1971 n. 119990, in combinato disposto con l’art. 8

del Regolamento per la difesa d’ufficio.

Il CNF, in sede di ricorso, può dichiarare l’inammissibilità, invitare il difensore a sanare alcuni requisiti mancanti entro un termine, respingere il ricorso o infine accoglierlo procedendo così all’iscrizione91

.

La recente riforma ha inciso anche sui requisiti ai fini della permanenza nell’elenco. Da un lato l’obbligo di essere in regola con gli obblighi formativi (ciò vale sia per l’iscrizione sia per la permanenza), ex art. 5 Regolamento per la difesa d’ufficio, dall’altro l’incensuratezza deontologica, cioè non aver riportato

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Si tratta di un rimedio giustiziale di natura amministrativa e non giurisdizionale, di tipo tassativo ed eccezionale: esso infatti può essere esperito solo se espressamente previsto dalla legge. Il ricorso deve essere presentato allo stesso organo che ha adottato il provvedimento: questa è la ragione in virtù della quale, soprattutto negli ultimi anni, il ricorso è andato in desuetudine; si dubita infatti della capacità da parte del medesimo organo che ha adottato il provvedimento, di operare una valutazione imparziale sull’oggetto della causa.

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Ai sensi del secondo comma dell’art. 7 d.p.r. 1971, si applicano, salvo che sia diversamente previsto, le norme del ricorso gerarchico: se entro 90 giorni il CNF non ha deciso, varie saranno le possibilità: ricorso giurisdizionale al tar, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, oppure attendere la decisone tardiva.

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condanne superiori all’ammonimento nei 5 anni precedenti; ed infine il comprovato esercizio della professione nel settore penale92.

Infine, il comma 1 quinquies, al fine di consentire al Consiglio nazionale un effettivo potere di controllo, prevede che il professionista iscritto nell’elenco nazionale debba presentare al Consiglio dell’ordine circondariale, con cadenza annuale, la documentazione necessaria, pena la cancellazione dall’elenco.

4. DUE IPOTESI EMBLEMATICHE IN RELAZIONE