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5. Il patrocinio a spese dello stato: l’effettività legata all’art 3 cost

1.3 L’abuso della facoltà di richiesta del termine

1.3.1 Le possibili soluzioni al problema dell’abuso

Passiamo ora a valutare quali soluzioni potrebbero essere utilizzate per risolvere i problemi relativi all’utilizzo patologico-abusivo dell’art. 108 c.p.p.. Le soluzioni proposte sono state numerose, cercheremo perciò di enucleare quelle che, in dottrina, hanno riscontrato una maggior condivisione.

Alcuni propongono di far dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 108 c.p.p. nella parte in cui concede all’imputato di farne un uso fraudolento, violando così il principio di ragionevole durata del processo67.

Altri invece operano una parallelismo fra l’art. 107 c.p.p. e la concessione del termine a difesa: siccome l’art. 107 comma 3 c.p.p. prevede che la rinuncia e la revoca non abbiano effetto finché la parte non sia assistita da un nuovo difensore, o non sia decorso il termine ex art 108 c.p.p.68, allora la concessione del termine non importerebbe la sospensione del dibattimento: il giudice dovrebbe far chiudere la discussione alla presenza del difensore rinunciante o revocato69. Tuttavia, la critica a questo secondo orientamento è intuitiva: così facendo si affiderebbe il munus di difensore ad un soggetto che è stato revocato o ha

ci sono problematiche ed infine valorizza un fair play processuale e riportando al centro quell’umanesimo dell’avvocato cui tutti dovrebbero aspirare.

66 T. PADOVANI, op. cit., p. 3605 ss. 67

In realtà la Corte costituzionale si è già espressa (Corte cost., ord., 11 gennaio 2006, n. 16 e ord., 19 ottobre 2009 n. 281) con due pronunce di manifesta inammissibilità in relazione alla illegittimità costituzionale dell’art. 108 c.p.p. . In particolare nella prima delle due sentenze richiamate la Corte ha auspicato l’introduzione di mezzi «volti ad impedire ipotesi di abuso di diritti o di facoltà processuali suscettibili, in sé, di perturbare l’ordinario iter del procedimento e compromettere i valori di rango costituzionale che il processo in genere e quello penale in svolgono»

68 Viene così sancito il principio di ultrattività del rapporto fiduciario che lega avvocato e cliente. 69

In questo senso, O. MAZZA, I protagonisti del processo, in AA. VV., Procedura penale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 154.

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rinunciato. Le motivazioni che possono portare a tali condotte sono le più varie, ad esempio un disaccordo in relazione alla linea difensiva da seguire; perciò sarebbe lesivo del diritto di difesa70 far svolgere l’attività difensiva all’avvocato ormai rinunciate o revocato, il quale, molto probabilmente, non garantirebbe effettivamente l’assistenza necessaria71

.

Vi è poi una variante più “moderata” della tesi sopra esposta: il principio di ultrattività cui si fa riferimento dovrebbe operare solo per le ipotesi semplici, mentre se dovessero essere compiuti atti cruciali ed importanti allora dovrebbe operare la sospensione del processo72.

Altri ancora ritengono che solo il legislatore73, attraverso una riscrittura dell’art. 108 c.p.p. che miri a «ridurre al minimo […] la discrezionalità del giudice […] dopo aver […] oggettivato gli indici dell’abuso»74

, possa risolvere il problema. Alcuni commentatori affermano invece che, così come sono limitate le ipotesi di nomina del difensore di fiducia75, così si dovrebbero limitare i casi di revoca76. In realtà però il parallelo non è corretto perché limitando le ipotesi di revoca si rischia di lasciar affidata la difesa tecnica penale ad un soggetto che si è mostrato, anche solo agli occhi del cliente, inadeguato.

Un’altra teoria invece si sofferma sulla valorizzazione del ruolo dell’avvocato auspicando così un ritorno ad una sorta di «umanesimo professionale», nel quale il difensore non debba ricorrere a mezzi elusori per vincere la causa poiché questi

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In particolare in questo caso sarebbe violato il diritto dell’imputato alla libera scelta del difensore.

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E. M. CATALANO, L’abuso del diritto di difesa, cit., p. 366; conformemente R. PUGLISI, Sub

art. 96 c.p.p., in A.GIARDA-G.SPANGHER (a cura di), Codice di procedura penale commentato,

Ipsoa, Milano, 2017, p. 429.

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In particolare, non possono essere compiuti atti garantiti fino a che non sia spirato il termine a difesa, salvo che l’imputato non presti il consenso a che l’atto venga comunque compiuto alla presenza dell’avvocato rinunciate o revocato (per il quale vige il principio di ultrattività).

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Ed in questo senso si esprime O. MAZZA, L’irruzione delle Corti sovranazionali, cit., p. 192. È infatti solo il legislatore che, in un ordinamento costituzionale e democratico, può decidere di mutare il sistema (in questo caso delle nullità), e lo dovrebbe fare non limitandosi a recepire gli indirizzi giurisprudenziali in maniera avalutativa, perché altrimenti il rischio sarebbe quello di una «crisi irreversibile il concetto di legalità processuale».

74 F. CAPRIOLI, op. cit., p.2463.

75 Ci si riferisce agli artt. 96 comma 1, 106, c.p.p.

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deve apparire quale «consigliere nell’interesse del proprio assistito» nel rispetto delle forme processuali77. Si tratterebbe, in sintesi, di effettuare un’opera di sensibilizzazione degli avvocati, soprattutto quelli d’ufficio, a svolgere correttamente il loro lavoro. Tuttavia, se in più di 35 anni di sentenze di condanna europee verso l’Italia e molte riforme sulla difesa d’ufficio, nulla è cambiato, qualcosa vorrà pur dire. Forse, oltre a puntare all’elemento soggettivo-morale del singolo difensore, sarebbe auspicabile far sì che tali negligenze venissero realmente sanzionate. In questo senso però, «il condizionale è d’obbligo; e la sfiducia è di rigore»78.

Un’ulteriore osservazione79

riguarda il rapporto tra abuso del processo e nullità: se si prevede la rilevanza dell’abuso del diritto nella disciplina delle invalidità, ciò comporta in capo al giudice il potere di valutare se e quanto quell’atto posto in essere si discosti dal fine prestabilito. Si tratta, tuttavia, di una soluzione inaccettabile per il nostro sistema attuale. La soluzione andrebbe ritrovata sul piano del comportamento che integra l’atto abusivo: sanzionare disciplinarmente l’avvocato che si macchi di una condotta abusiva; si tratta di un approdo che, anche se non incide direttamente sul processo, in un ottica di funzione general- preventiva della pena, può scoraggiare futuri comportamenti degli avvocati.

Infine, vengono offerte due soluzioni, una di stampo sostanziale, l’altra processuale, cui si ritiene poter aderire, entrambe accomunate dalla capacità di bilanciare le diverse esigenze che si contrappongono nella materia trattata (tutela della garanzie difensive e principi di efficienza e ragionevole durata di giustizia).

In primis, un’autorevole dottrina80, presupponendo l’inapplicabilità dell’istituto

dell’abuso del processo nei casi dell’art. 108 c.p.p., fa leva sulla sospensione della prescrizione. Seguendo un percorso logicamente ineccepibile, si afferma che, vuoi che il soggetto eserciti la facoltà, nel nostro caso la revoca o rinuncia al mandato, per perseguire il fine voluto dalla norma, vuoi che la eserciti con finalità diverse, col solo obiettivo di guadagnare tempo e ad «affettare non il tempo del giudizio, il

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E. M. CATALANO, L’abuso del diritto di difesa, cit., p. 343.

78 T. PADOVANI, op. cit., p. 3608. 79 F. PALAZZO, op. cit., p. 3609 ss. 80 T. PADOVANI, op. cit., p. 3605 ss.

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cui esito è di per sé incerto, ma il giudizio del tempo, che invece è sempre favorevole»81, la sospensione della prescrizione, nel primo caso non crea nessun problema, nel secondo è addirittura utile perché si elimina quell’obiettivo fraudolento che il soggetto voleva raggiungere, senza però limitare l’esercizio della facoltà.

La seconda teoria82, prendendo atto della difficoltà di contemperare in via interpretativa le esigenze contrapposte di cui sopra e dell’impossibilità di una soluzione proveniente dalla Corte costituzionale, invoca un intervento del legislatore in un’ottica comparatistica. Muovendosi in questa direzione si dovrebbe anzitutto escludere un qualunque riferimento alla tradizione dei paesi di

common low, perché lì i giudici hanno il potere «di adottare ordini […] che

espongono il disobbediente a un incriminazione per contemp of court»83. Invero, non sembrerebbe opportuno rifarsi neppure a paesi di civil law, quali per esempio la Germania, perché lì si è introdotta una clausola generale anti abuso che attribuisce un potere troppo discrezionale al giudice. Ciò detto, si conclude che solo la sospensione della prescrizione potrebbe far venir meno gli effetti negativi dell’abuso dell’art. 108 c.p.p. .