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La concreta operatività dell’art 97 comma 5 c.p.p.: question

4. L’art 97 comma 5

4.3 La concreta operatività dell’art 97 comma 5 c.p.p.: question

In relazione alla concreta operatività dell’art 97 comma 5 c.p.p. si pongono alcune questioni problematiche.

Anzitutto possono farsi almeno tre esempi pratici di come alle volte sia realmente complesso valutare la sussistenza o meno del requisito in esame (giustificato motivo).

233

Per converso si sostiene che si sarebbe potuta dichiarare la nullità direttamente per violazione della norma interna art. 97 comma 5 c.p.p., come è stato fatto in una sentenza successiva (Cass., Sez. II, 21 gennaio, 2016, n. 8081), la quale tuttavia ha agganciato la sostituzione del difensore d’ufficio al verificarsi di un concreto danno alla difesa dell’imputato.

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Una prima ipotesi è quella della dispensa per giustificato motivo in virtù di “conflitti fisici” con l’imputato; si pensi all’ipotesi del difensore d’ufficio che, ricevendo il cliente nel suo studio, si trovi a doversi difendere da un’aggressione fisica.

Altro caso (anche questo tratto dalla prassi) è quello del difensore d’ufficio che viene nominato per difendere un imputato di violenza sessuale contro un minore, ed intenda “rinunciare” per obiezione di coscienza.

Ebbene in queste due prime ipotesi, l’istinto, da un lato, la coscienza dall’altro, porterebbero il difensore d’ufficio a negare una difesa tecnica, per evitare di essere accusato, magari, di adesione morale rispetto alla condotta tenuta dall’imputato difeso.

Tuttavia, l’avvocato, e per di più quello d’ufficio, quando esercita la sua professione deve sganciarsi da questa dimensione interiore ed avere come luce guida, in primis, l’art 24 Cost235.

La terza ipotesi è invece legata alla questione della competenza dell’avvocato d’ufficio.

Mettiamo il caso di un difensore d’ufficio, magari alle prime armi, che venga nominato per assistere un imputato accusato di omicidio volontario; a differenza del difensore di fiducia, il quale potrebbe giovare degli artt. 14, 26 Cod.deont.for.236, quello d’ufficio, si ritiene non possa invocare la propria

235

In senso conforme, A. RICCI, op. cit., p. 738-739.

236

Si riportano i testi degli articoli citati.

Art. 14 – Dovere di competenza “L’avvocato, al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali, non deve accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza.”

Art. 26 – Adempimento del mandato “1. L’accettazione di un incarico professionale presuppone la competenza a svolgerlo. 2. L’avvocato, in caso di incarichi che comportino anche competenze diverse dalle proprie, deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l’assistenza con altro collega in possesso di dette competenze. 3. Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita. 4. Il difensore nominato d’ufficio, ove sia impedito di partecipare a singole attività processuali, deve darne tempestiva e motivata comunicazione all’autorità procedente ovvero incaricare della difesa un collega che, ove accetti, è responsabile dell’adempimento dell’incarico. 5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta l’applicazione della sanzione

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mancata competenza quale motivo fondante il “giustificato motivo” ex art 97 comma 5 c.p.p. .

Una seconda questione problematica si pone in relazione all’art. 30 comma 3 disp.att. c.p.p. secondo cui, nell’ipotesi del comma 5 dell’art. 97 c.p.p., il difensore d’ufficio debba, se non ha nominato un sostituto ex art 102 c.p.p., avvisare immediatamente l’autorità giudiziaria, motivando affinché si provveda alla nomina di un sostituto definitivo.

Una prima considerazione riguarda la figura del sostituto ex art. 102 c.p.p. . Nell’ottica di migliorare e valorizzare l’elemento della competenza dell’avvocato d’ufficio, alcuni237, anche nel mondo dell’avvocatura238

, hanno prospettato l’introduzione di un vincolo: il difensore d’ufficio239

potrebbe, al di là delle ipotesi di compimento di atti isolati, nominare un sostituto solo se anch’egli iscritto nell’albo dei difensori abilitati alla difesa ufficiosa240

. In tal modo, si è sostenuto, il dovere di competenza specifico dell’avvocato d’ufficio sarebbe assicurato anche al sostituto ex art 102 c.p.p.241 .

Tuttavia a questa proposta si è replicato dicendo che l’art. 102 c.p.p. non prevede alcuna riserva sulla individuazione del sostituto, se non quella della sua iscrizione

disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 3 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.”

237

T. BENE, Il difensore d’ufficio, cit., p. 70.

238

Invero l’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA), all’indomani dell’entrata i vigore del nuovo Regolamento del CNF che disciplina la tenuta dell’Elenco unico nazionale dei difensori di ufficio, ha espresso forti perplessità (www.dirittoesgiustizia.it) in relazione all’art. 11 in base quale l’avvocato d’ufficio impossibilitato a partecipare all’udienza dovrebbe «incaricare della difesa un collega iscritto nell’elenco nazionale». Si è sostenuto che in tal modo si andrebbe a violare l’autodeterminazione e la libertà del difensore d’ufficio mortificando quella parificazione con l’avvocato di fiducia, cui ormai il legislatore sembra essere arrivato. Inoltre, si prosegue, ciò impedirebbe di attribuire la funzione di sostituto ad un eventuale praticante avvocato del medesimo studio. Si tratta, soprattutto in relazione a quest’ultima indicazione, di un orientamento che non sembra aver recepito la decisione della Corte costituzionale in materia (Corte cost., 10 marzo 2010, n. 106)

239 La questione non pone invece particolari problemi in relazione al difensore di fiducia. 240 C. PANSINI, op. cit., p. 676.

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all’albo, e che perciò sarebbe una forzatura eccessiva imporre un tale ed ulteriore parametro242.

In realtà però, si potrebbe controreplicare sostenendo che, se la garanzia della competenza della difesa d’ufficio, è, come è, uno dei principali elementi di manifestazione di una difesa effettiva, ciò potrebbe giustificare il superamento del tenore letterale dell’art. 102 c.p.p. .

Su un altro versante la dottrina ha osservato come in questo caso (art. 97 comma 5 c.p.p.) non si possa parlare di una sostituzione definitiva, ma di una vera e propria nomina ex novo243, ed anzi, vi sia una incongruità nel momento in cui l’art. 30 comma 3 disp.att. c.p.p. si rifà all’art. 102 c.p.p., in quanto, non si capisce come mai se davvero il difensore si trovasse in una situazione di impossibilità permanente ed assoluta di svolgere l’incarico, dovrebbe nominare sostituto. Inoltre vi è una differenza244 sostanziale tra l’art. 102 c.p.p. e l’art. 97 comma 5 c.p.p.: mentre per la sostituzione ai sensi della prima norma non è previsto alcun obbligo di motivazione, nel secondo caso la norma richiede un motivo giustificato.

La conseguenza di questa scelta ha riflessi pratici non indifferenti: vi è infatti la possibilità per il difensore d’ufficio di nominare ogni volta un sostituto diverso ex art. 102 c.p.p.245 senza dover dare alcuna giustificazione, cosicché si possono verificare casi nei quali il “reale” avvocato d’ufficio dell’imputato non partecipi a nessuna udienza del processo, attribuendo così «al difensore d’ufficio il potere di moltiplicarsi in più difensori, con intuibili conseguenze sull’effettività del diritto di difesa»246.

242

La giurisprudenza accoglie questa seconda interpretazione, vedi, Cass., Sez. I, 30 ottobre 2014, n. 3333: la nomina di un sostituto del difensore d’ufficio non iscritto anch’egli nell’apposito albo, non comporta nullità.

243

D. ARCELLASCHI, op. cit., p. 39.

244

Si è detto che la differenza, in via generale, fra gli artt. 102 e 97 comma 5 c.p.p. sta nel fatto che nel secondo caso «non si ha il sostituto del difensore, ma la sostituzione del difensore», così L. GRILLI, La procedura penale. Guida pratica, Vol. I, Cedam, Padova, 2009, p. 212.

245

Peraltro anche il sostituto nominato ex art. 102 c.p.p. potrebbe a sua volta nominare un sostituto.

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Per ovviare a tale problematica, alcuni auspicano il ritorno alla vecchia formulazione dell’art 102 c.p.p.247

con conseguente obbligo per il sostituito di indicare i motivi della sua assenza, al pari dell’art. 97 comma 5 c.p.p..

Tuttavia non può revocarsi in dubbio che la novella del 2001 dell’art. 102 c.p.p. si poneva in linea di continuità con la precedente riforma codicistica del 1988. Si intende cioè dire che nella vigenza del codice del ’30 l’art. 127 c.p.p. abr. statuiva che «per essere sostituiti nei casi di legittimo impedimento, il difensore o i difensori nominati dalle parti possono designare ciascuno un proprio sostituto, il quale è autorizzato ad agire nel dibattimento soltanto per il tempo in cui si verifica il bisogno della sostituzione»: dall’espressione «legittimo» derivava un potere di sindacato nel merito in capo al giudice circa la sussistenza dell’impedimento del difensore. Nel nuovo art. 102 c.p.p. post riforma codicistica scompare l’espressione «legittimo», il che aveva portato già la dottrina dell’epoca ad escludere qualunque possibilità di intervento del giudice nel valutare la legittimità o meno della giusta causa di sostituzione248.

Ecco allora che l’ipotizzato ritorno alla precedente formulazione dell’art. 102 c.p.p. sembrerebbe segnare un passo indietro rispetto a quella tradizione che con forza ha voluto sancire una indipendenza dell’attività del difensore rispetto ad indebite ingerenze giudiziali.

Si tratta allora di valutare se questa sia davvero l’unica possibile per risolvere il problema dell’assenza del difensore d’ufficio, oppure vi siano altre vie perseguibili che non intacchino «il modus di gestione del mandato» che dovrebbe restare «nella piena disponibilità del patrocinante e non sindacabile»249.

247

Infatti l’art. 102 c.p.p., prima della legge 6 marzo 2001, n. 60, statuiva così: «1. Il difensore, per il caso di impedimento e per tutta la durata di questo, può designare un sostituto. 2. Il sostituto esercita i diritti e assume i doveri del difensore.».

248

Cfr. A. CRISTIANI, Nuovo vademecum del difensore nel processo penale, cit., p. 25, secondo cui la maggiore novità della riforma del codice in questo settore, andava ritrovata nella possibilità per il sostituto di esercitare i diritti spettanti al sostituito «per una parentesi cronologica indeterminata», e cioè per tutta la durata dell’impedimento. Da ciò anche la possibilità di una nomina preventiva; conformemente, M. D’AGNOLO, op. cit., p. 2362 nota 21.

249

M. D’AGNOLO, op. cit., p. 2363.

Cfr. L. GRILLI, op. cit., p. 213, che, pur riconoscendo la problematica dell’applicazione dell’art. 102 c.p.p. in relazione al difensore d’ufficio, sembra orientato verso un mero affidamento alle regole deontologiche ed «alla sensibilità di chi assume la difesa di ufficio».

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Detto ciò, si pone allora un ulteriore quesito. Si tratta di capire che cosa accada nell’ipotesi di violazione dell’art. 97 comma 5 c.p.p. .

Questa violazione, secondo un primo orientamento giurisprudenziale non integra ipotesi di nullità, non essendo questa espressamente comminata nella disposizione ed essendo comunque garantita la difesa per l’imputato dal nuovo difensore d’ufficio, o dal nuovo difensore di fiducia250

.

Un altro orientamento251 invece ritiene che venga integrata una nullità generale intermedia.

Un altro ancora sostiene l’integrazione di una nullità assoluta252

o generale relativa253

Infine, altre volte ancora, la giurisprudenza ritiene di dover comminare la nullità, ma solo se in concreto la violazione dell’art. 97 comma 5 c.p.p. abbia comportato un effettivo pregiudizio per i diritti di difesa dell’imputato254

.

Peraltro parte della dottrina, proprio alla luce di questi orientamenti giurisprudenziali così ondivaghi, pone l’accento sulla effettiva difficoltà nell’andare ad enucleare ipotesi tassative e circoscritte di giusta causa255

.

In definitiva dobbiamo chiederci se il difensore nominato ai sensi dell’art. 97 comma 5 possa rinunciare al munus difensivo.

Abbiamo già visto che nelle more del previgente codice di rito, l’art. 128 comma 4 c.p.p. abr., statuiva che «Il difensore nominato d'ufficio può essere sostituito per

250

Cass., Sez. III, 14 novembre 2017, n. 3659 ; Cass., Sez. VI, 26 aprile 2006, n. 17554; Cass., Sez. I, 6 ottobre 1994, in Cass.pen., 1996, p. 1204;.

251

Cass., Sez. III, 19 aprile 2010, n. 19908; Cass., Sez. IV, 19 novembre 2009, n. 48032.

252 Cass., Sez IV, 19 febbraio 1996.

253 Cass., Sez. III, 5 luglio 2001, n. 963 in Cass.pen., 2003. 254

Così, Cass., Sez. IV, 23 novembre 2017, n. 1245, in base alla quale «l'inosservanza della norma di cui all'art. 97 cod. proc. pen., comma 5, secondo cui il difensore di ufficio può essere sostituito solo per giustificato motivo, determina nullità solo in presenza di una concreta lesione del diritto di difesa, conseguendone la legittimità della designazione di un difensore diverso da quello originariamente nominato allorquando quest'ultimo non abbia svolto alcuna attività defensionale, anche se non ricorrono le condizioni per la sua sostituzione ai sensi dell'art. 97 c.p.p., commi 4 e 5»; Cass., Sez. I, 2 dicembre 2004, n.1616, secondo cui «L'inosservanza della norma di cui al comma 5 dell'art. 97 c.p.p., secondo cui il difensore di ufficio può essere sostituito solo per giustificato motivo, determina nullità solo in presenza di una concreta lesione del diritto di difesa».

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giustificato motivo con un altro difensore». Da ciò la giurisprudenza aveva fatto discendere un potere discrezionale da parte del giudice in ordine alla valutazione della sussistenza o meno di una giusta causa. In particolare le Sezioni unite avevano stabilito che «la nomina a difensore d’ufficio […] non elimina del tutto la volontarietà di assunzione dell’ufficio di difensore», tuttavia ciò non implica una libertà in capo al difensore ufficiosamente nominato di poter rifiutare: dovrà infatti essere il giudice a valutare la sussistenza di una «buona ragione»256. Inoltre per la giurisprudenza era considerata legittima la revoca e nomina di un nuovo difensore d’ufficio, senza neppure la necessità di un provvedimento motivato257

Nell’attuale disciplina invece, fatta salva l’ipotesi del difensore che non è iscritto nell’elenco ex art. 97 comma 2, per il quale evidentemente risulta più che legittimo un rifiuto all’incarico258, l’art. 97 comma 5 c.p.p. prevede che il

difensore d’ufficio abbia l’obbligo di prestare patrocinio. Alla stessa conclusione sembrerebbero arrivare anche l’art. 3 comma 1 della legge n. 247, del 2012259

e l’art. 11 del Codice deontologico forense260

.

In sintesi, dato che l’avvocato d’ufficio, con l’iscrizione nell’apposito elenco, esprime la manifestazione di volontà (rectius disponibilità) a prestare il suo ufficio, la violazione dell’obbligo di prestare patrocinio integra un illecito disciplinarmente sanzionabile261.

Alquanto deprecabile, invece, la prassi in base alla quale alcuni professionisti invitano altri avvocati ad iscriversi nelle liste dei difensori d’ufficio, con la promessa di gestire le cause tramite il meccanismo del sostituto ex art. 102 c.p.p.:

256 Cass., Sez. Un., 12 dicembre 1981, in Arch.pen., 1983, p. 530. 257 Cass., Sez. II, 26 giugno 1986, in Riv.pen., 1987, p. 780. 258 F. CERQUA, op. cit., p. 61.

259

L’articolo in esame recita così: «L'esercizio dell’attività di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale. L'avvocato ha obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non abbienti». Per un commento alla legge, anche sul piano deontologico, vedi R. DANOVI, La nuova legge professionale forense, Giuffrè, Milano, 2014.

260

In base al quale «L’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio, quando nominato, non può, senza giustificato motivo, rifiutarsi di prestare la propria attività o interromperla».

180

tale prassi, integra la violazione dell’art. 37 cod.deont.for., in quanto accaparramento di clientela, e quindi dev’essere sanzionata con la censura262.

5. L’AUTODIFESA E LA DIFESA TECNICA

La questione che andremo ora ad affrontare afferisce al tema del rapporto tra autodifesa263 e difesa tecnica264.

La previsione di quest’ultima, come abbiamo già visto265

, si fonda su di un interesse collettivo ed uno individuale.

Occorre chiedersi allora come possa essere garantita l’effettività della difesa quando questi due elementi entrino in conflitto fra loro,

Il problema, cioè, è capire come l’ordinamento debba comportarsi quando l’imputato non voglia esercitare il diritto di difesa tecnica, posto che questo è qualificato come irrinunciabile nel nostro sistema (cd. Divieto di autodifesa esclusiva)

I motivi di una rinuncia in tal senso processo possono essere i più vari266: ripudio del processo, (come nel caso dei processi alle Brigate rosse degli anni ‘70), ostruzionismo, mancanza di risorse per poter retribuire un avvocato di fiducia o d’ufficio, non rientrando tuttavia l’imputato nella categoria dei non abbienti, o ancora, come per la figura dell’avvocato-imputato, sussistenza di presunte conoscenze per potersi difendere; infine rientrano in casi come questi quelli degli obiettori di coscienza pacifisti.

In ipotesi siffatte il nostro ordinamento stabilisce che se l’imputato non intende farsi assistere da un difensore di fiducia, ne debba essere designato uno d’ufficio.

262

F. CERQUA, op. cit., p. 77, D. ARCELLASCHI, op. cit., p. 99, T. BENE, Il difensore

d’ufficio, cit., p. 293.

263

Vedi, A. PRESUTTI, voce Autodifesa giudiziaria, in Enc.dir., Agg., Vol. I, Giuffrè, Milano, 1997, p. 234 ss.

264

Per una panoramica della difesa tecnica dopo l’entrata in vigore della Costituzione ma sempre nelle more del codice del ’30, N. CARULLI, Il diritto di difesa dell’imputato, Jovene, Napoli, 1967, p. 149 ss.

265 Vedi Cap. I. 266

M. CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona, 3ᵅed., Vol. II, Giuffrè, Milano, 1984, p. 160-161.

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Due sono le possibilità che si pongono in astratto: l’imputato rinuncia a difendersi all’interno del processo, (per esempio confessa e vuole che si arrivi a sentenza nel più breve tempo possibile) oppure l’imputato non esercita la difesa nel senso che rinnega l’istituto del processo.

Questi due casi vanno valutati in maniera eguale? E soprattutto la difesa può dirsi effettiva se si ammette l’assenza del difensore in uno od entrambe le ipotesi?