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La miglior condotta difensiva in ipotesi di conflitto

4. L’art 97 comma 5

5.3 La miglior condotta difensiva in ipotesi di conflitto

A questo punto è necessario capire quale comportamento meglio si addica al difensore (d’ufficio)284

nelle due ipotesi prospettate.

a)Il primo caso è quello di un conflitto fra imputato e cliente, un conflitto però che si concretizza nel processo, nella valutazione in ordine alla miglior tesi difensiva. Bisogna premettere che per evitare che si crei uno scontro fra difensore e cliente e quindi una lesione del diritto di difesa, bisogna creare un sistema nel quale l’obbligatorietà della difesa tecnica comporti che il difensore debba dar seguito alle scelte operate dal cliente. Se questi intende difendersi personalmente, l’avvocato deve dare solo un assistenza minima, se invece non vuole proprio difendersi, allora il difensore deve vigilare solo sul rispetto formale del processo, senza difendere nel merito.

Su questo versante merita di essere evidenziato il rischio che potrebbe derivare dall’orientamento giurisprudenziale della Corte di Strasburgo che, paventando l’introduzione nel nostro ordinamento di un sistema di controllo circa la qualità della difesa tecnica (soprattutto quella ufficiosa), basato su parametri elastici e talvolta di difficile definizione285, sembrerebbe imporre un obbligo di intervento in capo al giudice anche in situazioni nelle quali l’inattività dell’avvocato risulta essere una scelta consapevole di esaltazione della volontà del cliente286.

283

In questo senso, con una formula lapidaria, si esprime D. PIANA, Difesa degli avvocati scritta

da un pubblico accusatore (A Defense of Lawyers Written by a Public Prosecutor), in, www.rtsa.ro/tras/index.php/tras/index, 1 giugno 2010, p.162-164, nell’introduzione al volume di

P. BORGNA, Difesa degli avvocati scritta da un pubblico accusatore, Laterza, Roma-Bari, 2008, «Leftist terrorists undertook a generalized fight aiming at destructing all instantiations of the State, included the courts»

284

Pochi problemi si pongono invece circa il difensore di fiducia: questi infatti potrà rinunciare al mandato.

285 Si parla spesso di “errore manifesto” o “sufficientemente segnalato”. 286

187

Due sono i principi che ci devono guidare in questa analisi: da un lato l’avvocato non può essere obbligato a seguire un iter difensivo che non ritenga corretto287, dall’altro però egli stesso deve rispettare la volontà manifestata dal cliente288

. Ebbene, in ipotesi come queste saranno compromesse le attività quali la richiesta dei mezzi di prova e la proposizione di istanze in tal senso, salvo che l’avvocato non intenda chiedere una perizia psichiatrica sull’imputato, oppure vi sia una testimonianza a carico che però contrasta con quanto appreso in sede di investigazione difensiva da un teste a discarico (che l’imputato non vuole citare). In queste ipotesi eccezionali la dottrina289 ritiene che il difensore sia libero di scegliere: una scelta peraltro insindacabile sul piano deontologico.

Deve invece restare in capo al difensore, in ogni caso, la funzione di controllo sul corretto svolgimento del processo, e cioè vigilare affinché il giudice e le parti, applichino correttamente le norme processuali.

È vero infatti che il pubblico ministero, in quanto figura bifronte, ha anche un dovere istituzionale di correttezza, ma è altrettanto ovvio che, in quanto egli è rappresentante dell’accusa, vi deve essere un altro organo, l’avvocato, che vigili sulla giustezza del procedimento.

In relazione poi all’assunzione delle prove, ad esempio l’escussione di un teste, il difensore deve procedere solo col consenso dell’imputato.

Infine, per quanto concerne le conclusioni, l’avvocato dovrà concentrarsi solo le questioni di rito, “rimettendosi a giustizia”.

Come abbiamo visto questa scelta potrebbe derivare dalla volontà dell’imputato di non difendersi. Recependo perciò la giurisprudenza europea, il giudice interno sembrerebbe quasi obbligato a qualificare tale condotta difensiva come una “negligenza manifesta”.

287

In questo senso infatti il difensore gode di autonomia rispetto al proprio cliente. Cfr., anche per ulteriori richiami dottrinali, L. FERRAJOLI, Sulla deontologia professionale degli avvocati, in

Quest.giust., 2011, p. 97.

288

Per la nozione di avvocato quale “mediatore linguistico” ed «intermediario» del cliente, al fine di far valere le pretese che questi altrimenti non potrebbe da solo tutelare, vedi S. PELLEGRINI,

Analisi sociologica e avvocatura: modelli e trasformazione in atto, in G.ZANETTI (a cura di), Elementi di etica pratica. Argomenti normativi e spazi del diritto, Carocci, Roma, 2003, p. 130-

131.

188

In tal modo peraltro, è stato rilevato290 come quella formula del “rimettersi a giustizia” che in passato era sinonimo di un avvocato disinteressato, divenga invece sintomo di massima valorizzazione della volontà dell’imputato.

b)La seconda ipotesi da prendere in considerazione è invece quella che si sostanzia nel rifiuto del processo.

Una prima impostazione291 ritiene che in casi come questi, dato il rifiuto totale verso l’istituzione del processo il difensore possa scegliere, a sua totale discrezionalità insindacabile, se difendere nel merito o limitarsi ad una difesa di rito.

Altri292, distinguono a seconda della fase e dell’atto.

Secondo questa impostazione dovrebbero sicuramente essere utilizzate dal difensore tutte le facoltà legate all’esercizio dell’azione penale.

Nella singola fase processuale poi l’avvocato potrebbe esplicare ogni atto che non sia legato alla volontà dell’imputato: per esempio non potrebbe rimettere la querela; a contrario gli sarebbe concesso eccepire una violazione di legge o citare teste a discarico.

Un discorso a parte merita il ricorso per cassazione: secondo alcuni questo mezzo di impugnazione potrebbe essere proposto autonomamente dal difensore in quanto è contenuto, in Costituzione, nelle norme relative alla giurisdizione: in questi casi prevarrebbe l’interesso oggettivo dello Stato al perseguimento della verità.

Inoltre, per proporre ricorso per Cassazione, un ricorso (tendenzialmente293) di legittimità, è necessaria una conoscenza molto tecnica del diritto che l’imputato spesso non possiede294.

290 P. FERRUA, op. cit., 2018, p. 1017 ss. 291 P. FERRUA, op. cit., 2018, p. 1024. 292

A. GIARDA, La difesa tecnica dell’imputato: diritto inviolabile e canone oggettivo di

regolarità della giurisdizione, in V.GREVI (a cura di), Il problema dell’autodifesa nel processo penale, Zanichelli, Bologna, 1982, p. 77-78.

293

L’avverbio è necessario in virtù di quelle ipotesi, al limite tra il fatto e il diritto, costituite dalle lettere d, e dell’art. 606 c.p.p.

294

A. ACETO, Sub art. 613 c.p.p., in Codice di procedura penale, diretto da S.BELTRANI, Giuffrè, Milano, 2017, p. 2201.

189

Questa impostazione sembrerebbe avvalorata dalla riforma Orlando295 che ha modificato gli artt. 571 comma 1 e 613 comma 1, facendo venir meno la possibilità per l’imputato di proporre personalmente ricorso296

.

295

L. 23 giungo 2017, n. 103.

296

La riforma ha avuto come obiettivo, oltre che una generale semplificazione e circoscrizione delle impugnazioni al fine di «scoraggiare la presentazione di ricorsi meramente defatigatori» (P. SCHIATTONE, Modifiche alla disciplina delle impugnazioni, in AA.VV., La riforma della

giustizia penale. Guida operativa alla L. 23 giungo 2017, n. 103, La Tribuna, Piacenza, 2017, p.

68) anche quello di eliminare quella prassi per cui gli imputati sottoscrivevano personalmente il ricorso, che in realtà veniva redatto da un difensore non abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Cfr. anche R. GERMANO, L’abolizione del ricorso personale

dell’imputato e il problema dell’autodifesa nel giudizio di cassazione: una ricostruzione, in www.lalegislazionepenale.eu

In questo senso inoltre deve escludersi, anche in virtù di precedenti giurisprudenziali sul punto (Cass., Sez. II, 16 luglio 2013, n. 40715), un contrasto fra la disciplina così come innovata dalla cd. riforma Orlando e l’art. 6 par. 3 lett. c, CEDU.

190

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