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IL PROBLEMA DELLA MESTICAGEM. Razzismo e mescolanza razziale negli sviluppi dell'antropologia fisica portoghese.

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILITÀ E FORME DEL SAPERE

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E CIVILTÀ

IL PROBLEMA DELLA MESTIÇAGEM

Razzismo e mescolanza razziale negli sviluppi dell'antropologia fisica

portoghese

Relatore Candidato

Prof. Michele Battini Dino Perco

Correlatore

Prof. Claudio Pogliano

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INDICE

Introduzione

Materiali e Metodi

Capitolo 1 - Razza, Impero e Darwinismo Sociale

1.1 Ricostruire un impero per mantenere una nazione 1.1.1 La corsa all'imperialismo portoghese in Africa

1.2 Evoluzionismo e antropologia fisica in Portogallo nella seconda metà del XIX Secolo

1.2.1 I primi passi

1.2.3 La nascita dell’Antropologia Fisica portoghese L'antropologo Ferraz de Macedo

1.2.4 Bernardino Machado e la scuola di antropologia di Coimbra

1.3. L'influenza del pensiero evoluzionista nella scena intellettuale portoghese

1.3.1 Teófilo Braga 1.3.2 Oliveira Martins 1.4 Conclusione

Capitolo 2 - L'antropologia fisica nell'Estado Novo (1927-1945)

2.1 Dalla Repubblica portoghese all'Estado Novo 2.2 La mistica imperiale e la “raça portuguesa”

2.3 La completa istituzionalizzazione dell'Antropologia Fisica 2.3.1 La Escola do Porto di Mendes Correia

2.3.2 La scuola di Coimbra di Eusébio Tamagnini 2.4 Eugénia em Portugal

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Capitolo 3 – La mestiçagem al Congresso

3.1 La mestiçagem alla Exposição do Mundo Português – per una razza pura portoghese

3.1.1 Mescolarsi nelle colonie 3.3 Un cambio di rotta?

3.4 Raças do Império

3.5 Conclusione

Conclusioni Bibliografia

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Sabe, no fundo eu sou um sentimental. Todos nós herdamos no sangue lusitano uma boa dosagem de lirismo. Mesmo quando minhas mãos estão ocupadas em torturar, esganar e trucidar, meu coração fecha os olhos e sinceramente chora.1

Introduzione

Nel febbraio del 1961 esce a Lisbona il libro O Luso e o Trópico che raccoglie alcuni saggi di Gilberto Freyre, noto sociologo brasiliano. Nella prefazione l'autore sottolinea l'intento commemorativo della raccolta, nell'anno dei festeggiamenti per il quinto centenario della morte di Infante D. Henrique (Enrico il Navigatore): “que concorreu decisivamente para dar às relações de europeus com não-europeus, de brancos com povos de cor, um rumo peculiarmente luso-cristão.”2 Nello stesso mese dello stesso anno esplode a

Luanda, capitale dell'Angola, una rivolta che dimostra come le principali teorie di questo studioso nell'analisi del colonialismo portoghese, caratterizzate dalla armonia razziale e dalla cordialità non corrispondessero alla realtà.

Il libro rappresenta l'ennesima collaborazione tra l'Estado Novo, il regime di Oliveira Salazar e Gilberto Freyre (1900-1987); una collaborazione iniziata nel 1951 quando lo Stato portoghese lo finanziò per visitare tutte le colonie, o meglio le "províncias ultramarinas"; un'esperienza che l'intellettuale aveva raccontato nel suo diario di bordo, Aventura e Rotina (1954) e in Um brasileiro em

terra portuguesas (1953).

Il 1951 fu anche l'anno della revisione dell'Acto Colonial, la costituzione politica del Portogallo che regolava il rapporto con le colonie. Non si trattò di una 1 Chico Buarque de Hollanda e Ruy Guerra 1973

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coincidenza: davanti alle forti pressioni internazionali che spingevano per accelerare i processi di decolonizzazione, il Portogallo fu costretto a cambiare semanticamente il discorso politico-ideologico sui suoi territori d'oltre mare presentandosi non come un impero, ma come una nazione pluricontinentale con "províncias metropolitanas" (i territori del Portogallo) e "províncias ultramarinas" (in Asia e Africa).3 Era questo il contesto in cui Sarmento

Rodrigues, ministro delle colonie, invitò Freyre a compiere il viaggio per legittimare il nuovo corso del Portogallo, un paese immune da pregiudizi razzisti, "da sempre" multiculturale.

Al suo ritorno Freyre diede il nome ad una teoria che già da molto tempo aveva in mente: il "luso-tropicalismo"4, un neologismo, una "quasi-theory"5 che

definisce originalmente il rapporto tra il Portogallo e i tropici, individuando le analogie che caratterizzano le diverse colonie, passate e presenti.

Questa idea, per alcuni "rivoluzionaria"6, cominciò a delinearsi nella sua prima

opera del 1933, Casa-grande & Senzala, formação da família brasileira sob o regime da

economia patriarcal. In questo libro lo studioso originario di Recife studia la

"condição colonial" in Brasile nei secoli XVI e XVII, concentrandosi soprattutto nel nord-est delle piantagioni schiaviste di canna da zucchero, un complesso mondo sociale strutturato attorno alla casa-grande (villa padronale) e alla senzala (le baracche dove vivevano gli schiavi). La caratteristica di questa società, che negli anni trenta per Freyre può aspirare ad una democracia racial7, risulterebbe

3 Con la fine dell'Impero coloniale portoghese comincia un processo che porta a rivedere l'Acto Colonial (si veda Cap. 3). Sarà solo nel 1961 con l'abolizione di questo Estatuto do

Indigenato che finisce anche la ripartizione della popolazione coloniale in "indígenas, assimilados e brancos."

4 Questa teoria viene ufficialmente definita in una conferenza del novembre del 1951 a Goa dal titolo: Uma cultura modera: a luso-tropical che viene integrata nel lavoro Um brasileiro em

terras português; Integração portuguesa nos trópicos (1958) e in O luso e o trópico (1961).

5 “Perhaps the closest thing to a theory that Freyre ever enunciated.” Burke and Pallares-Burke 2008, pp. 188-189

6 È con questi termini che Fernand Braudel descrive la prima opera di Freyre nell'introduzione all'edizione italiana (1965) tradotta col titolo Padroni e schiavi. Braudel in Freyre 1965, p. X 7 Anche se Freyre non ha usato espressamente questo termine in Casa-grande & Senzala

"Gilberto teria sido o criador do conceito de «democracia racial» [...] Teria construído a contrapartida teórica de uma noção rósea e humanitária do passado escravista brasileiro,

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da un forte incrocio tra bianchi (i Portoghesi), indio e neri. Una convivenza, o meglio una mestiçagem8, possibile grazie al fondamentale contributo del popolo

portoghese data la sua "singular predisposição" ad una "colonização híbrida e escravocrata dos trópicos".9 Nel suo libro Freyre cerca di stabilire una

connessione genealogica con il passato dei portoghesi - una “mistura” di popoli diversi, con un importante contributo pre-romano e un lungo contatto con gli Arabi e Berberi - con la colonizzazione "bem sucedida” in Brasile. Da questo passato, secondo Freyre, deriverebbe il carattere "cristocêntrico” e non “etnocêntrico”10, della colonizzazione portoghese, trasmettitrice di valori

universali e non solo nazionali. È un'antropologia in cui Freyre, partendo da caratteri ereditati biologicamente, ma soprattutto storicamente, si concentra sulle tendenze culturali di un popolo. “Foi o estudo de antropologia sob a orientação do professor [Franz] Boas que primeiro me revelou o negro e o mulato no seu justo valor separados dos traços da raça os efeitos do ambiente ou da experiência cultural.”11

abrindo a possibilidade de constituição de uma ideologia social apenas aparentemente inclusiva e extremamente eficiente." Souza 2000, p. 136

8 Nella terminologia di Ottocento compaiono questi vocaboli per designare la mescolanza:

mestiço; crioulo; mulato. Nella lingua portoghese queste parole come tutti i sinonimi

presentano differenze sottili. Mestiço: riporta alla doppia valenza etnico-culturale; mulato sottolinea l'aspetto razziale; crioulo, quello linguistico (il dialetto nato dal contatto con lingue distinte). Il termine mulatto è il termine con una eccezione più palesemente peggiorativa in quanto la parola deriverebbe da mulo, il frutto sterile dell'incrocio tra un cavallo ed un asino. Questo nome quindi riporta ad un rapporto animalesco, ibrido, che genera un'anomalia, "uma instabilidade física que oscila, sem jamais se fixar, num ou noutro progenitor." Cfr. Neto 2009, p. 44 Il temine mestiço - in italiano meticcio con delle ormai desuete varianti ottocentesche come mesticcio, misticcio, mestizo, mestizzo (prodotte dalle corrispondenti forme spagnole e portoghesi) – proviene dal latino mixtīcius, a sua volta derivato da mixtus, participio passato di miscēre, mescolare. Cfr. Romani in Treccani.it (consultato il 6/2016) Da

mestiço derivano i due sinonimi mestiçagem o miscigenação traducibili con mescolanza o meticciato. Il termine crioulo deriverebbe dal portoghese o spagnolo criar/crear, creare.

Inizialmente indicava le persone di origine europea nate nelle colonie per distinguere ed enfatizzare i costumi mutati. Successivamente venne usata sia come sinonimo a meticcio, ma soprattutto per indicare la lingua creola, nata dalla fusione delle parlate locali con quelle europee.

9 Freyre 2003, p. 66 10 Cfr. Castelo 2011, p. 268

11 Freyre op., p. 32 Freyre si riferisce al suo periodo come studente negli Stati Uniti e il contatto avuto con le teorie culturaliste di Franz Boas che, semplificando il suo pensiero, relativizzava

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Il pensiero di Freyre venne alla luce in un momento storico in cui le idee di stampo razziale e razzista12 erano oramai ampiamente diffuse. Negli Stati Uniti

d'America, in Germania e anche in Brasile il razzismo aveva trovato autorevoli riscontri, sia nel campo intellettuale sia in quello politico. Questo pensiero veniva espresso nella prima metà del Novecento, nel campo scientifico-accademico, da intellettuali quali Oliveira Viana (1883-1951); Edgar Roquette-Pinto (1884-1954); Renato Kehl (1889-1974), che si opponevano alla mescolanza o meglio, vedevano la presenza dei caratteri ereditari africani nella popolazione brasiliana come negativi e sintomatici della degenerazione della "razza". La popolazione doveva essere "sbiancata" (branqueamento) attraverso il maggiore e unico incrocio con la popolazione bianca. Questa forma di razzismo, ispirata ad un'idea di un determinismo biologico, cominciò a diffondersi13 nella seconda

metà dell'Ottocento14 spingendo il Brasile ad attuare vere e proprie politiche di l'importanza della razza per la comprensione dei gruppi umani ed evidenziava l'importanza dell'ambiente, della storia e soprattutto della cultura. Per un'analisi sintetica, ma esauriente del pensiero di Boas si veda Stocking 1966

12 Adotto qui la distinzione terminologica adottata da Todorov: razzismo, un "comportamento, fatto perlopiù di odio e di disprezzo nei confronti di persone dotate di caratteristiche fisiche ben definite, e differenti dalle nostre"; razzialismo, "un'ideologia, una dottrina riguardante le razze umane." Todorov sottolinea come non sia detto che queste due distinzioni siano sempre presenti nella stessa persona, in quanto il razzista può non giustificare le sue idee con delle teorie scientifiche e il razzialista, il teorico delle razze, pur credendo alla loro esistenza, potrebbe non credere in una loro gerarchia. Tuttavia "un razzismo quando è fondato sul razzialismo, produce risultati particolarmente catastrofici: è il caso del nazismo". La dottrina razzialistica si distingue generalmente come l'insieme di 5 postulati, non per forza tutti presenti: L'esistenza delle razze; La continuità tra fisico e morale, la relazione causale reciproca tra caratteristiche fisiche e culturali/psicologiche; L'azione del gruppo sull'individuo;

La gerarchia unica dei valori, dove alcune razze sono superiori ed inferiori rispetto alle altre; La politica fondata sul sapere, quando in base ai "fatti sceintifici" si ricava un giudizio morale ed

un'ideale politico. "La teoria dà luogo alla pratica." Todorov 1991, pp. 107-111

13 È interessante notare come il periodo in cui il razzismo prese piede in Brasile corrispose parallelamente all'insorgere di un movimento che portò all'abolizione della schiavitù nel 1888. Il razzismo dunque esordisce come dottrina scientifica con l’imminente concretizzazione dell’uguaglianza formale tra tutti i brasiliani, inclusi gli schiavi africani e i loro discendenti. Si potrebbe dire, quindi, che la questione razziale non venne assunta per giustificare la schiavitù dei neri, anzi, come afferma Ribeiro: “vi è un consenso unanime tra gli storici sul fatto che prima della fine della schiavitù, il razzismo (nella sua accezione biologico-fisica) era estraneo alla mentalità dei brasiliani.” Corrosacz 2005, p. 8

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popolamento, limitando gradualmente il numero di immigrati Africani (a dispetto del fatto che per almeno tre secoli erano stati vittima della deportazione schiavista) per poi, con una legge del 1890, proibire agli Africani e agli Asiatici l'ingresso nel paese senza autorizzazione e promuovendo l'immigrazione di quei popoli Europei che avrebbero schiarito attraverso l'incrocio la popolazione del paese sud-americano.15

Freyre, nel suo libro, valorizza invece la mestiçagem concependola come un processo positivo per la creazione “dell'uomo nuovo” dei tropici dove ogni cultura, anche quella africana e amerinda, ha contribuito per la creazione di una società ed identità con caratteristiche specifiche, in cui le relazioni tra “razze” si sviluppano in un ambiente di mescolanza e comprensione culturale16.

Per l'intellettuale brasiliano i colonizzatori portoghesi rispetto ad altri popoli si distinguano per la loro speciale capacità di adattamento a diverse situazioni ambientali (ecologica) e culturali, espressioni di una plasticidade intrinseca17. In

particolare questa loro capacità di resistere ai climi tropicali (aclimatibilidade)18

deriverebbe dalla loro stessa origine etnica ibrida (parte africana e parte europea) data dal lungo contatto con altre popolazioni come i mori e gli ebrei che li avrebbe predisposti a relazionarsi con altre culture molto lontane

(mobilidade e miscibilidade)19. Secondo Freyre i Portoghesi sarebbero privi di un

termine possiamo ricordare Sylvio Romero (1851-1914) e João Batista Lacerda (1845-1915). Cfr. Corossacz 2005

15 Corossacz 2012, p. 24; Si veda per un quadro generale di queste politiche in Brasile: Corossacz 2005. Di particolare interesse è notare, come ha ricordato l'autrice, che "Nel tentativo di rafforzare l'elemento bianco nella popolazione, lo stato adotterà un'attitudine critica di fronte al comportamento culturalmente e «razzialmente» separatista degli immigrati tedeschi, poiché questo impediva il processo di sbiancamento della popolazione. [...] Il processo di sbiancare la popolazione era realizzabile attraverso un processo graduale, e grazie anche all'assenza di pregiudizi razziali caratteristica dei brasiliani. [...] Gli immigrati provenienti dai paesi latini diventano a un certo punto gli immigrati ideali, poiché praticavano l'«esogamia razziale» e si assimilavano facilmente, «sbiancando» la popolazione e allo stesso tempo «brasilianizzandosi»". Corrosacz 2005, pp. 21-22

16 Cfr. Castelo 2011, pp. 261-262 17 Freyre op., p. 69

18 Ivi, pp. 73-76 19 Ivi, pp. 69-72

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orgoglio di razza che impedirebbe il mescolamento con le popolazioni locali, non solo culturalmente ma soprattutto sessualmente20.

Freyre quindi valorizza la tendenza storica alla mestiçagem del Portoghese che anche nel 1951 avrebbe permesso di relazionarsi pacificamente con le diverse culture senza quasi nessun pregiudizio razziale. È una tesi che verrà ampiamente smontata storicamente da autori come Charles Boxer (1969) e ideologicamente dagli stessi popoli con i quali i Portoghesi dovrebbero condividere un'unione fraterna. L'esempio più famoso è quello di Mário Pinto de Andrade, sociologo e fondatore del MPLA, Movimento Popular de Libertação de Angola, il primo che accusò Freyre di generalizzare, di non affrontare la sfera politica e socioeconomica, contraddistinta dallo sfruttamento delle colonie attraverso lo schiavismo e il lavoro forzato.

Il luso-tropicalismo di Freyre, individuando le specificità originali del popolo brasiliano ed elogiando in particolare l'operato dei colonizzatori portoghesi del passato, dopo gli anni Cinquanta, stimolò finalmente l'interesse dell'Estado

Novo di Oliveira Salazar. Il regime aveva un urgente bisogno di legittimazione

perché sfidato dai movimenti di indipendenza in Angola, Mozambico, Guinea e Capo Verde. Seppur le idee del sociologo non rispecchiassero fedelmente i propositi e le intenzioni di Salazar, accettando l'invito al viaggio menzionato all'inizio dell'introduzione Freyre agiva in collusione con un sistema autoritario Tuttavia più di una collaborazione bisognerebbe parlare, come suggerisce Burke comunque di “un'appropriazione” del luso-tropicalismo. “Quest'appropriazione implica, come spesso accade, un certo grado di fraintendimento dato che, secondo Freyre, [...] il futuro sarebbe dovuto appartenere ai Tropici e non al Portogallo”21 Questa teoria offriva una giustificazione culturale, nella forma di

un alibi scientifico, per difendere la sovranità del Portogallo sulle colonie22. Una 20 Ivi, pp. 74-75

21 Burke 2005, p. 17

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versione semplificata che diventa ideologia ufficiale, prima integrandosi nell'immaginario nazionalista della dittatura, poi nell'immaginario comune democratico e post-coloniale giustificando, per esempio, la creazione della comunità dei paesi di lingua portoghese.23

Questa appropriazione fu improvvisa, come spiegato all'inizio, e funzionale agli obiettivi di una politica estera che cerca di legittimare il possesso dei territori d'oltre mare. Il primo libro dell'autore brasiliano fu del 1933, lo stesso anno della Costituzione dell'Estado Novo portoghese, ma questa è una coincidenza. Come spiegato da Cláudia Castelo nel suo libro O modo português de estar no

mundo: o luso-tropicalismo e a ideologia colonial portuguesa (1933-1961), prima degli

anni Cinquanta il pensiero di Freyre conosceva una ricezione positiva solo in un ristretto campo culturale.24 Il potere politico oscillava tra una critica esplicita ed

un semplice disinteresse. In quegli anni l'Estado Novo era impegnato nella costruzione ideologica di un impero che prevedeva una sottomissione “cristiana” dell'indigeno: per considerarsi civilizzato avrebbe dovuto adottare i costumi, la lingua e la religione portoghese. L'opposizione rigida tra “primitivi” e “civilizzati” non permetteva la reciprocità culturale del luso-tropicalismo in delle colonie dove lo sviluppo economico si basava esclusivamente sullo sfruttamento delle risorse attraverso forme di lavoro forzato.

Quell'allora innovativo lavoro di Cláudia Castelo, concentrandosi sulla ricezione del pensiero di Freyre nel campo culturale e soprattutto politico, não se coíbe de evocar perante a Quarta Comissão da Assembleia Geral da ONU, na sessão de 8 de Novembro de 1961, cientistas sociais de renome internacional, nomeadamente o sociólogo Gilberto Freyre". Castelo 2013 dal sito http://www.buala.org/pt/a-ler/o-luso-tropicalismo-e-o-colonialismo-portugues-tardio consultato il 6/2016

23 Cfr. Castelo - Cardão 2015, p. 14 Lo scopo di questo lavoro non è quello di analizzare il lavoro di Freyre né di studiarne la ricezione della sua opera in Portogallo. Nel primo caso la mole degli studi è tale che per economia di spazio si può ricordare l'ultimo più autorevole studio: Pallares-Burke 2008. Riguardo al secondo aspetto si deve far riferimento al, qui di seguito citato, lavoro di Castelo 1998. Per un'ulteriore analisi della ricezione di Freyre dopo gli anni Cinquanta in Portogallo in questo caso nell'antropologia fisica si veda la conclusione.

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manteneva un carattere generale offrendo la possibilità a nuovi lavori di approfondire argomenti solo marginalmente accennati.

Nell'ultima sezione del libro, chiamata “Temas para uma relação”, vengono citati brevemente i due massimi esponenti dell'antropologia portoghese del primo ventennio dell'Estado Novo come massima espressione scientifica di una netta opposizione alla mescolanza razziale del regime salazarista.

È sembrato quindi interessante approfondire questa tematica attraverso la lente della storia della scienza, studiando gli sviluppi di un pensiero che fa dello studio della razza, portoghese e indigena, sia culturalmente sia attraverso i metodi dell'antropologia fisica, il punto focale della sua ricerca. Un pensiero che, come si vedrà, sarebbe semplicistico definire razzista perché caratterizzato da diverse opinioni, anche contrastanti, unite nella continua ricerca di una originalità portoghese. È sotto questo aspetto che il tema della mescolanza razziale diventa centrale per sostenere o per mettere in dubbio “il posto nel mondo” del popolo lusitano.

L'obbiettivo di questo lavoro quindi è di approfondire innanzitutto uno di questi temi: la ricezione della idea di mestiçagem nel campo scientifico antropologico dei primi due decenni dell'Estado Novo indagando retrospettivamente agli esordi della disciplina per capire le linee di continuità e discontinuità con le ideologie dominanti successive.

0.1 Materiali e metodi

La possibilità di avvicinarmi per la prima volta allo studio della storia del Portogallo mi è stata data partecipando al bando “Histoire politique et culturelle de l’Europe Médiévale, Moderne et Contemporaine”, per lo svolgimento di un percorso di studio presso il Departamento de História

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all’Instituto Superior de Ciéncias do Trabalho e da Empresa (ISCTE) di Lisboa. Il progetto di ricerca iniziale, legato alla Storia della Scienza, verteva sullo analisi della ricezione delle teorie di Charles Darwin nell'antropologia fisica di fine Ottocento in Portogallo. Avvicinandomi concretamente, non solo alla lingua lusitana, ma soprattutto alla mole documentale di un periodo e di un argomento ancora per me sconosciuto, mi è sembrato interessante concentrare l'attenzione sul tema della mescolanza razziale. L'incontro con diversi Professori, la frequentazione di svariati corsi, in particolare quelli legati al dipartimento di Estudos Africanos, e soprattutto i fruttuosi colloqui con la ricercatrice Cláudia Castelo – autrice del libro O modo português de estar no

mundo (1933-1961) - mi hanno permesso di scoprire un argomento centrale della

storia del XX secolo portoghese: il Luso-tropicalismo, chiave di volta per una rinnovata interpretazione della mestiçagem.

La mia precedente ignoranza riguardo al Portogallo, alla lingua, alla storia contemporanea e alla storia della scienza di questo paese, è stata di stimolo per consultare un'imponente mole bibliografica, la quasi totalità in lingua portoghese e in parte inglese. La Biblioteca do Instituto Universitário de Lisboa (ISCTE-IUL) è risultata quella più utile per reperire la maggior parte del materiale bibliografico.

Grazie all'aiuto fondamentale di Cláudia Castelo ho potuto capire quali archivi sarebbero stati adatti per reperire le fonti primarie necessarie ai fini della ricerca. L'archivio più importante che ho potuto visitare è stato quello nazionale, la Biblioteca Nacional de Portugal (BNP). In uno dei più grandi archivi del paese, dove è raccolta una considerevole quantità di materiale eterogeneo, ho potuto consultare in particolare i due volumi contenenti le comunicazioni, le conferenze del 1° Congresso Nacional de Antropologia Colonial e i 19 volumi del

Congresso de Mundo Português, ritenendo più utile, ai fini della ricerca,

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archivio poi, mi ha permesso di trovare diversi documenti originali dei maggiori antropologi fisici portoghesi della prima metà del Novecento quali Eusébio Tamagnini e Mendes Correia. Di quest'ultimo, in particolare, ho potuto consultare la monumentale opera Raças do Império, un libro raro leggibile esclusivamente in microfilm.

Inoltre ho preso visione di una notevole mole di articoli scientifici, utili strumenti di sintesi, fondamentali in particolare per l'acquisizione degli studi più recenti.

Infine, quando necessario, giornali e altri periodici sono stati importanti per inquadrare il pensiero e la propaganda della prima metà del XX secolo. Più nel dettaglio ho esaminato i periodici, le riviste, pubblicati dal Secretariado da Propaganda Nacional (SPN), che durante i primi dodici anni del governo Salazar è stato il principale canale per la divulgazione dell'ideologia nazionalista seguendo le rigide regole della censura. La più importante rivista consultata è Boletim Geral da Agência das Colónias, periodico focalizzato sulle colonie che ospitò nelle sue pagine i maggiori pensatori del tempo e si occupò di pubblicizzare i maggiori eventi, come la Exposição Colonial Portuguesa (1934) e la Exposição do Mundo Português (1940).

Questo lavoro si divide in tre capitoli a loro volta separati in cinque sezioni. A parte l'ultimo, i rimanenti seguono un percorso cronologico, dalla seconda metà dell'Ottocento fino agli anni quaranta del XX secolo. Per questo motivo è sembrato utile introdurre i due capitoli con delle brevi note storiche, per inquadrare nel giusto contesto i personaggi e le idee del periodo.

Cercando di capire i motivi dell'istituzionalizzazione dell'antropologia in un paese come il Portogallo, storicamente coloniale, nel primo capitolo ci si muove tra i due concetti di "empire-building" e "nation-building anthropology", analizzando il grado di ricezione del darwinismo sociale. Questa parte, dal

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carattere essenzialmente compilativo, cerca di inquadrare le idee dominanti dell'antropologia attraverso i suoi maggiori rappresentanti, relative ad una

mestiçagem non ancora rivolta verso le colonie, ma funzionale per descrivere

l'unicità della "razza lusitana".

Il secondo capitolo si concentra sulla dittatura dell'Estado Novo guidata da Oliveira Salazar. Si individuano le peculiarità di questo regime, la sua “mistica imperial” espressa attraverso la propaganda e l'approvazione dell'Acto Colonial. In questo periodo si assisteva alla completa affermazione dell'antropologia fisica attraverso le due maggiori scuole di Coimbra e Porto e i due corrispettivi esponenti, Eusébio Tamagnini e Mendes Correia. Grazie anche ad un'attiva partecipazione politica, questi due antropologi si impegnarono ad orientare la disciplina, seppur concepita come olistica, verso un approccio biologico studiando sia le origini della “razza portoghese”, sia misurando le “razze” nelle colonie e approfondire la nuova disciplina dell'eugenetica.

Approfondire le figure chiave dell'antropologia fisica e cercare di sintetizzare il loro pensiero è stato necessario per affrontare i documenti principali di questo lavoro. L'Estado Novo per celebrare se stesso, fornire un bilancio ed impostare le direttive di questa nuova forma statale che cerca di unire la continuità imperiale e le esigenze nazionali, si fece promotore di due grandi eventi: la Prima Esposizione Coloniale a Porto nel 1934 (1.ª Exposição Colonial Portuguesa) e l'Esibizione del Mondo Portoghese del 1940 (Exposição do Mundo Português). Insieme a questi grandi eventi venne coinvolto il mondo scientifico e anche l'antropologia fu chiamata ad esporre le sue scoperte. In particolare vengono qui analizzate le conferenze che hanno trattato la mescolanza razziale nel Primo Congresso di Antropologia Coloniale e nel Congresso di Scienza delle popolazioni.

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Capitolo 1

Razza, Impero e Darwinismo Sociale

L'evoluzione del concetto di razza nell'antropologia

25

portoghese

del XIX secolo

Le qualità che rendono membri della comunità nazionale non derivano affatto da un'originaria scelta razionale, ma da processi differenti di ascrizione a quella comunità, o attraverso la dinamica alquanto esclusiva del nesso di sangue, o attraverso quella più assimilazionista del nesso con la terra, e solo in forma residuale e parziale attraverso una qualche forma di manifestazione di volontà.26

Il presente capitolo ha lo scopo d'inquadrare e analizzare in chiave storica lo sviluppo della antropologia fisica nel Portogallo del XIX secolo. Il proposito è di discutere le ragioni che hanno portato alla successiva affermazione di tale disciplina nello Estado Novo salazarista. Tale approccio è sembrato utile per capire se sia possibile tracciare una linea di continuità tra le idee su razza e

mestiçagem di questo periodo e quello successivo, del regime salazarista.

Tentando di analizzare i differenti intrecci di un processo storico complesso si è 25 Il termine “antropologia” è qui utilizzato nella sua accezione contemporanea, comprendente sia l'antropologia fisica sia le discipline demo-etno-antropologiche raggruppate anche sotto il titolo di “antropologia culturale”. Cfr. Dei 2012

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cercato di sbrogliare i fili di una “crooked line”27, nel tentativo d'individuare ed

evidenziare le interpretazioni, almeno apparentemente più efficaci, nell’ambito di continuità storiche alquanto intricate.

La storia della scienza del periodo preso in considerazione e gli sviluppi dell'antropologia fisica vengono esaminati seguendo da vicino i processi logici elaborati da esperti del settore ai quali, di volta in volta, si fa specifico riferimento. Un percorso obbligato anche perché molti studiosi, che finora hanno scritto sulla storia dell'antropologia fisica portoghese, provengono dal campo socio-culturale28.

Da evidenziare infine che l’antropologia fisica, imponendosi fin da subito come disciplina “dominante” viene associata al termine “antropologia”, in contrasto con la “etnologia”, antenata di quella socio-culturale e della archeologia moderna.29

Va infine sottolineato che, quando possibile, si è cercato di “far parlare” direttamente gli studiosi e gli autori presi in considerazione, mantenendo le citazioni in lingua originale.

27 Il riferimento è al titolo del libro Geoff Eley, A crooked Line, Ann Arbor, The University of Michigan Press 2005. Si ricorda la citazione di Bertold Brecht nel frontespizio del libro: “When there are obstacles, the shortest distance between two points is a crooked line.” 28 Cfr. Leal 2000; 2006; Matos, Pina-Cabral 2014

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1.1 Ricostruire un impero per mantenere una nazione.30

Yet another factor contributing to the diversity of national anthropological traditions has been their differing histories of national and colonial development, and their differing histories of national and colonial development, and their consequently differing confrontations with the Other. 31

Per tratteggiare la storia dell'antropologia sono comunemente accettati due diversi orientamenti di ricerca. Utilizzando la terminologia tedesca: Völkerkunde è lo studio degli altri popoli, mentre la Volkskunde rappresenta lo studio del popolo di appartenenza. La Völkerkunde appare diffusa soprattutto in paesi come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, dove l'antropologia si concentra nello studio di società e culture non occidentali. La Volkskunde è invece approfondita per lo più negli stati considerati periferici e si focalizza sulle tradizioni popolari.32 Le due tendenze trovano giustificazione nel diverso

orientamento politico e ideologico dei singoli paesi nel contesto del XIX secolo. Se un paese ha mire e possedimenti coloniali l’attenzione dei ricercatori tende a concentrarsi sullo studio dei popoli sottomessi, mentre un paese giovane, che sta affrontando un problema d'identità nazionale, promuove piuttosto lo studio di temi quali le origini, la lingua, gli usi, i costumi e la parentela di sangue della popolazione all’interno dei propri confini. La distinzione tra i due diversi approcci rappresenta, nelle analisi storiche e d’altra natura, un utile strumento per definire meglio le differenze emergenti anche dopo la seconda guerra mondiale, in un mondo che appare politicamente separato tra Est ed Ovest. George jr. Stocking, americano nato in Germania, pochi anni prima del crollo del muro di Berlino, identifica le sopra citate tendenze con i due concetti di 30 Il titolo di questo paragrafo prende spunto da Matos, Pina-Cabral 2014

31 Stocking 1984, p. 5

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Nation-building ed Empire-building.33 Il fattore determinante nell’antropologia

inglese, che diede sostanza al paradigma di “Empire-building anthropology” fu per esempio: “The experience with dark skinned «others» in the overseas Empire”; mentre la tendenza dominante nei paesi dell'Europa continentale fu “the relation between national identity and internal «otherness».”34

L'Antropologia può orientarsi tra “due assi di polarizzazione”, che possono essere “um relacionado com questões de representação política e outro com preocupações de natureza epistémica.”35 Utile per comprendere il concetto,

pensando al discorso politico è il fatto che uno dei possibili primi compiti dell'antropologia fu di fornire, nella transizione dall'Antico Regime, nuovi significati ai termini fondativi delle emergenti identità collettive come: “popolo, nazione ed etnicità.”36 È appunto ovvio pensare come l'antropologia si inserisca

nella costruzione delle nuove entità nazionali – e quindi di un nazionalismo in quanto atteggiamento mentale, secondo Miroslav Hroch, che conferisce priorità assoluta agli interessi e ai valori della propria nazione nel confronto con le altre nazioni - proprio per il fatto che possa contribuire a quei diversi tipi di "ties and relationship" che Hroch ha osservato che ne definiscono l'essenza. Tra i diversi, come quelli economici, sociali, storici, politici, religiosi etc.:

Three stand out as irreplaceable: first, a memory of a common past, treated as a destiny of the group; second, a density of linguistic or religious ties enabling a higher degree of social communication within the group than beyond it; and third, a conception of the equality of all members of the group as citizens organized as a civil society37.

Ragionare esclusivamente in maniera dicotomica come ha fatto Stocking può 33 Stocking 1982, pp.172-186

34 Ivi, p. 172

35 Matos, Pina-Cabral 2014, p. 312 36 Ibidem

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essere in parte fuorviante. Le cose non sono così semplici e non si può pensar di risolvere problemi complessi con pur efficaci polarizzazioni38. Quindi, se

guardiamo alla storia dell’antropologia europea in senso generale:

A antropologia europeia foi, assim, chamada a dar conta da constituição da «nação» tanto quanto do “império”. […] A possibilidade de uma ordem imperial exigia a capacidade de descrever tanto aqueles que eram governados internamente (o “povo”), quanto os que eram governados externamente (os “indígenas”).39

Assumere come dominante l'idea di: “Costruire la nazione”, o per contro, “costruire l'impero”, semplifica la complessità di eventi e fenomeni, che a un’attenta analisi appaiono sin troppo tra loro intrecciati. D’altro canto, argomenta Ribeiro: “Classifications are helpful to think about the existing inequalities”40 permettendoci d'individuare le importanti eccezioni41.

38 Altri esempi sono: antropologie centrali contro periferiche (Cardoso de Oliveira 1999/2000); internazionali Vs nazionali; antropologie egemoni Vs non-egemoni (Ribeiro, Escobar 2003) o antropologie del Sud Vs del Nord (Krotz 1997)

39 Matos, Pina-Cabral 2014, p. 2 40 Ribeiro 2004, p.11

41 Sarebbe interessante, purtroppo non realizzabile qui per mancanza di spazio e perché devierebbe il percorso di questa ricerca, studiare la nascita di un movimento nazionalista in Portogallo secondo le tesi di Miroslav Hroch. Secondo questo storico ceco all'inizio dell'Ottocento esistevano in Europa sette stati-nazione con una tradizione culturale-linguistica più o meno sviluppata ed elité governati borghesi o/e aristocratiche culturalmente omogenee: Inghilterra, Francia, Spagna, Olanda, Svezia, Danimarca e Portogallo. Esistevano poi la Germania e l'Italia che possedevano una cultura e una classe dominante sviluppata, ma non avevano uno Stato. Sparsi in Europa c'erano una trentina di gruppi etnici non dominanti e sparsi o negli Imperi multietnici (come l'Austro-Ungheria e l'Impero Ottomano) o negli Stati nazionali. Questi gruppi col passare del tempo avrebbero sempre meno tollerato la dominazione da gruppi, etnie a loro estranee pretendo consapevolezza della propria origine ed identità e volendosi costituire come una nazione. Hroch individua tre fasi cronologiche per far si che si costituisca una Nazione: (Phase A, period of scholarity) gli attivisti compiono ricerche sulla cultura, sulla lingua, sulle tradizione, ricerche sociali e a volte storiche; (Phase B, period of patriotic agitation) sorge una nuova forma di attivisti e di militanti che organizza azioni di protesta per promuovere l'idea nazionale; (Phase C, the rise of a mass national movement) nella nuova fase – che potrebbe anche non avvenire - le rivendicazioni sociali ottengono il consenso della massa o di un sempre più grande numero di persone. Cfr. Hroch 2000. È interessante notare, come sarà possibile dando uno sguardo ai turbolenti fatti storici che distinguono l'Ottocento portoghese, che il Portogallo è un'anomalia. Seppur essendo un grande impero coloniale, quindi multietnico nella seconda metà dell'Ottocento a causa della perdita del suo ruolo di potenza egemone ed economica, si

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Studiando la storia dell'antropologia di un paese ai confini occidentali d'Europa - a cavallo dei secolo XIX e XIX apparentemente “periferico”42 - come è il

Portogallo, l’approccio dicotomico può portare a conclusioni quasi paradossali: una storia imperiale alle spalle, ma accompagnata da una crisi economica, politica ed identitaria. “Sempre que o império se tornava politicamente menos relevante, o folclore e a etnologia assumiam centralidade; sempre que crescia a relevância política do império, a antropologia dos povos exóticos dominava a disciplina.”43

Secondo diversi autori44 il Portogallo di fine XIX e inizi XX presenta, nel campo

dell’antropologia, interessanti differenze rispetto alle principali idee dei paesi europei, tanto che per alcuni45 si può parlare di una “quinta tradição”46 al di

fuori delle quattro scuole – tutte con le loro particolarità - antropologiche dominanti (tedesca, inglese, francese, nord-americana). Questi paesi hanno adottato nella seconda metà dell'Ottocento, a supporto della Corsa all'Africa (gli Stati Uniti verso il selvaggio ovest), un approccio a questa scienza ritrovava, pur non perdendo le colonie in Africa, in una situazione similare a quella forse della Germania e dell'Italia che cercavano di riunire il paese sotto un'identità unica. In questo senso l'antropologia, come si vedrà nel capitolo, fu una delle discipline funzionali alla ricerca di una rinnovata identità portoghese. Si sviluppa un nazionalismo nel senso di quell'insieme degli sforzi organizzati per conseguire le caratteristiche di una nazione compiuta. Qui bisogna far attenzione a non confondere questo movimento col nazionalismo in senso stretto di Horch, che, come già ricordato in precedenza, attribuisce assoluta priorità ai valori della nazione rispetto sia alle altre nazioni che rispetto a qualsiasi altro valore ed interesse. Parlando di nazioni e nazionalismi è impossibile non citare i libri di Hobsbawm (1990) e Gellner (1985). Hobsbawm condividendo la periodizzazione proposta da Horch è convinto che la nazione sia una costruzione moderna dell'era industriale e che il nazionalismo sia il motore per la costruzione della stessa. La definizione di nazionalismo che Gellner dà nelle prime righe del suo libro è: “anzitutto un principio politico che sostiene che l'unità nazionale e l'unità politica dovrebbero essere perfettamente coincidenti.” Gellner 1997, p. 3

42 Si usa qui il termine periferico come suggerito da Roberto Cardoso de Oliveira perché distinto dai “países de centro, […] onde a Antropologia, enquanto disciplina científica e académica havia originalmente surgido e consolidado [...] os Estados Unidos, a Inglaterra e a França” Oliveira 1988, p. 144; Cfr. Stocking 1984, p. 5

43 Matos, Pina-Cabral, op. p. 2

44 Cfr. Santos 2012; Almeida 2008; Pereira 2001; Matos, Pina-Cabral 2014 45 Cfr. Matos, Pina-Cabral 2014

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esplicitamente coloniale47, rispetto a quella (forse perché ancora incerta?)

cosmopolita portoghese48. Approccio che nel paese lusitano cambierà, in parte

conformandosi allo standard europeo, appena negli anni Trenta del Novecento. Il regime di stampo fascista chiamato Estado Novo sosterrà, infatti, almeno fino agli anni Cinquanta una “colonial anthropology strongly oriented.”49 Per capire

il perché dell'emergere d'idee originali nella ricerca scientifica lusitana si può seguire l'ipotesi di Gonçalo Santos, che, in un suo recente studio, offre come spiegazione la “relatively peripheral condition combined with a complex historical conjuncture of internal political and economic crises.”50

È necessario quindi passare in rassegna sinteticamente la storia del Portogallo nel secolo diciannovesimo.51

1.1.1 La corsa all'imperialismo portoghese in Africa Una premessa storica

I grandi passaggi storici del secolo XIX vedono il paese indebolito e non più capace di esercitare come prima il suo potere sui possedimenti d’oltremare. La decadenza del Portogallo come impero coloniale viene, per così dire, resa ufficiale al Congresso di Vienna del 1815 quando il re João VI decide di rimanere in Brasile elevando la vecchia colonia del Brasile a regno, creando il nuovo status di Regno Unito di Portogallo, Brasile e Algarve. La decisione è presa in seguito alla fuga in Sud America dell’intera famiglia reale nel 1808, dopo l'invasione delle truppe napoleoniche. Rio de Janeiro diventa la nuova capitale dell'impero e il Brasile può finalmente aprirsi al commercio con gli altri

47 Cfr. Santos 2012

48 Cfr. Matos, Pina-Cabral 2014 49 Santos 2012, p. 1

50 Ibid.

51 Per la trattazione storica si vedano: Boxer 1969; Valentim 1979; Birmigham 1985; Smith 1985; Valentim 1999; Russo 2011; Paquette 2013

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paesi assicurandosi il futuro sviluppo.52 Nel frattempo in Portogallo la

devastazione dalla guerra, la crisi economica, con un mercato interno controllato dagli Inglesi crisi economica e il vuoto politico provocano una serie di moti che sfociano in una rivoluzione guidata dalle forze militari (Cortes) che chiedono il ritorno del re nella madre patria. Nell'aprile del 1921 dopo tredici anni di lontananza il re e quasi tutta l'intera famiglia reale torna in Portogallo lasciando in Brasile suo figlio Dom Pedro come principe reggente il quale, spinto probabilmente dal padre e anticipando l'idea di una riconquista del paese da parte delle Cortes, proclama, nel celebre "dia do fico", il 7 settembre del 1822, l’indipendenza del Brasile.

Il Portogallo perde così la sua più grande colonia e lo fa senza troppi traumi53.

Lo si evince per esempio dalla produzione letteraria dell'epoca54, che non

concepisce alcuna elaborazione del lutto. Non si tratta di totale disinteresse per il paese sud-americano: le ragioni sono diverse e tra loro intrecciate. A differenza delle colonie spagnole, l'indipendenza non viene conquistata in seguito a significativi spargimenti di sangue. Viene metabolizzata più come una concessione che come la conseguenza di una ribellione, anche perché il ridimensionamento imperiale può essere compensato da una maggiore presenza in un altro continente non ancora abbastanza sfruttato: l'Africa. Dopo l'India e il Brasile inizia il “Terzo Impero Portoghese.”55

Da questa riformulazione delle aspirazioni imperiali il Portogallo, che punta a “fare dell'Africa un nuovo Brasile”56, complice anche un trend europeo, si 52 Il decreto de Abertura dos Portos às Nações Amigas apre il Brasile al commercio con le nazioni amiche soprattutto garantendo alla Gran Bretagna, storica alleata, una posizione vantaggiosa nei traffici dell'oceano atlantico.

53 Non bisogna comunque dimenticare delle innumerevoli ribellioni scoppiate a seguito della dichiarazione di indipendenza che videro scontrarsi alcune piccole forze militari fedeli al Portogallo con il nuovo esercito brasiliano. Nell'estate del 1825 viene siglato un trattato di pace tra i due paesi.

54 Cfr. Russo 2008; 2011 55 Cfr. Clarence-Smith 1985

56 “O Brasil podia, portanto, ser usado como recurso simbólico para a construção de um império africano” Bastos, Almeida, Bianco 2012, p. 32

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aspetta nuovi sviluppi in termini economici e di confronto politico nella partita a scacchi giocata dalle grandi potenze57.

Non è soltanto la speranza (più o meno frustrata) del profitto, impulso spesso più convincente di tutta la propaganda metropolitana, a mobilitare l’immaginario coloniale. [...] Esiste un impegno sempre rinnovato e diffuso – laddove novità e perpetuazione sono i lati della stessa medaglia della fluida modernità coloniale europea (si rinnova per perpetuare, e per perpetuarsi l’Impero deve rinnovarsi) – dal momento che, come scrive Walter Benjamin: “le ideologie dei dominatori sono per loro natura più mutevoli delle idee degli oppressi. Esse devono, infatti, non solo, come queste ultime adattarsi di volta in volta al conflitto sociale, ma anche tradurlo ogni volta in una situazione in fondo armonica”.58

In questo cambiamento s’inserisce il discorso identitario nazionale. Da una parte l'Africa, un continente geograficamente ancora poco esplorato e fino allora sfruttato quasi solo per il traffico negriero, che diventa quell’alterità da conoscere e con la quale confrontarsi e scontrarsi. Dall'altra il cambiamento interno: dopo la perdita del Brasile, le élite figlie della Rivoluzione di Porto59,

intrise delle moderne ideologie nazionaliste, premono per un’urgente modernizzazione sociale ed economica del paese, per non rimanere indietro rispetto al contesto europeo. Entrambi gli aspetti inducono a domandarsi quali siano le caratteristiche che rendono unica la popolazione, la “razza/nazione”60 57 La storiografia degli ultimi decenni ha abbandonato la visione del libro di Hammond (1966), che forniva un’interpretazione alla Corsa all'Africa del Portogallo non basata su ragioni economiche (come ha fatto Clarence Smith 1985), ma su un tipico atteggiamento nostalgico e sentimentale, ricordando il passato e sognando la restaurazione del prestigio perduto. Alexandre Valentim a proposito ha scritto: “Tal ideia, só poderia ser eventualmente aceite depois de sopesados todos os factores, de estudadas as condições em que surge e se desenvolve o projeto colonial para África, nas suas várias versões e nas suas diversas fases e nas suas relações, não apenas com a economia, mas também com a política portuguesa no seu todo.” Valentim 1995, p. 30; Cfr. Henriques 2015

58 Russo 2011, p. 194

59 La rivoluzione liberale di Porto del 1820 fornisce la prima costituzione moderna al Portogallo e costringe il re a tornare in patria.

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portoghese.

Sul fronte interno il Portogallo nella metà del XIX secolo è caratterizzato da una forte instabilità politica. Guerre civili, rivoluzioni e tentativi di colpi di stato confermano la voglia di cambiamento e danno voce alle pulsioni liberali e nazionaliste.61

Uno degli esponenti della nuova tendenza liberista è il marchese Sá da Bandeira62. È con lui che inizia concretamente la formulazione di un progetto

globale che vedrebbe l'Africa come un possibile nuovo centro dell'Impero63. Il

punto di partenza è il 10 dicembre 1836 quando viene abolito il traffico degli schiavi.64 Il marchese riesce in questa non facile impresa non tanto grazie ad una

presunta e diffusa filantropia, come molti hanno voluto ricordare65, ma

piuttosto grazie ad un efficace pragmatismo:

Inútil seria legislar [para África], porque uma parte daqueles para quem são destinadas as leis, ou seriam arrebatados para além do mar, ou eles mesmos continuariam a ocupar-se no tráfico e nas guerras intestinas, como acontece hoje; Banti 2005

61 Cronologicamente alcuni fatti storici: guerra civile portoghese (1828-1834) scoppiata per le dispute alla successione della casa reale, tra costituzionalisti e assolutisti. Termina con il ritorno di D. Maria II e di una monarchia costituzionale dopo un breve periodo di quasi assolutismo cui segue un periodo liberista con apice la rivoluzione del 1836 e la promulgazione di una nuova costituzione nel 1838. Dal '42 al '46 Costa Cabral dopo un colpo di stato governa il paese come dittatore. In seguito inizia il periodo di Regeneração. Con D. Pedro IV il Portogallo diventa un esempio di monarchia costituzionale, dove i diritti individuali e d'impresa vengono rispettati. Grazie alla pace sociale inizia un lento progresso anche nel settore agricolo, industriale e di alfabetizzazione del paese.

62 Sá da Bandeira è il titolo di marchese che viene creato appositamente per Bernardo de Sá Nogueira (1795 – 1876), politico e nobile portoghese. È stato eletto presidente del consiglio dei ministri per cinque volte sotto la monarchia costituzionale.

63 Valentim 1993, pp. 55-56 64 Valentim 1999, p. 134

65 Sá de Bandeira è conosciuto anche col nome di “Wilberforce portoghese” e viene considerato dalla propaganda dell'Estado Novo del secondo dopoguerra una delle figure simbolo della storia del paese. Dimenticandosi che gli stessi Portoghesi furono gli inventori del redditizio commercio della tratta degli schiavi, Sá de Bandeira diventa l'eroe filantropo che è riuscito ad abolire la schiavitù nelle colonie. Si dimentica, o meglio si falsificano i fatti storici in quanto il traffico negriero fu eliminato nel 1836 e la schiavitù progressivamente dal 1878. Il fatto che la schiavitù fosse abolita non vuol dire che la popolazione indigena non continuasse a venire sottomessa con altre forme di servilismo. Henriques 2014, p. 20

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inútil seria procurar promover a cultura das terras, porque os capitais continuariam a fugir para o tráfico dos escravos por ser muito mais lucrativo que qualquer outra indústria, e também porque o colono negro escravo nunca tem segurança contra a avidez, o capricho, ou cólera do senhor, que num momento o pode exportar.66

L'importante quindi è stabilire un maggior controllo della “metropoli”67 sulle

colonie, riconvertendo l'economia, investendo il capitale nelle imprese e utilizzando la manodopera locale, togliendo così potere ai trafficanti di schiavi. Cosa che avverrà più concretamente (e paradossalmente) proprio grazie al Brasile che, negli anni Cinquanta, bloccherà l'immigrazione dei lavoratori africani.68

Se il ministro Sá de Bandeira, sul piano giuridico, è intenzionato a integrare l'Africano, garantendo la cittadinanza e gli stessi diritti a quelli nati in Portogallo e nei suoi domini senza alcuna distinzione di razza, di colore o di religione, lo fa comunque adottando un'ottica, se non razzista, di sicuro etnocentrica,69 che sottolinea la superiorità della civiltà europea. Gli individui di

“raça negra” sono da mettere “sotto tutela” assicurando i diritti civili, ma non quelli politici.70 Come ha fatto notare Matos è interessante osservare che

l'apogeo delle nuove teorie razziali “scientificamente” riconosciute risulta essere contemporaneo all'abolizione della schiavitù. “Quando o abolicionismo ganhou dimensão na Europa, começaram a emergir teorias justificativas de os negros, assim como os ameríndios e os asiáticos, tinham uma inferioridade inata e permanente relativamente aos brancos.71” Nel XIX secolo molti schiavisti 66 Valentim 1999, p. 134

67 Il termine “metropoli” è usato in portoghese e in francese ad indicare la porzione di paese sul continente europeo in opposizione ai territori d'oltre mare.

68 Grazie ad un importante movimento abolizionista e costretto da forti pressioni inglesi il Brasile nel 1850 approva la legge Eusébio de Quiroz che mette fine al traffico negriero. Cfr. Bethell 2009

69 Cfr. Valentim 1999 70 Ibid.

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e alcuni abolizionisti non hanno opinioni così differenti rispetto alla questione razziale. Per i primi il lavoro forzato è destinato alle “specie inferiori”, gli Africani mentre per i secondi l'abolizionismo non è mosso da spiriti pietisti o ugualitari. Ispirandosi a Spencer (1820 – 1893) credono che la schiavitù abbia fino a quel momento preservato i neri dalla “lotta per la vita” salvandoli dall'estinzione.

Almeno fino agli anni Settanta l'immagine della società africana è profondamente influenzata dall’ideologia schiavista dell'Antico Regime. “Uma ideologia que repousava, em primeiro lugar na negação de qualquer vida cultural (ou mesmo, nas fórmula mais radicais, de qualquer traço de humanidade)”.72 Il successore ideologico di De Bandeira è il ministro Andrade

Corvo che nel 1875 riesce, spinto dalle pressioni degli altri paesi europei73, ad

abolire anche il lavoro servile. Il risultato è parziale o addirittura marginale. Le élite dei possedimenti coloniali sono contrarie e obbligano la popolazione locale ad un lavoro forzato ai limiti dello schiavismo. Corvo, seppur padre dell'abolizionismo, non considera le popolazioni indigene al pari di quelle europee. Secondo il ministro alcune razze sono condannate a sparire in conseguenza delle leggi della selezione naturale. Evidenti sono le conseguenze di una “degenerescência” (degenerazione) provocata dal clima e dall'ambiente. Tuttavia la maggior parte della popolazione può progredire, civilizzarsi e recuperare il suo ritardo storico, se permette all'Europa di aprirle il cammino, mostrando ai “povos selvagens” le forme di “domínio do homem sobre as forças da natureza pela ciência”. Tutto ciò grazie alla superiorità morale della civiltà cristiana “fundada na igualdade de todos os homens, na paridade de todas as raças e no progresso em comum de toda a humanidade”.74 Le idee di 72 Valentim 1995, p. 41

73 La schiavitù viene resa illegale progressivamente in tutta l’Europa e la Gran Bretagna, primo paese moderno abolizionista (se si esclude la Francia rivoluzionaria) preme sul governo di Lisboa, sul quale esercita, da almeno un secolo, una forte egemonia. Cfr. Valentim 1999, pp. 133-135

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Corvo sono quelle evoluzioniste dell'epoca, con una chiara gerarchia di razza e una visione sociale di apparente ispirazione darwinista. Anche se, in questo caso, sarebbe meglio parlare di “lamarckismo sociale”: “Per il ruolo preponderante che vi svolge la credenza dell'ereditarietà dei caratteri fisici e mentali acquisiti attraverso l'uso e il disuso degli organi e l'influsso diretto delle condizioni ambientali”.75

Fino agli anni Cinquanta l'espansione e la presenza dei Portoghesi in Africa aumentano comunque lentamente. In Angola il tentativo di occupazione del litorale nord, ai confini del Congo si ferma ad Ambriz (presa nel 1855), a causa delle resistenze delle popolazioni locali e della pressione diplomatica britannica. In Mozambico l'avanzata verso l'interno è fermata dai signori dei “prazos”76 della Zambezia. Sul lato mercantile, c'è un effettivo aumento dei

traffici, ma in misura minima. Quanto all'economia delle piantagioni l'unico vero successo è l'isola di São Tomé; questa, un tempo disabitata e destino dei reietti della società come gli Ebrei77, si scopre, grazie al suo territorio vulcanico,

adatta alle coltivazioni di caffè e canna da zucchero.

Pur attraverso queste difficoltà l'Africa rimane, almeno nell'immaginario collettivo, fondamentale “come il nuovo e rinnovato spazio imperiale” che “avrebbe permesso alla nazione di pensarsi ancora tale, nonostante la perdita di egemonia nel sistema mondiale.”78

Tal como o período de ruína nacional e perda de prestígio está associado ao fim do império brasileiro, o ressurgimento nacional tem de passar pela redescoberta das fórmulas que fizeram a grandeza nos séculos de ouro. É em África que as humilhações passadas podem ser curadas, é aí, é só aí que Portugal pode de novo dirigir a Europa; é essa a chave do renascimento nacional. De uma forma ou de outra todos os intelectuais dos anos setenta, oitenta e noventa partilham desta 75 Vergata 2005 p. 24. Cfr. Stocking 1968

76 Amministratori degli appezzamenti non necessariamente di origine portoghese. 77 Cfr. Mea 2004

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noção, que se torna uma dos mais significativos traços de união da população portuguesa.79

Conoscere l'Africa diventa uno degli obiettivi basilari per rigenerare la nazione. Nel 1875 il pubblicista e scrittore Luciano Cordeiro, con l'appoggio di Andrade Corvo, fonda la Sociedade Geográfica de Lisboa che punta ad incentivare l'esplorazione del continente. La società, affiancata alla creazione nel 1880 di un Instituto Oriental e Ultramarino Português, dà il via a un colonialismo scientifico. Successivamente, per lo studio delle popolazioni locali, vengono create nel 1894 e 1902 rispettivamente un corso di Higiene Colonial e la Scuola di Medicina Tropicale e Coloniale.80

La tendenza dei paesi europei è sempre più quella di conoscere l'interno del continente per espandersi territorialmente e sfruttarne le risorse. A causa dell'interruzione del traffico negriero e grazie allo sviluppo tecnologico81 non si

vuole più limitarsi alla sola occupazione di strette fasce costiere.

È proprio il Portogallo che fa partire la Corsa all'Africa, conseguenza della Conferenza di Berlino del 1884. Al centro della disputa sta il fiume Congo. Il territorio è da tempo meta di diverse esplorazioni da parte dei paesi europei desiderosi di aprirsi una via fluviale tra est e ovest. Nel 1880 la Francia grazie al trattato Brazzà-Makoko82 estende un protettorato e pone una base all'inizio del

corso superiore del fiume. Allo stesso tempo Leopoldo II accelera la penetrazione dell'area. È però il Portogallo che detiene i più solidi diritti sulla zona avendo scoperto la foce del fiume già nel 1482. Grazie alla Gran Bretagna, preoccupata delle pretese espansionistiche francesi e belghe, viene stipulato a 79 Telo cit. in Ibid.

80 Cfr. Matos 2006, pp. 57-58

81 Gli sviluppi più importanti coinvolgono tre settori: comunicazioni, trasporti (come il battello a vapore) e della medicina con la diffusione dell'uso del chinino. Anche in campo militare l'invenzione di armi con una più elevata potenza di fuoco permette una maggiore presenza all'interno del continente africano. Cfr. Valentim 1993, p. 57

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Londra un trattato nel 1883 che dà ragione al paese lusitano e ne garantisce la sovranità. Il re belga per convincere gli Inglesi propone uno stato senza dogane nel quale tutti avrebbero tratto beneficio, ma il trattato non avrà seguito. Nel frattempo anche la Germania di Bismarck progetta un allargamento delle sue basi commerciali in Africa. Prima non riconosce il trattato anglo-portoghese e poi indice una conferenza internazionale a Berlino il giorno 15 novembre del 1884. Il Congo diventa uno Stato indipendente sotto la tutela del Belgio, dove è garantito il libero commercio.

Il Portogallo, come si evince da queste premesse, si fa carico dei colloqui più faticosi. Insieme alla Francia durante la Conferenza di Berlino sostiene a livello giuridico: “L’assoluta uguaglianza tra gli status territoriali, considerando il suolo delle colonie e delle terre d’oltremare come un dominio posto sullo stesso

piano del «territorio statale» della madrepatria europea.”83

Quella che doveva sembrare una equiparazione artificiale, fondata su questioni meramente tattiche, divenne una delle idee fondanti dell’immaginario imperiale portoghese lungo l’intero Novecento. […] La specificità dell’imperialismo portoghese moderno risiede nel carattere “organico” delle colonie (siano esse sconosciute, sognate o solo disprezzate) dal momento che esse sono considerate come un innesto vitale, un complemento senza discontinuità nel corpo della nazione.84

Un aspetto da tenere in considerazione è il sempre maggior interesse da parte dell'opinione pubblica verso le questioni coloniali. Si esprimono con un forte nazionalismo anti-britannico che si manifesta a seguito delle concessioni, o meglio, negazioni di Berlino e si estremizza dopo l'ultimatum di Londra.85 Il 83 Schmitt 1991, p. 60

84 Russo op., p. 198

85 Si pensi che l'inno della Repubblica portoghese originale comprendeva questi versi: “Às armas, às armas! Sobre a terra, sobre o mar, Às armas, às armas! Pela pátria lutar! Contra os Bretões! Marchar, marchar.”

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sogno di una mapa cor-da rosa - che unisca territorialmente i possedimenti angolani e mozambicani - viene infranto dalle pretese degli Inglesi. Volendo costruire un caminho de ferro per collegare le colonie dell'Africa meridionale al Mediterraneo mettono i Portoghesi di fronte ad un ultimatum (1890): o muovere le truppe fuori dal territorio contestato o guerra86. Il re D. Carlos è

costretto ad accettare. Provoca così una crisi interna che attraverserà l'ultimo decennio dell'Ottocento e porterà nel 1908 al suo assassinio. La cosiddetta

geração de 90, composta da giovani intellettuali repubblicani, compie “o último

passo para transformar o império no símbolo dos valores nacionais, garante da sua afirmação entre as potências.”87

86 Cfr. Valentim 2000 87 Valentim 1993, p. 59

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1.2 Evoluzionismo e antropologia fisica in Portogallo nella seconda metà del XIX Secolo

Lo scopo del presente paragrafo è quello di presentare sinteticamente lo sviluppo scientifico-culturale delle teorie evoluzioniste in Portogallo nella seconda metà del XIX secolo. Si tratta di descrivere lo “stile”88 della cosiddetta

“antropologia fisica” portoghese, che muove i primi passi in un contesto di forte instabilità economica e politica.

Questa parte presenta lo stato degli studi e delle ricerche sull'argomento, orientandosi principalmente tra due punti cardinali: sull'emergere di un approccio “fisico” nello studio delle caratteristiche della popolazione “bianca” metropolitana, attraverso i lavori dell'antropologo Gonçalo Duro dos Santos e sull'influenza del pensiero positivista e darwiniano, nel campo culturale e scientifico, della storica della scienza Ana Leonor Pereira. La decisione di concentrarsi su questo periodo storico è stata ispirata dal lavoro di Claudia Mantovani, che riguarda gli sviluppi della eugenetica in Italia negli anni Trenta del Novecento. L'autrice cerca le origini di questo peculiare movimento scientifico nella seconda metà del secolo precedente, quando tale paradigma si traduce “in una marcata tendenza alla «biologizzazione» del sociale e, più specificamente, nella fortuna del binomio degenerazione-rigenerazione, dal quale l’eugenica come «scienza politica» della riproduzione umana trae la sua iniziale ragion d’essere”.89

88 Il termine “stile” viene qui usato nell'accezione che ne hanno dato Hacking (2002) e Santos (2012), che spiega come “What one usually calls «scientific reason» - that is, a mode of deliberating and bringing in the possibility of truth or falsehood beyond the here and now – is bound to vary depending not just on the scientific discipline being considered but also on the specific historical and geopolitical context being analysed.” Il termine può essere usato quindi “to capture these variations in «scientific reasoning», but can also be used to capture transformations within one specific disciplinary field.” Santos 2012 p. 34

89 Mantovani 2004, pp. 356-357 Un secondo snodo l'autrice lo individua “nelle tensioni provocate in seno all’ideologia liberale dalla democratizzazione e dalla massificazione della società, con l’emergere di modelli politici collettivisti che alla centralità dell’individuo

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La particolarità di questo periodo storico risiede nel fatto che le idee sviluppate nel campo scientifico e in quello culturale si basano su un pensiero di fondo etnocentrico e razziale, ma non ancora esplicitamente razzista90. In un periodo

di forte crisi economica, politica e quindi anche identitaria, la intellighenzia portoghese si è mossa per individuare i tratti distintivi di una presunta razza (e nazione) portoghese, allo scopo di contrastare la decadenza del paese in chiave ottimista, di rinascita e ritorno ad ancestrali qualità intrinseche lusitane. Tentar di evidenziare le caratteristiche che renderebbero unico “il Portoghese” porta vari studiosi ad interrogarsi sul suo passato remoto, sulle caratteristiche naturali che ne descrivono l'essenza. È in questo contesto che molti intellettuali provenienti dai campi storici, culturali e scientifici s’interessano nella nuova “antropologia”, che dai temi trattati si concentra fondamentalmente sulla parte “fisica” della questione.

È proprio il settore culturale che il tema della mestiçagem, dell'incrocio razziale, affronta in un modo originale, utile per trovare le specificità di questo popolo. Un argomento che, come vedremo, verrà quasi del tutto abbandonato, per poi diventare il cardine dell'identità idealmente multiculturale del secondo dopoguerra. Si argomenta, in definitiva, che le peculiarità storiche e biologiche tipiche della popolazione portoghese deriverebbero non tanto dalla conservazione di una razza pura, quanto dalla continua mescolanza (secondo alcuni: ibridazione) di diversi popoli. Un’interpretazione alquanto originale, specialmente se si considerano gli sviluppi estremi che l’ideologia razzista ebbe altrove in Europa nel secolo successivo.

sostituiscono la centralità del «sociale» quale supremo manager delle risorse umane e materiali della collettività ma anche quale sommo interprete e personificatore dell’etica collettiva” (Ivi, pp. 357). In particolare l'autrice trova come fulcro centrale i cambiamenti provocati dalla prima guerra mondiale. In Portogallo, come vedremo nel capitolo successivo, il peso della guerra sulla società è differente se non minimo, ma queste tendenze sfociano ugualmente nella salita al potere di una dittatura che vorrebbe, almeno idealmente, avere un controllo totale sulla popolazione. Cfr. Cassata 2006

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Nell’età moderna il Portogallo vive, come gli altri paesi europei, un periodo di forte cambiamento delle idee dominanti. A seguito del quale le vecchie (e per lo più diaristiche) collezioni gesuite vengono sostituite dalle nuove produzioni illuministe, positiviste e per alcuni aspetti anticlericali.91 Si trattava in quel caso

di forme espressive di un'antropologia ante litteram, sviluppate nel periodo delle grandi espansioni marittime del Cinquecento e Seicento. Successivamente in un periodo di grandi fermenti liberali e nazionalisti, attorno agli anni Quaranta dell'Ottocento, si assiste a questa inversione di tendenza “to move beyond the biblical and classical anthropological traditions”.92

1.2.1 I primi passi

Da un'analisi generale dei primi studi d'antropologia emerge come l'interesse nato dagli studi sull'evoluzione dell'umanità si concentri poco sulla varietà di razze e popolazioni93. Il soggetto principale delle ricerche empiriche è “the

antiquity of man in Portugal” (antiguidade do homem em Portugal)94,

fondamentale per la costruzione di una rinnovata identità nazionale. Questi lavori si focalizzano sia sul passato, incluso quello preistorico, sia sul presente, e studiano l’ipotetica sopravvivenza nella popolazione di caratteristiche

91 Cfr. Garbarino 1983; Pandian, Parman 2004

92 Santos op., p. 35 Il cambiamento sociale e culturale che porta il paese ad emanciparsi da certe idee troppo legate alla Chiesa viene trainato ed accompagnato “de todo um conjunto de reformas políticas iluministas, lideradas pelo carismático primeiro-ministro marquês de Pombal (1699-1782), que passam sobretudo, no que diz respeito à esfera da educação, pela centralização do ensino nas mãos do Estado, não por forma a contrariar (como seria de esperar) a esmagadora influência da Igreja católica na vida social e política nacional.” Anche con la stessa collaborazione della Chiesa che appoggia la persecuzione dei gesuiti, si apre comunque la fase illuminista. (Ivi, p. 51) In particolare nel 1772 “no que constitui um dos primeiros indicadores institucionais do processo mais específico de emergência e de autonomização do campo a actividade antropológica moderna em Portugal” che viene fondata la nuova Facoltà de Filosofia Naturale all’Università di Coimbra che dopo ospiterà il primo corso di Antropologia e archeologia preistorica in Portogallo. (Ivi, p. 53)

93 Cfr. Pereira 2001

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