1.3. L'influenza del pensiero evoluzionista nella scena intellettuale portoghese
1.3.2 Oliveira Martins
Fig. 3 Oliveira Martins
Oliveira Martins (1845-1894) è considerato in Portogallo uno dei maggiori intellettuali di fine Ottocento187. Studiare la vita e le opere di questo
intellettuale, che ha vissuto attraverso la Geração de 70, vuol dire capire il contesto storico, in quanto è stato un valido interprete dell’instabilità sociale e politica del paese. Insieme ad altri autori, Oliveira Martins si fa portavoce dello scontento del paese dopo l'ultimatum inglese, che ha frustrato l'idea di un impero in Africa. Unisce una lettura del tempo in chiave pessimista188 ad una 187Secondo Pereira è “um tratadista genial, porque simultaneamente expositivo e critico.“
Pereira op., p. 72
188Autori quali Teófilo Braga e Consiglieri Pedroso vedono il passato glorioso come una conferma di un’imminente “regeneração” del paese. Altri sono fatalmente pessimisti credendo che quel secolo delle scoperte che ha creato uno degli imperi più grandi al mondo sia oramai finito. Alcuni nomi, dalla letteratura, all’etnografia sono: Leite de Vansconcelos; Aldolfo Coelho e Rocha Peixoto vedono nelle tradizioni e negli usi del popolo portoghese segni di questa inevitabile decadenza. Per esempio i contadini sono modelli di “primitivo moderno”. Sono visti in chiave, in contrasto con l'immagine romantica, negativa perché in ritardo rispetto alle richieste della modernità. Le caratteristiche che rendono peculiari la realtà lusitana sono viste come i motivi della decadenza e devono essere eliminate o assimilate da nazioni più grandi. Per Antero de Quental l'unico modo per superare questa
filosofia della storia che fa della ricerca antropologica il suo mezzo. È un evoluzionista di stampo haeckeliano anti-positivista189 perché anti-meccanicista.
Crede in un’entità metafisica, una forza universale in perpetuo movimento che è in primis l'istinto naturale, spontaneo ed incosciente e poi morale. È la razionalità che ha permesso all'uomo di uscire dalla pura bestialità, inventando la civiltà della quale massima espressione è la famiglia monogamica. È convinto, come molti suoi colleghi, che la teoria dell'evoluzione permetta di conoscere la storia dell'umanità attraverso un progresso unilaterale che non per forza porta ad un perfezionamento, dove gli uomini non sono tutti uguali. Semmai sono evidenti, per esempio attraverso i cosiddetti “primitivi contemporanei” e soprattutto attraverso la situazione del paese, i segni di una degenerazione. Ma non è una dottrina teleologica di degradazione progressiva, perché Martins crede che l'evoluzione possa attraversare fasi cicliche in cui non per forza a una determinata fase deve seguire un'altra migliore.190
“A sua filosofia do devir universal, crê que a humanidade, atingidos limiares extremos de perfeição, há-de necessariamente, no movimento perpétuo em que está lançada, de degenerar e morrer. Conclusão pessimista, sem dúvida...”191 La
sua teoria (largamente influenzata dal pensiero tedesco) rimane comunque deterministica. Anche se il progresso può non essere garantito, è certo quale sia il progresso in senso qualitativo, che può essere studiato attraverso il massimo esempio della capacità di adattamento ad un determinato ambiente. La storia stessa delle istituzioni diviene pertanto, secondo questa interpretazione,
fase è unirsi alla Spagna formando una “federação ibérica”. Leal 2006, pp. 104-111. 189Cfr. Teixeria 1999
190“Para Oliveira Martins o homem saiu de uma fase de animalidade, a que chama natural, antropológica e zoológica, para uma segunda, étnica, coletiva, em que é capaz de inventar instrumentos, mitos línguas, mas de modo espontâneo, inconsciente, a caminho de uma terceira em que o indivíduo se afirma, cria instituições, o Direito, o Estado, a Moral, sistemas de pensamento, ponto de partida para um nível superior, que já não há lugar para heroísmo singulares e se regressa a um novo anonimato, a um pensamento colectivo consciente e livre, a uma autêntica democracia; um evolucionismo circular com superior regresso ao ponto de partida.” Viegas 1986, p. 31
l’ambiente all’interno del quale l’uomo progredisce e si evolve.
Oliveira Martins progetta di sviluppare una “Biblioteca das Ciências Sociais”192,
un “ambicioso plano de contribuir eficazmente para a educação do povo português”193 che “abrangia a evolução das instituições e das sociedades desde
as suas formas primitivas até ao Estado moderno.”194 Si situa tra Herculano e
Almeida Garret (1799-1854). Come per Herculano non si può parlare di un'origine remota del popolo portoghese. La formazione della nazione portoghese è particolarmente complessa, perché sembra non possedere i due elementi necessari: “a raça e o território”.195 Al contrario di altri popoli come il
Francese o il Tedesco, il Portoghese non è una razza196, perché “destituída de
uma base étnica individualizada”197, e non ha un territorio delimitato da precisi
confini naturali.198 Parte da un'analisi pessimista, in linea con autori come
Almeida Garret che, dopo una vita segnata dal fallimento di una rigenerazione sociale e morale, consegnò al paese una lezione: “Se a sociedade atual ainda não sabia o que era, o novo Portugal deveria sustentar-se em estruturas próprias, não se erguer sobre a catastrófica emersão do Passado no Presente.”199 In História de Portugal (1879), opera continuata con Portugal Contemporâneo (1881),
la nazione non deve fondarsi sul passato né basare “a sua existência, não a
192Pubblica in Elementos de Antropologia: História Natural do Homem (1880); As Raças Humanas e a
Civilização Primitiva (1881); Sistema dos Mitos Religiosos (1882); Quadro das Instituições Primitivas (1883); Tábuas de Cronologia (1884); História da República Romana (1885); História da Civilização Ibérica (1879); e O Brasil e as Colónias Portuguesas (1881).
193Viegas op., p. 13
194Saraiva e Lopes cit. in Matos op., p. 49 195Ivi, p. 231
196“Uma raça na sua fixação consegue abraçar um trato de terreno naturalmente delimitado, convenientemente cortado pelos rios e pelos vales, aberto ao mar para poder vasar a força de expansão, separado do vizinho para não perder a força de coesão”. Martins cit. in Pereira op., p. 234
197Matos op., p. 137 198Pereira op., pp. 230-280
199Annie Gisele Fernandes, A Literatura de Interpelação em Portugal: Da Formação do Romantismo
ao Fim de Oitocentos. Disponibile sul sito: http://www.ueangola.com/criticas-e-
ensaios/item/260-a-literatura-de-interpela%C3%A7%C3%A3o-em-portugal-da-forma %C3%A7%C3%A3o-do-romantismo-ao-fim-de-oitocentos
condições geográficas, étnicas ou económicas, mas a uma vontade colectiva.”200
Oliveira Martins è storico, filosofo, scienziato sociale ed etnografo. L’affermazione è appropriata specialmente se si definisce l’etnografia come “la descrizione dei popoli attraverso caratteri distintivi fisici e culturali tali da permettere l'individuazione e la classificazione delle diverse razze.”201 Tornando
quindi alla sua personale interpretazione della filosofia della storia, è possibile affrontarne il pensiero, riguardo alla classificazione razziale, che non affronta “com ajuda da Paleontologia Humana, da Craneologia” basata, secondo Martins sul falso principio della fissità morfologica, ma “O que em seu entender define uma raça, a distingue de outras, são os seus caracteres linguísticos, religiosos, morais, considerados em sua evolução, historicamente, objetivamente.”202
Secondo l’intellettuale portoghese tutte le razze inizialmente erano uguali. La differenza tra queste non era qualitativa ma quantitativa. Tuttavia, sotto lo stesso condizionamento geografico, storico e culturale, alcune progrediscono più di altre tanto da fargli affermare, in contrasto con le teorie di Tylor, che: “errónea é a teoria da identidade de capacidade de civilização em todos os homens.”203 La razza superiore204 è quella ariana e subito sotto sta quella celtica
che, attraverso i Lusitani, ha fatto ereditare ai Portoghesi quelle qualità che un tempo hanno permesso loro di realizzare “a epopeia dos Descobrimentos.”205 200Garret cit. in Matos op., p. 49
201Viegas op., pp. 20-21 202Ivi, p. 40
203Martins cit. in Viegas op., p. 29
204“Mas enquanto em outros a capacidade não consente que as sementes germinem e a planta se desenvolva, entre os Árias tais rudimentos eram os embriões das cidades em que vivemos, das sociedades a que pertencemos. Porque já no cérebro do pastor, cantando pelos montes os hinos védicos, há inconsciente o pensamento agudo e profundo de um Hegel, de um Goethe; já na aldeia com as suas instituições há os elementos constitucionais das sociedades europeias; [...] as sementes da Filosofia e da Ciência, […] o motivo de um futuro império universal” Martins cit. in Ivi, p. 43
La storia del popolo portoghese viene affrontata in uno dei suoi libri più importanti in O Brasil e as Colónias portuguesas (1880), dalla tratta degli schiavi alla colonizzazione. Affrontando uno dei caratteri più violenti della dominazione portoghese, Martins giustifica la tratta degli schiavi sia su base economica206 sia scientifica, in un razzismo esasperato che questa volta fonda su
basi bio-antropologiche.207 Per comprendere questa nuova visione vale la pena
di considerare un passo, forse un po' lungo, ma chiarificatore del suo libro: Sempre o preto produziu em todos esta impressão: é uma criança adulta.; Não haverá, porém, motivos para supor que esse facto do limite da capacidade intelectual das raças negras, provando em tantos e tão diversos momentos e lugares, tenha uma causa íntima e constitucional? Há decerto, e abundam os documentos que nos mostram no negro um tipo antropologicamente inferior, não raro próximo do antropoide, e bem pouco digno do nome de homem. A transição de um para o outro manifesta-se, como se sabe, em diversos caracteres: o aumento de capacidade da cavidade cerebral, a diminuição inversamente relativa do crânio e da face, a abertura do ângulo facial que daí deriva, e a situação do orifício occipital. Em todos estes sinais os negros se encontram colocados entre o homem e o antropoide. E os estudos de arqueologia pré-histórica não autorizam a supor que dentro duma raça, isto é, sem o cruzamento de sangue estranho, possam dar-se progressos sensíveis na anatomia do cérebro. Não bastarão acaso estas provas para demonstrar a quimera da civilização dos selvagens, que foi o sonho vão dos jesuítas? E se não há relações entre a anatomia do crânio e a capacidade intelectual e moral, porque há de parar a filantropia no negro? Porque não há-de ensinar-se a Bíblia ao gorila ou ao orango, que nem por não terem fala deixam de ter ouvidos, e hão-de entender, quase tanto como entende o preto, a metafísica da encarnação do Verbo e o dogma da Trindade?; A ideia de uma educação dos negros é, portanto, absurda não só perante a História, como também perante a capacidade mental dessas raças 206“A escravidão tinha, pois, um papel positivo e economicamente eficaz sob o ponto de vista
da prosperidade das plantações” Martins 1904, p. 212 207Cfr. Valentim 1999, pp. 133-144
inferiores.208
Arriva quindi all’estrema conclusione che il destino della razza nera è quello di scomparire a causa della superiorità di quella bianca.
In base a queste premesse l'opinione di Martins riguardo al controverso tema della mestiçagem non potrebbe che essere negativo ma, come si è visto con Braga che al contrario la valorizza, è un argomento che deve essere affrontato senza peraltro poterlo ripudiare (come accadrà in seguito), in quanto corrispondente ad una realtà obiettiva. Realtà tanto più evidente nel caso del Brasile, un paese la cui popolazione è l'esempio massimo di che cosa significhi l’espressione: “mescolanza etnica”.
Lo studioso Sérgio Campos Matos sottolinea209 come Martins210 individui i
diversi elementi etnici che hanno contribuito alla costruzione della società brasiliana: indigeni, neri ed europei. "Mas, no quadro do darwinismo social que perfilhava, valorizava sobretudo o contributo destes últimos e, em particular, dos Portugueses. [...] Estes foram os primeiros a lançar as bases de novas sociedades europeias. Tal qualidade do génio nacional teria ficado demonstrada precisamente no Brasil"211. Queste idee, in particolare il ruolo dei pionieri
portoghesi, sembrano anticipare quelle di Gilberto Freyre nel suo Casa Grande e
Senzala, ma al contrario di quest'ultimo sono piuttosto in linea con i maggiori
intellettuali ed antropologi brasiliani dell'epoca, che vedono la mestiçagem come un fattore negativo. Martins è convinto che solo una popolazione omogenea, una ben definita razza, possa costituire la base di una nazione e che questa mescolanza di caratteri così diversi non possa far altro che corrompere le virtù dei caratteri nazionali212. Secondo Campos Sérgio Matos, Oliveira Martins 208Martins op., pp. 262-265
209Matos 2008, pp. 78-81 210Martins op., pp. 146-154 211Matos op., p. 78
considera una delle capacità fondamentali del Portoghese quella di assimilare le qualità dei popoli stranieri. È un’idea che sarà prima, adottata da intellettuali brasiliani come Manoel Bonfim nel suo libro A América Latina. Males de origem del 1904, precursore del meticciato positivo e che poi costituirà, come si è visto nell’introduzione, uno dei temi fondamentali del luso-tropicalismo di Freyre. Bisogna di nuovo sottolineare come Martins, quando guarda al di là del mare cambi opinione sul suo popolo, da pessimista – i lusitani sono destinati ad essere inglobati dalle maggiori potenze europee - a quella, se non ottimista almeno apologetica, dove il Portoghese è ancora il conquistatore, portatore di sani principi e valori. Ad ogni modo Martins ha una chiara visione del futuro del Brasile: "Uma nação europeia e não mestiça […] neo-latina, neo-ibérica, neo- portuguesa."213 È una visione, in accordo con Matos, estremamente unilaterale
ma corrispondente a quella comune del tempo - in periodi di affermazione di nazionalismi ed espansionismi aggressivi - etnocentrica e socialmente darwinista.214
213Martins op., p. 176 214Matos op., p. 79
1.4 Conclusione
Un cambiamento di paradigma che tarda ad arrivare
Em Portugal, entre finais do século XIX e inícios deste século, aquilo que garantia credibilidade cientifica e uma carreira académica proveitosa na antropologia ou na etnologia não eram as colónias, o orientalismo, a Índia, Timor ou África. Era o povo português.215
Ricardo Roque scrive così a proposito della scarsa considerazione per il lavoro di un militare ma soprattutto di un aspirante antropologo di nome Fonseca Cardoso che decide di partire nel 1895 per una spedizione nell’India portoghese. Il suo libro uscito tre anni dopo si chiama “O indígena de Satari.” In effetti, se indossiamo gli occhiali del tempo e anche quelli “presentisti” (per richiamare un pensiero di Stocking216), come ha fatto notare sempre Ricardo
Roque, se si guarda ad un'antropologia portoghese interessata alle popolazioni dei territori d'oltremare, verso la fine dell'Ottocento, sembra di guardare un deserto. Ma “se usarmos os óculos retrospectivos de Mendes Correia e dos antropólogos físico do Porto nos anos 30, o oásis desse deserto foi o ano da publicação do estudo de e a figura heroica e pioneira de Fonseca Cardoso, então […] o fundador de uma nova especialidade científica, a antropologia colonial.”217 Un’oasi, che sembra praticamente sconosciuta, forse un’eccezione
che conferma la regola.
Se guardiamo agli autori trattati e pensiamo a Stocking e ai dubbi riportati all’inizio del capitolo riguardo alla dicotomia proposta, se l'Antropologia portoghese sia causa ed effetto di una nation-building o di una empire-building, sembra che quest'ultima ipotesi non faccia al caso nostro. Si potrebbe preferire 215Cfr. Roque 2011
216Stocking 1968, pp. 1-12 217Roque 2011, p. 167
la tesi di Leal che afferma:
...a inexistência de uma tradição antropológica de empire-building em Portugal deve ser relacionada com a fraqueza do colonialismo português, exercido por um país periférico, ele próprio dependente das grandes potências centrais europeias, particularmente da Inglaterra.218
Ma il caso appena esposto e altri esempi, che emergono da studi recenti focalizzati in tematiche storiche specifiche, ovvero la storia della scienza, hanno fatto suggerire che questa visione deve essere rivisitata219. Si pensi al caso di
Barros e Cunha, studiosi della collezione di materiale scheletrico da Timor Est di Machado220 e soprattutto, in un altro lavoro di Roque, a proposito delle
collezioni di crani umani della colonia di Timor. Qui arriva ad argomentare: “Em Portugal, a antropologia de construção da nação coexistiu com as antropologias de construção do império.”221
Del resto non bisogna dimenticare che fino al 1890, la spinta imperialista tesa a costruire un Brasile in Africa è molto forte, tanto da far sì che nascano associazioni quali la Sociedade de Geografia de Lisboa. Creata nel 1875 ha come intento quello di allineare la nazione portoghese al “grande movimento civilizacional”222 promuovendo “um conhecimento cientifico sobre o espaço e as
Populações” ai quattro angoli dell'impero portoghese.223 Questi intenti vengono
però sviliti, come si è visto nella nota storica, dalle potenze straniere e da quell'ultimatum di Londra, che frena ufficialmente qualsiasi desiderio di espansione in Africa. Quest’umiliazione nazionale innesca nel Paese l'ennesima 218Leal 2001, p. 646
219Cfr. Matos, Pina-Cabral 2014 220Santos op., p. 43
221Roque 2010, p. 148 222Roque 2011, p. 288
223Si ricordino le spedizioni di personaggi illustri tra il 1870 e il 1880 quali Capelo, Invens, Serpa Pinto e Henrique de Carvalho. Ivi, pp. 287- 296
forte crisi economica e politica, che risulterà fatale per la monarchia. L'élite del paese, una nuova borghesia, decide d'impegnare i suoi sforzi, intellettuali ed economici, nella ricostruzione morale del paese, dando sfogo a quelle richieste che cercano la propria identità nazionale in chiave moderna e quindi nazionalista.
Hence, just as the dream of a Third Empire in Africa had to be postponed, so the “colonial terrain” of physical anthropologists had to be postponed, and their dominant concern remained the metropolitan population and its place within European “white” supremacy.224
Sogno che verrà in parte coltivato solo con il regime di Salazar negli anni Trenta quando, usando la chiave interpretativa fornita da Hannah Arendt225,
l'imperialismo di regime cercherà di trasformare il razzismo da semplici e sporadiche opinioni in “autentica” scienza, supportata da ampi studi sulle colonie e le loro popolazioni.226
La storia dell’antropologia portoghese, la sua storia della scienza, rimane un caso di studio interessante un po' perché conosciuto ancora troppo poco ma soprattutto per il suo valore nelle attuali ricerche di storia comparata. È un caso originale perché dotato sia di diverse particolarità, specifiche dei paesi periferici (Pina e Cabral parlano di “quinta tradição”), sia di numerose similitudini con il 224Santos 2012, p. 43
225Il testo della filosofa Hanna Arendt, Le origini del totalitarismo, può essere d'aiuto per capire questa trasformazione, senza dimenticare che lei stessa si guardava bene da considerare uguali tutte le forme dittatoriali comparse nel primo dopo guerra. La situazione coloniale del Portogallo e del rapporto con la popolazione indigena può essere paragonata più alla Francia piuttosto che alla Gran Bretagna (del quale imperialismo si occupa maggiormente la Arendt). “La politica verso questi territori viene orientata alla possibile assimilazione. Dove i risultati economici e educativi lo giustificavano, i soggetti nelle colonie francesi e portoghesi potevano aspettarsi di passare dallo status di soggetto a quello di cittadino e di essere governati secondo le leggi della comunità metropolitana piuttosto che secondo la legge tradizionale delle comunità locale. In generale non ci fu alcuna seria intenzione di dare uno
status indipendente a questi paesi; ci si aspettava che a un certo punto sarebbero diventati
parte della Grande Francia o del Grande Portogallo.” Petrosino 1999, pp. 76-77 226Cfr. Santos 2005; Correia 1940; Pereira 2005
resto d'Europa.
Similitudini evidenti, come si è visto, con la scuola francese dalla quale il Portogallo deriva metodi e strumenti. Da quella nazione però si distanzia in alcune notevoli caratteristiche, di cui una è particolarmente importante per i fini della ricerca. Come scrive Santos, se la scuola di Broca punta ad una “classification and comparison of human populations aimed at the theoretical synthesis of a «natural history of man» at a global scale”227, la linea di ricerca
che viene istituzionalizzata a Coimbra alla fine del XIX secolo – e anche a Porto dal 1911 – punta ad una “classification and comparison of human populations aimed primarily at the theoretical synthesis of a «natural history of the Portuguese»”228. A fine Ottocento entrambi gli stili di antropologia fisica
arrivano a conclusioni deterministe spesso intrise di razzismo. In Francia questi assunti iniziano verso la fine del secolo a venir criticati apertamente e ufficialmente dagli stessi antropologi fisici. Influenzati dal lavoro di Franz Boas, argomentano che l'ambiente e la dieta condizionerebbero fortemente le caratteristiche fisiche degli individui. Nuovi pensieri, concentrati attorno alla figura di Emile Durkheim, cominciano a sviluppare una nuova forma di antropologia che si distacca dalle analisi arbitrarie di quella fisica: nasce la sociologia.
In Portogallo c'è un tentativo - da parte di alcune eminenti figure, in primis quella di Macedo e poi, anche grazie al suo peso politico, Machado - di rivedere i loro studi interessandosi sempre più a quelli legati al comportamento e alla pedagogia. Ma “the critique of the racist evolutionary assumptions of physical anthropologists did not take place in any systematic manner before the second half of the twentieth century”229. Probabilmente perché questa disciplina
è ancora troppo piccola e troppo omogenea per aprirsi a tali cambiamenti. Cambiamenti che in ogni caso saranno frenati, come si vedrà nel prossimo 227Santos op., p. 48
228Ibid. 229Ivi, p. 43