• Non ci sono risultati.

L'antropologia fisica nell'Estado Novo (1927-1945) [ ] Devemos organizar cada vez

2.2 La mistica imperiale e la “raça portuguesa”

Sono passati quattro giorni dallo sbarco in Normandia, preludio alla conclusione di un conflitto mondiale tra ideologie e presunte razze diverse. È il 10 Giugno del 1944 e in Portogallo come ogni anno si festeggia il poeta Luís de Camões. António de Oliveira Salazar inaugurando lo "Estádio Nacional" proclama questo giorno come Dia de Camões, de Portugal e da Raça.247

Il voler rendere “il giorno della razza” festa nazionale, potrebbe far subito pensare ad una dittatura, quale è l'Estado Novo, che fonda la sua essenza su una gerarchia di razza, dove quella Portoghese è il corrispettivo di quella ariana per la Germania nazista. È una tesi superficiale che non tiene conto delle particolarità del regime di Salazar e del significato ampio che il termine “razza” può assumere nel XX secolo. Trattare qui le somiglianze e le diversità di questo regime con i due grandi totalitarismi europei248 andrebbe oltre gli obiettivi del

presente lavoro, ma per capire, in sintesi, cosa distingue il Portogallo dalla Germania e dall’Italia di quel periodo storico, si può far riferimento al pensiero di Hannah Arendt e alla sua analisi comparata in Origini del Totalitarismo (1948), come del resto hanno fatto Pimentel e Ninhos in Salazar, Portugal e o Holocausto (2013). Distinguendo tra il totalitarismo nazista, da un lato e le tirannie di tipo tradizionale dall'altro, la dittatura Salazarista (insieme a quella di Franco) dovrebbe essere collocata nell'ultimo gruppo.

Efetivamente, enquanto as tìranias de tipo tradicional utilizam, segundo a filósofa, o seu aparelho repressivo para perseguir e calar os seus inimigos, que são os seus adversários políticos, o “totalitarismo” nazi […] tinha também como objetivo 247Diario de Noticias 11 Junho 1944. Per un'analisi sulla celebrazione con una comparazione

con quella delle olimpiadi tedesche. Cfr. Bordalo e Sá 2013

248Per un esame approfondito sulle similitudini con la Germania nazista e il fascismo italiano si veda: Pimentel, Flunser, Ninhos 2013

aniquilar indiscriminada e arbitrariamente toda a espécie de vitimas inocentes devido ao facto de pertencer a uma determinada etnia “racial”.249

Per quanto riguarda l'uso del termine razza bisogna dire che il Portogallo è paradigmatico di una prassi comune del tempo. Non ancora ufficialmente messo in discussione250, “razza” è un termine con un valore discreto e tende ad

essere usato sia in senso scientifico, un gruppo con determinate caratteristiche morfologiche e sia in campo culturale, una popolazione omogenea accomunata da una lingua, religione, costumi, tradizioni. Per questo un suo sinonimo è spesso nazionalità e/o civiltà251. Per dirla con altre parole, Nancy Stepan nota che

l'uso del termine “razza” come una “historical strategy”, “found it best to take the word [race] to mean whatever scientists have decided it to mean.”252

Conceição Meireles, professoressa di storia contemporanea all'università di Porto, intervistata da un periodico locale, afferma che “há, de certa forma, e sem dúvida nenhuma, posições eugenistas e racistas” aggiungendo che il concetto di razza “é um conceito ambivalente no Estado Novo”. “Quando se tenta exaltar o Dia da Raça, é a raça do povo português entendida de uma forma geral, global. […] um povo diferente, aparentemente frágil, mas com valores que lhe permitiram grandes realizações”253

Nel precedente capitolo abbiamo visto come la ricerca identitaria della razza si 249Ivi, p. 82

250Bisognerà aspettare il 1950 con la dichiarazione dell'Unesco che ne discredita il valore in senso scientifico.

251Interessante notare come attualmente si senta spesso utilizzare, in modo analogamente inappropriato, il concetto di DNA, derivante dalla moderna disciplina scientifica della genetica, applicato a comportamenti ovviamente di origine culturale, con frasi del tipo: “è nel DNA del nostro popolo vestire in modo decente”. Il tentativo dialettico e semiotico, che evidentemente persiste, è quello di attribuire atteggiamenti etici, derivanti da fenomeni storici di radice locale, più o meno recenti e perciò oggettivamente labili, a una insopprimibile e fisicamente ben radicata “natura”, forgiata in milioni di anni di evoluzione, che si vorrebbe elevare ad elemento gerarchico di distinzione di una popolazione umana dall’altra.

252Stepan cit. in Cleminson 2014, p. 10

sia focalizzata soprattutto verso l'interno, sulla popolazione metropolitana. Con l'Estado Novo, l'esser Portoghese trova forza anche con il distinguo verso “l'altro” fuori, con le popolazioni nelle colonie.

Fernando Rosas analizzando i discorsi ufficiali del Regime individua i miti ideologici fondativi dell'Estado Novo. Tra questi si deve sottolineare “o mito imperial”, ereditato in larga parte dalla tradizione repubblicana e monarchica anteriore, “no seu duplo aspecto de vocação histórico-providencial de colonizar e evangelizar.”254 Questa volta la razza portoghese trova ragione d'essere nella

sua vocazione imperiale:

...o desígnio mítico da raça concretizava-se no ideal reencontrado do império: o império como entidade ontológica e natural-organicista concretizadora dessa vocação. Armindo Monteiro, ministro das Colónias de 1931 a 1935, talvez o principal ideólogo da doutrina «imperial» do Estado Novo, explicava claramente a novidade do conceito: «Portugal pode apenas ser uma Nação que possui colónias ou pode ser um império. Neste caso ele será a realidade espiritual de que as colónias sejam a concretização.» Assim se compreende que deste mito imperial se deduza como dogma indiscutível a ideia da nação pluricontinental e plurirracial, una, indivisível e inalienável. E teríamos, assim, nesta sistematização, uma primeira vocação, que seria a vocação imperial da nação.255

Sono gli anni della Mística Imperial che Fernando Alvez de Azevedo definisce come: “um apetite heroico de acção, uma consciência de energia que só aceita o que é honesto e puro e que acima de tudo exige a manutenção integral de tudo 254Rosas 2001, p. 1034 Altri miti fondativi dell'Estado Novo sono: Il “mito palingenético”, ovverosia della “Renascença Portuguesa” che, come suggerisce il nome, vuole far tornare agli antichi fasti il paese. Il “mito do novo nacionalismo” in cui l'Estado Novo è “a materalização política no século XX de uma essencialidade histórica portuguesa mítica.” Riassumibile nello slogan “Tudo pela Nação, nada contra Nação”. “o mito da ruralidade”; “mito da pobreza honrada”; “mito da ordem corporativa”; “o mito da essêcia católica da identitade nacional”. 255Ivi, p. 1035

quanto se fez ou se conseguiu. [...] É antes uma hóstia de esperança que o fel amargo dum remédio que se toma à força.”256 Queste poche righe sono “a trave

mestra do edifício ideológico colonial erigido pelo Estado Novo”257, la cui sacra

missione è mantenere la continuità coi fasti del passato. Questo edificio si fonda su tre elementi: “a preocupação altruísta da cristianização das raças atrasadas” ricordando che l'“imperialismo português é muito diferente dos outros imperialismos europeus”258; “a convicção de que a obra colonial é de sacrifício,

antes um dever que um direito”259 e infine “não só aumentar Portugal mas o

número de portugueses.”260

Gli anni della Mística Imperial sono inaugurati e governati dall'Acto Colonial del 1930. “Este diploma inaugura uma nova fase na administração colonial portuguesa, uma fase imperial, nacionalista e centralizadora, que irá vigorar até 1951.”261

Questo atto, la misura legislativa che sancisce e ufficializza un tipo di controllo sulla popolazione indigena, è anticipato da altri importanti decreti.

Nel 1901 Eduardo Ferreira da Costa, membro della Geração de 90262, esprime al

primo Congresso Coloniale, l'impossibilità di creare delle leggi uguali tra Europei ed Indigeni. La “inferioridade manifesta do selvagem” necessita di essere regolamentata da un regime militare.263 Insieme ad Oliveira Martins la Geração de 1895264 crede che l'unica maniera per civilizzare i popoli delle colonie sia il

lavoro forzato. Idee che sono destinate a cambiare quando si comincia a 256Azevedo s/d, p. 4 257Neto 2009, p. 49 258Ivi, p. 5 259Ivi, p. 6 260Ibid. 261Castelo 1999, p. 45

262La generazione erede delle idee nazionaliste della Geração de 70. 263Valentim 1999, p. 139

264Questa “generazione”, attiva tra l'ultimatum britannico e la nascita della I Repubblica, è formata da amministratori e militari che esercitano le loro funzioni nelle colonie.

guardare alle colonie africane non più come un problema ma come un'opportunità. Uno dei più importanti nomi della politica coloniale portoghese, il generale Norton de Matos, governatore dell'Angola e poi alto commissario, parla esplicitamente di Integração Nacional dove, in un processo lungo secoli, sarà possibile la fusione delle razze sotto l'egida dei valori portoghesi. Tuttavia nel frattempo è necessaria una netta separazione per non far diluire nel sangue misto i valori della civiltà che contraddistinguono il popolo portoghese. Il quale ha come compito quello di civilizzare ed educare, come una “criança adulta”, la popolazione nera al fine di poterla assimilare. Da un punto di vista pratico queste idee vengono espresse nel 1926 dall'Estatuto

Político, Social e Criminal dos Indígenas de Angola e Moçambique, la prima versione

di quei decreti – conosciuti con il nome di Estatuto do Indigena o Indigenato – definiscono i diritti ma soprattutto i doveri delle popolazioni colonizzate. Vengono definiti come indigeni “os indivíduos de raça negra ou dela descendentes que, pela sua ilustração e costumes não se distingam do comum daquela raça.”265 Con questo decreto vengono create tre categorie: gli indigeni, i

bianchi e “os assimilados”. Questa politica integrazionista è altamente restrittiva. Per venir considerati assimilati:

l'Africano doveva parlare e scrivere in Portoghese, rinunciare ai costumi tribali e dare prova di lealtà verso la nazione portoghese, clausola che permette di escludere ogni persona sospetta. […] Di fatto, prevaleva ovunque l'amministrazione indiretta, sostenuta da capi autoctoni controllati dalla burocrazia coloniale e guidata da un governo assistito da una giunta, in cui erano ammessi soltanto bianchi.266

Un'altra categoria, tra le tre appena citate e non esplicitamente considerate nella stesura dell'atto, è quello dei mestiços. Anche se inizialmente i meticci erano 265Neto 2010, p. 30

considerati automaticamente “assimilati”267, questa visione cambia col passare

degli anni. I meticci incontrano sempre più difficoltà lavorative, di carriera nell'amministrazione e nell'impianto burocratico statale, fino all'obbligo di sostenere, come i “nativi”, le prove per un'equiparazione, ameno in teoria, coi “bianchi”. Qualche dato può servire per spiegare questa legge, lasciata all'interpretazione dai giudici, che di fatto si concretizza in una vera e propria segregazione razziale: nel 1960 di 4.600.000 neri presenti in Angola solo 42.000 vengono classificati come assimilati (circa lo 0,9%). Di fatto leggendo i dati questa politica discrimina le persone per razza: nel 1950 il 44% dei bianchi sono analfabeti ma vengono comunque considerati “civilizados”268.

La politica rivolta alla popolazione indigena non presenta grandi alterazioni con le legislazioni successive. Durante il regime salazarista coesistono due correnti principali nell'atteggiamento da adottare con i nativi, entrambe con radici nel XIX secolo.

Uma delas, tributária ainda das teses do «darwinismo social», parte do postulado da inferioridade da raça negra, a qual, insuscetível de civilização, estaria condenada a viver sob a tutela da raça branca - sem o que voltaria ao estado natural de selvajaria. É esta teoria dominante até meados da década de quarenta: estava-se na época de afirmação dos valores de «raça» (uma suposta raça portuguesa) a impor as etnias bantas; repudiava-se a mestiçagem e falava-se muito de «colonização étnica», ou seja, do povoamento das colónias africanas por uma população branca numerosa, de ambos os sexos, de modo a evitar as misturas raciais. A segunda corrente é mais etnocentrica do que propriamente racista: proclama-se a superioridade, não da raça branca, mas da civilização ocidental, imbuída de valores cristãos, de validade universal, a que os povos negros podem aceder, quando devidamente educados – cabendo a Portugal essa tarefa missionaria. Marginal até ao conflito de 1939-45, esta doutrina assume depois foros de teoria oficial, em 267I bianchi, i cinesi, gli indiani e una gran parte dei meticci erano (almeno inizialmente)

considerati a priori civilizados. Cfr. Pimenta 2013 268Cfr. Bender 1978, p. 151

resposta às tendências descolonizadoras no concerto das nações.269

Nel 1930 due fidati collaboratori di Salazar, Quirino de Jesus (il suo mentore) e Armindo Monteiro (la “mente” del progetto coloniale portoghese) redigono l'Acto Colonial270. Il secondo articolo recita: “é da essência orgânica da Nação

Portuguesa desempenhar a função histórica de possuir e colonizar domínios ultramarinos e de civilizar populações indígenas”271 chiarificando, nell'articolo

seguente che “os domínios ultramarinos de Portugal denominam-se colónias e constituem o Império Colonial Português”. Stabilisce uno statuto speciale per la popolazione indigena (art. 22). Proibisce il lavoro forzato272, ma decreta che lo

Stato possa “compelir os indígenas ao trabalho em obras públicas de interesse geral da coletividade, em ocupações cujos resultados lhes pertençam, em execução de decisões judiciárias de carácter penal,ou para cumprimento de obrigações fiscais”. Considera le missioni religiose uno strumento di civilizzazione e di influenza nazionale garantendo l'appoggio, la protezione e la creazione di “instituições de ensino” (art. 24). Per quanto riguarda il lato economico stabilisce una organizzazione strettamente subordinata al principio di unità nazionale dove la metropoli si erige ad arbitro degli interessi comuni. (art. 34; 35; 36). Per ultimo impone la fine della autonomia finanziaria delle colonie. (art. 40).

Questa politica imposta tra gli anni trenta e quaranta rompe con il passato repubblicano in tre aspetti principali: “a autonomia administrativa é substituída pela centralização; a abertura ao capital estrangeiro cede lugar à nacionalização; o desenvolvimento autónomo é preterido em favor da integração económica imperial.”273

269Valentim 1993, p. 64

270Diário do Govêrno, 8 Luglio 1930, n. 156

271Acto Coloniale, promulgato per Decreto n°. 18 570, del 8-7-1930

272Norma già presente dallo statuto dal “código do trabalho” del 1928 dovuta alle pressioni internazionali della Società delle Nazioni. Cfr. Matos 2006, pp. 66-67

La riaffermazione della vocazione coloniale ha anche obbiettivi di ordine interno, come sostiene Valentim:

Tratava-se de criar – ou de fazer renascer – uma verdadeira mística imperial, de mobilizar os espíritos, arreigando no conjunto da população portuguesa o «amor» pelos domínios colónias e fazendo passar as elites por África, a preparar o meio de tal modo que se pudesse viver, indiferentemente na metrópole e no ultramar.274

Viene per questo organizzata una “ofensiva ideológica, una política do espírito”275, attraverso un'enorme sforzo di mobilitazione mediatico (congressi,

conferenze, esposizioni, giornali e riviste, concorsi di letteratura coloniale). I periodici che si incaricano di questa missione sono fondamentalmente due: O

Mundo Português e Boletim (da Agência) Geral das Colónias276. La prima rivista, il

quale sottotitolo recita “de cultura e propaganda arte e literatura”, è attiva dal 1934 al 1947 distinguendosi come “uma das vozes mais afirmativas do colonialismo português.”277 Secondo le parole di Armindo Monteiro vuole

rivolgersi innanzitutto “à gente jovem”278, trattando storia ed etnografia, “eroi”

e viaggi. Il motto del Boletim da Agência Geral das Colónias279 (1925-1969), organo

ufficiale dell'azione coloniale portoghese, recita: “propõe-se fazer a propaganda do nosso património colonial, contribuindo por todos os meios para o seu 274Valentim 1993, p. 62

275Castelo op., p. 47

276Entrambe le riviste sono divulgate attraverso il Secretariado de Propaganda Nacional. 277Neto 2012, p. 207

278Monteiro 1934, p. 3

279Dal 1951 col numero 314 cambia nome in Boletim Geral do Ultramar. Il bollettino, nato durante la I Repubblica portoghese, anticipa e traccia le linee guida di un atteggiamento che si manifesterà concretamente con l'Acto Colonial dell'Estado Novo. Armando Zuzarte Cortesão, primo direttore e “Agente Geral das Cólonias” scrive aprendo il primo numero della rivista: “A política colonial dos países que possuem colónias tem fatalmente de se orientar por estes dois grandes e basilares princípios: a) os indígenas das colónias devem ser considerados como seres humanos e não como simples animais, constituindo a sua educação e bem estar uma missão sagrada que a Civilização delega nos povos colonizadores; b) a humanidade carece das riquezas inexploradas das vastas regiões coloniais, exigindo dos povos que as detêm a sua rápida utilização.” Cortesão 1925, p. 3

engrandecimento, defesa, estudo das suas riquezas e demonstração das aptidões e capacidade colonizadora dos portugueses.”280

Entrambe le riviste sono i maggiori canali per pubblicizzare e propagandare i due momenti fondamentali per la costruzione dell'immaginario collettivo imperiale rivolto alle colonie: La Exposição Colonial Portuguesa del 1934 e la

Exposição do Mundo Português del 1940. Insieme all'Acto Colonial, queste grandi

manifestazioni esprimono il nuovo modo di rappresentare le colonie e le loro popolazioni. L'indigeno non è più solo oggetto “de uma ideologia colonialista pragmática, funcional e abertamente «racista»”281 di fine Ottocento, ma viene

dipinto come allo stesso tempo “selvagen” e “assimilados”, primitivo e cittadino. L'indigeno diventa un utile mezzo per celebrare l'Impero seppur allo stesso tempo evidenzia le contraddizioni di un atteggiamento paternalista che si vuole adottare nei loro confronti. Da una parte gli “usi e costumi” degli indigeni sono utili strumenti di un esotismo che celebra ai cittadini “metropolitani” la grandezza della nazione, dall'altra questa criança adulta deve abbandonare queste “usanze primitive” per poter essere istruita ai più alti livelli della civilizzazione. I nativi vengono così esposti “na sua diferença e na sua inferioridade a uma população unida pela suposta pertença a uma «raça» considerada superior e detentora do poder – político e científico – da metrópole.”282

Per questa nuova propaganda imperiale viene coinvolto attivamente il mondo accademico e tra le tante discipline, l'antropologia fisica traccia una delle linee maestre.

280Boletim Geral das Colónias, Vol. I, Nº 2, pag. 230 281Thomaz 2002 p. 68