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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA
DOTTORATO DI RICERCA IN DIGITAL HUMANITIES ARTE, SPETTACOLO E TECNOLOGIE MULTIMEDIALI
Ciclo XXIX
Coordinatori Chiar.mo prof. Giovanni Adorni, Chiar.ma prof.ssa Elisa Bricco
VERSO L’ATTORE ORGANICO:
TRAINING NEUROPLASTICO
PER L’ATTIVAZIONE DINAMICA
DELL’ENERGIA DI PRESENZA
SETTORE SCIENTIFICO DISCIPLINARE Teatro, Neuroscienze, Nuove Tecnologie
DOTTORANDO Dott. Christian Zecca
(matr. n. S3852037)
TUTOR Chiar.mo prof. Roberto Cuppone
2 INDICE
Introduzione
L’ENERGIA DI PRESENZA (EDP) E L’ATTORE ORGANICO
PARTE PRIMA
ALLA RICERCA DELL’EDP FRA ECLETTISMI, ECCENTRICITÀ ED EMARGINAZIONI 1. Intorno al concetto di “presenza” scenica
1.1. Tradizione teatrale, filosofia, scienza
1.1.1. La presenza nella tradizione orientale e occidentale 1.1.2. Il concetto di presenza nella filosofia
1.1.3. Il concetto di presenza nella scienza 1.2. Per una nuova fisiologia dell’attore
1.2.1. Definizione di fisiologia teatrale
1.2.2. Prime indagini fisiologiche sull’attore organico 1.2.3. Sistema Nervoso Centrale (SNC)
1.2.4. Sistema Endocrino (SE)
1.3. Prime ipotesi sulla fisiologia della presenza scenica
2. L’idea di presenza fra tradizione e modernità
2.1. Tradizione egizia, il corpo come tempio: fisiologia della “macchina umana” 2.1.1. La visione del corpo nell’antico Egitto
2.1.2. Corpi, organi e loro relazioni funzionali nella tradizione egizia 2.2. Alchimia e fisiologia: alcuni esempi
2.2.1. Cenni di disciplina alchemica 2.2.2. Verso una nuova alchimia
2.3. Fisiologia della trasformazione nella tradizione giudaico-cristiana 2.3.1. Qabalah e corpo umano
2.3.2. La pratica cristiana: meditazione e preghiera 2.4. Pratiche fisiologiche di matrice orientale
2.4.1. La meditazione taoista 2.4.2. La mindfulness
2.5. Fisiologia della presenza nella fisica: alcuni concetti “rimossi” ridefiniscono l’idea di presenza
2.5.1. Il concetto di mente estesa 2.5.2. Altre teorie
2.6. Fisiologia della presenza con la nascita della psicologia
2.6.1. Come l’energia sessuale modella la fisiologia del soggetto 2.6.2. Archetipi e simboli dall’inconscio collettivo
3 2.6.4. La bioenergetica
2.7. Fisiologia della presenza nella scienza, percorsi alternativi: dal magnetismo animale alle nuove teorie vibrazionali
2.7.1. Il magnetismo animale
2.7.2. PNEI: equilibrio tra sistema oppiaceo e sistema endocanabinoide 2.7.3. Indagine su possibili funzioni di epifisi e neurotrasmettitori 2.8. Fisiologia della presenza e neuroscienze: verso una cognizione incarnata
2.8.1. Il modello di bodily intention: incarnazione della cognizione 2.8.2. Intorno ai neuroni specchio (NS)
2.8.3. Ipotesi di super neuroni specchio (SNS)
3. L’idea di presenza nei percorsi pratici dal ‘900 a oggi 3.1. Lo sport: l’allenamento ideomotorio
3.2. Tra psicologia e ipnosi: alcune tecniche di lavoro 3.2.1. Il Metodo Silva: la dinamica mentale 3.2.2. Stefano Benemeglio: l’ipnosi dinamica 3.3. Percorsi teatrali
3.3.1. Artaud e il corpo senza organi: il concetto di doppio 3.3.2. Grotowski: apoteosi e derisione
3.3.3. Fersen: abbandono e controllo 3.4. Il Sistema di G. I. Gurdjieff
3.5. Neuropsicologia di alcune esperienze ottenute con pratiche di lavoro interiore 3.5.1. Le neuroscienze incontrano le pratiche sacre
3.6. Visoni, prospettive e limiti delle pratiche precedenti ad OAT
4. Costituzione dell’automa
4.1. Il concetto di “automa” dall’antico Egitto alla “Quarta via” 4.2. L’automa, il testimone Io, il testimone spirituale
4.3. Identificazione come ostacolo al “ricordarsi di sé”
5. Prime conclusioni teoriche
PARTE SECONDA
L’ESPERIMENTO DELL’ORGANIC ACTOR TRAINING (OAT) 1. Per un’ipotesi di fisiologia della presenza scenica
1.1. Presupposti dell’esperimento
1.2. EEG Emotiv. Epoc+: potenzialità e limiti dello strumento 1.3. Alcune esperienze di riferimento
4 2. Il protocollo
2.1. Descrizione e finalità dei test 2.2. Soggetti e descrizione dell’esperimento 2.3. Scheda dei soggetti e modello dei test
3. Il training OAT
3.1. Ipotesi di lavoro sulla fisiologia della presenza scenica 3.2. Una prima ricerca sull’Edp
3.3. Struttura e obiettivi di OAT 3.4. Prima del training
3.5. Organic Actor Training (OAT)
4. L’Esperimento
4.1. Primo giorno (6 luglio) 4.2. Secondo giorno (7 luglio) 4.3. Terzo giorno (8 luglio) 4.4. Prime impressioni 5. Risultati biostatistici 5.1. Test fisici 5.2. Test EEG 5.3. Test video 6. Conclusioni
6.1. Verso una teoria
6.2. Possibili sviluppi applicativi
6.3. Neurotraining OAT, allenamento per tutti: sportivi, attori, manager e leader 6.4. Una piattaforma per il training digitale: https://organicactor.com
6.5. Verso una fisiologia emozionale universale? 6.6. Comunità virtuale e comunità di pratica 6.7. Visioni e prospettive
Bibliografia
Appendice
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Introduzione
L’Energia di Presenza (Edp) e l’Attore Organico
Quello che mi interessa è che vi è un tipo di attore in grado di restare immobile sul palcoscenico e di concentrare su di sé tutta la nostra attenzione e un altro che non ci comunica nulla. Qual è la differenza? In che cosa consiste dal punto di vista chimico, fisico, psicologico? Carisma, personalità? No, è troppo facile e non è una risposta. Non so quale essa sia, ma so che c’è e che in questo interrogativo possiamo trovare il punto d’avvio di tutta la nostra arte1. Qual è l’essenza del teatro? Che cos’è il carisma? Che cosa attira l'attenzione dello spettatore? Quando un attore “agisce” realmente? Questi sono alcuni fondamentali quesiti ai quali in molti hanno provato a rispondere, non solo grandi maestri del teatro.
Nel lavoro di formazione attoriale, oltre all’aspetto tecnico – che come in tutte le discipline è necessario ma non sufficiente per essere efficaci sulla scena – occorre prendere in considerazione quella forza magnetica e invisibile che lega l’attore con lo spettatore. Parlare di “carisma” o “presenza scenica” del performer non rende giustizia a un reale processo fisiologico che, seppure sia frutto in parte di un’abilità performativa dell’attore-danzatore, occorre sia analizzato con gli strumenti dell’antropologia teatrale (e successivamente, come vedremo, con quelli che immaginiamo essere della “fisiologia teatrale”), poiché tale processo nasce dalla relazione organica che si instaura tra chi agisce e chi assiste a quell’azione scenica in quello spazio e in quel tempo. La differenza tra la fisiologia di un corpo in una situazione quotidiana e la fisiologia di un corpo in scena è sottile e profonda. I due agenti coinvolti nel gioco scenico, l’attore e lo spettatore, entrando in relazione tra di loro co-costituiscono2 lo spazio scenico e – incantati da una visione
congruente – definiscono come “realtà” o “realtà scenica” quello che i loro strumenti percettivi propongono loro.
Per meglio comprendere questo concetto di co-costituzione dello spazio scenico occorre accennare al semplice meccanismo che spesso si incontra (non solo in teatro) di “attenzione congiunta”. L’attore, sulla scena come nella vita, è alla continua ricerca di attenzione: sua e degli altri. Si tratta di un tipo di attenzione più vicina a un meccanismo di anticipazione e ipotesi sul mondo (e che dunque richiede anche una forma di immaginazione o di proiezione che completa il processo attentivo) che al meccanismo di “selezione percettiva”. Questa attenzione, che come vedremo più dettagliatamente con lo sviluppo dell’addestramento attoriale – vero cuore della presente ricerca – può essere “congiunta” all’attenzione di un altro essere umano e veicolata su un evento o su un oggetto (o soggetto) nello spazio. Banalmente, molte persone che guardano uno stesso soggetto sono in attenzione congiunta. L’attore dunque, portando la sua attenzione su un oggetto, induce gli spettatori a fare lo stesso, agganciandoli nel meccanismo di attenzione congiunta. Il filosofo Jean Luc Petit, nell’ambito della sua collaborazione con Alan
1 P. Brook, Il punto in movimento, Milano, Ubulibri, 1997, p. 210.
2 Cfr. G. Sofia, Le acrobazie dello spettatore, dal teatro alla neuroscienza e ritorno, Roma, Bulzoni, 2013, p. 137; ma anche p. 143.
6 Berthoz, ha evidenziato quanto l’attenzione congiunta funga da sostrato cognitivo dell’esperienza di co-costituzione del mondo.
In altri termini, “co-costituzione del mondo” significa che la mia percezione dell’altro non avviene perché noi interagiamo nello stesso mondo, ma perché noi interagiamo con lo stesso mondo. “Noi esperiamo il mondo in base a come gli altri interagiscono con esso, e quindi in base alle intenzioni e alle potenzialità d’azione dell’altro”3. Da qui la definizione di “co-costituzione dello spazio scenico”. Per lo spettatore lo spazio scenico non esiste di per sé, ma in relazione alle azioni compiute in esso (o potenzialmente compiute) dagli attori. In questo senso, compito dell’attore è coltivare la propria attenzione e stimolare l’attenzione dello spettatore agendo nello spazio scenico (sarebbe meglio dire co-costituendo lo spazio scenico) in modo extraquotidiano.
Da sempre i più grandi uomini di teatro si sono interrogati sulla cruciale e profonda relazione tra l’attore e lo spettatore, perché senza una ricerca su “che cosa realmente accade tra attore e spettatore”, non esiste un vero e proprio punto di partenza dell’indagine scenica. Il quesito che Peter Brook ci pone ha diversi motivi di interesse per chiunque si interroghi circa l’atto scenico ma anche per chi cerchi di comprendere come mai esistano esseri umani che sembrano possedere un “dono”, una capacità straordinaria di catturare e di praticare l’azione (non solo quella scenica). Esiste una forza, intangibile e invisibile che, se opportunamente evocata e gestita, produce un cambiamento psicofisico che determina quell’efficacia espressiva che viene troppo semplicemente attribuita al talento personale? Per rispondere a questa domanda ci siamo avventurati in una sperimentazione - che inizialmente ha coinciso con la tesi di laurea4 e prosegue oggi con questa ricerca - volta a
verificare l’esistenza di un’Energia di Presenza capace di modificare, tramite l’allenamento, la propriocezione e la capacità di osservazione: la tesi ha dimostrato come in condizioni extraquotidiane il soggetto che è stato allenato alla percezione dell’Edp catturi l’attenzione dell’osservatore come fisicamente un magnete attira un metallo.
Questa energia, che sembra manifestarsi nel corpo-mente del soggetto in particolari situazioni limite: riti, giochi in cui sia messa a rischio la vita, attraverso sostanze introdotte dall’esterno o prodotte dall’organismo in particolari stati di trance o cosiddetti di “illuminazione”5, può essere attivata in maniera consapevole nel corpo-mente dell’attore. La sua “attivazione consapevole” interrompe il quotidiano dualismo corpo-mente in favore del momento presente, vissuto “qui e ora” e non rimandato, con sottile artificio del pensiero, in qualche non-luogo-tempo del passato o del futuro. Una delle suggestioni che ha ispirato il nostro esperimento è il lavoro di Antonin Artaud per il quale il segreto di questa potenziale condizione dell’essere umano è celato nel silenzio del respiro. Allora, suggestionati dalle sue parole, noi con lui tratteniamo il respiro per andare in profondità e, “col geroglifico di un soffio ritrovare un’idea del teatro sacro”6.
3 Ivi, p. 138.
4 C. Zecca, Energia di presenza. Indagini sul livello pre-espressivo della relazione attore-spettatore, tesi di laurea, Università di Bologna, relatore Prof. M. De Marinis, a.a. 2011-2012.
5 Nello studio si fa riferimento soprattutto al peptide natriuretico atriale e alle sostanze secrete dalla ghiandola pineale come la melatonina o, secondo gli studi di Rick Strassman, la dimetiltriptamina; cfr. Rick Strasmann, DMT - La molecola dello spirito, Roma, Spazio interiore, 2014.
6 A. Artaud, Il Teatro di Séraphin, in Id., Il teatro e il suo doppio, Torino, Einaudi, 1968, p. 262; v. anche Un’atletica affettiva, ivi, p. 249.
7 Alcune indagini in proposito sono state fatte in direzione degli aspetti estetici e pratici, sui risultati performativi e sulle strutture del testo. Altre indagini, per meglio comprendere l’origine dell’evento teatrale, hanno abbandonato la direzione del teatro, addentrandosi nell’antropologia, nell’antroposofia e nel territorio delle neuroscienze. Infine, si sono evidenziate delle connessioni con la trance magica, il misticismo e la fede. Oggi la frontiera della ricerca consiste nel trovare un riscontro empirico, scientifico e fisiologico che produca un metodo di lavoro connesso con il nostro tempo: l'era digitale. Il corpo-mente dell’attore danzatore diventa consapevole solo se la macchina attoriale “si connette” con le altre macchine e con un “programma originale” che ne suggerisce – attraverso una misteriosa e antica risonanza – le azioni consapevoli. Così, l’attore evolve e si trasforma.
Sulle tracce dell’Edp. Perché definire così l’oggetto della nostra ricerca: Energia di presenza (Edp)7? La proposta nasce dall'esigenza di evidenziare l’aspetto dialettico tra il
termine “presenza” (come corpo in vita) che rimanda al materiale, al fisico; e il termine “energia”, che riporta sovente in un territorio più immateriale, spirituale8. Ogni tradizione teatrale ha un suo linguaggio per dire se l'attore funziona o meno per lo spettatore. Per definire questo “funzionamento”, i termini sono numerosi.
In occidente si utilizza spesso ‘energia’, ‘vita’ o più semplicemente ‘presenza’ dell'attore. Le tradizioni teatrali asiatiche si servono invece anche di altri concetti. Indagando sulla qualità di presenza dell’attore-danzatore in Oriente si incontrano espressioni come prana o shakti in India, koshi (che in giapponese definisce la zona delle anche), ki-ai (accordo profondo dello spirito con il corpo, pneuma, respiro) e yugen in Giappone, chikarà (forza, potere conseguito attraverso l'esercizio regolare dell'attore), taksù (afflato celeste che prende possesso del danzatore indipendentemente dalla sua volontà), banyu (crescere e decrescere di una forza che solleva l'intero corpo e la cui complementarietà genera vita, respiro, vento) a Bali, kung-fu (lavoro duro) in Cina9.
7 Che è anche il punto di partenza della nostra tesi: C. Zecca, Energia di presenza. Indagini sul livello pre-espressivo della relazione attore-spettatore, tesi di laurea, Università di Bologna, relatore M. De Marinis, anno accademico 2011-2012.
8 Ivi, p. 29. “Ciò che qui si propone di studiare è la presenza con l’energia e l’energia con la presenza laddove sempre non sarà possibile focalizzare il centro della croce che le scie luminose dei due concetti – perpetuamente in movimento – incontrandosi, determinano. Sebbene l'Edp non possa oggettivarsi senza essere ospitata in un corpo fisico, non si fa qui riferimento ad un'energia ctonia (bios), alimentata da una preparazione fisica, dunque soggetta a diminuire e corrompersi col tempo ma, al contrario, ad un'energia che si ipotizza eterna ed immutabile (zoé). Incontrando tale energia (psyché) il nostro piano di realtà caduco e mortale si mette al completo servizio di questa, che di fatto, lo trasforma. In contatto con l'eternità, il nostro essere finito ha la sensazione fisica di esperire l'infinito e di partecipare della natura immortale di questa energia. Come il nostro cervello plasticamente sopperisce alla decimazione quotidiana dei neuroni attivando continuamente nuovi contatti sinaptici, così le nostre percezioni rimbalzano dall'energia alla presenza e viceversa trasformando il limite cognitivo (dovuto all'impossibilità di cogliere – se non in maniera intuitiva – l'unità dei due concetti) in alimento della ricerca stessa. Il principio di indeterminazione di Heisemberg ci insegna che non possiamo misurare massa ed energia di una particella nello stesso istante, poiché se fermiamo la particella possiamo osservarne la massa ma non possiamo conoscere la sua energia e se invece ne misuriamo l’energia in movimento non possiamo conoscerne le caratteristiche fisiche. Così potrebbe essere per la nostra materia di studio: fermandoci sulla presenza non scopriremo il segreto dell'energia, mentre lavorando sull'energia non chiariremo le caratteristiche fisiche della presenza. Insomma, l’energia non coinciderà forse mai con la presenza, né la presenza con l’energia; ma questa dialettica, questa eternamente mancata fusione, terranno per sempre acceso il fuoco dell’energia sotto il crogiuolo della presenza”. 9 E. Barba, N. Savarese, Energia, in L'arte segreta dell'attore, Lecce, Ed. Argo, 1996, pp. 52-53, passim.
“Il paradosso che vuole che questa qualità inafferrabile sia ottenuta attraverso esercizi concreti e tangibili, noi lo troviamo espresso proprio nella parola 'kung-fu' che è, allo stesso tempo, l'esercizio
8 Dopo questa rapidissima carrellata sui termini utilizzati in Oriente per cercare di definire questo impalpabile “rapporto energetico” tra attore e spettatore, risulta ancor più motivato qui, nella nostra ricerca, dare spazio ai numerosissimi tentativi di indagare questa qualità di energia soprattutto nel mondo occidentale che, essendo la nostra matrice culturale, è anche l'humus dal quale nasce e nel quale può svilupparsi un’idea condivisa di Edp. Questa energia vitale di base cosmica10, che il corpo-mente dell'attore-danzatore allenato non sarebbe in grado di produrre ma di “captare”, potrebbe ad esempio aver a che fare con quello che in fisica viene definito “plasma”11.
Ricerche in differenti settori disciplinari riportano al comune denominatore di un'energia esterna al soggetto alla quale il nostro strumento (corpo-mente), in certe condizioni, sarebbe in grado di connettersi per poterla tradurre in pensiero emozione e azione, dunque per poterla utilizzare. Quest'energia, che lascerebbe il corpo nel momento della morte, richiama il concetto di “anima”12. Paragonabile a un vento – veicolo di vibrazione e ritmo – essa può cambiar volto, pur rimanendo se stessa per un sottile mutamento della sua interna tensione. Boccaccio, commentando Dante, diceva che quando Anima, il vento vivo e intimo, tende a qualcosa di esterno e desidera qualcosa, allora si muta in Animus (in latino “soffio”, “respiro”). In Genesi 1;2: “...e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque”. Il concetto di “spirito”, anche in questo caso, si trova espresso con la parola ebraica ֵחור ruach che significa anche “soffio”. Seguiamo la suggestione che la parola anima evoca, lasciandoci sedurre dal pensiero di Artaud che, forse per primo in ambito teatrale, utilizza questo termine con una valenza operativa, poiché, secondo l’autore francese, “sapere che l'anima ha uno sbocco corporeo permette di raggiungere l'anima in senso inverso; e di ritrovarne l'essenza grazie ad analogie di tipo matematico”13. Ben consapevoli della grande differenza che intercorre tra “anima” e “spirito”, del tutto arbitrariamente, per esigenze pratiche, abbassiamo il pensiero di Artaud dalla metafisica alla fisica e, nel punto di contatto tra corpo, mente e spirito, cerchiamo il segreto della presenza. Ancora Artaud suggerisce come chiave di volta della struttura della concreto e questa dimensione impalpabile che noi chiamiamo 'presenza' dell'attore [...]. Per un attore, avere del kung-fu significa essere in forma, aver praticato un allenamento particolare; ma anche possedere quella particolare qualità che lo fa vibrare e lo rende 'presente' e che indica già il superamento di ogni aspetto tecnico”.
10 Si può ipotizzare che questa particolare forma di energia permei l’intero universo, ma che soltanto alcuni soggetti (grazie ad uno specifico addestramento oppure a circostanze fortuite) siano in grado di intercettarla o di percepirla.
11 A. Pasquarelli, Plasma (Fisica), Torino, UTET, 1990. “Un gas fortemente ionizzato ha un comportamento tale da diversificarsi dagli stati comuni della materia; per questo motivo si parla di un quarto stato della materia, o stato di plasma, quando la ionizzazione del gas è quasi totale. Lo stato di plasma, difficile da realizzare in laboratorio, è molto diffuso in natura: il plasma infatti è lo stato in cui si trova la materia stellare”. La riprova materiale di un corretto lavoro su se stessi potrebbe quindi manifestarsi a livello fisico attraverso un aumento di ionizzazione negativa del sangue. Per possibili approfondimenti circa il concetto di plasma e la ionizzazione negativa del sangue attraverso uno
specifico training vedi anche
http://www.naturopatiaeuropea.it/cms/Enciclopedia/Ionizzazione%20negativa.html.
12 Vedi anche E. Barba, N. Savarese, Energia, cit., p.56. “Prima di essere pensata come una sostanza puramente spirituale, prima d'esser fatta platonica e cattolica, l'anima (dal greco anemos, ‘vento’) era un flusso continuo che animava il moto e la vita dell'animale e dell'uomo. In molte lingue l'anima è indicata con parole che si riferiscono al respiro, al soffio o al leggero battito delle ali: ātman (sanscrito), pneuma (greco), spiritus (latino). In molte culture si paragonava e si paragona il corpo ad uno strumento a percussione: l'anima è il battito, la vibrazione, il ritmo”.
9 macchina umana un contatto segreto tra corpo e mente che lui vede “celato nel silenzio del respiro”14.
Stimolati da queste suggestioni etimologiche e semantiche, convinti che nelle parole siano contenuti “segni” di un sapere antico e profondo, abbiamo iniziato un’indagine sperimentale di natura antropologica per cercare di ottenere prove materiali di ciò che fino a ieri era definibile soltanto come “rapporto tra attore e spettatore”. Un terreno scivoloso, invisibile, la cui natura è stata indagata fino dai tempi di Aristotele, un terreno calpestato da molti ma mai analizzato a livello fisico, chimico ed elettromagnetico. Il rapporto attore-spettatore, proprio come tutte le relazioni umane in generale, è restato di pertinenza di ambiti umanistici o psicologici, ha dato vita alle più svariate congetture e teorie; col risultato di congetturare che ciò che gli esseri umani definiscono “rapporto” altro non sia che una sorta di contratto verbale o meno nel quale due persone (o un gruppo di persone) credono di condividere sentimenti o idee delle quali, nella migliore delle ipotesi, non hanno che un’immagine solo superficialmente simile, e che comunque non potrà mai essere chiarita e indagata del tutto restando per forza di cose circoscritta nell’immaginario del singolo soggetto. Infatti soltanto la parte dell’encefalo più recente, la neocorteccia, consente una razionalizzazione di pensieri, sentimenti e sensazioni, che per gran parte (e per fortuna) non possono essere spiegati e razionalizzati e dunque non possono essere riportati in maniera cosciente dal soggetto. Con questo studio suggeriamo che le menti dei soggetti non siano confinate all’interno dell’encefalo ma si estendano anche fuori dal corpo, in una sorta di gigantesca ragnatela creata con la nostra attenzione, con le intenzioni, i pensieri e le emozioni, e che questi segnali, proprio come un segnale elettrico o magnetico si propaga fisicamente – seppur in modo invisibile – nello spazio circostante, si estendano fuori di noi utilizzando campi di forze non ancora specificati dalla fisica contemporanea. Campi che il biologo Rupert Shaldrake definisce morfogenetici, e più specificamente, nel caso degli sguardi e delle intenzioni campo mentale15.
Il primo esperimento da cui questo studio si propone di ripartire16 è stato un tentativo di definire sperimentalmente se fosse possibile per un soggetto, al di là dell’utilizzo dei sensi comunemente intesi, “sentire” la presenza di un altro soggetto, verificando in che condizioni questo rapporto tra soggetto ricevente (da noi definito spettatore) e soggetto agente (attore) fosse più intenso. Abbiamo deciso di affidarci alla sensazione dei soggetti privandoli della loro capacità sensoriale (o almeno di quello che comunemente intendiamo con questo termine) proprio per verificare l’esistenza dell’Edp e la sua possibile natura extra-espressiva. Abbiamo quindi allenato alcuni soggetti tentando di sviluppare la loro facoltà di “sentire” questo campo di forze immateriali, allenandoli a “percepire gli sguardi”, chiedendo a un soggetto di focalizzare nella mente un colore e chiedendo agli altri di provare a “leggere nella mente” di questo, e così via. Al termine di questo allenamento abbiamo ripetuto l’esperimento iniziale per verificare in quale misura i dati biostatistici fossero variati rispetto al primo esperimento, stabilendo se l’Edp esiste o meno
14 E se, secondo le dottrine qabbalistiche, l'Anima fecondata dal Desiderio, nel suo etimo (ruach) si apparenta col Soffio, noi proveremo ad estendere ancor di più l'intuizione del poeta della scena francese, dando forza all'idea che il “respiro” che fa da ponte tra mente e corpo possa essere ricollegabile alla “respirazione primaria”, o “respirazione craniosacrale” riconosciuta soltanto di recente dalla tecnica osteopatica. Respiro come ponte quindi, ma con l'informazione che mette in contatto corpo, mente e spirito.
15 R. Sheldrake, La mente estesa, Milano, Urra, 2006.
16 Condotto in occasione della citata tesi di laurea dello scrivente (in particolare v. C. Zecca, Energia di presenza, cit.).
10 e soprattutto se questa facoltà di percepire i segnali del campo mentale possa essere allenata.
Di seguito è brevemente riassunto l’esperimento che ha permesso di sviluppare la nostra tesi sperimentale sul training per l’attore organico partendo dal concetto di Edp.
I soggetti del training e dell’esperimento. Sono stati allenati 10 soggetti (5 maschi e 5 femmine). Davide Aloi (attore), Riccardo Arduini (praticante arti marziali), Chiara Braucher (musicista), Silvia De Grandi (attrice), Francesco Deri (attore), Francesca Frassetto (attrice), Marco Mesmaeker (attore), Maria Mantero (attrice), Delfina Parodi (musicista), Michele Spanò (attore). Il lavoro è stato coordinato dallo scivente ideatore dell’esperimento e dal dottor Gianmarco Accarpio (medico, osteopata). I coordinatori del laboratorio hanno scelto i partecipanti secondo criteri legati all'età (tutti tra i diciotto e i trentasette anni perché, seppur maggiorenni, si tratta di soggetti la cui ghiandola pineale non è ancora “cristallizzata” e dunque di persone che possono, attraverso specifici esercizi psicofisici ed una determinata disciplina, favorire la produzione di melatonina, pineolina ecc.). I soggetti sono anche stati scelti in base a caratteristiche psicologiche, sociali e comportamentali.
Si è preferito operare soprattutto su artisti, in quanto
essi, nelle loro opere, tendono a utilizzare in maniera 'equilibrata' entrambi gli emisferi cerebrali. Dallo studio delle loro biografie sembra emergere che anche nella vita di ogni giorno le funzioni verbali e quelle non verbali vengono utilizzate in maniera più equilibrata rispetto agli altri individui. Levy è arrivato a formulare queste conclusioni notando che le lesioni cerebrali unilaterali, sia all'emisfero sinistro che a quello destro, non 'danneggiavano' più di tanto la creatività. Negli artisti il funzionamento più simmetrico dei due emisferi cerebrali e l'espressione 'equilibrata' delle componenti verbali e non verbali dipende probabilmente sia da fattori genetici che da fattori culturali. Numerosi artisti famosi erano, infatti, mancini (Leonardo, Michelangelo, Picasso), o affetti da malattie che, come l'epilessia focale, tendono a rendere le funzioni cognitive più simmetriche (Van Gogh, Dostoevskij, Flaubert). Tuttavia anche altri fattori culturali, come alcune attività lavorative, sportive o la pratica della meditazione e di altre tecniche per modificare gli stati di coscienza, possono svolgere un ruolo importante nel rendere più equilibrati i nostri sistemi mentali17.
Si è trattato inoltre di persone bendisposte nei confronti dell'esperimento e in qualche modo predisposte ad un lavoro su se stesse (per lo più attori, uomini di ventura, studiosi di discipline orientali o occidentali di carattere antroposofico).
Le singole giornate di lavoro sono state divise in quattro parti: la prima (mattina) è stata dedicata, dopo un breve risveglio psicofisico, ad un training mentale: dunque esercizi di respirazione, meditazione, visualizzazione e ricerca del sé interiore (obiettivo auspicato in questa sessione di training: una trasformazione della melatonina in pineolina, dunque un aumento di indoli pinalici nel sangue). La seconda parte della giornata (pomeriggio) invece è stata dedicata ad un lavoro di carattere più prettamente fisico, con un training specificamente teatrale (esercizi propriocettivi, ricerca della postura neutra, scardinamento degli automatismi psicofisici tenendo come obiettivo fisiologico quello della distruzione delle tossine, della produzione di endorfine e dell'ormone Gh o “della crescita”). La terza
17 F. Fabbro, Nel labirinto del linguaggio in Neuropsicologia dell'esperienza religiosa, Roma, Astrolabio, 2010, p. 359.
11 parte della giornata (sera) è stata dedicata a piccoli esperimenti di allungamento delle percezioni sensoriali (quelli che Gustavo Rol chiamava “giochini”18). Si tratta di giochi che pertengono sia l'aspetto sensoriale sia quello super-sensoriale: cercare di “percepire” gli sguardi dei compagni essendo bendati o tenendo gli occhi chiusi, cercare di decifrarne i sats (per Eugenio Barba un “cambio di stato”, l'impulso di un'azione che ancora si ignora e che può andare in qualsiasi direzione), provare attraverso un lavoro mentale di autosuggestione e di suggestione ad indurre movimenti precisi nei corpi dei compagni, esercizi di “trasmissione del pensiero” utilizzando le carte zener19, verificando le capacità sia di emanazione sia di ricezione dell'Edp (questi giochi svolti durante la settimana di training sono serviti un po' per “testare” l'Edp successivamente indagata con gli esperimenti β e γ). La quarta e ultima parte della giornata (notte), interamente dedicata al riposo, è stata utilizzata sia per riequilibrare il corretto ritmo circadiano, sia per provare a dirigere i sogni (sogno lucido). Sfruttando il picco notturno della produzione di melatonina, si è reso disponibile al nostro sistema psicofisico una più alta quantità della suddetta sostanza senza assumerla esternamente. Si è deciso di non somministrarla con medicinali, integratori alimentari o altro, per evitare che il nostro sistema corporeo – una volta “compreso” che la sostanza poteva essergli fornita “senza sforzo” – “decidesse” di abbassarne la naturale produzione; abbiamo inoltre cercato di favorire il riposo in un ambiente fresco, buio, evitando la luce blu di tv o computer nell'ora precedente al sonno, evitando sostanze eccitanti come il caffè, ecc. Si è ridotta al minimo la comunicazione verbale, utilizzando solo quella strettamente necessaria per chiarire gli esercizi proposti (anche se generalmente i partecipanti al laboratorio eseguivano l'esercizio per imitazione), si è vietato l'uso del telefono annullando i contatti con l'esterno. Il luogo del laboratorio era lontano da smog e da qualsiasi forma di inquinamento chimico, acustico, elettromagnetico (non c’erano tv, rete internet, i cellulari non avevano campo). Si sono adottati anche accorgimenti circa l'alimentazione proposta nella settimana di lavoro. Ai partecipanti al laboratorio è stato chiesto di astenersi dall'uso di tabacco, droghe e alcool durante la settimana di training e di seguire una dieta quasi totalmente vegetariana.
Programma di lavoro. Ogni giornata di lavoro è stata divisa in quattro parti: mattina 6.30/9.30 a.m.: breve riscaldamento psicofisico (respirazioni, corsa, sciogliere le articolazioni, ecc.); 10.00 a.m.: colazione a base di frutta; 10.30 a.m. training mentale (respirazione, concentrazione, meditazione e visualizzazioni guidate); 1.00 p.m. pranzo a base di verdura; pomeriggio 3.00/7.30 p.m.: training fisico realizzato con l’obiettivo di eliminare le tossine e produrre endorfine, ormone Gh., esercizi di propriocezione, postura fisica, rimozione e scardinamento degli automatismi psicofisici, esercizi di yoga, tai chi, kung fu, Qi gong, esercizi bioenergetici; 8.00 p.m.: cena a base di cereali e semi; sera 9.30/11.00 p.m.: esercizi volti all’obiettivo di estendere le percezioni sensoriali, mettersi in “ascolto” e in “risonanza”, offrendo al corpo-mente dell’attore la facoltà di attivare l’energia di presenza cercando una connessione con la propria interiorità, con gli altri soggetti e con il mondo circostante (esercizi volti a “percepire” gli sguardi, esercizi di suggestione e autosuggestione, esercizi di trasmissione del pensiero con l’aiuto delle carte Zener, ecc.); notte 11.00 p.m. / 6.30 a.m.: riposo (produzione di melatonina durante la notte).
Esperimenti e training: descrizione. L’esperimento α è stato svolto il 16 marzo 2012
18 Gustavo Adolfo Rol è stato un controverso sensitivo italiano, i cui esperimenti hanno spesso coinvolto importanti personalità del mondo dello spettacolo.
19 Particolare tipo di carte create per gli esperimenti parapsicologici (ESP). Un mazzo di carte contiene 25 pezzi i cui segni sono, cerchio, croce, onde, quadrato, stella.
12 dalle 19.30 alle 23.30 in via S. Bernardo 19, Genova. Il training – effettuato dall’1 all’8 aprile 2012 è stato svolto successivamente in una casa di campagna isolata a Cuchera, frazione di Viozene (CN) Gli esperimenti β e γ sono stati svolti il 9 aprile dalle ore 9.00 alle 13.00, sempre in via S. Bernardo 19, Genova20. Per dimostrare l'esistenza dell'Edp ed il
suo carattere extra-espressivo21 abbiamo condotto una serie di nove esperimenti: tre esperimenti veri e propri basati sulla capacità dello spettatore di rilevare caratteristiche espressive, ripetuti tre volte con diversi livelli di training all'Edp. La prima volta α, prima di aver effettuato alcun training (con nessuna figura in questione allenata), una seconda volta β, dopo una settimana di training (con A, attore in cui è stata allenata l'Edp), e infine una terza volta γ, in cui è allenato alla percezione di questa energia anche lo spettatore S. Ripetere gli esperimenti tre volte α, β e γ, significa non solo verificare l'esistenza dell'Edp, ma scoprire se questa possa essere percepita senza alcun allenamento (ipotesi α), oppure solo con un allenamento da parte di uno dei due soggetti (ipotesi β), oppure con un training sia di A sia di S (ipotesi γ). Con i tre esperimenti proposti ci siamo occupati dunque di indagare la natura extra-espressiva dell'Edp.
Risultati dell’esperimento. Test su campioni di sperimentazione. Rendiamo conto brevemente dei risultati da noi effettivamente ottenuti con gli esperimenti α, β e γ.
Esperimento 1α. Uno spettatore non allenato, S', viene bendato. Di fronte a lui sono posti un manichino, M, ed un attore non allenato A'. Ad S' viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi bendato nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S' risponde scegliendo la direzione nella quale si trova M oppure nella quale si trova A' viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S'. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 8 S'.
Conclusioni. Gli 8 S', su 80 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 44 volte da M e 36 volte da A', con un errore percentuale del 55%. I risultati di questo primo esperimento si possono definire casuali.
Esperimento 1β. Uno spettatore non allenato, S', viene bendato. Di fronte a lui vengono posti un manichino, M, ed un attore A, allenato secondo il nostro training. Ad S' viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi bendato nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S' risponde scegliendo la direzione nella quale si trova M oppure nella quale si trova A viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S'. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 6 S'.
Conclusioni. 6 S', su 60 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 40 volte da A e 20 volte da M. In percentuale, l'attore allenato secondo il nostro training, è stato indicato esattamente il doppio rispetto al manichino.
Esperimento 1γ. Uno spettatore allenato secondo il nostro training, S, viene bendato. Di fronte a lui vengono posti un manichino, M, ed un attore A, anch'egli allenato secondo il nostro training. Ad S viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi bendato nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S risponde scegliendo la direzione nella quale si trova M oppure nella quale si trova A viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 6 S.
20 Vedi appendice.
21 Perché il risultato sia extra-espressivo consideriamo indispensabile la privazione della vista – oltre che degli altri sensi normalmente intesi – in quanto il mero aspetto fisico – sebbene in condizione di inattività – ha per noi ancora chiare caratteristiche espressive, che influiscono sulla scelta dello spettatore.
13 Conclusioni. I 6 S, su 60 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 47 volte da A e solamente 13 volte da M. Lo scarto è stato del 56%.
Esperimento 2α. Uno spettatore non allenato, S', viene bendato. Di fronte a lui vengono posti due attori non allenati: A'1 e A'2. Ad S' viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi bendato nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una maggiore “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S' risponde scegliendo la direzione nella quale si trova A'1 oppure nella quale si trova A'2 viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S'. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 9 S'. Conclusioni. I 9 S', su 90 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 46 volte da A'1 e 44 volte da A'2. Lo scarto è minimo: solamente il 2%. Questo esperimento è stato svolto esclusivamente per verificare se prima dell'allenamento ci fossero particolari “attrazioni energetiche” tra i singoli soggetti. Di fatto, comunque, la scelta di S' risulta casuale. Non allenando nessuno dei tre soggetti dell'esperimento, non ci sono risultati statisticamente rilevanti.
Esperimento 2β. Uno spettatore non allenato, S', viene bendato. Di fronte a lui vengono posti un attore A, allenato secondo il nostro training, ed un secondo attore, A', non allenato. Ad S' viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi bendato nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S' risponde scegliendo la direzione nella quale si trova A oppure nella quale si trova A' viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S'. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 6 S'.
Conclusioni. I 6 S', su 60 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 39 volte da A e 21 volte da A'. Allenando solo l'attore e non lo spettatore secondo il nostro training, le “preferenze” ottenute dall'attore allenato risultano quasi il doppio rispetto a quelle dell'attore non allenato. In percentuale, lo scarto è stato del 30%.
Esperimento 2γ. Uno spettatore allenato secondo il nostro training, S, viene bendato. Di fronte a lui vengono posti un attore A, allenato secondo il nostro training, ed un secondo attore, A', non allenato. Ad S viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi bendato nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S risponde scegliendo la direzione nella quale si trova A oppure nella quale si trova A' viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 7 S.
Conclusioni. I 7 S, su 70 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 43 volte da A e solamente 27 volte da A'. Lo scarto è stato del 24%. Allenando sia l'attore sia lo spettatore secondo il nostro training, le “preferenze” ottenute dall'attore allenato sono risultate quasi il doppio di quelle dell'attore non allenato. Pur essendo un dato statistico significativo, in questo caso non si è verificata l'evidenza del valore del nostro training dell'esperimento 1 γ.
Evidentemente è più facile per i nostri “supersensi” allenati percepire la differenza tra un corpo vivo ed un oggetto piuttosto che tra due corpi vivi.
Esperimento 3α. Di fronte ad uno spettatore non allenato, S' (non bendato), sono posti due attori non allenati: A'1 e A'2. Ad S' viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una maggiore “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S' risponde scegliendo la direzione nella quale si trova A'1 oppure nella quale si trova A'2 viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S'. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 9 S'.
Conclusioni. I 9 S', su 90 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 48 volte da A'1 e 42 volte da A'2. Lo scarto è minimo. Questo esperimento è stato svolto esclusivamente per verificare se prima dell'allenamento ci fossero particolari “attrazioni energetiche” tra i singoli soggetti. Di fatto, comunque, la scelta di S' risulta casuale. Non allenando nessuno dei tre soggetti dell'esperimento, non ci sono risultati statisticamente
14 rilevanti.
Esperimento 3β. Di fronte ad uno spettatore non allenato, S' (non bendato), vengono posti un attore A, allenato secondo il nostro training ed un secondo attore, A', non allenato. Ad S' viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S' risponde scegliendo la direzione nella quale si trova A oppure nella quale si trova A' viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S'. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 10 S'.
Conclusioni. I 10 S', su 100 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 63 volte da A e 37 volte da A'. In percentuale, lo scarto è stato del 26%. Allenando solo l'attore e non lo spettatore secondo il nostro training, le “preferenze” ottenute dall'attore allenato sono risultate quasi il doppio rispetto a quelle dell'attore non allenato. Questo esperimento, insieme al 3γ è la nostra risposta al quesito di partenza proposto da Peter Brook. Esperimento 3γ. Di fronte ad uno spettatore allenato secondo il nostro training, S (non bendato), vengono posti un attore A, sempre allenato secondo il nostro training, ed un secondo attore, A', non allenato. Ad S viene chiesto, per dieci volte nel corso della serata dedicata all'esperimento, di sedersi nella postazione dello spettatore e di indicare da quale direzione senta provenire una “sensazione di energia”, o comunque da che parte gli sembri di percepire una “presenza” fisica. Il numero di volte in cui ogni S risponde scegliendo la direzione nella quale si trova A oppure nella quale si trova A' viene riportata nel grafico sotto le iniziali del nome di ogni S. L'esperimento è stato ripetuto utilizzando 7 S.
Conclusioni. I 7 S, su 70 domande, hanno risposto di avere percepito “energia” o “presenza fisica” 55 volte da A e solamente 15 volte da A'. Lo scarto è stato del 58%. Allenando sia l'attore sia lo spettatore secondo il nostro training, le “preferenze” ottenute dall'attore allenato sono risultate più del triplo di quelle dell'attore non allenato. Questo esperimento, insieme al 3β, è la nostra risposta al quesito di partenza proposto da Peter Brook. La consistenza statistica è indubbia: infatti applicando il test della binomiale22 per esempio all'ultimo esperimento preso in analisi, il 3γ, alle 70 prove effettuate, la probabilità dell'evento di 55 successi è di circa 6 su un milione. Il test della binomiale fornisce la probabilità di avere "s" eventi di successo su "N" prove indipendenti e nel nostro caso P(s/N) = P(55/70) = 6.11117917322199E-07.
Conclusioni finali dell’esperimento. Prende fortemente campo l'ipotesi γ, che verifica un rapporto di carattere supersensoriale tra A ed S, ovvero tra attore e spettatore entrambi allenati secondo il training proposto.
Sulla base dei risultati ottenuti con questo primo esperimento, assumiamo qui che l’Edp esiste e può essere allenata.
Compito della presente indagine è approfondire questa prima ricerca sperimentale di partenza. Altri esperimenti saranno svolti con attori e spettatori allenati con un training lievemente modificato rispetto a quello utilizzato in questo caso. Il nuovo training (OAT) si proporrà di ottenere specifici risultati biostatistici legati alle modificazioni delle frequenze cerebrali dei soggetti creando una pratica di lavoro realizzabile nel quotidiano, che permetta che i risultati biostatistici ottenuti non scemino con il tempo, offrendo un autoaddestramento che, attraverso un feedback on line, permetta ai soggetti di sottoporsi ai laboratori forti dei risultati ottenuti dalle esperienze precedenti.
Edp, primo obiettivo dell’attore organico. Postulata l’esistenza dell’Edp nell’attore e nello spettatore addestrato con uno specifico training e verificata sperimentalmente a livello extraespressivo con gli esperimenti di Genova del 2012, occorre ora, per proseguire
15 nella ricerca, verificare la possibilità di sviluppare il training inizialmente proposto – che ha permesso di ottenere i risultati documentati – in modo da raccogliere dati non solo di carattere biostatistico ma anche di natura fisiologica (analisi biochimiche ed elettromagnetiche su attore e spettatore) che indaghino sull’efficacia dell’addestramento teatrale proposto, sull’eventuale variazione fisica riscontrata nello spettatore allenato che assiste ad uno spettacolo realizzato da attori allenati e sugli effetti organici che comporta per l’attore incarnare questa particolare forza. Con i primi esperimenti abbiamo verificato che dopo una settimana di addestramento continuo, attori e spettatori erano in grado di riconoscersi a livello extraespressivo, poiché, nel 75% dei casi, lo spettatore allenato – seppur bendato e privato della possibilità di utilizzare i suoi sensi come comunemente intesi – si era dimostrato capace di indicare nella direzione dell’attore allenato, invece che in quella del manichino. Pur non essendo chiaramente un risultato casuale23, non sappiamo ancora nulla circa le possibili variazioni fisiologiche che comporta questo addestramento, né sappiamo per quanto tempo questo particolare “magnetismo” sviluppato tra i soggetti resti attivo, ecc.
Per proseguire l’indagine occorre produrre un programma di lavoro24 e un protocollo scientifico di riferimento25, che utilizzi dati che possano avere validità scientifica. Senza per ora approfondire l’argomento, abbiamo ritenuto fondamentale analizzare le variazioni delle onde cerebrali che si producono nei soggetti sottoposti al training.
Le neuroscienze, in accordo con le esperienze di lavoro su se stessi tanto orientali che occidentali26, riconoscono nei soggetti le cui frequenze cerebrali in stato di veglia sono basse (ritmo alfa, 8-13 hz – cicli al secondo, o ancora più basse), una qualità di presenza che permette una maggiore propriocezione e consapevolezza di sé. In questa condizione di rilassamento interiore, aumenta la concentrazione, si focalizzano gli obiettivi con più chiarezza e precisione e il soggetto tende a migliorare le proprie prestazioni, siano esse di carattere mentale o fisico, artistico o sportivo. Abbiamo dunque ritenuto di partire dal raccogliere questi dati dai soggetti da noi analizzati per approfondire il concetto di presenza scenica o carisma in modo analitico, incominciando a raccogliere dati statistici
23 La consistenza statistica è indubbia: infatti applicando il test della binomiale per esempio all'ultimo esperimento, il 3 γ, alle 70 prove effettuate, la probabilità dell'evento di 55 successi è di circa 6 su un milione. Il test della binomiale fornisce la probabilità di avere "s" eventi di successo su "N" prove indipendenti e nel nostro caso P(s/N) = P(55/70) = 6.11117917322199E-07. Vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Binomial_test.
24 Il Training per l’Attore Organico (OAT), v. II, 3.5. 25 Il protocollo: v. II.
26 Faccio qui riferimento in particolare ai lavori di F. Fabbro, Neuropsicologia dell’esperienza religiosa e Neuroscienze e spiritualità. Negli ultimi decenni vi sono state numerose occasioni di incontro fra la psicologia delle esperienze religiose e la psicoterapia; recentemente si è assistito a uno scambio fecondo tra le neuroscienze e le tecniche di lavoro su se stessi (come ad esempio la meditazione). Nonostante i differenti livelli di analisi e i differenti obiettivi, molti neuroscienziati sono diventati consapevoli dell’enorme bagaglio di conoscenze e di esperienze psicologiche che le tradizioni sia orientale sia occidentale hanno accumulato negli ultimi due millenni. Molte idee elaborate dall’uomo alla ricerca di uno stato di consapevolezza più profondo e di una maggiore qualità di presenza, nonché in uno stato di tensione di carattere spirituale, sono particolarmente significative e trovano numerose conferme a livello sperimentale nell’ambito neurofisiologico e neuropsicologico. Gli studi sulle tecniche di meditazione (in particolare sulla meditazione vipassanā e sulla mindfulness) hanno permesso di comprendere meglio non solo l’organizzazione cerebrale di alcuni stati di coscienza non ordinari come la presenza mentale, ma anche il cosiddetto stato di coscienza ordinario. Probabilmente ci troviamo all’inizio di un percorso nel quale l’approccio logico-sperimentale della scienza occidentale si integrerà sempre di più con le conoscenze e le pratiche basate sulle antiche tradizioni.
16 per una neurofisiologia teatrale che definisca le variazioni biochimiche di attore e spettatore prima, durante e dopo il training o l’evento scenico. Perché la qualità di presenza sperata si verifichi, dunque, occorre “incarnare” questa particolare forza da noi definita Edp. Ma quali sono le condizioni necessarie perché un soggetto sia in grado di “accedere” a questo nuovo stato extraquotidiano di presenza? Parlando di “attore organico” intendiamo definire un soggetto mentalmente presente a se stesso, rilassato, disponibile all’ascolto del proprio sistema motorio, ma anche delle emozioni e dei pensieri che lo attraversano. Più il soggetto è in grado di controllare il corpo, le emozioni e di dirigere i propri pensieri, più il soggetto è adatto a percepire – e dunque utilizzare scenicamente – l’Edp.
Per quanto riguarda il proprio piano fisico (come accade ad un atleta o ad un danzatore) caratteristica dell’attore è quella di incarnare differenti body schema a seconda dei differenti personaggi che interpreta, dimostrando una importante padronanza fisica.
Per quanto concerne le emozioni l’attore “atleta del cuore” di Artaud, è capace di riconoscere nella propria fisiologia i punti esatti nei quali “appoggiare” le passioni, immaginando un vero e proprio “doppio affettivo” del suo corpo. Come suggerisce lo stesso Artaud:
bisogna ammettere nell’attore l’esistenza di una sorta di muscolatura affettiva corrispondente alla localizzazione fisica dei sentimenti. L’attore è simile a un vero e proprio atleta fisico, ma con questo sorprendente correttivo: all’organismo atletico corrisponde in lui un organismo affettivo, parallelo all’altro, quasi il suo doppio benché non operante sullo stesso piano. L’attore è un atleta del cuore. Anche per lui vale la divisione dell’uomo totale in tre mondi; e all’attore compete la sfera affettiva. Gli compete organicamente. I movimenti muscolari dello sforzo fisico sono come l’immagine di un altro sforzo, doppio del primo, e nei movimenti dell’azione drammatica si localizzano nei medesimi punti. Là dove l’atleta si appoggia per correre, l’attore si appoggia per urlare una spasmodica imprecazione, ma la sua corsa è proiettata verso l’interno. Tutti i mezzi della lotta, del pugilato, dei cento metri e del salto in alto trovano analogie organiche nell’esercizio delle passioni; hanno gli stessi punti fisici di sostegno. Però con quest’altro correttivo: qui il movimento è rovesciato e, per quanto si riferisce ad esempio al problema della respirazione, mentre il corpo dell’attore è sostenuto dal respiro, il respiro del lottatore o dell’atleta si sostiene sul corpo27.
Per quanto riguarda il piano mentale, l’attore (come nelle situazioni di meditazione, di preghiera, ma anche in giochi nei quali è richiesta un’attenzione molto focalizzata, come nel caso degli scacchi) deve essere in grado di dirigere i pensieri abbandonando le proprie personali intenzioni di soggetto in virtù di altre, in questo caso di quelle del personaggio o della parte che andrà a interpretare. Focalizzare le proprie intenzioni, le emozioni e l’attenzione in modo efficace e preciso è dunque il primo obiettivo che a nostro parere suggerisce la direzione principale verso la quale l’attore dovrebbe muoversi nella importantissima fase di addestramento.
In questo senso intendiamo il soggetto adatto al training per l’attore organico28.
27 A. Artaud, Un’atletica affettiva, in Id., Il teatro e il suo doppio, cit., p. 242.
28 Un attore organico è dunque un attore che attraverso il lavoro dell’osservazione di sé, ha sviluppato la capacità di veicolare, pensieri, emozioni, gesti e parole secondo la propria volontà. Per “attivazione” dell’Edp, facciamo riferimento al carattere ideomotorio del training, all’uso della visualizzazione come tecnica di allenamento; per maggiori dettagli v. II, 3.
17
PARTE PRIMA
ALLA RICERCA DELL’EDP FRA ECLETTISMI
ECCENTRICITÀ ED EMARGINAZIONI
18
1. Intorno al concetto di “presenza” scenica
Postulare una definizione che focalizzi e circoscriva il concetto di “presenza” in relazione all’evento scenico è questione delicata e complessa. Non si tratta in questo caso di far riferimento alla mera presenza fisica, ovvero “essere presenti in un determinato luogo, o di intervenire, di assistere a qualche cosa”29. Per la tradizione teatrale occidentale e orientale, per la filosofia, e a volte anche nell’accezione comune del termine, avere “presenza” sta ad indicare un particolare stato dell’essere, una precisa (ma non ancora precisata a livello fisiologico) qualità del soggetto che esiste in quel luogo e in quel tempo, a un livello nuovo. In molta letteratura teatrale e non, si descrive l’incontro con un soggetto veramente presente (a se stesso) come un’esperienza di carattere relazionale che porta con sé un sapore completamente diverso: quel soggetto che si suppone dotato di una particolare presenza extraquotidiana30 non è soltanto fisicamente presente in quel luogo e in quel tempo, come “gettato nel mondo”31 e destinato a reagire continuamente a fattori esterni (le contingenze) ed interni (gli umori, le passioni), ma si suppone in condizione di agire in modo consapevole. Il soggetto sembra dunque essere presente hic et nunc, a livello fisico, emozionale e mentale. Anche la scienza – e non solo in tempi recenti, ma sicuramente in modo più assiduo dalla nascita delle neuroscienze e della psiconuroendocrinoimmuologia (PNEI)32 – si è interessata di questo particolare stato fisiologico che farebbe rilevare nel soggetto “realmente presente” eccezionali capacità e rinnovate competenze. Questa qualità di energia sembra manifestarsi spontaneamente nel corpo-mente del soggetto in particolari situazioni limite: riti, giochi in cui sia messa a rischio la vita, attraverso sostanze introdotte dall’esterno o prodotte dall’organismo in particolari stati di trance o cosiddetti di “illuminazione”33. È però necessario riconoscere che in ogni tradizione, per ottenere questo particolare stato di presenza che solo raramente si presenta accidentalmente, è richiesta una specifica disciplina fisica, emozionale e mentale che permette di coltivare uno stato di vuoto interiore, condizione favorevole per accogliere un’energia che, pur “illuminando” la
29 http://www.treccani.it/vocabolario/presenza/.
30 Usiamo qui il termine “extraquotidiano” nell’accezione suggerita dall’antropologia teatrale: cfr. E. Barba, N. Savarese, L’arte segreta dell’attore, Lecce, Argo, 1996.
31 Quello che abbiamo l’abitudine di chiamare, anche fuori della cerchia filosofica, “essere al mondo”, traduce d’altronde l’espressione tedesca in der Welt sein, con cui Heidegger cerca di significare un in, un “nel” che non indica l’inclusione del “soggetto” in un “mondo” che gli pre-esiste, ma la co-appartenenza dei due, soggetto e mondo, in quella modalità che egli chiama l’”essere gettato”, Geworfensein in cui va inteso sia il getto, la proiezione di quella caduta che determina un “trovarsi là”, un “trovarcisi”, sia l’abbozzo, il progetto – Entwurf – la proiezione di un gesto, di un’andatura possibile dell’esistere, dove esistere significa mettere continuamente in gioco i propri abbozzi. Cfr. J.L. Nancy, Corpo teatro, tr. it. di A. Moscati, Napoli, Cronopio, 2010, p.10.
32 PNEI è l’acronimo di psiconeuroendocrinoimmunologia. Si tratta di una disciplina nata nella seconda metà degli anni Ottanta che mette in relazione i tre grandi sistemi della rete integrata. Il sistema neuropsicologico, il sistema endocrino e il sistema immunitario dell’individuo sono separabili solo per un mero fine di classificazione, ma i tre sistemi lavorano in strettissima sinergia. La scienza che usa il sistema PNEI si occupa di fornire le basi biologiche della comunicazione bidirezionale tra i tre sistemi. 33 Lavorando sullo studio dell’Edp a livello fisiologico si era ipotizzato che questo particolare stato di
presenza extraquotidiano portasse l’organismo del soggetto alla produzione del peptide natriuretico atriale e di alcune sostanze secrete principalmente dalla ghiandola pineale come la melatonina o, secondo gli studi di Rick Strassman, la dimetiltriptamina. Vedi R. Strasmann, DMT - La molecola dello spirito, Roma, Spazio interiore, 2014.
19 presenza del soggetto, ed essendo a questo immediatamente disponibile, non sarebbe da esso generata, ma, in qualche modo “polarizzata”, “raccolta” da un ipotetico “centro magnetico”34.
Il termine “centro magnetico” fa riferimento anche ad un’immagine presa a prestito dalla disciplina chiamata “la quarta via”, ispirata a G. I. Gurdjieff e al suo lavoro svolto prima e durante la creazione dell’Istituto per lo sviluppo armonico dell’uomo35. Ci avvaliamo per il nostro studio di questa suggestione, che fa eco all’idea cristiana di “corpo di luce” o di “corpo immortale”: ovvero un corpo (di natura fisica, anche se non necessariamente fatto di carne ed ossa) che sembra poter resistere alla morte fisica. Questo “centro magnetico” è qui inteso come una nuova polarizzazione del soggetto dalla quale deriverebbe una rinnovata consapevolezza. Il soggetto, dopo un lungo allenamento, potrebbe essere in grado di percepire se stesso senza immedesimarsi totalmente nel proprio corpo-mente, aggiungendo alla normale propriocezione una rinnovata percezione di sé, percependo dunque la propria presenza per così dire “dal di fuori”, ovvero alimentando una sorta di “testimone esterno”36. Una tripla percezione di sé (propriocezione, percezione di un doppio o testimone esterno e percezione dell’universo che tutti ci contiene) sembra dunque, da varie fonti, un elemento chiave per determinare un differente e più intenso stato di presenza, a prescindere dal fatto che questo sia in grado di resistere o meno alla morte fisica.
Già dalle prime battute il nostro percorso si dichiara spurio, rizomatico, ricco di contaminazioni polimorfe atte a delineare una metodologia “di confine”. La ricerca attraversa filosofia, pseudoscienze, pratiche teatrali, pratiche spirituali, testimonianze mistiche e, più in generale qualsiasi ambito analizzi forme legate all’esperienza umana ordinaria e straordinaria. In questo senso, lo sforzo di concentrare il lavoro nella direzione dell’attore organico non si può limitare alla sola indagine scientifica, poiché teorie e pratiche artistiche, esperienze teatrali e non, e soprattutto le discipline cosiddette “di confine” ci sono in questa sede utili come metafore, suggestioni, elementi chiave per il mestiere dell’attore. Useremo dunque l’indagine scientifica come sorgente di informazioni non abdicando alla possibilità di attingere anche a suggestioni di natura non strettamente scientifica (basti pensare alle funzioni ancora non del tutto chiare dell’epifisi o ghiandola pineale, oppure alle teorie sui campi morfogenetici o campi mentali del Prof. Rupert Shaldrake il quale, pur essendo uno stimato professore di biologia, essendo stato direttore del dipartimento di biochimica e di biologia cellulare a Cambridge fino al 1973, non vede la sua discussa e controversa teoria sulla risonanza morfica accettata dai suoi colleghi in ambito scientifico, e così via), immaginando di percorrere una strada la cui instabilità del percorso non ne inficia in alcun modo verso e direzione, illuminata com’è dalla sua finalità ultima: la pratica dell’attore e l’indagine nella direzione di una differente qualità di presenza.
34 L’idea di “centro magnetico” riporta per analogia al concetto di magnetismo (o mesmerismo) utilizzato da Mesmer che oggi, dopo molto tempo, suona come un importante presentimento circa le proprietà elettriche e magnetiche del corpo in vita del soggetto “carismatico”, magnetismo che, secondo le ipotesi di Mesmer, conferirebbe al soggetto qualità taumaturgiche (facoltà di suggestionare, ipnotizzare, guarire altre persone).
35 Costituito da Gurdjieff nel 1919.
36 Per “testimone esterno” si fa qui riferimento all’opera di I. Schwaller De Lubicz, L’apertura del cammino, Faragliano (CN), Edizioni Riza, 2003.
20 1.1. Tradizione teatrale, filosofia, scienza
Questo particolare stato extraquotidiano che permette una rinnovata presenza scenica all’attore e che pone le basi per una possibile definizione di “attore organico” postula dunque l’esistenza di un “campo di energia”, contattando il quale il soggetto sarebbe in grado di rinnovare le proprie capacità psicofisiche. Centro focale della presente indagine è verificare la natura fisica di questo particolare campo di forze. Definire questa energia ci permetterebbe di misurare la portata della presenza scenica dell’attore, nonché di lavorare ad un addestramento atto a sviluppare la presenza del soggetto in modo organico. Molti sono stati i tentativi di definizione di questo particolare campo di forze, molti – e non soltanto in campo teatrale – hanno azzardato uno studio bioenergetico arrivando a risultati teorici e pratici soddisfacenti eppure, nessuno (almeno fino ad oggi) ha postulato un campo di forze differente dai quattro riconosciuti dalla scienza37 che fosse perfettamente misurabile a livello scientifico. L’obiettivo del presente lavoro è portare l’attenzione su studi analoghi al nostro, servendoci delle più svariate ricerche in settori anche apparentemente lontani a quello teatrale, allo scopo di appagare almeno parzialmente la sete di una rinnovata qualità di presenza, che potrà trasformarsi in una presenza scenica efficace e misurabile.
Pur utilizzando il concetto di Edp (e dunque di “energia”) nella formulazione di un allenamento pratico – di fatto principale obiettivo di questo studio – per determinare con chiarezza le variazioni fisiologiche e psicologiche dei soggetti che si intende addestrare, occorre tentare di specificare la natura del campo di forza al quale intendiamo fare riferimento con il termine “energia”. Riteniamo debba esistere una qualche forza in grado di “fecondare la presenza scenica”, trasformando il soggetto (attore) in un soggetto consapevole (attore organico).
Iniziamo il nostro percorso con una breve indagine trasversale, che attraversa la tradizione teatrale orientale e occidentale, la filosofia, la scienza, fino ad arrivare al recente contatto tra il teatro e le neuroscienze e infine a sfiorare la suggestiva ipotesi di “campi morfogenetici” (e specificamente di campo mentale) suggerita dal biologo inglese Rupert Shaldrake38.
1.1.1. La presenza nella tradizione orientale e occidentale
Ecco la definizione di “energia” (intesa come energia vitale) che ci fornisce il vocabolario italiano:
Energìa s. f. [dal lat. tardo energīa, gr. ἐνέργεια, der. di ἐνεργής «attivo», da ἔργον «opera»]. a. Vigore fisico, spec. dei nervi e dei muscoli, potenza attiva dell’organismo; con questo sign., per lo più al plur.: riacquistare le e. perdute, ridestare le energie. Per estensione, di cose, efficacia operativa: è un rimedio che opera con molta e.; fig.: l’e. dello stile, la forza, l’efficacia. b. Fermezza di carattere e risolutezza nell’azione: uomo privo di energia, senza energia, di scarsa e.; governare, dirigere un’impresa, comandare gli uomini con e.; affrontare, risolvere con e. una situazione. c. Forza dinamica dello spirito, che si manifesta come volontà e capacità di agire: tendere con e. al proprio scopo; essere animato da grande e.; trovare in sé l’e. necessaria per continuare la lotta; rianimare, rinvigorire, rinfrescare le
37 Campo elettromagnetico, campo gravitazionale, forza nucleare debole, forza nucleare forte. 38 Ipotesi indagata più diffusamente qui oltre in I, 2.5.1.