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Per una nuova fisiologia dell’attore 1 Definizione di fisiologia teatrale

Provare a costruire le fondamenta di una nuova fisiologia teatrale proprio come l’ISTA ha fatto con l’antropologia73, indagando le variazioni chimiche, elettriche e magnetiche dell’attore in una situazione scenica o durante il training, raccogliere dati biostatistici e neurofisiologici dello spettatore posto di fronte a varie forme teatrali e incrociare questi dati considerando l’Edp non come un risultato attoriale ma come un processo co-costitutivo del contesto scenico (che si manifesta soltanto quando tre forze sono contemporaneamente in gioco quella attiva dell’attore, quella passiva dello spettatore e quella neutralizzante del contesto o dell’osservatore esterno che ne indaga il rapporto), è fondamentale per aprire nuovi orizzonti nel campo della ricerca teatrale.

Si intende in questo studio fisiologia teatrale come una branca dell’antropologia teatrale che si propone di completare le riflessioni dei cosiddetti “principi che ritornano” con uno studio degli aspetti fisiologici dell’attore e del suo sistema di apprendimento.

Si tratta di una ricerca che oggi si nutre del fortissimo contributo delle neuroscienze, le quali – con la ormai celebre scoperta dei neuroni specchio – hanno finalmente offerto agli studiosi di teatro un terreno ed un linguaggio scientifico rinnovando l’antica indagine sul rapporto attore-spettatore.

Approfondire la fisiologia del corpo umano implicata in quello che sembra essere l’incarnarsi di una non meglio definita forza all’interno della presenza fisica del soggetto è dunque il punto di partenza necessario per delineare una nuova fisiologia dell’attore. Una volta indagata la “mappa organica” del territorio – il corpo-mente dell’attore danzatore – prima di produrci nella realizzazione di un sistema di allenamento sarà cura del soggetto che si sottopone all’addestramento analizzare e valutare ciò che modifica dall’esterno la sua propria fisiologia. Il cibo del quale ci nutriamo, così come l’aria che respiriamo e le impressioni che dall’esterno ci raggiungono, modificano il nostro stato psico-fisiologico riscrivendone proprietà e capacità. Analizzare fisiologicamente l’encefalo (per estensione tutto il sistema nervoso) e il sistema endocrino dell’essere umano potrebbe risultare un buon punto di partenza per verificare le possibili differenze riscontrabili tra un soggetto analizzato in un contesto ordinario e un soggetto in situazione di rappresentazione74. La

73 “Originariamente, il termine ‘antropologia’ veniva compreso come lo studio del comportamento dell’uomo non solo a livello socio-culturale, ma anche a livello fisiologico. L’antropologia teatrale, di conseguenza, studia il comportamento fisiologico e socio-culturale dell’uomo in una situazione di rappresentazione” E. Barba, N.Savarese, Antropologia teatrale in L’arte segreta dell’attore, Lecce, Argo, 1996, p. 6.

74 La ricerca si focalizzerà su quello che noi definiamo “l’attore organico”, dunque non semplicemente lo studio fisiologico di un corpo che dalla platea si sposta sulla scena, ma di un corpo-mente che aderisce

36 fisiologia scenica potrebbe dunque essere influenzata non soltanto dal contesto che ospita il soggetto (l’evento scenico), ma anche dal tipo di preparazione a cui il soggetto si è sottoposto nel tempo modellando il suo stato fisico, emozionale e mentale per trasformare la propria qualità di presenza. Il termine “fisiologia” ben si presta all’idea del “funzionamento” di un organo o di un sistema di organi. In accordo con il concetto di “attore organico”, che dà il titolo a questo studio, la fisiologia teatrale poggia le sue fondamenta sulla fisiologia, branca della biologia che però in questo studio è da intendersi come “fisiologia organica”, ovvero come studio delle funzioni psicofisiche sia del soggetto, sia del suo “doppio”, del fantasma psichico che questo soggetto crea con le proprie sensazioni, emozioni e pensieri. Con questo non ci permettiamo di valutare insufficiente l’attenzione che biologia, fisiologia, e conseguentemente fisiologia umana riservano a sensazioni, emozioni e pensieri. È piuttosto nostra intenzione, con il termine “fisiologia organica” occuparci del funzionamento degli organi in relazione olistica tra loro, in relazione alle sensazioni, emozioni e ai pensieri che il soggetto percepisce attraverso i propri organi e soprattutto in relazione alle sensazioni, emozioni e pensieri che il soggetto non percepisce, dei quali perde memoria, pur conservandone traccia nel proprio doppio. Ogni “difetto di attenzione” fisico, emozionale o mentale costituirà il doppio psichico del soggetto, e sarà proprio la discrasia tra la fisiologia reale (percepita dal soggetto) e il suo doppio psichico a determinare il malfunzionamento della “macchina”. Definiamo “fisiologia organica” una fisiologia orientata all’avvicinamento del corpo-mente “consapevole” del soggetto con il proprio corpo-mente inconscio75.

Per quanto audace sia tentare oggi di delineare delle basi (semplici ma solide) sulle quali poter appoggiare un’indagine in direzione di una possibile fisiologia teatrale, vari e vasti sono gli studi e gli addestramenti pratici condotti nella stessa direzione, seppur utilizzando tutt’altro tipo di lessico. Senza la pretesa di avere alcuna validità scientifica, ma forti del loro lavoro “sul campo”, due persone apparentemente distanti tra loro, hanno contribuito a fondare alcune importanti basi dell’addestramento psicofisiologico che ci proponiamo di sviluppare in questa sede. Le due persone in questione sono un famoso uomo di fede e un altrettanto famoso uomo di teatro: Ignazio di Loyola e K. Stanislavskij.

Questo forte accostamento tra due personaggi così apparentemente diversi (da una parte il fondatore della Scuola Gesuita, un nobile, ex militare basco che sarebbe diventato santo e dall’altra un attore, formatore e regista che lavorava nella Russia pre e post- rivoluzione) è opera di un grande uomo di teatro prima che di cinema – S. Ejzenstein – che suggerisce forti analogie metodologiche in un suggestivo parallelo tra la tecnica di lavoro del Maestro Stanislavskij e gli esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola. Più precisamente Ejzenstein propone un ispirato parallelo tra “An actor prepares” (Il lavoro dell'attore su se stesso di K. Stanislavskij) e la trentasettesima edizione di un'esposizione anonima: “Manrèse, ou les exercices Spirituels de Saint Ignace”. L’accento è sulle forti analogie che il “metodo” del maestro russo e il “sistema” degli esercizi di Ignazio da Loyola presentano a livello pratico o, appunto, metodologico.

Molti gli elementi del 'sistema' di S. Ignazio che non solo richiamano la psicotecnica del Teatro alle condizioni che postuliamo come necessarie perché questo sia in grado di veicolare Edp in una situazione di rappresentazione.

75 Il termine “inconscio” è qui da intendersi nell’accezione Junghiana. Facciamo riferimento su tutti al primo saggio contenuto in: C. G. Jung, L' uomo e i suoi simboli, Milano, Saggistica TEA, TEADUE, 1991.

37 d'Arte, ma sono addirittura identici ad essa. Inoltre, il metodo degli esercizi è estremamente chiaro e convincente, molto efficace per quanto riguarda i risultati, e i modelli che se ne ricavano possono anche essere utilmente applicati per scopi e con orientamenti completamente diversi. E' interessante il fatto che la realtà del sentimento legato al materiale della meditazione sia la prima e fondamentale condizione del metodo. Si richiede una piena, reale partecipazione agli avvenimenti; bisogna riviverli con i loro protagonisti, esperire le loro stesse sensazioni quando si tratta di un materiale di leggende religiose, oppure calarsi completamente nella realtà di quegli stati […] attraverso i quali, nel corso di un' 'azione continua', si ritiene necessario far passare l'adepto sulla via del raggiungimento dell'estasi completa, della fusione con Dio […]. Realismo con cui devono essere vissuti gli eventi (i compiti) delle meditazioni […]. La meditazione di S. Ignazio può anche essere definita Esercizio delle tre potenze (memoria, intelligenza, volontà o amore: con la memoria io mi ricordo, con l'intelligenza esamino, con la volontà io abbraccio)76.

S. Ejzenstein cita prima Stanislavskij, poi Ignazio da Loyola, evidenziando ancora analogie:

per noi l'aspetto emozionale del compito è essenziale quanto lo sono l'aria e la luce del sole. Per noi è necessario che il compito investa totalmente il nostro essere fisico e psichico […]. Si contempla più che non si mediti […]. Questa contemplazione prende il nome di applicazione dei sensi quando l'anima si nutre a suo piacimento, e senza l'intervento dell'intelletto, si limita a vedere, ascoltare, provar gusto e sentimento più o meno come se il fatto presentificato dall'immaginazione fosse davvero davanti agli occhi e investisse tutti i sensi del corpo. Così, nella meditazione dev'essere soprattutto l'intelletto a esercitarsi su una verità astratta al fine di darne una prova convincente; nella contemplazione, invece, è l'anima che si esercita a vedere, ad ascoltare77.

Si tratta, è chiaro, di rappresentarsi realmente e materialmente sia il percorso, sia il luogo dell'azione. Ancora, Ejzenstein, vede un percorso parallelo del maestro teatrale e di quello spirituale (ben si distingueranno a fine corsa, l'uno indicando una via d'uscita “all'esterno” della pressione emotiva scaturita dagli esercizi, l'altro non indicando una via d'uscita, dunque spingendo di fatto a scaricare questa tensione “all'interno”, creando così enormi sconvolgimenti nella stessa attività psichica). Entrambi definiscono “soggettivo” il quadro della meditazione dell'attore/iniziato poiché “non è possibile trovare due uomini che abbiano la stessa forma di immaginazione”78.

Citando ancora Stanislavskij con un brano del suo testo che manca nella traduzione italiana, Ejzenstein definisce ancor meglio, come fulcro del lavoro su di sé la potenza che scaturisce dal subconscio, quando questo viene sollecitato (con un sistema, un metodo, beninteso sempre in modo preciso, ripetibile e appunto sistematico) da una visualizzazione precisa, frutto di impegno volitivo e costante, e una buona dose di fantasia. “Non vi ho fornito una tecnica per ottenere il controllo del subconscio. Vi ho solo insegnato un metodo indiretto per raggiungerlo e per sottoporvi al suo potere”79.

Per pregare, occorre entrare nella propria stanza (esteriore e interiore), nel silenzio che essa costruisce intorno a colui che vi si rinchiude e in questo silenzio pregare. Solamente a questa condizione può essere colta la voce del Padre. La preghiera si compie semplicemente, nel

76 S. Ejzenštejn, Il montaggio e l'attore, in F. Cruciani e C. Falletti, Civiltà teatrale del XX secolo (prf. Bron p. 132) Ed. Il Mulino, Bologna, 1986, p. 160-163, passim.

77 Ivi p. 163-164 (prf. Manrèse, pp. XI-XIII), passim. 78 Ivi p.166 (Prf. Bron, p. 114).

79 Ivi, p. 167, (prf. Stanislavskij, An Actor Prepares, cit. p. 267. Il brano manca nella traduzione italiana), passim.

38 cuore: il luogo di Dio; non è necessario moltiplicare le parole, essa è uno stato permanente. Essere nella preghiera significa vivere nel regno. Il giglio nel campo illustra questo stato di abbandono mistico. L'uomo spirituale povero, spogliato, risplende di gloria a condizione di non inquietarsi, di non essere impaziente, preoccupato del domani. Lo stato mistico non è opera umana, ma divina. Il cambiamento si effettua dall'interno per la mediazione dello Spirito che non può essere acquisito se non attraverso la preghiera80.

Una forma di meditazione molto interessante è a nostro giudizio, la meditazione vipassana. Si tratta di un lavoro su se stessi che ha avuto origine circa 2500 anni fa. A differenza di altre forme meditative, la meditazione vipassana intende sviluppare la massima consapevolezza di tutti gli stimoli sensoriali e mentali, affinché se ne colga la reale natura e ci si incammini per tale via verso la liberazione. Il corpo e la mente sono il campo nel quale è possibile scoprire, con una visione attenta, la verità del mondo fenomenico e quella che porta alla sua estinzione. Il Dhammapada dice: “Non chi vince mille volte mille uomini in battaglia, ma colui che conquista la propria mente è un vero vincitore”.

Non occorre addentrarci nel campo della psicotronica per accorgersi quanta parte del potere personale stia di fatto nella nostra capacità di sfruttare in modo consapevole la mente. Sacerdoti cristiani oggi si accostano senza timore a concetti come la meditazione che sono da sempre di pertinenza orientale. È da questo sincretismo religioso che, a nostro avviso, potrebbe prendere le mosse un nuovo sincretismo, quello tra “Vera Scienza” e “Vera Spiritualità”.

Si sperimentano le 'nostre' forze interiori. Che sono nostre solo perché ce le troviamo dentro, ma non ce le regaliamo noi. Ce le regala la natura e non possono essere spadroneggiate a piacere. Hanno precise regole che vanno religiosamente rispettate. Ecco come nasce il religioso, il modo di collegarci con le realtà ignote che ci sovrastano e che ci toccano dentro. Possono diventare nostre, altrimenti finiranno per dominarci in maniera che potrà sembrare dispotica. O ce ne impadroniamo seriamente o ci faranno prima o poi paura, come forze incontrollate che prendono il sopravvento. Toccare queste forze, sperimentarle, vuol dire poterci mettere in contatto con 'la forza' che guida la natura, che guida tutti i corpi, tutti gli uomini. Accettare di imparare ad incontrarla è già inchinarsi a pregare: accettare di fare la volontà della natura, obbedendo a precise norme. Usare queste forze, secondo le indicazioni che abbiamo lentamente appreso, è mettersi a disposizione della natura. Si porta a compimento quanto si fa istintivamente quando si genera un figlio. La generazione fisica trova riscontro in altre generazioni a livello più alto, in tutti i campi, e per il bene e la vita di tutti. Questo è servizio liturgico. Questo è scoprire che il nostro corpo può essere il luogo del nostro incontro con quelle realtà che gli antichi cercavano di incontrare nel loro tempio […]. Il corpo fisico è affiancato e retto da una parte immateriale, che ci piace chiamare, con un termine suggestivo coniato dai mistici musulmani, il 'corpo di luce'. Questo corpo di luce, secondo il punto di vista di tanti popoli, non si limita ad influire sul comportamento dell'essere a cui presiede ma, per vie sotterranee, inconsce, non tangibili con metodi razionali, lo plasma, lo modella, né può trasformare, in bene o in male, l'involucro materiale che noi chiamiamo corpo fisico. È il terribile 'potere configuratore dello spirito' che agisce continuamente in noi e a cui, il più delle volte, tanti nostri malesseri piccoli e grandi devono essere attribuiti. Questo concetto la nostra medicina occidentale lo va riscoprendo proprio ora81.

Per un efficace lavoro su se stesso, l’attore organico deve conoscere il proprio strumento di lavoro (corpo-mente-spirito) ed essere in grado di utilizzarlo al meglio. Solo

80 F. Fabbro, La mistica e le sue tecniche, in Neuropsicologia dell'esperienza religiosa (Prf. Missatkine, 2000, p. 247; Matteo, 6, 7-8), Astrolabio, Roma, 2010, p. 249.

81 G. V. Cappelletto, Corpo e Anima in Il corpo come tempio, Gruppo di Meditazione Profonda, 1997 Pinerolo, Torino pp. 12-17.

39 diventando veramente padrone delle proprie intenzioni egli potrà incarnare quelle del personaggio. Perché le intenzioni siano perfettamente orientate occorre saper direzionare i propri pensieri senza lasciare che questi si disperdano, ora attratti ora da un’immagine, ora distratti da un suono, ora disturbati da un lieve malessere fisico, ora ripiegati su se stessi a causa di una preoccupazione che continua a tornare in mente in modo ossessivo. Perché questa condizione (in realtà una pre-condizione) sia realizzata, occorre praticare un training che abbassi le frequenze cerebrali e porti progressivamente al silenzio quella babele di “io” dentro di noi che, sotto forma di immagini, voci ecc. ci ricordano di un appuntamento, oppure portano “a spasso” la nostra attenzione senza il nostro controllo.

Esercizi di dinamica mentale (vedremo più specificamente il Metodo Silva), tecniche di meditazione o di preghiera riportate dalle antiche tradizioni – orientali e occidentali – hanno attraversato i secoli e sono oggi disponibili per ottenere la condizione mentale necessaria per intraprendere un efficace lavoro su se stessi. Prima di ipotizzare uno specifico addestramento, passeremo velocemente in rassegna alcuni risultati fisiologici riscontrati durante esercizi di preghiera, di meditazione e durante alcune pratiche taoiste.

1.2.2. Prime indagini fisiologiche sull’attore organico

Delineare una possibile “mappa della fisiologia attoriale” utile allo scopo di definire una fisiologia teatrale significa orientarsi sulle possibili variabili fisiologiche riscontrabili tra un soggetto che agisce in modo quotidiano ed uno impegnato ad essere “presente” con modalità straordinarie. Non essendo oggi la teoria del campo morfogenetico – e di conseguenza quella del campo mentale – nulla più che un’ipotesi (seppure suggestiva e accettabile come “modello di riferimento” concettuale), l’indagine più convincente per lo scopo preposto in questo momento sembra spostarsi sul campo elettromagnetico. La comunità scientifica e la medicina allopatica concordano nel considerare l’abbassamento delle frequenze cerebrali di un soggetto (in una situazione di rilassamento o meditazione) un elemento chiave non solo per valutarne il benessere (al contrario, un soggetto con frequenze mediamente molto elevate persisterebbe in uno stato di stress cronico e dunque, in questo stato di continuo “allarme” abbasserebbe le difese immunitarie), ma anche per determinarne le capacità performative82. Per questa indagine in direzione dell’attore organico è dunque necessario considerare principalmente le frequenze encefaliche e la loro variazione. Concentreremo dunque la “mappa fisiologica” dell’attore focalizzandoci sulla struttura del cervello (emisfero destro e sinistro, ma anche cervello rettiliano, sistema limbico e neocorteccia), in particolare portando la nostra attenzione su quella particolarissima ghiandola a forma di “pigna” situata esattamente al centro del cervello, la ghiandola pineale o epifisi (che si trova al centro dell’encefalo ed è l’unico elemento nell’encefalo a non essere doppio) e seguendo una struttura “ad albero”, ovvero passando in rassegna le altre principali ghiandole endocrine del sistema corporeo. Le discipline orientali individuano sette punti chiave dell’organismo: la configurazione “energetica” del corpo nella loro tradizione prende in considerazione molti specifici punti del corpo (chiamati chakra) sette dei quali sono localizzabili in prossimità delle sette ghiandole endocrine principali dell’organismo. Queste sono: la ghiandola pineale, l’ipofisi, la tiroide,

82 Soggetti in grado di mantenere basse le proprie frequenze cerebrali anche in stato di veglia, durante le normali attività quotidiane, sono più performanti sia a livello fisico, avendo uno schema corporeo sciolto e naturale e non disperdendo energia in tensioni inutili, sia a livello emozionale sia, infine, a livello mentale, con un pensiero più focalizzato, chiaro ed efficace.

40 il timo, il pancreas, le ghiandole surrenali, le gonadi. Analizzare la fisiologia e le caratteristiche chimiche delle sostanze secrete da queste ghiandole può essere per noi una buona base di partenza, senza dimenticare, come già accennato, che le funzioni del sistema endocrino non sono solo di natura chimica, ma influiscono costantemente anche sull’elettromagnetismo del corpo. In questo senso, oltre alla funzione fisiologica, possiamo dire che abbiano anche una vera e propria funzione di connessione bioenergetica.

Questo studio non ha la pretesa di essere un lavoro di natura medica ma si propone come un’indagine scientifica sulla fisiologia attoriale. Prendendo dalla suggestione proposta da Shaldrake di campo mentale, il nostro obiettivo rimane verificare in che modo la fisiologia dell’attore sia in grado di rispondere e utilizzare questo campo. Non avendo ancora a disposizione strumenti scientificamente rilevanti necessari allo scopo – ovvero quantificare l’Edp veicolata dall’attore organico con intenzioni (sguardi, azioni, parole), emozioni (modificazione degli stati d’animo) e attenzione (pensieri focalizzati) – ci proponiamo dunque una prima analisi della fisiologia dell’attore avvalendoci dei concetti di campo oggi postulati dalla comunità scientifica (campo gravitazionale, elettromagnetico, forza nucleare debole, forza nucleare forte) e degli strumenti di misurazione a noi disponibili (EEG, tomografia, ecc).

Per meglio comprendere come l’attore organico intercetti e canalizzi l’Edp, la nostra indagine fisiologica focalizza la sua attenzione soprattutto sul sistema nervoso centrale (SNC) e sul sistema endocrino (SE), approfondendo studi che propongono la ghiandola pineale come possibile “recettore” di questa particolare forza, il sistema nervoso, il liquido cefalo-rachidiano, i neurotrasmettitori e il sistema linfatico come possibili “canalizzatori” in grado di veicolare l’informazione ricevuta dall’epifisi al resto dell’organismo e il campo mentale come possibile “diffusore” di questa informazione anche all’esterno dell’organismo umano che la intercetta.

1.2.3. Sistema nervoso centrale (SNC)

Prendiamo in considerazione il sistema nervoso centrale del soggetto, indagando prima la fisiologia e la funzione dell’encefalo e successivamente il sistema simpatico e parasimpatico.

La struttura dell’encefalo. Analizziamo la struttura dell’encefalo prendendo in considerazione sia la divisione in emisfero destro ed emisfero sinistro, sia la sua “tripartizione”, con la parte più antica o cervello rettiliano, il mesencefalo o sistema limbico ed infine la parte più esterna e di recente formazione: la neocorteccia.

I due emisferi. Alla base del funzionamento cerebrale sta una forte polarità: il cervello umano è infatti suddiviso in due emisferi: l’emisfero destro-sintetico, in grado di comprendere l'insieme delle parti, concreto, capace di cogliere le relazioni nello spazio, intuitivo poiché usa sensazioni e immagini, analogico (usa le metafore), irrazionale, olistico (percepisce le strutture di assieme), atemporale e non-verbale, sede delle attività creative, musicali, spaziali, espressive e della fantasia e l’emisfero sinistro-analitico,