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Un training quasi interamente basato sulla visualizzazione è, nell’ambito sportivo, l’allenamento ideomotorio. L’allenamento ideomotorio (o visualizzazione) è una tecnica che fa parte dell’allenamento mentale (mental training) di un atleta, finalizzato al perfezionamento del gesto sportivo. Non appena l’atleta è in grado di realizzare fisicamente il gesto che vuole ripetere o migliorare, può cominciare l’allenamento ideomotorio. L’esercizio consiste nel ripetere a se stessi mentalmente il gesto fisico che si vuole perfezionare senza riprodurlo fisicamente, in condizione di rilassamento e concentrazione, cercando una vivida propriocezione, percependo se stessi con ogni canale sensoriale: visivo interno, uditivo (ritmico) e, soprattutto cinestesico. Questo tipo di allenamento mentale nasce dall’idea, suggerita dal noto psicologo americano Maxwell Maltz, che il sistema nervoso umano non sia in grado di stabilire la differenza tra un’esperienza realmente vissuta e un’esperienza immaginata molto intensamente e nei minimi dettagli257.

Spesso ci accade anche nei sogni di vivere un’esperienza proprio come se fosse reale, pur avendo ridottissime stimolazioni sensoriali esterne. La mente, con gli strumenti della memoria e dell’immaginazione (che può essere implementata con esercizi di

255 Ivi, p. 7.

256 Consideriamo “organico” qualsiasi addestramento preveda un innalzamento del livello di attenzione del soggetto contemporaneamente sul piano fisico-motorio, emozionale ed intellettuale.

144 visualizzazione) funziona in questo caso come una macchina proiettiva in grado di ricostruire la realtà senza che occorra necessariamente un corrispettivo materiale sensoriale. Proprio sfruttando questo principio mezzi di comunicazione come cinema e televisione decretano il loro successo. Tutti i dispositivi che ricostruiscono la nostra visione sfruttano questo meccanismo di proiezione e di immedesimazione della mente, meccanismo del quale i neuroni specchio sono, come già accennato, fisiologicamente responsabili. Vedere una scena al cinema o recitata dal vivo davanti a noi in un teatro (questo secondo caso è indubbiamente molto più efficace per produrre l’immedesimazione dello spettatore), può suscitare nello spettatore sentimenti ed emozioni proprio come se il soggetto fosse “in scena”, protagonista di quella storia, diventando una fonte di piacere. Pur riconoscendo lo status di finzione, la mente si abbandona consapevolmente all’inganno dell’esperienza scenica. Lo stesso meccanismo avviene con il passaggio della codifica verbale-scritto all’immaginato nella lettura di un libro: immaginare una scena (evocata dalle pagine di un testo) molto vividamente in qualche modo corrisponde alla stessa esperienza vissuta realmente.

L’allenamento ideomotorio dunque, con le sue ripetizioni mentali immaginate, è un’esperienza utile quanto la pratica stessa e, se accostata alla pratica, ne migliora l’apprendimento perfezionando il gesto motorio. Naturalmente perché questo training mentale abbia successo è fondamentale la pratica anche fisica dell’esercizio; la mancanza di quest’ultimo aspetto renderebbe nulle le possibilità di miglioramento realizzate dall’allenamento ideomotorio che funziona dunque solo se integrato all’esercizio pratico. L’allenamento ideomotorio si focalizza soprattutto sull’aspetto cinestesico che si sviluppa solamente con la pratica. Dunque memorizzare un gesto molto complesso che non si sa eseguire e ripeterlo mentalmente senza avere fatto nessuna esperienza pratica simile ha pochissima utilità ed influenza in odo quasi nullo l’apprendimento. Si tratta prima di compiere un gesto e poi di immaginare di ripeterlo più volte senza compierlo fisicamente.

Ciò che accade quando immaginiamo di compiere un certo gesto, (o quando lo vediamo compiere, vedi NS) è un’attivazione inconscia dei muscoli deputati a quel gesto e un contestuale aumento del loro tono muscolare. A livello fisiologico il SNC manda al muscolo coinvolto in quel tipo di movimento un impulso nervoso che funge da “pre- attivazione” quando il movimento viene pensato. Il muscolo, “allertato” da questo impulso, si attiva comunque, anche se in modo più blando rispetto al momento in cui questo compie effettivamente il lavoro prodotto dall’azione fisica. È noto che in situazione di forti sollecitazioni di natura emozionale il tono muscolare generale aumenta (sensazione di pericolo, paura, lotta, oppure euforia ecc.) o diminuisce (sensazione di abbandono, rilassamento, depressione). L’allenamento ideomotorio si propone un lavoro fisiologico che parta proprio da questo impulso nervoso. L’aumento del tono muscolare ha la funzione di pre-attivare la contrazione perché il muscolo sia pronto e disponibile all’azione. La diminuzione del tono muscolare nei momenti di rilassamento svolge il compito di risparmio energetico e di placare le sensazioni provenienti dal corpo per porre maggiore attenzione agli stimoli esterni o al lavoro mentale. Come si realizza però l’apprendimento di un gesto complesso? Gli impulsi nervosi che circolano nel nostro cervello quando viviamo una qualsiasi esperienza (non solo un’esperienza motoria) determinano una “traccia” del percorso tra le cellule cerebrali che ne facilitano un successivo passaggio determinando quello che chiamiamo apprendimento. Il meccanismo è il seguente: quando il segnale elettrico passa attraverso le connessioni (sinapsi) di un particolare gruppo di cellule nervose, questo lascia una traccia in tali connessioni; questa traccia facilita un

145 eventuale successivo percorso sinaptico analogo. E’ per questo motivo che nello studio mnemonico, ma anche nell’apprendimento fisico di gesti semplici o complessi, la ripetizione è considerata la chiave del successo.

Quando nel cervello si attiva un dato programma d'azione (un pensiero) la traccia che questo lascia nelle sinapsi utilizzate facilita il richiamo dello stesso programma (o pensiero) in un momento successivo. Questa traccia nelle connessioni tra cellule nervose sembra essere influenzata dalla quantità di passaggi dello stimolo nervoso che determina lo sviluppo (trofismo) dei neuroni dei dendriti, degli assoni e delle sinapsi utilizzate.

Dunque, ripetendo mentalmente delle azioni (visualizzazione) diamo alla nostra mente l’informazione che l’azione sia stata svolta realmente, realizzando un vero e proprio allenamento. Questo non solo ci può far aumentare notevolmente la mole di esercizio per l'apprendimento di un gesto (perché non carichiamo il fisico di uno sforzo eccessivo), ma ci permette di allenare il programma d’azione relativo a quel gesto, ovvero “rinfresca il percorso” alla popolazione di neuroni coinvolti nel pensiero che determina quello specifico movimento, rendendo più automatico al soggetto pensare in quel modo e di conseguenza compiere quel gesto.

Ecco le condizioni affinché l'allenamento ideomotorio sia veramente efficace e produttivo:

Sapersi concentrare (capacità di focalizzare l’attenzione, usando la “spinta emotiva della motivazione” trasformata in volontà per aumentare la sensibilità al gesto).

Avere una certa esperienza motoria realmente vissuta (anche di diverso genere rispetto al gesto da apprendere ma che abbia un carattere di similitudine - es. bracciata nel nuoto azione del braccio nella schiacciata di pallavolo).

La visualizzazione deve essere molto vivida cioè ricchissima di sensazioni non solo visive ma anche muscolo-articolari, uditive, tattili, organiche (interiorizzazione).

Ci deve essere ripetizione.

La concentrazione (o “come amplificare l’attenzione”). Cos’è la concentrazione? Essere concentrati significa focalizzare la propria attenzione sull’obiettivo che si vuole raggiungere in quel momento, senza distrazioni, senza pensieri estranei. La capacità di concentrarsi è dunque la capacità di dirigere la propria attenzione sugli elementi determinanti per la prestazione e cioè: obiettivo e mezzi per ottenerlo. Nel campo sportivo i mezzi sono i programmi di movimento (tecniche) che l’atleta già possiede e che attiva al momento opportuno quando percepisce i segnali scatenanti, cioè quelle “informazioni precise e particolari” che il sistema sensoriale dell’atleta individua come condizioni di “via!” o di controllo. Esempio: il giocatore di pallacanestro esperto e concentrato percepisce immediatamente da segnalatori molto precisi (sguardo degli occhi, movimento delle mani) quando il proprio avversario in possesso di palla sta passando o tirando e di conseguenza mette in atto il comportamento difensivo adeguato (es. braccia in alto per impedire il tiro, braccia in fuori per il passaggio). Essere concentrati significa essere attenti ma anche e soprattutto sapere a che cosa essere sensibili cioè a che cosa prestare

146 attenzione. Altri esempi: lo sciatore è molto sensibile all’attrito delle lamine sulla neve che è trasmesso dalle sensazioni di pressione dello scarpone sui piedi e sul collo della gamba. Il ginnasta o la ballerina di solito sono sensibili nel percepire l’azione fine dei segmenti corporei, sapendo regolare forza ed escursioni spaziali con elevata precisione. Il tiratore di pistola è in grado di controllare al centesimo di millimetro la posizione della sua mano quando prende la mira. Sapere a che cosa prestare attenzione (cioè su cosa concentrarsi) per la buona riuscita dell’azione motoria significa anche allenare la propria sensibilità cioè la capacità di discriminare finemente le variazioni del gesto studiato. La capacità di dirigere l’attenzione è senz’altro una questione di volontà e questa è direttamente proporzionale alla motivazione e quindi a quel desiderio interiore che mobilizza energie psichiche e nervose. Infatti senza motivazione, o desiderio profondo di riuscire in un certo intendimento, è difficile essere concentrati. Quando “non si ha voglia” di fare una cosa è difficile produrre un’attenzione elevata. La strategia proposta dall’allenamento ideomotorio, in questa prima fase di ricerca della concentrazione, è quella di spingere se stessi alla ricerca di motivazioni e di interessi, attraverso un dialogo interiore che ci ricordi continuamente il perché sia importante portare a termine quel compito, affinché si mobilitino delle energie psico-nervose che ci permettano una costante applicazione. Questa modalità di pensiero ci permette di focalizzare le intenzioni scorgendo i vantaggi che quel comportamento determinerebbe per noi: conoscere il vantaggio che quel gesto produce per noi (o meglio, per la nostra personalità) è la domanda fondamentale che occorre porre a se stessi per auto-motivarsi. A volte dei pensieri estranei non permettono la concentrazione pur essendo convinti di avere un sincero interesse nel riuscire a portare a compimento l’intendimento che ci siamo proposti. In realtà la parte inconscia della mente ritiene più interessante occuparsi di quei pensieri “estranei” generando un conflitto di interessi tra la nostra parte conscia e quella inconscia. Nella meditazione, ma anche nella semplice concentrazione, riuscire inizialmente soltanto a prendere coscienza dei “pensieri estranei” – o meglio dei pensieri che vengono generati automaticamente dalla nostra mente, senza che ne sia coinvolta la nostra volontà – fa perdere loro buona parte del loro “potere distraente”. Naturalmente, successivamente a questa presa di coscienza, si rivelerà necessaria una profonda riflessione – una sorta di autoanalisi – che ci porti a comprendere quali bisogni tenti di soddisfare il nostro inconscio producendo questi “pensieri distraenti auto-generati”. Fare luce su ciò che ci fa paura spesso ne scarica notevolmente il potere distraente. La concentrazione è favorita anche dall’assenza di stimolazioni non necessarie alla prestazione (distrazioni) quantunque sia utile allenare anche la capacità di escludere dal proprio sistema percettivo le stimolazioni non pertinenti. È certamente più difficile concentrarsi in un ambiente rumoroso o con interferenze di altri piuttosto che in un ambiente isolato. E’ interessante notare quanto la nostra epoca sia segnata in questo senso dalla rivoluzione digitale. La nostra attenzione è continuamente interrotta da stimoli sensoriali che hanno generato in noi un sistema di dipendenza. I messaggi sui telefoni cellulari, le stimolazioni visive di facebook, le mail che riceviamo “in tempo reale”, operano una continua distrazione (sensoriale prima ed emozionale poi) dal compito che ci prefiggiamo di svolgere. Senza contare che, come ampiamente descritto nei capitoli precedenti, le nostre migliori performances le otteniamo quando il nostro ritmo cerebrale è lento (stato alpha o addirittura stato theta): se lo stato vibratorio ottimale è di circa 8-9 megahertz, occorre sapere che lo schermo del computer o del cellulare vibrano ad una frequenza molto superiore, condizionando di fatto le nostre frequenze encefaliche. La frequenza vibratoria che si traduce nella luminosità di questi dispositivi (diversamente dalla luce solare o dalla luce delle candele) percepita dal nostro apparato visivo, si riverbera sul ritmo vibratorio dell’encefalo, portando il soggetto – non del tutto

147 coscientemente – ad un innalzamento delle proprie frequenze cerebrali, e dunque inducendolo ad una minore capacità di concentrazione, di attenzione e di autocoscienza. Di fatto i dispositivi elettronici producono un sistema di dipendenza e di abbassamento delle potenzialità umane che purtroppo non si limita alla prematura calcificazione della ghiandola pineale258. E’ comunque possibile (e anzi, utile) allenare la capacità di concentrarsi in ambienti distraenti: con un impegno costante (proprio come per l’esercizio fisico) è possibile progressivamente imparare a concentrarsi anche in ambienti non silenziosi e ricchi di “potenziali distrazioni”. Adottare alcune tecniche di rilassamento può aiutare a concentrarsi giacché occorre una certa “pace interiore” per riuscire a focalizzare la mente su ciò che si desidera “vedere” con più chiarezza259.

Fare le esperienze motorie necessarie. L’allenamento ideomotorio, pur essendo un lavoro che coinvolge piano fisico, piano emozionale e piano mentale è fino ad oggi stato utilizzato soprattutto per migliorare prestazioni di carattere sportivo dunque, oltre a padroneggiare tecniche di concentrazione ed essere in grado di coltivare il rilassamento interiore, è necessario fare una buona esperienza motoria del gesto che si vuole perfezionare, prima di richiamarlo alla mente con la visualizzazione. Fondamentale è ovviamente la pratica dell’esercizio costante; la mancanza di questa rende quasi nulle le possibilità di miglioramento dell’allenamento ideomotorio che deve essere visto come mezzo integrativo per il perfezionamento del gesto, ad implemento dell’esercizio pratico.

La visualizzazione. La capacità di “lavorare con le immagini della mente” richiede dunque una certa capacità di saper dirigere l’attenzione e non farla fuggire in pensieri secondari e non necessari, oltre che una pratica fisica del modello di movimento in questione. È chiaro che non si possa imparare un gesto se non si è mai realmente prodotto

258 La tesi di una prematura calcificazione della ghiandola pineale causata dai dispositivi elettronici è oggi molto dibattuta in campo medico e scientifico. Pur non essendoci chiare evidenze scientifiche in merito, facciamo qui riferimento agli studi di Sergio Felipe de Olivera e Corrado Malanga.

259 Esiste un esercizio da svolgere proprio quando pensieri estranei non ci permettono di concentraci su un compito: la scatola nera. In condizioni di rilassamento globale (posizione comoda, ambiente tranquillo) compiere dieci respirazioni lente e profonde ad occhi chiusi. Visualizzare uno spazio che solitamente si ha a disposizione per scrivere o leggere; cercare di percepire bene tutti gli elementi che stanno attorno: mobili, luci, odori, oggetti, soliti rumori, cercare di essere molto vividi in questa visualizzazione; visualizzare la poltrona o la sedia su cui solitamente ci si siede. Cercare di vederne tutti particolari: costituzione del materiale, colori, superficie; (arricchire la cosa di sensazioni tattili della mano che accarezza l’oggetto come se fossimo in piedi vicino ad essa nella visualizzazione); ora immaginare di sedersi sulla sedia/poltrona e di sentire il movimento del corpo e le sensazioni tattili di contatto unitamente agli eventuali rumori che la cosa produce; ora che siamo comodamente e tranquillamente seduti sulla sedia/poltrona; visualizzare sul tavolo davanti a noi un foglio di carta bianco e una matita; prenderli in mano cercando di sentire le sensazioni tattili che tali azioni producono; visualizzare le proprie mani con il foglio di carta e la matita; ora scrivere lentamente sul foglio di carta il pensiero estraneo che vi sta turbando sintetizzandolo in 2-3 parole al massimo; visualizzare la mano che scrive lentamente il pensiero estraneo con la propria calligrafia; cercare di percepire le sensazioni tattili di pressione della matita sul foglio oltre che visualizzare la mano; terminato di scrivere appoggiare la matita e piegare il foglio in quattro in modo che la scritta non sia più visibile; ora volgere lo sguardo al vostro fianco e notando per terra una scatola nera delle dimensioni più o meno di una scatola da scarpe; prenderla e aprirne il coperchio; porvi dentro il foglio di carta (continuando ad arricchire la visualizzazione di sensazioni tattili, cinestesiche e uditive) e richiudere la scatola; ora alzarsi con la scatola in mano e camminare in direzione dell’armadio; giungere ora di fronte ad esso e vedere la mano che lo apre e vi pone dentro la scatola; richiudere l’armadio con dentro la scatola e il pensiero estraneo al suo interno; voltare le spalle, visualizzare la stanza da quel punto di vista (spalle all’armadio) e allontanarsi; sentire il rumore dei propri passi e le sensazioni di movimento di tutto il corpo, il pensiero estraneo è ora al sicuro e potrà essere ripreso dopo.

148 quello specifico movimento giacché la visualizzazione sarebbe molto povera di sensazioni specifiche (scarsa sensibilizzazione) e quindi l'allenamento ideomotorio non avrebbe i requisiti minimi per funzionare. Inoltre, perché sia efficace, la visualizzazione deve essere molto ricca di particolari (interiorizzazione) altrimenti le immagini prodotte nella mente sarebbero troppo superficiali e non innescherebbero quei passaggi neuronali necessari a determinare l'apprendimento.

La ripetizione. La ripetizione ha la stessa importanza della visualizzazione: non si può visualizzare una certa cosa una volta ogni tanto e pretendere di impararla. I sentieri neuronali si attivano con maggiore facilità se sono praticati spesso e con costanza. La visualizzazione non è la ripetizione di parole o frasi, ma è l’utilizzo di rappresentazioni mentali; questa non deve essere rapida e superficiale. La sua efficacia è potente solo se è molto vivida, dunque se continuamente ravvivata e stimolata.

La gestione degli obiettivi (goals management). La gestione degli obiettivi è caratterizzata da un insieme di tecniche che prendono spunto dagli assunti teorici della psicocibernetica, testo precursore delle attuali tecniche motivazionali e di autoperfezionamento, scritto nel 1965 da Maxwell Maltz. Brevemente, secondo gli assunti della gestione degli obiettivi, la fondamentale intuizione del medico americano specializzato in chirurgia plastica, è quella che un obiettivo è tanto più raggiungibile quanto più la persona che lo ha ideato lo sposa anche a livello inconscio (dunque è un’idea radicata non solo nella neocorteccia, ma anche nel sistema limbico)260. Le caratteristiche per un’efficace gestione degli obiettivi sono: la precisione (definire l’obiettivo in modo chiaro, preciso e misurabile), la motivazione del soggetto (l’obiettivo deve motivare, essere utile e produrre benefici a chi lo persegue), la sua sensorialità ed emozionalità (l’obiettivo deve diventare un “oggetto interno” percepito attraverso immagini, suoni, sensazioni e produrre in noi emozioni positive), la controllabilità (dev’essere gestibile in modo proattivo, ovvero non dipendere da terzi ma dal soggetto che lo stabilisce), la verificabilità (l’obiettivo deve essere verificabile nelle sue fasi intermedie. È fondamentale questo punto perché durante le procedure di verifica occorre constatare l’andamento della strategia ed eventualmente modificarla), l’ecologia (l’obiettivo deve essere perseguito e raggiunto senza alterare l’equilibrio interno del soggetto, non mettendo in discussione i valori e le credenze alla base della sua identità). A queste caratteristiche principali occorre aggiungere la raggiungibilità (fissare un obiettivo realistico) e la sua precisa definizione temporale.

La capacità di visualizzare e lavorare con le immagini261 è una peculiarità propria dell’essere umano. La possibilità di lavorare con le immagini mentali è determinata dallo sviluppo del sistema nervoso centrale, e in particolare della corteccia cerebrale frontale – luogo nel quale sembra abbia sede l’attività immaginativa – che permette all’uomo di costruire e progettare mentalmente prima di prodursi nel lavoro fisico. La facoltà anticipatoria dei NS permette dunque di operare una “previsione” di situazioni e azioni utili

260 Vedremo in questo stesso paragrafo il metodo Silva e l’ipnosi dinamica di Stefano Benemeglio, tecniche che, seppur utilizzando modalità differenti, si fondano entrambe sull’assunto che la cooperazione di “conscio” e “inconscio” amplifica le possibilità del soggetto. Scegliere “razionalmente” un obiettivo senza che il piano istintivo-motorio e quello emozionale co-partecipino della scelta significa non poter attuare l’obiettivo e, semplificando, vivere la frustrazione che nasce dalla discrasia tra ragione ed emozioni.

261 Il termine immagine è qui inteso in un’accezione ampia e non solo in senso “visivo”. Si può immaginare un suono o una qualsiasi altra sensazione intendendone la rappresentazione mentale senza che nulla giunga ai nostri organi di senso.

149 per la loro successiva messa in atto; questa proiezione mentale si è sviluppata nell’uomo per una serie di ragioni, non ultima la presenza di un singolare apparato fonatorio che ci ha permesso di sviluppare un vero e proprio codice sonoro di comunicazione: il linguaggio. Poi la conquista della posizione eretta ha liberato due dei quattro arti a nostra disposizione dal compito di spostare il corpo nello spazio permettendoci di dedicarli a lavori manuali; il pollice opponibile ha aumentato la capacità di produrci in lavori manuali affinando