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DALL’AMMINISTRAZIONE DELL’EMERGENZA ALL’AMMINISTRAZIONE PRECAUZIONALE: IL RUOLO DELLA PROTEZIONE CIVILE IN RISPOSTA ALLE CALAMITA’ NATURALI

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INTRODUZIONE

Nonostante sia un termine utilizzato in molti settori del diritto, non è ancora stata elaborata una nozione giuridica esaustiva ed unitaria del concetto di emergenza, che ha quindi assunto variabili diverse nell’identificare una situazione imprevista, non regolata dal diritto vigente e che deve essere pertanto affrontata come un’eccezione rispetto al sistema dei valori giuridicamente riconosciuti.

Il diritto dell’emergenza si è affermato anche nell’alveo del diritto amministrativo, in cui il modello di amministrazione è caratterizzato, da un lato, da una struttura reticolare di fun-zioni e competenze, chiamata ad intervenire con funfun-zioni di prevenzione del rischio e delle sue manifestazioni e, dall’altro, da una struttura gerarchica e centralizzata, quando lo stesso si trova a dover gestire il fatto emergenziale.

Obiettivo del presente elaborato consiste nel cercare di approfondire il fenomeno giuridico dell’emergenza nel diritto amministrativo attraverso l’analisi di due aspetti fondamentali: l’uso del potere speciale e derogatorio e dei tratti che lo contraddistinguono; l’ambito di estensione del fenomeno dell’emergenza alla prevedibilità degli eventi e del rischio di eventi. Infine, sarà offerta una breve panoramica sul modello organizzativo italiano per la gestione delle emergenze, al fine di confutare la tesi secondo la quale si è assistito nel cor-so degli anni all’auspicata evoluzione da un’amministrazione dell’emergenza ad un’amministrazione quasi completamente imperniata sulla precauzione.

Oggi si parla di “società del rischio”, concetto dalla valenza prima di tutto sociologica e scientifica, con la quale però anche il diritto si trova a dover interagire. Si intensificano co-stantemente le incertezze, sia individuali che sociali, connesse al nuovo ordine mondiale, risultato della globalizzazione dell’economia e della società, tuttavia la necessità per il

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ritto di dover fronteggiare situazioni, probabili o già verificatesi, di gravi danni per la col-lettiva non è nuova. In passato sono stati introdotti numerosi istituti in nome dell’emergenza, fra i quali si ricordano: lo stato di guerra, tipico del diritto internazionale; la legittima difesa e lo stato di necessità, per il diritto penale; i provvedimenti cautelari speciali, per il diritto processuale civile; lo stato d’assedio, la decretazione d’urgenza e le ordinanze di necessità, tipici del diritto costituzionale ed amministrativo. L’evoluzione nel-la consapevolezza del rischio assieme alnel-la maggiore complessità delle attuali emergenze hanno fatto sì che gli ordinamenti giuridici si muovessero nella direzione di interventi or-ganici ed innovativi rispetto alle iniziative adottate in precedenza; le ordinanze di necessità ed urgenza utilizzate per le situazioni straordinarie e ben delineate, ad esempio, non si pos-sono più ritenere strumenti adeguati per gestire i fenomeni prodotti dalla crescita delle in-certezze sociali, con il risultato che si assiste oggi alla definizione di regole giuridiche più flessibili, alla creazione di nuove amministrazioni, al ripensamento di quelle tradizionali e alla previsione di nuovi compiti e nuove forme organizzative. Il diritto si evolve, infatti, in maniera naturale e fisiologica ed è il riflesso dei bisogni della società.

La situazione d’emergenza è caratterizzata da tre elementi: un fatto che dà luogo all’emergenza, una valutazione sulla necessità di ricorrere a strumenti eccezionali; l’effettiva instaurazione dello stato d’emergenza. Il presupposto per le successive fasi è ap-punto il fatto, che deve essere caratterizzato dalla straordinarietà, deve cioè trattarsi di un evento che non si verifica con regolarità, imprevisto o imprevedibile, provvisorio e deve ledere o mettere in pericolo interessi giuridicamente garantiti. Successivamente, durante la fase in cui l’autorità competente accerta l’inadeguatezza del diritto vigente rispetto alla si-tuazione emergenziale e quindi viene instaurato il regime giuridico eccezionale, sarà l’autorità competente stessa a valutare, in maniera discrezionale ed in base a parametri

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ridici ed extragiuridici, se sia o meno necessario un intervento straordinario per tutelare i beni e i diritti minacciati. E’ imprescindibile che da tale valutazione debbano emergere i nessi tra carattere fattuale ed i motivi giuridici sull’insufficienza dei poteri ordinari; a se-guito della certezza relativa allo stato di necessità, si instaura lo stato di eccezione, che as-sume quindi carattere di doverosità, poiché deve rispondere appropriatamente ad un fatto verificatosi che non può essere gestito con i mezzi ordinari.

Il diritto amministrativo dell’emergenza nasce però anche dal bisogno di prevenire gli eventi dannosi, oltre che dalla necessità di far fronte a quelli che si sono già verificati. Le conoscenze disponibili sono spesso precarie ed insufficienti e danno vita a situazioni incer-te alle quali si può rispondere solo in maniera transitoria, flessibile e proceduralizzata, fa-cendo sì che si affermi un approccio preventivo e precauzionale all’emergenza, che non è più caratterizzato da interventi straordinari assunti solo dopo il verificarsi degli eventi. Gli eventi futuri, in condizioni di incertezza, si possono solamente ipotizzare, pertanto il Legi-slatore pone la regola prevedendo, al tempo stesso, la possibilità di un suo cambiamento; le norme relative al diritto del rischio sono soggette a revisione periodica, così come le deci-sioni che si basano su quelle stesse norme, in ragione dell’evoluzione scientifica e tecnica. Il principio di precauzione rappresenta la manifestazione più importante del diritto ammi-nistrativo dell’emergenza: non potendo prevedere in astratto le fattispecie eccezionali che potrebbero verificarsi, si prevedono norme finalizzate a disciplinare i casi eccezionali che si limitano a individuare i poteri, le competenze e le procedure. Tale ultima accezione del diritto amministrativo dell’emergenza non riguarda soltanto gli strumenti giuridici utilizza-bili dalla pubblica amministrazione a fronte di situazioni emergenziali, ma rimette in di-scussione lo stesso ruolo del principio di legalità, i caratteri del potere discrezionale ed il modello organizzativo della pubblica amministrazione stessa.

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CAPITOLO I. L’AMMINISTRAZIONE DELL’EMERGENZA

1. Breve introduzione alle linee essenziali dell’amministrazione

dell’emergenza

Definire giuridicamente il fenomeno ”emergenza” non è affatto cosa semplice: si tratta di “contingenza” ovvero il diverso, rapido modificarsi della realtà a cui è necessario reagire per mantenere l’originario stato di equilibrio1.

Il presupposto fondamentale per la dichiarazione dello stato di emergenza è il verificarsi di una circostanza che si qualifica come“straordinaria” per l’ordinamento; non è

assoluta-mente possibile definire a priori quali sono queste situazioni “straordinarie”, è invece pos-sibile portare alcuni esempi di eventi che hanno obbligato la dichiarazione dello stato di emergenza: si tratta principalmente di situazioni di pericolo, come calamità naturali, o tutti quei fenomeni che possono essere fonte di rischi per le persone o le cose.

Lo stato di emergenza può tuttavia essere determinato anche da fattori che non si caratte-rizzano per essere fonti di pericolo, per la loro contingenza, ma che in molte ipotesi posso-no addirittura essere pianificati ed organizzati, come ad esempio i grandi eventi, il Giubi-leo, le Olimpiadi di Torino del 2006, il G8, etc.

Purtroppo oggi lo stato di emergenza rischia di diventare la normalità2. Il termine “rischio” deriva dal latino “periculum” con riferimento ai casi imprevedibili che avrebbero potuto colpire in maniera negativa una delle due parti coinvolte, ripartendo un eventuale danno. Determinanti saranno, ai fini dell’inquadramento dal punto di vista giuridico, le influenze della dottrina germanica, che inizia a distinguere il rischio come elemento del rapporto

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A.Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, Bologna, Il Mulino, 2008, pp. 9 ss.

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contrattuale, dal rischio come elemento appartenente a qualunque attività economica o im-prenditoriale, a cui, con lo sviluppo dei commerci, si unisce un’altra dimensione, quella sociale; in tale contesto nascono gli “assuntori dei rischi” che presto diventeranno le socie-tà di assicurazione.

Nel periodo premoderno, il rischio corrisponde a “fatum”, destino, casualità, mentre nell’epoca moderna esso comprende anche l’errore o la responsabilità umana e, pertanto, rischio e responsabilità diventano due facce della stessa medaglia.

In tempi più recenti, nel XVIII e XIX secolo, irrompe sulla scena la componente scientifi-ca, quale tecnica attraverso cui affrontare il rischio, che viene quindi calcolato al fine di prevenirlo e ridurlo, oltre che per rendere più certi i contratti di assicurazione3.

La problematica odierna è accertare l’attualità e l’efficacia degli strumenti di cui dispone il diritto contemporaneo per affrontare i rischi e le emergenze tenendo ben presente che la nostra società sta diventando una società del rischio e dell’incertezza, in cui l’emergenza abbandona la connotazione di evento patologico per acquisire quella di evento fisiologico. La situazione che chiamiamo “emergenza” è caratterizzata da:

• un fatto o evento scatenante;

• una valutazione sulla necessità o meno di ricorrere a strumenti eccezionali;

• la vera e propria instaurazione dello stato di emergenza.

Volendo contestualizzare il fenomeno “emergenza”, i suoi contenuti ed i suoi limiti, la norma di riferimento è l’articolo 77 Cost.4, che pone al secondo comma come requisiti

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Una classificazione dei moderni rischi è offerta da Lupton B., Il rischio, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 19 ss., per la quale ci sarebbero almeno sei categorie di rischi: i rischi ambientali, quelli dello stile di vita, quelli sanitari, i rischi relativi al campo dei rapporti interpersonali, i rischi economici e della criminalità. Ogni tipo di classificazione è indicativa, essendo i rischi legati ad ogni fase della vita umana, le tipologie potrebbero essere infinite avvicinandosi sempre più al singolo oggetto del rischio.

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L’art 77 Cost. prevede che: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere [cfr. art. 76], emanare de-creti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso

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senziali per l’emanazione del decreto legge, i “casi di necessità e d’urgenza”, limitando strettamente, almeno in principio, l’uso di tale strumento.

L’espressione “casi straordinari” indica delle “circostanze eccezionali ed imprevedibili”; in presenza di un fatto che si sia già verificato con regolarità, un intervento giuridico straordi-nario non sarebbe infatti legittimo, ma si dovrebbero invece esercitare le regole ordinarie di procedura e competenza5. Per “necessità” il Costituente intende riferirsi a situazioni “per cui non è possibile provvedere con strumenti legislativi ordinari”; “urgenza” indica, inve-ce, l’indispensabilità di “produrre immediatamente quegli effetti” innescati dal decreto legge. Caratteristica della norma è infine l’affermazione, al comma terzo, della temporanei-tà, dunque caducitemporanei-tà, dello strumento decreto legge che viene equiparato alla legge, ma sol-tanto nei sessanta giorni decorrenti dalla pubblicazione, trascorsi i quali perde efficacia qualora non venisse convertito in legge. Un’altra importante caratteristica del fatto emer-genziale è appunto la provvisorietà: anche qualora si avesse incertezza circa il momento della sua conclusione, sarebbe comunque certo che esso avrebbe fine; d’altra parte, laddo-ve si presentassero i caratteri della stabilità, saremmo in presenza non di un’emergenza ma di un mutamento o una evoluzione per cui l’ordinamento dovrebbe utilizzare le ordinarie procedure e competenze.

tarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni [cfr. artt. 61 c. 2, 62 c. 2].

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pub-blicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.”

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In caso contrario, rileva G. Marazzita, L’emergenza costituzionale, Milano, Giuffré, 2003, pp. 165 ss., si sconfinerebbe nell’ambito dell’illegalità e della crisi costituzionale. In tal senso, tra il fatto emergenziale e lo stato d’eccezione può essere individuato un rapporto biunivoco: da un lato il primo giustifica l’instaurazione di una fase di straordinarietà, ma dall’altro, a quest’ultima non è possibile pervenire in assenza di un fatto che presenti le caratteristiche emergenziali. Significa che il fatto emergenziale è condizione sufficiente ma anche necessaria dello stato d’eccezione.

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Altre sono le norme con cui il Costituente affronta la tematica dell’emergenza: l’art. 78 Cost., ad esempio6, afferma un’esigenza che si estende a tutte le circostanze emergenziali, ovvero la prontezza di intervento dell’Esecutivo in situazioni che non possono essere fron-teggiate in maniera efficace dalle Camere e che sono dunque “eccezioni” al regime ordina-rio.

Se ci fermassimo qui, il termine “emergenza” risulterebbe da uno stato di fatto che nasce dalla realtà naturale ed umana con una minima componente di straordinarietà, ma poiché non tutto è emergenza, è necessario aggiungere un ulteriore tassello, ovvero il giudizio sul-la “straordinarietà” dell’evento. Infatti, un’altra importante caratteristica dello “stato di emergenza” è l’esistenza di una valutazione discrezionale alla base dello stesso, suo pre-supposto, che si realizza poi nella conseguente “dichiarazione dello stato di emergenza”7, che deve rispondere in modo appropriato ad un fatto che non può essere affrontato e gestito con i mezzi ordinari.

Il giudizio di necessità deriva da valutazioni sui fatti, parzialmente vincolate dal diritto po-sitivo e pertanto l’organo che lo effettua ha una responsabilità di natura politica; le norme attributive di competenze straordinarie individuano l’organo competente e le procedure da seguire, spetta poi a tale organo decidere se sussistono o meno le condizioni per la dichia-razione dello stato di emergenza.

Così, ai sensi dell’art. 5, co. 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servi-zio NaServi-zionale di ProteServi-zione Civile): il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente

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L’art. 78, prevede che: “Le Camere deliberano lo stato di guerra [cfr. art. 87 c. 9] e conferiscono al Governo i poteri necessari.”

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Nella scienza politica, si definisce stato di eccezione una particolare configurazione del potere politico. Ciò si verifica in presenza di una circostanza particolarmente grave (guerra, tumulto popolare, disgregazione del corpo sociale, etc.) che impone di sospendere il rispetto delle leggi scritte e di dedicarsi con tutte le forze al superamento della situazione stessa. È il capo del governo a poter decidere di dichiarare questo stato per sal-vaguardare il Paese anche a costo di andare a ledere i diritti individuali.

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del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della Protezione Civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi.

E’ l’Esecutivo, nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, a valutare i presup-posti di straordinarietà o pericolosità dell’evento e dichiarare, o revocare, lo stato di emer-genza, in conformità alla funzione di direzione della politica generale e di mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo previste dal primo comma dell’art. 95 della Costituzione8.

Al secondo comma dello stesso articolo si evince che per l’attuazione degli interventi

con-seguenti alla dichiarazione di cui al comma 1 si provveda (…) anche con ordinanze in de-roga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

Aspetto prioritario è il controllo sulla valutazione discrezionale dei presupposti per la di-chiarazione dello stato di emergenza effettuata dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato; si tratta di valutazione discrezionale poiché non si è in possesso di una chiara definizione dei parametri in base ai quali i soggetti legittimati debbano stimare l’effettiva necessità di dichiarare lo stato di emergenza9. L’art. 5, effettuando un espresso richiamo all’art. 2, co. 1, lett. c, l. 225/199210, si limita, in proposito, a legittimare la

8

L’art. 95 Cost. prevede che “Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri. I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e indi-vidualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei Ministeri”.

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Il concetto di necessità giuridica rinvia a quello di urgenza, giacché la doverosità dell’intervento straordina-rio obbliga i pubblici poteri ad un intervento di tipo immediato. Pertanto la necessità è sempre necessità di un intervento urgente.

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L. 225/1992 L’art. 2, intitolato “Tipologia degli eventi ed ambiti di competenze” prevede che “1. Ai fini dell'attività di protezione civile gli eventi si distinguono in: a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

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chiarazione dello stato emergenziale solo in caso di calamità naturali, catastrofi o altri

eventi che, per intensità o estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

Analizzando quindi il momento in cui lo stato di emergenza viene formalmente posto in essere, non è possibile effettuare un controllo sulla discrezionalità del soggetto legittimato a dichiarare l’emergenza, come invece accade nelle fasi successive, e valutarne i presuppo-sti.

Immediatamente dopo la dichiarazione dello stato di eccezione si apre una fase in cui pre-vale sul diritto ordinario vigente quello prodotto durante l’emergenza sulla base di compe-tenze straordinarie ed attribuite ai soggetti legittimati. La sospensione equivale ad un com-portamento negativo, mentre la deroga ad un comcom-portamento positivo poiché si applica un nuovo diritto al posto di quello derogato; tuttavia in entrambi i casi gli effetti giuridici sono transitori, anche se le norme d’emergenza avranno comunque generato effetti permanenti. Lo stato d’eccezione deve obbligatoriamente essere provvisorio in modo che sospensioni e deroghe siano limitate nel tempo e non assumano la caratteristica delle norme speciali che introducono nell’ordinamento deroghe permanenti11. Ci deve poi essere un rapporto fun-zionale di causa effetto tra la situazione di necessità e lo stato di eccezione. Nel caso con-creto l’autorità competente ad agire non ha un potere illimitato e arbitrario, pertanto occor-re a priori un giudizio di adeguatezza e ragionevolezza occor-relativamente alle misuoccor-re che in-tende adottare per far fronte alla necessità. In conclusione il potere di emergenza è

b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria; c) calamità naturali o connesse con l'at-tività dell'uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.

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Le norme speciali possono costituire il mezzo per riconoscere nuovi valori e per far soggiacere determinate fattispecie concrete ad una disciplina particolare; si pensi all’esempio delle leggi raziali del 1939.

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to al solo scopo del superamento della situazione di crisi ed è caratterizzato proprio dalla sua adeguatezza e dalla provvisorietà.

Un’ulteriore questione è posta dall’art. 5 della l. 225/92, che riguarda i rapporti tra Gover-no ed enti territoriali, specialmente la Regione, ed in particolar modo con riferimento al po-tere sostitutivo previsto dall’art. 120, co. 2, Cost.12, nel quale si stabilisce che il pericolo grave per l’incolumità o la pubblica sicurezza è uno dei presupposti previsti a tal fine. La Corte costituzionale, in proposito, in occasione della pronuncia 27 gennaio 200413, ha rico-nosciuto il carattere straordinario del potere sostitutivo attribuito al Governo, esercitabile sulla base dei presupposti per la tutela degli interessi esplicitamente indicati. Tale carattere “straordinario” è conseguenza del fatto che la norma in questione “allude ad emergenze istituzionali di particolare gravità”: infatti, in caso di emergenza, la l. 18 ottobre 2003, n. 131 (cd. La Loggia)14, art. 3, co. 4, prevede che “qualora l’intervento sostitutivo non sia

procrastinabile, senza mettere in pericolo le finalità tutelate ex art 120 Cost. il Consiglio dei Ministri (…) adotta i provvedimenti necessari che sono immediatamente comunicati al-la Conferenza Stato-Regioni”, tuttavia viene precisato al co. 5 che tali interventi “devono essere proporzionati alle finalità perseguite”.

In tutti gli ordinamenti evoluti, si trova un diritto dell’emergenza per fronteggiare eventi eccezionali che non possono essere gestiti sufficientemente con gli ordinari strumenti. Tale

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Ex art. 120 Cost. “La Regione non può istituire dazi d'importazione o esportazione o transito fra le Regio-ni. Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni. Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro. Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

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Sentenza 27 gennaio 2004, n. 43.

14

Con la quale si adegua l’ordinamento della Repubblica alle modifiche introdotte al titolo V della Costitu-zione dalla legge n. 3 del 2001, prevedendo le norme necessarie per rendere operative le nuove funzioni delle Regioni e degli enti locali.

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diritto è per sua natura fortemente derogatorio e pertanto la sua compatibilità con i principi costituzionali è sempre oggetto di particolare attenzione15. Tuttavia sembra che da qualche anno questo fenomeno sia entrato in crisi dal momento che stiamo assistendo ad una dila-tazione della nozione di emergenza in grado di trasformare in profondità il nostro sistema giuridico ed istituzionale, fino ad intaccare gli stessi principi costituzionali.

L’amministrazione dell’emergenza riguarda quei fenomeni che derivano dalla crescita esponenziale della complessità sociale e tecnologica e che sono fonte di rischi per le perso-ne e le cose. E’ perso-necessario però distinguere tra amministrazioperso-ne dei rischi e dell’emergenza.16 La prima è caratterizzata da organizzazioni stabili, che svolgono attività ordinarie finalizzate allo studio, all’analisi e alla riduzione dei possibili rischi nei diversi ambiti sociali e ambientali ed è fortemente caratterizzata dall’applicazione del principio di precauzione, che entra in gioco ogni qualvolta manchi un indirizzo univoco nelle evidenze di carattere scientifico o tecnico sulla effettiva pericolosità di attività umane o su oggetti che devono essere sottoposti ad un potere di autorizzazione e controllo di una pubblica amministrazione.

Il secondo tipo di amministrazione consiste in una rete di soggetti e procedure che entrano in gioco di fronte al verificarsi di situazioni eccezionali. Del resto, da sempre gli Stati si confrontano con emergenze causate da fenomeni naturali o umani ed i poteri e gli

15

Sull’argomento si veda: F. Bartolomei, Ordinanza (dir. amm.), in Enc. dir., XXX, Milano, 1980; Id., Il potere di

ordinanza e le ordinanze di necessità, Milano, 1979; F. Bassi, Ordine (dir. amm.), in Enc. dir., XXX, Milano, 1980,

995 ss.; E. Bonaudi, Dei provvedimenti d'urgenza del sindaco, Torino, 1907, 2a ed. 1920; T. Carnevali, Trattato di

diritto comunale italiano, Mantova, 1899, 1a ed. 1893; R. Cavallo Perin, Potere di ordinanza e principio di legalità,

Milano, 1990; Id., Il diritto amministrativo dell’emergenza per fattori esterni all’amministrazione pubblica, in Dir.

Amm, 2005, 777; V. Conti, Il sindaco nel diritto amministrativo italiano, Napoli, 1875, 286-87; A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, Bologna, 2008; L. Galateria, I provvedimenti amministra-tivi di urgenza, Milano, 1953; Id., Teoria giuridica degli ordini amministraamministra-tivi, Milano, 1950; L. Gargiulo, I provve-dimenti di urgenza nel diritto amministrativo, Napoli, 1954; M.S. Giannini, Potere di ordinanza e atti necessitati, GCCC, 1948, 388 s.; M. Origone, Ordinanza, in N.D.I., Torino, 1939, 296; P. Rescigno, Ordinanza e provvedimenti di necessità e di urgenza (dir. cost e amm.), in NN.D.I., XII, Torino, 1965; L.R. Trifone, Ordinanze, in D.I., Torino,

1907, 989.

16

Sull’amministrazione del rischio e dell’emergenza si veda, A. Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza

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ti di reazione sono da sempre le leggi straordinarie e le ordinanze di necessità ed urgenza, considerate come gli atti tipici di questo fenomeno.

Con la nascita del sistema Protezione Civile, l’amministrazione dell’emergenza cambia forma e assume la veste di una vera e propria funzione di benessere, frutto di una conce-zione espansiva dei compiti dello Stato moderno. Le emergenze non sono più affrontate singolarmente, ma vengono ricondotte ad un sistema di norme generali, di organizzazioni e di specifiche modalità di comportamento. Da questo, la nascita di nuove amministrazioni ed un ripensamento di quelle tradizionali alle quali affidare nuove funzioni e nuovi modelli organizzativi. Agli strumenti tradizionali quali le ordinanze di necessità ed urgenza, sono così state affiancate nuove modalità di intervento, atte ad affrontare fenomeni più vasti come quelli prodotti dalla crescita delle incertezze sociali e ambientali tipici dei tempi mo-derni. Infine, il potere d’emergenza trova il suo fondamento nella realizzazione dei fini co-stituzionalmente garantiti, di cui diventa garante appunto nelle situazioni che sfuggono alla normazione ed alla regolazione puntuale a causa della loro imprevedibilità.

Le principali caratteristiche del potere d’emergenza sono la doverosità, la relativa discre-zionalità e l’unilateralità; quando la situazione lo richiede, infatti, l’amministrazione deve intervenire con tutti i mezzi che le sono propri e l’inerzia può assumere la veste del reato di rifiuto o omissione di atti d’ufficio.

Il principale dei problemi in merito alla questione dell’emergenza è quello che viene defi-nito da un costituzionalista americano “the permanence of the temporary” 17; fenomeno meglio noto in italiano come la “dilatazione dell’emergenza”, che verrà di seguito meglio approfondito.

17

David Dyzenhaus, The security of freedom: essays on Canada’s anti-terrorism bill, Ronald J. Daniels, Pat-rick Macklem & Kent Roach, Eds., University of Toronto Press, 2001.

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Lo Stato di diritto18 ha conquistato numerose posizioni rispetto all’emergenza, ritenendo necessario:

1. stabilire chi ha il potere di dichiarare l’emergenza; 2. definire i presupposti dell’esercizio del potere; 3. stabilire le forme dell’esercizio del potere;

4. determinare la durata dell’esercizio del potere e degli effetti che conseguono all’esercizio dello stesso;

5. stabilire chi controlla l’esercizio del potere di emergenza;

6. individuare quali effetti produce il potere dettato dall’ emergenza.

Di fronte a tali conquiste, assistiamo nel nostro ordinamento alla presenza di due paradossi: il primo, riguarda l’abuso o dilatazione dell’emergenza per rimediare alla lentezza cronica della pubblica amministrazione o per sfuggire ai vincoli procedimentali; il secondo, invece, riguarda il fatto che si ricorre sempre più ai poteri emergenziali anche in casi in cui di emergenza non vi è nemmeno l’ombra, con la conseguenza che al verificarsi dell’emergenza si preferisce ricorrere alle procedure normali piuttosto che ai poteri specia-li. Pertanto, i due problemi fondamentali della disciplina dell’emergenza sono: come con-tenerla sul lato dell’emergenza effettiva; come concon-tenerla sul lato dell’emergenza fittizia19. Gli stati di emergenza dichiarati e prorogati di anno in anno in molti settori dell’ordinamento, contribuiscono a rappresentare in modo emblematico la politica della pe-renne emergenza o dilatazione dell’emergenza condotta dai recenti Governi: una politica che rispecchia le stesse ambiguità della legge nazionale sulla Protezione Civile. E’ sponta-neo chiedersi quali siano le strade per arginare questa tendenza che, da un lato, copre le

18

Lo stato di diritto nacque sul finire del XVIII secolo dal superamento di quello assoluto e si perfezionò in seguito grazie al contributo del pensiero liberale e democratico. Sull’argomento si veda S. Cassese,

Diziona-rio di diritto pubblico, Milano, Giuffrè, 2006, ad vocem.

19

Si veda S. Cassese, I paradossi dell’emergenza, in Annuario AIPDA, Il diritto amministrativo

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capacità previsionali dell’amministrazione e, dall’altro, rappresenta un facile espediente per ampliare il novero dei poteri del Governo una volta che è stato ridotto l’ambito della decretazione d’urgenza.

Una prima soluzione si trova nel principio di legalità20. Sul punto la Corte costituzionale ha affermato la necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, alla base dello Stato di diritto21. Una “scappatoia” potreb-be essere interpretare in modo restrittivo le formule ambigue degli eventi che, per intensità ed estensione, devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari e dei grandi eventi che, assieme alle calamità naturali e catastrofi, consentono la dichiarazione dello stato di emergenza. In proposito, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 127 del 1995, ha ricdato che “la legge sulla protezione civile deve essere comunque interpretata secundum

or-dinem in modo da scongiurare qualsiasi pericolo di alterazione del sistema delle fonti”22.

20

Il principio di legalità è uno dei caratteri essenziali dello Stato di diritto: con l’avvento del costituzionali-smo liberale, infatti, si afferma l’idea che ogni attività dei pubblici poteri debba trovare fondamento in una legge, quale atto del Parlamento, a suo volta unico organo diretta espressione della sovranità popolare o della nazione. La Costituzione vigente non contiene una formulazione espressa di questo principio, anche se ad es-so si fa riferimento indiretto in diversi articoli: in particolare, l’art. 23 Cost. stabilisce che «nessuna presta-zione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a una legge». Mentre parte della dottrina si è espressa per la tesi della costituzionalizzazione implicita del principio di legalità, la giurisprudenza costitu-zionale lo ha ritenuto un principio generale dell’ordinamento, ancorché non costituzionalizzato. Il principio di legalità si declina in due diversi significati: si parla di legalità in senso formale quando è sufficiente che i pubblici poteri abbiano come base giuridica una legge o un atto ad essa equiparato (Decreto-legge e Decreto legislativo), laddove, invece, si parla di legalità in senso sostanziale quando la legge non si può limitarsi a costituire il fondamento normativo di una certa disciplina, ma deve altresì contenere una disciplina sufficien-te a circoscrivere la discrezionalità dell’amministrazione. Una stringensufficien-te affermazione del principio di legali-tà si ritrova in materia penale, laddove viene affermato che nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto come reato da una legge che sia entrata in vigore prima della sua commissione (art. 25 Cost.; art. 1 c.p.). Un altro campo dove questo principio trova grande applicazione è quello amministrati-vo, tanto che la violazione di legge costituisce una delle cause tipiche dell’illegittimità di un atto amministra-tivo. Sull’argomento si veda inoltre S. Cassese, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 2012.

21

Si veda sul punto Corte Cost. sentenza 4 aprile 2011, n. 115; Corte Cost. sentenza del 1957, n. 4; Corte Cost., sentenza del 2007, n. 190; Corte Cost., nn. 32 del 2009, 307 del 2003, 150 del 1982.

22

La Corte Costituzionale ha dichiarato che spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei mini-stri, ricorrere allo stato di emergenza a norma dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in ordine alla situazione socio- economico-ambientale determinatasi nella Regione Puglia, sulla base degli ele-menti evidenziati dai competenti organi statali e regionali; e che non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, introdurre prescrizioni per fronteggiare detto stato di emergenza che conferiscano ad organi amministrativi poteri d'ordinanza non adeguatamente circoscritti nell'oggetto, tali da derogare a set-tori di normazione primaria richiamati in termini assolutamente generici, e a leggi fondamentali per la salva-guardia dell'autonomia regionale, senza prevedere, inoltre, l'intesa per la programmazione generale degli

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in-15

Una ulteriore soluzione potrebbe essere offerta dalla valorizzazione del criterio della pro-porzionalità23, al fine di accertare se vi sia proporzione tra i presupposti dell’emergenza e le misure autorizzate dall’ordinanza di Protezione Civile.

L’utilizzo di tale principio, assieme a quello di ragionevolezza, potrebbe essere spinto fino a sindacare l’evidente mancanza dei presupposti che legittimano la stessa dichiarazione dello stato di emergenza; tali presupposti sono in primo luogo la durata temporale dell’emergenza, in considerazione del fatto che per il costituzionalismo l’equazione emer-genza-provvisorietà vede confermato la sua natura di fattore irrinunciabile di conservazio-ne del sistema. Dovrebbe poi essere pienamente affermato il requisito della imprevedibilità dell’evento, che rappresenta l’indice più sicuro di assimilabilità degli eventi alle calamita naturali o alle catastrofi.

terventi; conseguentemente, annulla l'art. 1 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 8 novem-bre 1994, nella parte in cui non prevede l'intesa con la Regione per quanto attiene alla predisposizione, da parte del Commissario delegato, del programma degli interventi, nei termini precisati in motivazione; e l'art. 2 della stessa ordinanza, nella parte in cui si prevede la deroga, per intero, dei seguenti atti normativi: legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 6; legge 8 giugno 1990, n. 142; legge 5 gennaio 1994, n. 36; legge Regione Puglia 4 marzo 1975, n. 24, e successive modificazioni; legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni; legge 28 gennaio 1977, n. 10, e successive modificazioni; legge 11 febbraio 1994, n. 109; decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504; norme, statali e regionali, in materia di avviamento al lavoro; norme, statali e re-gionali, sull'espropriazione.

23

In linea generale può dirsi che, sul punto, rispetto a quanto è dato riscontrare dall’analisi della giurispru-denza amministrativa degli anni Novanta, la giurisprugiurispru-denza degli anni Duemila si caratterizza per un’ampia applicazione del principio di proporzionalità. Quanto ai contenuti di questo sindacato, le relative pronunzie possono essere sostanzialmente raggruppate all’interno di tre categorie: una prima categoria di pronunzie, in costante aumento, in cui il giudice amministrativo fa riferimento ad un modello trifasico di sindacato della proporzionalità (v. ad es. Cons. St., sez. IV, 1.10.2004, n. 6410; Cons. St., sez. VI, 17.4.2007, n. 1746/2007; Cons. St., sez. VI, 27.6.2007; Cons. St., sez. VI, 8.2.2008, n. 424; Cons. St., sez. VI, 10.3.2009, n. 1420; Cons. St., sez. VI, 11.1.2010, n. 19; TAR Puglia, Bari, sez. II, 24.10.2006, n. 3783; TRGA, Trento, 29.1.2009, n. 41; TAR Lazio, sez. I, 8.5.2009, n. 4994, tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it.). A questa si affianca una seconda categoria di pronunzie in cui il riferimento si limita, di fatto, al solo sindacato di idoneità e necessarietà (v. Cons. St., sez. IV, 22.6.2004, n. 4381; Cons. St., sez. IV, 5.10.2004, n. 6490; Cons. St., sez. IV, 28.2.2005, n. 702; Cons. St., sez. IV, 22.3.2005, n. 1195; Cons. St., sez. V, 14.4.2006, n. 2087; TAR Puglia, sez. I, n. 2790/2003, tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it). Permane poi, infine, un indirizzo giurisprudenziale piuttosto consistente in cui l’applicazione del principio di proporzionalità è connotata da confusione tra ragionevolezza e proporzionalità e scarsa chiarezza quanto ai criteri di sindacato connessi all’uno e/o all’altro principio (v. Cons. St., sez. VI, 6.2.2009, n. 699; Cons. St., sez. VI, 13.2.2009, n. 785; Cons. St., sez. VI, 2.3.2009, n. 1191; Cons. St., sez. VI, 6.3.2009, n. 1348; Cons. St., sez. VI, 4.6.2009, n. 3446; Cons. St., sez. IV, 8.6.2009, n. 3501; Cons. St., sez. IV, 12.6.2009, n. 3723; Cons. Stato, sez. VI, 11.1.2010, n. 14; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 12.1.2010, n. 21; TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 15.1.2010, n. 16, reperibili in http://www.giustizia-amministrativa.it

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Attraverso una completa valutazione dei presupposti dell’emergenza e della proporzionali-tà delle scelte del Governo, la speranza è che venga così arginato l’ampio potere altrimenti riservato all’amministrazione. Nella maggior parte dei casi tale sindacato spetterà al giudi-ce amministrativo, ovvero alla Corte costituzionale. Tali limiti ai poteri extra ordinem del Governo potrebbero anche far sì che l’amministrazione proceda verso lo studio e l’adozione di rapide soluzioni all’emergenza, secondo il principio del buon andamento dell’azione amministrativa24, forti del fatto che stati di emergenza che vengono prorogati di anno in anno rappresentano senza dubbio alcuno le inefficienze e le incapacità previsionali dell’amministrazione.

Un’altra riflessione che nasce dalla dilatazione del concetto di emergenza e dei conseguenti poteri extra ordinem riguarda il rispetto delle competenze regionali previste a livello costi-tuzionale interno e l’operatività del sistema dei controlli.

In più occasioni, infatti, la Corte costituzionale ha affermato che l’emergenza non giustifi-ca un impegno illimitato dell’autonomia regionale: le attribuzioni legislative regionali ven-gono infatti garantite con la configurazione di un potere di ordinanza, eccezionalmente au-torizzato dal legislatore statale, che è inoltre ben definito nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio. La Corte ha quindi ritenuto che la l. 225/1992 rispondesse in modo

24

L’art. 97 Cost. esige che la pubblica amministrazione agisca secondo il principio del buon andamento e dell’imparzialità; l’art. 41 della Carta di Nizza riconosce il diritto ad una buona amministrazione.

Le attività che si svolgono sul mercato ed in concorrenza traggono giustificazione “a posteriori” dal fatto di soddisfare una domanda idonea a coprire i costi produttivi. Anche in questo caso può essere utile un “control-lo di gestione”, per prevenire crisi future, analizzare crisi in atto, migliorare il rapporto costi/ricavi; ma que-sto controllo serve ad analizzare non a sostituire il suddetto dato primitivo. Il buon andamento si afferma, in-vece, come criterio assorbente per quelle attività che si svolgono fuori da un mercato concorrenziale. Il buon andamento si concreta in una serie di criteri (“indicatori”) riconducibili, tutti insieme, ai concetti di efficacia ed efficienza. Efficacia è la qualità del servizio reso; efficienza è il minimo costo ad una data qualità. I. Sigi-smondi, Il principio di buon andamento tra politica e amministrazione, Napoli, Jovene, 2011, 249 ss., 252 ss., anche per ulteriori riferimenti; le qualità di un servizio, inoltre, possono essere varie (F. Trimarchi Banfi,

Il diritto ad una buona amministrazione, in Tratt. Chiti-Greco, I, Milano, 2007; A. Serio, Il principio di buon andamento nella giurisprudenza comunitaria, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2008, spec. 293 ss.; L.R. Perfetti, Diritto ad una buona amministrazione, determinazione dell’interesse pubblico ed equità, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2010) e, sovente, fra loro in collisione (C. Pinelli, Il «buon andamento» e l'«imparzialità» dell’amministrazione, in AA.VV., La Pubblica Amministrazione, Commentario Cost. Branca, Bologna,

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positivo a queste esigenze, poiché circoscrive il potere non intaccando e non compromet-tendo le attribuzioni regionali; la legge infatti riconosce un nesso di adeguatezza e propor-zione tra le misure adottate e la qualità e natura degli eventi, prevede forme di leale colla-borazione e di concertazione nella fase di attuazione e organizzazione delle attività di pro-tezione civile e fissa limiti ben precisi, temporali e di contenuto, all’attività del Commissa-rio delegato.

Tuttavia gli equilibri fissati dalla l. 225/1992 a vantaggio delle prerogative statali sono stati alterati dalle recenti novità legislative che hanno puntato ad una maggiore dilatazione dei presupposti sostanziali dell’emergenza ed alla prassi di gestire i settori tramite ordinanze di protezione civile.

Quanto sopra viene confermato anche dalle modifiche apportate al Titolo V della Costitu-zione. Sul punto, la giurisprudenza costituzionale ha infatti evidenziato come anche i poteri di deroga consentiti per motivi di protezione civile debbano tenere conto della nuova realtà ed inserirsi nel nuovo e più articolato sistema di ripartizione delle competenze tra Stato ed Enti territoriali, che si prodiga per le funzioni di promozione e coordinamento degli inter-venti, affidando agli Enti territoriali la gestione degli interventi sul territorio alla stregua del principio di sussidiarietà verticale. Anche le Regioni, a parere della Corte costituziona-le, devono partecipare all’organizzazione ed alla messa in opera delle attività di protezione civile, collaborando in maniera leale e di concerto con lo Stato e le altre autonomie territo-riali. La l. 4 novembre 2001, n. 401, per la conversione in legge, con modificazioni, del d. l. 7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile, prevede l’istituzione di

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un apposito comitato paritetico Stato-Regioni-Enti locali25 e richiede espressamente che le Regioni stabiliscano assieme agli Enti locali programmi per predisporre gli interventi ne-cessari in caso di calamità.

Analogamente la preoccupazione esiste per il problema che l’emergenza rischia di sacrifi-care eccessivamente anche le competenze a livello sovranazionale.

L’uso discrezionale dello di stato di emergenza e dei conseguenti poteri in deroga alla leg-ge, determina, peraltro, numerosi dubbi sulla compatibilità di tali prassi con la normativa europea, tant’è che non sono mancate alcune condanne dello Stato italiano, soprattutto con riferimento alla gestione dell’emergenza ambientale e, di conseguenza, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha adottato la direttiva 22 ottobre 2004, in relazione all’attività con-trattuale riguardante gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comu-nitario26.

25

Il Comitato paritetico Stato-Regioni-Enti locali è l’organo del Servizio Nazionale della Protezione Civile in cui vengono discusse e condivise le regole del sistema. In particolare, il Comitato Paritetico ha la funzione di indirizzare, promuovere e coordinare le attività delle amministrazioni dello Stato, delle Regioni e degli enti locali. Si occupa, in particolare, di determinare i criteri di massima per definire programmi di previsione e prevenzione e piani di emergenza, per impiegare in modo coordinato le componenti del Servizio Nazionale e per definire le norme in materia di protezione civile. Il Comitato dura in carica tre anni e viene convocato su disposizione del Presidente. Alle riunioni possono partecipare, senza diritto di voto, anche altri funzionari delle amministrazioni presenti nel Comitato o rappresentanti di altre amministrazioni ed enti pubblici interes-sati. Le decisioni vengono prese con l’assenso di tutti i componenti o della maggioranza dei membri dei due gruppi - rappresentanti della Conferenza Unificata o delle amministrazioni statali.

Il Comitato Paritetico è stato istituito dall'art. 5, comma 1, dalla legge n. 401 del 2001. Composizione e fun-zionamento sono stati definiti con il dpcm del 23 settembre 2002 e il dpcm del 20 febbraio 2012 ne ha indivi-duato i componenti.

26

Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2004, Indirizzi in materia di protezione civile

in relazione all’attività contrattuale riguardante gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di ri-lievo comunitario, pubblicata nella G.U. 21 dicembre 2004, n. 298. Con la direttiva sono stati dettati indirizzi

in materia di protezione civile in relazione all’attività contrattuale riguardante gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario. L’emanazione della Direttiva è stata resa necessaria dall’avvio da parte della Commissione europea di procedure d’infrazione nei confronti dello Stato italiano sul presupposto che alcune ordinanze di protezione civile non sarebbero state supportate da una situazione di estrema urgenza in grado di giustificare il ricorso a procedure in deroga alla normativa comunitaria e pertanto avrebbero viola-to le norme comunitarie in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori di servizi e di forniture. La direttiva ha stabilito che le ordinanze di protezione civile adottate ex art. 5, comma 2, della legge 225/1992, non devono prevedere deroghe alle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie e che, nel caso in cui le ordinanze stesse si riferiscano a situazioni di emergenza e a “grandi eventi” ancora in atto, esse siano modificate nel senso di assicurare il rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.

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Nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 201127 è stato sottolineato che «l’assetto organizzativo dell’emergenza rifiuti ha perso gli originali caratteri della

preca-rietà ed eccezionalità e si è venuto configurando come una complessa e duratura organiz-zazione extra ordinem, che si è affiancata a quella ordinaria, paralizzandone spesso l’operatività. Ciò ha incentivato una prassi abnorme, che ha portato all’adozione di regimi commissariali derogatori anche per situazioni di pericolo determinate sostanzialmente da inefficienze, ritardi e imprevidenza degli ordinari apparati amministrativi, permettendo così all’emergenza di operare anche nell’ambito specifico degli apparati ordinari». In

ri-ferimento all’emergenza ambientale un altro aspetto particolarmente critico è anche rap-presentato dalla posizione della Corte dei conti italiana.

Sembra infatti che proprio il controllo della Corte dei conti sia notevolmente ridotto a se-guito dei recenti interventi normativi, secondo cui è stato escluso il controllo preventivo di legittimità per il tramite di una disposizione di interpretazione autentica contenuta in un decreto legge, esclusione che riguarda anche i provvedimenti relativi alla dichiarazione dei grandi eventi che rientrano nella competenza del Dipartimento della Protezione Civile. La Corte dei conti ha però ridimensionato l’interpretazione autentica con riferimento ai grandi eventi con la delibera del 4 marzo 201028, chiarendo come nella competenza del Di-partimento della Protezione Civile non rientri qualsiasi grande evento, ma solo quegli eventi che, pur se diversi da calamità naturali e catastrofi, determinano situazioni di grave rischio per l’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal percolo di danno.

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Relazione del Presidente della Corte dei conti, Dott. Luigi Giampaolino, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011.

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Infine una rinnovata istanza di legalità è rappresentata dal decreto “mille proroghe 2010”29, che ha permesso il recupero del controllo preventivo di legittimità, entro il termine ridotto di sette giorni, per i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanate ai sensi della l. 225/1992.

2. L’influenza dell’emergenza sui sistemi giuridici e sulle teorie del potere

L’emergenza nelle sue varie manifestazioni ha contribuito alla formazione delle teorie giuridiche sul potere pubblico. In via preliminare, occorre ricordare che durante il XX secolo che a causa delle guerre che lo hanno caratterizzato, il tema delle emergenze conosce un rapido ed improvviso sviluppo30.

Più recentemente, dopo gli attacchi del settembre 2001 il Presidente degli Stati Uni-ti, evocando la nozione di guerra, ha gettato le basi per le successive azioni militari e per le leggi speciali contro il terrorismo. Si tratta di casi esemplari che testimoniano come la guerra sia da sempre considerata un evento eccezionale che giustifica vaste misure di emergenza.

Vi sono tuttavia altre necessità che richiedono l’attivazione di istituti quali lo stato di asse-dio, usato per contrastare possibili attacchi interni o per far fronte a catastrofi naturali.

29

Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante, "Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie", convertito dalla Legge 26 febbraio 2011, n. 10.

30

La stessa prima guerra mondiale ha notevolmente influenzato la natura dello Stato moderno e dei suoi po-teri di intervento, specialmente in settori che normalmente non rientrano nella sfera dell’influenza pubblica. Alcuni esempi di provvedimenti di emergenza: i sussidi alle famiglie dei richiamati, le requisizioni, gli inter-venti per assicurare la funzionalità dei servizi pubblici, etc. Tuttavia quello che accadde in Germania nel 1914 è sicuramente l’esempio principale dell’influenza che la guerra ha avuto sul diritto. In quel periodo era stata pubblicata la seconda edizione del Deutsches Verwaltungsrecht di Otto Meyer, per cui la nuova disci-plina giungeva al cospetto della tradizione dello Stato di diritto liberale in cui molti poteri erano affidati agli enti locali. Veniva poi emanata la legge di guerra con la quale numerose deroghe erano riservate per lo stato di diritto: accentrava poteri riducendo il ruolo degli enti locali, interveniva nei settori economici, dava largo spazio ai provvedimenti autoritativi. Anche successivamente alla fine della guerra il tema dell’emergenza e dei poteri eccezionali resta sempre in primissimo piano.

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La questione sulla quale concentrarsi è sempre quella sui tempi e sulle modalità per il ri-torno alla normalità; sebbene il termine stesso “eccezione”31 connoti un’involuzione rispet-to alla normalità dello starispet-to di diritrispet-to, spesso capita che la stessa si protragga nel tempo, provocando il fatto che istituti eccezionali diventino ordinari o vengano utilizzati per altri scopi.

Le principali dottrine sullo stato di eccezione tendevano ad individuare un centro unitario di dominio politico che esercitasse i poteri in caso di emergenza32. Tale centro era indivi-duato nello Stato, che qualificandosi come potere neutro ed imparziale, conservava il regi-me ordinario, quindi se stesso, nell’interesse dell’intera collettività. Questa la teoria dello Stato-persona, che concentrava tutti i poteri sovrani dello Stato in un’unica persona, deten-trice del potere esecutivo. Tale teoria è antitetica a quella del pluralismo, giacché riassu-meva in sé l’unità dell’ordinamento.

Con la dottrina decisionista il potere del capo dello Stato viene qualificato come sovrano; secondo questa teoria il monarca era il compositore di eventuali dissidi che potevano na-scere tra gli organi dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, in modo da preservare l’ordine esercitando un potere imparziale33. Col tempo il potere del Monarca venne sosti-tuito con quello del Presidente della Repubblica, carica caratterizzata da maggiori garanzie di imparzialità; il capo dello Stato divenne quindi sovrano nel decidere sullo stato di emer-genza.

31

Eccezióne s. f. [dal lat. exceptio -onis, der. di excipĕre «eccepire», part. pass. exceptus]. L’azione e l’effetto dell’eccettuare o dell’essere eccettuato; in senso concr., caso che esce dalla regola comu-ne, cosa che si distingue dalle altre cose analoghe.

32

Sulle teorie del potere si veda A.Fioritto, L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, Bolo-gna, Il Mulino, 2008, pp. 23 s.

33

Il caso di eccezione nel decisionismo è eccezione assoluta, capace di sospendere l’intera Costituzione per-ché non riconducibile ad essa in alcun modo; nell’ambiente storico in cui si manifesta, ossia quello della mo-narchia francese della Restaurazione, il monarca è legittimato, in caso di emergenza, a riappropriarsi dei po-teri assoluti al fine di ristabilire l’ordine violato; possibilità inammissibile in un ordinamento moderno, carat-terizzato dalla forte disomogeneità sociale e politica e dove la tutela delle garanzie e procedure è strumento di garanzia irrinunciabile.

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Il decisionismo tende a dimostrare che esiste un ordinamento pregiuridico e non normati-vo, teso a fronteggiare l’emergenza; per questa teoria i caratteri essenziali dell’emergenza sono: il regime d’emergenza non è una semplice sospensione ma uno stato d’eccezione; l’emergenza pone un problema di sovranità e di alterazione dell’organizzazione costituzio-nale delle competenze; lo stato d’eccezione ha natura temporanea34.

I teorici della necessità credono che i poteri straordinari siano illegali perché contrastano con le previsioni costituzionali e legislative e credono che gli stessi possano essere legitti-mati nella fonte extra giuridica della necessità.

Concentrandoci sulla necessità, si ha il passaggio dalla teoria decisionista, per la quale l’uso indiscriminato della forza è funzione della conservazione dell’assetto politico, eco-nomico e sociale, alla teoria secondo la quale la necessità è una posizione giuridica e sog-gettiva dello Stato per cui è giusto usare la forza che garantisce l’esistenza dello Stato, alla teoria della necessità funzionalizzata35, per cui lo Stato ha l’obbligo di provvedere ai biso-gni della collettività, giustificando il ricorso a qualunque mezzo giuridico necessario, alla teoria della necessità come fonte del diritto, per la quale sarebbe illegale l’uso dei poteri straordinari contrari alla Costituzione o alla legge, ma comunque legittimo in quanto fon-dati sulla necessità36.

Le teorie sullo stato d’eccezione si sono concentrate in maniera specifica sull’ipotesi di ec-cezione assoluta, che si pone all’esterno dell’ordinamento giuridico, ed hanno trascurato lo stato d’eccezione relativo in cui l’emergenza si pone ancora all’interno dell’ordinamento giuridico costituzionale. Particolare attenzione deve poi essere prestata alla distinzione tra il potere d’eccezione assoluto, che riguarda ipotesi di crisi costituzionali esterne

34

Una sintesi della teoria decisionista è compiuta da Marazzita, L’emergenza costituzionale, cit., pp. 17 ss.

35

G. Miele, Le situazioni di necessità dello Stato, in Arch. dir. pubbl., 1936, pp. 425 ss.

36

Secondo C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, Cedam, 1976, I, p. 715, questa legittimità con-siste nell’osservanza alle esigenze essenziali che la legge non prevede, ma tuttavia così essenziali che ne condizionano la sopravvivenza.

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all’ordinamento, e quello relativo, dove anche il potere deve essere considerato relativo37. Al verificarsi di eccezioni non assolute ed impreviste, gli ordinamenti costituzionali reagi-scono con l’instaurazione di un regime di diritto temporaneo e derogatorio, ossia straordi-nario, in virtù della credenza che il diritto vigente non sia idoneo alla circostanza eccezio-nale accaduta. La conseguenza immediata di tale regime sono provvedimenti che riguarda-no fatti riguarda-non disciplinabili con mezzi ordinari e che riguarda-non faranriguarda-no poi parte, né tanto meriguarda-no andranno ad incidere sull’ordinamento vigente allo stato ordinario in quanto temporanei. Pur essendo estranea all’ordine giuridico ordinario, tale disciplina giuridica è comunque riconducibile a principi costituzionali fondamentali.

Le norme eccezionali si sostituiscono per tutta la durata dell’emergenza alle norme comuni che sarebbero applicabili in condizioni ordinarie, senza influire sulla loro vigenza; la nor-ma derogata riprenderà i suoi effetti terminata la vigenza di quella sostitutiva ad effetto temporaneo38.

Lo stato d’eccezione quindi conserva l’ordine esistente, l’emergenza si realizza in un con-testo avente l’obiettivo della conservazione e costituisce un fatto interno all’ordinamento costituzionale, tanto che le deviazioni sono temporanee e non alterano le norme fondamen-tali vigenti39.

37

P. Pinna, L’emergenza nell’ordinamento costituzionale italiano, cit., p. 47, osserva che lo stato di emer-genza consiste in un regime giuridico di eccezione, così come ha carattere di eccezione il potere ad esso per-tinente. Inoltre lo stato d’ eccezione riflette le caratteristiche fondamentali dell’ordinamento cui si riferisce. Perciò esso non è mai assoluto ma sempre relativo, e quindi il potere di eccezione può essere sovrano, ma an-che delimitato, senza con ciò perdere la sua natura giuridica di eccezione, an-che permane comunque e ovunque si manifesti.

38

Tale fenomeno, ricorrente allorché una disciplina influisce solo sull’efficacia di una norma lasciando inal-terata la sua vigenza, è comunemente definito, in dottrina, come sospensione

39

Lo scopo della teoria della necessità è quello di dare una copertura di legittimità a tale esercizio di poteri che sarebbe in contrasto con il diritto. L’origine della teoria della necessità (che va dall’origine degli Stati nazionali a tutto l’Ottocento fino al declino dell’ordinamento liberale) era nella teoria della ragion di Stato: nel caso di minacce all’esistenza stessa dello Stato, anche un’azione violenta al di fuori dei vincoli giuridici era legittimata. Un fondamento giuridico al potere di eccezione era dato dall’applicazione al soggetto Stato della nozione, civilistica e penalistica, dello stato di necessità, come diritto soggettivo alla difesa.

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Al contrario, per le teorie istituzionaliste la necessità è fonte del diritto e dei poteri speciali capaci di modificare temporaneamente l’ordinamento costituzionale. In assenza di una pie-na coincidenza tra legge e diritto, la necessità può divenire fonte di quest’ultimo e legitti-mare l’esercizio di poteri straordinari. L’emergenza è un momento fisiologico della vita di un ordinamento e di una Costituzione; lo stato d’eccezione relativo non può essere sempre oggetto di una specifica regolazione, ma deve comunque dar luogo a poteri che sono le previsioni fondamentali dell’ordinamento costituzionale, in virtù del fatto che si muove all’interno dello stesso ordine giuridico.

3. I poteri straordinari e la loro legittimazione

Conseguentemente alla dichiarazione dello stato di emergenza si assiste alla costi-tuzione di un potere straordinario. Tale potere potrebbe essere raffigurato come una rela-zione tra due o più concetti reciprocamente opposti (ordinario – straordinario, regola – ec-cezione) e potrebbe essere definito come una determinazione o imposizione di un nuovo assetto di interessi rispetto a quello normalmente precostituito40.

Relativamente alla portata di questo potere, che nasce da un atto di natura discrezionale, e che è correlato ad un evento giudicato straordinario, avrebbe in sé una componente di ec-cezionalità esponenziale che può portare a considerare il “potere straordinario” ed il “nuo-vo assetto di interessi” come un puro sovvertimento dell’ordine.

Con la sentenza del 5 aprile 1995 n. 127, la Corte costituzionale ha sottolineato “il

caratte-re eccezionale del potecaratte-re di deroga della normativa primaria, conferito ad autorità ammi-nistrative munite di poteri di ordinanza, sulla base di specifica autorizzazione legislativa;

40

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e ha precisato trattarsi di deroghe temporalmente delimitate, non anche di abrogazione o modifica di norme vigenti”.

Si ricava quindi il carattere atipico del potere di emergenza, che si rileva nel contenuto non predeterminato, in quanto esso nasce in principio da un evento giudicato eccezionale ri-spetto al quale deve essere immediata la reazione dell’ordinamento, andando così a costi-tuire un binomio tra imprevedibilità dell’evento scatenante ed eccezionalità-non determinabilità del potere derivato. Vi è poi la necessità di una specifica autorizzazio-ne legislativa: la Corte Costituzionale, in proposito, ha ribadito la centralità del principio di legalità, espresso nell’art. 1, legge 241/1990, secondo cui “l’attività amministrativa

perse-gue i fini determinati dalla legge”. Questo significa che unico fondamento dell’attività

del-la pubblica amministrazione è del-la legge, “cui spetta il compito di indicare i fini e gli

interes-si pubblici che la P.A. deve perseguire, nonché i modi e i mezzi attraverso cui provvedere alla cura degli stessi”.

Le autorità amministrative munite di poteri di ordinanza sono i destinatari del potere straordinario, a testimonianza della natura amministrativa di tale potere. Tale caratteristica viene chiarita per la prima volta dalla Corte Costituzionale, con sentenza del 20 giugno 1956 n. 841, che da allora rappresenta orientamento comune e consolidato della giurispru-denza costituzionale42. Secondo tale giurisprudenza, i provvedimenti in questione, ovvero le ordinanze, “hanno il carattere di atti amministrativi (…)strettamente limitati nel tempo e

nell’ambito territoriale dell’ufficio stesso e vincolati ai presupposti dell’ordinamento

41

Con la sentenza 20 giugno 1956, n. 8, la Corte costituzionale affermò che, ai fini della pronuncia sulla le-gittimità costituzionale dell'art. 2 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, dovesse aversi riguardo non già al significato rivestito dalla norma nel sistema che le dette vita, bensì a quello acquistato sulla base della in-terpretazione che, in conformità alla Costituzione, ne era stata data dalla giurisprudenza.

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ridico”; all’origine di questa affermazione sarebbe l’esclusione delle ordinanze dalla

gerar-chia delle fonti del diritto.

La sentenza 127/1995 della Corte costituzionale ha inoltre approfondito un’altra importan-te caratimportan-teristica dei provvedimenti amministrativi extra ordinem, cioè la fondamentale ca-pacità di derogare alle norme primarie, che viene ammessa solo a seguito di una previsione legislativa.

Il peculiare effetto derogatorio di questi provvedimenti viene sottolineato dal legame che si instaura con il principio di legalità-tipicità, diverso e talvolta opposto agli effetti di annul-lamento, abrogativo o ancora sospensivo, tipici invece di altri tipi di provvedimenti: la de-roga rappresenta un contrasto tra diversi tipi di norme, poiché la norma dede-rogata è una norma generale che non perde efficacia per il futuro, mentre la norma derogante è una norma particolare.

La capacità derogatoria è sottoposta ad un altro limite fondamentale: l’osservanza dei prin-cipi generali dell’ordinamento, vale a dire che i precetti costituzionali, ovvero gli elementi cardinali dell’ordinamento, non sono derogabili neppure dalla legge.

La capacità derogatoria dell’ordinanza straordinaria e del relativo potere è strettamente le-gato alla sua natura provvisoria e temporalmente limitata; ai sensi dell’art. 5 della legge istitutiva del Servizio Nazionale di Protezione Civile (n. 225/1992), infatti, il Presidente del Consiglio, o Ministro delegato, nel dichiarare lo stato di emergenza, è tenuto a deter-minare la durata e l’estensione territoriale.

I poteri degli organi amministrativi devono essere ben definiti nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio, a causa delle peculiari caratteristiche di atipicità del contenuto, natura amministrativa dei provvedimenti, capacità derogatoria ed efficacia temporanea, al punto che la giurisprudenza afferma la necessità di un nesso di strumentalità tra lo stato di

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emergenza dichiarato e il nuovo assetto di interessi, nonché tra il primo e la incidenza del potere straordinario sul caso concreto in rapporto al panorama legislativo e costituzionale. Il problema principale del regime di emergenza è il rapporto tra l’effettività, strumento dell’organizzazione statale, e la legittimità del potere, strumento del sistema giuridico nella sua dimensione deontologico normativa.

Legittimità ed effettività intervengono reciprocamente nella normale dialettica che assicura all’ordinamento giuridico l’osservanza e l’esistenza, poiché un ordinamento giuridico privo di osservanza è di default anche inesistente, fino a quando le norme si oggettivizzano nei fatti concreti e questi vengono definiti come fatti giuridicamente vincolanti.

In presenza di un regime straordinario di natura emergenziale, la norma nasce dal fatto, ovvero dalla situazione di emergenza.

Gli ordinamenti giuridici, al fine di affrontare situazioni di rischio ed emergenziali, con-templano misure che derogano il normale assetto dei poteri e del loro esercizio. Nel fare ciò si devono rispettare diversi criteri, primo fra tutti cercare di evitare lo sconfinamento in un uso arbitrario e non controllato del potere pubblico.

I poteri straordinari possono essere inquadrati in due diversi campi di azione. Il primo, quello dell’emergenza come rottura dell’ordinamento costituzionale, può presentarsi nel caso di attacco alle istituzioni, interno o esterno o in quello del diverso uso dei poteri, comporta la messa in discussione del potere politico–legislativo e la rottura dell’ordinamento costituzionale è in funzione della difesa delle istituzioni. Il secondo è in-terno all’ordinamento costituzionale e consente il ricorso a poteri straordinari in funzione della tutela dei cittadini, per cui l’emergenza si riverbera nel potere amministrativo.

Tradizionalmente per situazione di emergenza si intende uno stato di eccezione, cioè una situazione in cui l’esigenza di salvaguardare lo Stato legittima e giustifica la limitazione

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dei diritti individuali costituzionalmente garantiti, o di necessità, e pertanto richiede un’attenta analisi del rapporto tra autorità e libertà43.

La conservazione dello Stato che garantisce tale ordine è finalità che giustifica il sacrificio di quelle stesse libertà, e quindi della sostanza della Costituzione, ove quell’ordine sia messo in pericolo da circostanze eccezionali. Sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione, stato che provoca un’alterazione dell’ordinario assetto costituzionale dei pubblici poteri, affermato anche dalla dottrina costituzionale del decisionismo che affida al potere sovrano la capacità di dichiarare ed instaurare lo stato d’eccezione stesso44.

Possiamo quindi distinguere le situazioni di emergenza da quelle di crisi costituzionale dal momento che nelle prime, la disciplina straordinaria posta in essere è chiamata ad affronta-re il fatto eccezionale al fine di un ritorno alla normalità, di conseguenza i poteri emergen-ziali sono legali perché previsti dalla Costituzione vigente; nelle altre, invece, gli attori del-la scena politica intendono modificare definitivamente l’ordine costituzionale vigente per costituirne uno nuovo e diverso, pertanto i poteri straordinari sono illegali rispetto all’ordinamento in costruzione.

Le teorie classiche ricordano che si possono affrontare le situazioni di emergenza con al-cuni strumenti che le Costituzioni mettono a disposizione, come ad esempio, nel caso della Costituzione italiana, quelli previsti dall’art. 78, la dichiarazione dello stato di guerra deve essere proclamata dalle Camere e per cui al Governo vengono assegnati i poteri

43

Cfr P.G. Grasso, Necessità (diritto pubblico), in Enc. Dir. XXVIII, Milano, Giuffrè, 1977, p. 867.

44

C. Schmitt, La dittatura, Roma-Bari, Laterza, 975, pp. 204 ss. Secondo la teoria decisionista la sovranità si esplica appieno nell’emanazione di provvedimenti di eccezione piuttosto che nell’emanazione delle leggi or-dinarie. Inoltre, il caso d’eccezione, costituisce non solo una situazione non prevista da parte dell’ordinamento, ma soprattutto un’eccezione assoluta all’ordinamento stesso; infatti tali circostanze non possono essere contemplate dalla Costituzione se non nel ristretto limite dell’individuazione del soggetto competente a provvedere, restando illimitati il presupposto ed il contenuto del provvedere.

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