CAPITOLO II. DALLA PREVEDIBILITA’ DELL’EVENTO ALLA PREVEDIBILITA’ DEL RISCHIO DI EVENTO: IL RUOLO DELLA
2. L’informazione e la comunicazione del rischio e dell’emergenza
La consapevolezza e la preparazione della popolazione sui fatti emergenziali sono fondamentali, tanto che le attività di informazione e di comunicazione svolgono una fun- zione strategica sia nella prevenzione che nella gestione delle emergenze.
La raccolta delle informazioni da parte delle amministrazioni relativamente alla prevenzio- ne dei vari rischi è un primo problema. Infatti, spesso accade che la circolazione delle in- formazioni sia limitata dal fatto che le stesse restano all’interno dell’amministrazione che le ha raccolte, dando origine ad un atteggiamento autoreferenziale della pubblica ammini- strazione causa di inefficienze molto importanti.
Il problema principale riguarda comunque come viene comunicato il rischio verso l’esterno, tenendo conto del modo di percepire i rischi nelle persone, dei possibili impatti positivi (una buona preparazione all’emergenza) ovvero di quelli negativi (panico e conse- guente disorganizzazione).
degli incendi boschivi, tenendo conto delle strutture operative delle province, dei comuni e delle comunità montane.
5. Nelle more dell’approvazione dei piani di cui al comma 1 restano efficaci, a tutti gli effetti, i piani antin- cendi boschivi già approvati dalle regioni.
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Comunicare i rischi di carattere naturale o che si manifestano in maniera percepibile è più facile rispetto agli altri tipi di rischi; ad esempio le campagne sul comportamento da tenere durante un terremoto o un incendio, spiegano cosa serve mettere in pratica per salvare la salute o la vita127.
La completezza della conoscenza, fondamentale per ottenere il consenso, può essere rag- giunta solo veicolando le informazioni, che devono raggiungere la collettività, la quale de- ve essere posta nelle migliori condizioni possibili per valutare128.
I cittadini devono essere coinvolti nella gestione dei rischi potenziali e la valutazione sugli stessi deve quindi essere trasparente, così come il processo che termina con l’adozione di misure precauzionali.
Uno degli obiettivi sicuramente è quello di ripristinare la fiducia tra responsabili politici, amministratori, tecnici e cittadini, risorsa sostanziale delle società complesse.
Sono sette gli stadi che caratterizzano la storia della comunicazione del rischio:
• un primo momento in cui la comunicazione non esiste affatto; gli esperti lavorano in isolamento e l’unico compito è quello di trovare le evidenze scientifiche;
• segue la comunicazione delle evidenze, prima risposta ai segni preliminari di sfidu- cia;
• successivamente la spiegazione di cosa si intende con i dati numerici, poiché gli stessi presi singolarmente senza un contesto non esplicano abbastanza;
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Un interessante studio, di carattere psicologico, sulla percezione dei rischi è compiuto da L. Salvadori e R. Rumiati, Nuovi rischi, vecchie paure, Bologna, Il Mulino, 2005; gli autori analizzano, in modo particolare i rischi sanitari, quelli tecnologici e quelli finanziari e manageriali ed evidenziano come la percezione dei ri- schi tenda a sfuggire ai canoni della razionalità ma sia piuttosto legata a paure ancestrali. Cosa che rende complicata la comunicazione che si basa, in genere, sull’esposizione di dati razionali e che dovrebbe, invece, adottare diverse e più profonde modalità.
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Sui rapporti tra principio di precauzione e informazione si vedano De Leonardis, Il principio di precau-
zione nell’amministrazione di rischio, cit., p. 193; S. Carmignani, La tutela dei consumatori nella disciplina sugli alimenti ed i mangimi geneticamente modificati, in Regole dell’agricoltura, regole del cibo, cit., pp.
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• poi la persuasione basata sull’abitudine; si cerca di convincere la gente che ha già accettato simili rischi nel passato;
• la persuasione basata sui benefici; si cercano di dimostrare i possibili effetti bene- fici di una determinata tecnologia, con un calcolo che però viene complicato da elementi di carattere qualitativo;
• nella penultima fase, temporalmente individuata tra il 1985 ed il 1994, si ha il pas- saggio ad un contesto in cui la comunicazione del rischio diventa una questione di pubbliche relazioni, e si cerca di tenere conto di preferenze, motivazioni, atteggia- menti;
• infine, nell’ultima fase, quella più recente, i cittadini diventano attivi e sono coin- volti nella consultazione e partecipazione anche sulle questioni tecnologiche. Molto spesso sono situazioni controverse ed i fatti e le conoscenze scientifiche non sono sufficienti a cancellare le paure, ovvero situazioni che esplodono all’improvviso e richie- dono specifiche misure tempestive precauzionali. La comunicazione sul rischio è chiamata ad adattarsi a ciascuna diversa tipologia di situazione, delineando diverse tipologie comu- nicative e relativi obiettivi129.
Erroneamente si tende ad usare i termini rischio e pericolo come sinonimi; in realtà sono concetti distinti. Con il pericolo si delinea un oggetto o evento che può provocare danni a chi ne viene in contatto, il rischio d’altra parte è una perdita o un danno potenziale, deter- minati dall’esposizione al pericolo. Il rischio pertanto può essere considerato come la pos- sibilità di fare/subire danni di una certa entità in relazione all’esposizione al pericolo. Una comunicazione del rischio può essere orientata alla rassicurazione quando il pericolo effet- tivo è basso ma la popolazione è molto preoccupata, all’allertamento quando il pericolo ef-
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Covello, V. Sandman P., Risk communication: Evolution and Revolution, in Wolbarst A. Solutions to an
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fettivo è alto e la paura della popolazione è bassa. Quando il pericolo effettivo è elevato, e lo è anche la paura nella popolazione, la situazione diventa critica e la comunicazione è fi- nalizzata a gestire efficacemente la crisi.
La comunicazione del rischio può essere definita come lo scambio di informazioni e di va- lutazioni sul rischio tra gli esperti, le pubbliche amministrazioni, i mass media, i gruppi di interesse e i cittadini, finalizzato ad aiutare a prendere decisioni circa l’accettare, ridurre o evitare il rischio; riguarda l’incertezza associata ad un possibile esito negativo e mira a raggiungere uno specifico cambiamento.
Esistono tre diverse tipologie di comunicazione del rischio130:
• la Care Communication, concernente tutte quelle forme di comunicazione del ri- schio in cui i pericoli e le relative precauzioni da adottare sono stati ben definiti dalla scienza e sono accettati da buona parte del pubblico;
• la Consensus Communication, volta a promuovere un confronto tra diversi gruppi di stakeholders per prendere una decisione in merito alla gestione di un determinato rischio;
• la Crisis communication, riguardante tutte quelle forme di comunicazione che av- vengono in caso di pericolo improvviso, come un disastro naturale.
L’obiettivo è quello di garantire la sicurezza al maggior numero di persone minacciate e la comunicazione in questo senso può essere mirata ad allertare la comunità, favorire l’evacuazione di determinate aree, insegnare le precauzioni da adottare; i messaggi sono volti a prevenire/ridurre gli esiti negativi di una crisi e a proteggere l’organizzazione, la popolazione gli stakeholders dal danno che ne consegue.
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Immediatamente prima, durante e dopo un’emergenza è importante che le comunicazioni siano rapide. Il tempo a disposizione è limitato e spesso uno specifico messaggio deve es- sere rivolto ad un ampio gruppo. Il modello più efficace in questo caso prevede una tra- smissione efficiente del messaggio e l’ottenimento della risposta desiderata131.
Nell’emergenza l’informazione è estremamente importante: studi mostrano che durante un’emergenza l’informazione è importante per la popolazione allo stesso modo dei generi di prima necessità. Un’informazione accurata può fare la differenza tra la vita e la morte e può confermare, rassicurando, che i soccorsi stanno arrivando. La tempestività è quindi es- senziale. Tuttavia non basta disseminare le informazioni corrette, ma è necessario contra- stare le informazioni errate che sono circolate132.
E’ altresì importante considerare le barriere alla comunicazione: è più difficile per le per- sone dare ascolto ad un messaggio durante l’emergenza che in situazioni ordinarie, dal momento che stress, cambio di routine e mancanza di sonno possono essere impedimenti alla corretta comprensione del messaggio.
Tutti i messaggi devono essere coerenti, l’informazione deve essere condivisa e nei con- fronti del pubblico si deve parlare con una sola voce.
Un sistema di allarme serve a:
• ottenere informazioni sul fatto che si sta per verificare un’emergenza; • comunicare tali informazioni a coloro che devono conoscerle;
• facilitare le decisioni più opportune e le risposte adeguate da parte delle persone che si trovano in pericolo.
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Communicating in a crisis. Risk Communication Guidelines for Public Officials, 2002.
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Si veda in merito la sentenza del Tribunale penale dell’Aquila, analizzata nel capitolo 3 al paragrafo 5.1, con la quale sono stati riconosciuti colpevoli sette scienziati appartenenti alla Commissione Grandi Rischi, che non avendo comunicato in maniera appropriata i rischi sismici, ma anzi rassicurando gli abitanti a rima- nere nelle proprie abitazioni, sono stati accusati di essere responsabili delle morti occorse nella notte del 06 aprile 2009 a seguito del forte terremoto.
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La complessità di un sistema di allarme può essere affrontata suddividendolo in tre sottoin- siemi, il rilevamento, la gestione e la risposta.
Il sottosistema di rilevamento si occupa del monitoraggio degli ambienti naturali, civili ed industriali in cui si può verificare un’emergenza e dalla raccolta dei dati al fine di rappre- sentare la probabilità del verificarsi di un’emergenza. Quando i dati a disposizione rendono credibile la possibilità di un’emergenza, la previsione viene comunicata dagli scienziati al sottosistema di gestione.
Il sottosistema di gestione si preoccupa soprattutto di integrare le informazioni sul rischio e di informare il pubblico, nonché di controllare la risposta del pubblico per affinare i suc- cessivi messaggi di allarme. Questa fase dell’emergenza nel nostro ordinamento viene ge- stita dagli organi di governo, ovvero dai responsabili della Protezione Civile.
Un’altra dimensione dell’allarme è la frequenza di ripetizione del messaggio. Un singolo messaggio di allarme infatti non è sufficiente perché le persone ci credano ed agiscano di conseguenza.
Le caratteristiche fondamentali di un messaggio di allarme sono:
• la specificità, un buon messaggio di allarme è sufficientemente specifico sull’area interessata, su cosa le persone dovrebbero fare, sul tipo di rischio;
• la coerenza, che si raggiunge semplicemente facendo riferimento a quello che è sta- to detto prima ed a come la situazione sia mutata ed ai motivi che hanno portato a tale mutamento;
• la certezza, il messaggio deve essere certo anche quando le condizioni sono incerte, ma se si è nel dubbio che un evento si verifichi è meglio affermare che non c’è mo- do di essere certi se l’evento si verificherà, ma si è deciso di agire come se questo si verificherà con certezza ;
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• la chiarezza, le parole del messaggio devono essere semplici e comprensibili; • l’accuratezza, è fondamentale affinché nelle persone non si ingeneri il sospetto che
qualcosa è stato taciuto.