CAPITOLO IV. IL GOVERNO DELLA PROTEZIONE CIVILE TRA ORDINAMENTO NAZIONALE ED ORDINAMENTO EUROPEO
2. Il sistema europeo di Protezione Civile
2.1. La decisione del Consiglio e del Parlamento europeo del 17/12/2013: il nuovo meccanismo di Protezione Civile europeo
Proprio mentre l’Italia conosce, negli ultimi anni, una serie di disastri ambientali che richiedono la mobilitazione di ingenti risorse finanziarie e umane, il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato un nuovo meccanismo di Protezione Civile dell’Unione. Si tratta del primo strumento legale basato sull’articolo 196 del Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE), specificatamente dedicato alla creazione di un sistema cooperativo nel campo della Protezione Civile per contrastare e prevenire calamità naturali o antropogeni- che tramite il completamento dell’azione dei governi nazionali, la cooperazione rapida e la coerenza complessiva tra le diverse azioni che vengono adottate.
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La decisione del Consiglio e del Parlamento Europeo sostituisce due precedenti decisioni sullo strumento finanziario e il Meccanismo di Protezione Civile europei, adottate nel 2007 e in vigore fino al 31 dicembre 2013 (decisione 2007/779/CE, Euratom del Consiglio, dell'8 novembre 2007, che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile, e de- cisione 2007/162/CE, Euratom del Consiglio, del 5 marzo 2007, che istituisce uno stru- mento finanziario per la protezione civile). Dal momento che esiste un’ampia varietà di ter- ritori e azioni su di esso intraprese nei diversi Paesi europei, la nuova decisione non indivi- dua delle azioni concrete e puntuali che gli Stati membri dovranno adottare, quanto piutto- sto i settori in cui essi dovranno concentrare i propri sforzi.
Il testo è, infatti, frutto delle esperienze e delle conoscenze fino ad ora acquisite nel settore e risponde alle aree chiave per il rafforzamento della Protezione Civile a livello europeo, ovvero la pianificazione, il pre-posizionamento, la valutazione delle esigenze, il rapporto costo/efficacia, il coordinamento dei trasporti e l’utilizzo di mezzi militari accanto a quelli civili. In particolare, il testo prevede che gli Stati migliorino le proprie capacità di valuta- zione e gestione dei rischi, definendo il tipo e la misura delle capacità di risposta necessari per far fronte a disastri potenziali e concreti. A tal fine, l’obiettivo prioritario del nuovo meccanismo è quello di potenziare le capacità di previsione, prevenzione e risposta a cata- clismi naturali o provocati dall’azione umana da parte degli Stati membri e dell’UE nel suo complesso.
Nella pratica, questo obiettivo sarà perseguito tramite il rafforzamento ed il più facile coordinamento tra le azioni dei 32 Paesi aderenti (i ventotto membri UE più Islanda, Ex- Repubblica Jugoslava di Macedonia, Liechtenstein e Norvegia), con diversi obiettivi di ri- ferimento, tra i quali: il raggiungimento di un alto livello di protezione contro disastri, tra- mite la prevenzione o la riduzione dei loro effetti potenziali e la promozione di una cultura
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della prevenzione e della cooperazione tra gli organismi di Protezione Civile e gli altri ser- vizi; il miglioramento della preparazione degli operatori a livello nazionale ed europeo; l’implementazione di metodi per facilitare una risposta rapida ed efficace in caso di disastri imminenti o in corso; una maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica.
L’innovazione principale, oltre al raddoppio dello strumento finanziario, dai 190 milioni di euro per il periodo 2007-2013 agli oltre 368 milioni previsti per il periodo 2014-2020, ri- guarda l’evoluzione istituzionale del meccanismo.
La decisione 2007/779/CE, che istituiva un meccanismo comunitario di Protezione Civile, prevedeva infatti due diversi strumenti affiancati, il Centro di gestione e monitoraggio (MIC) e il Sistema comune di comunicazione e di informazione in caso di emergenza (CECIS), il cui compito, come già ampiamente descritto, era quello di facilitare lo scambio istantaneo di informazioni tra il MIC e i punti di contatto nazionali.
Questo binomio viene sostituito nella nuova decisione con il Centro di coordinamento delle risposte alle emergenze, un centro operativo 24 ore al giorno e sette giorni su sette, cui si affiancherà la Capacità europea di risposta alle emergenze, vale a dire un insieme di mezzi, moduli ed esperti pronti a intervenire con breve preavviso, cui ogni Stato può decidere vo- lontariamente di prendere parte. Infine, per migliorare le capacità dei Paesi coinvolti, la Commissione avrà il compito di organizzare esercitazioni, operazioni di addestramento, nonché diffondere le conoscenze necessarie.
La legislazione riveduta sul meccanismo di Protezione Civile della UE è concepita appunto per garantire una migliore protezione dalle calamità naturali e provocate dall'uomo e per fornire una risposta rafforzata; aumentare la sicurezza dei cittadini della UE e delle vittime di catastrofi nel mondo, grazie a disposizioni che garantiscono una più stretta cooperazione
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in materia di prevenzione dei disastri, migliore preparazione e pianificazione, e azioni di risposta più coordinate e rapide.
Ai fini di migliorare la prevenzione, gli Stati membri si scambieranno regolarmente una sintesi delle loro valutazioni dei rischi, condivideranno le migliori prassi nell'individuare le aree in cui sono necessari sforzi supplementari per ridurre i rischi di calamità. Del resto, una migliore comprensione dei rischi è a sua volta il punto di partenza per pianificare una risposta efficace alle catastrofi più gravi.
Per quanto riguarda la preparazione alle catastrofi, si prevedono maggiori opportunità di formazione per il personale della Protezione Civile che opera all'estero, maggiori possibili- tà di esercizio delle capacità di risposta (ad esempio squadre di ricerca e soccorso e ospe- dali da campo) e di cooperazione, maggiori scambi di esperti, ed una più stretta coopera- zione con i paesi vicini.
Il nuovo centro di coordinamento della risposta alle emergenze, attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, è già stato varato nel maggio 2013, al fine di garantire il monitoraggio e funge- re da piattaforma di informazione e coordinamento nei casi di emergenza.
Inoltre è prevista l’istituzione di un pool volontario di capacità di risposta e di esperti in
stand-by degli Stati membri, che renderà possibile una pianificazione preliminare fonda-
mentale, una mobilitazione immediata e interventi totalmente coordinati. La UE compense- rà una parte dei costi relativi alla costituzione di questo pool rimborsando fino all'85% il trasporto delle risorse e delle equipe.
La proposta prevede inoltre che per la prima volta gli Stati membri si impegnino insieme a valutare se esistano vere e proprie carenze nelle capacità di risposta in Europa e ad affron- tarle con l'aiuto della UE, con finanziamenti d'avviamento fino al 20% dei costi degli inve- stimenti necessari.
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Sono ammesse a beneficiare dell'assistenza finanziaria le seguenti azioni generali volte a potenziare la prevenzione, la preparazione e l'efficacia della risposta alle catastrofi:
• studi, indagini, modelli e sviluppo di scenari intesi a facilitare la condivisione di conoscenze, migliori prassi e informazioni;
• formazione, esercitazioni, workshop, scambio di personale ed esperti, creazione di reti, progetti di dimostrazione e trasferimento di tecnologie;
• attività di monitoraggio, stima e valutazione;
• informazione, educazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica e connesse at- tività di divulgazione intese a coinvolgere i cittadini nella prevenzione e nella ridu- zione al minimo degli effetti delle catastrofi nell'Unione e mettere i cittadini dell'U- nione in condizione di tutelarsi più efficacemente e in maniera sostenibile;
• elaborazione e svolgimento di un programma dedicato alle lezioni apprese da inter- venti ed esercitazioni nell'ambito del meccanismo unionale, anche in settori rilevan- ti per la prevenzione e la preparazione;
• attività e misure di comunicazione volte ad accrescere la consapevolezza dell'opera- to della Protezione Civile degli Stati membri e dell'Unione in materia di prevenzio- ne, preparazione e risposta alle catastrofi.
Possono beneficiare dell'assistenza finanziaria anche i Paesi candidati e i candidati poten- ziali che non partecipano al meccanismo unionale, nonché i Paesi che sono parte della PEV307, nella misura in cui tale assistenza finanziaria è complementare ai finanziamenti di- sponibili conformemente a un futuro atto legislativo dell'Unione relativo all'istituzione del-
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La politica europea di vicinato (PEV) è stata elaborata nel 2004 per evitare che emergano nuove linee di frattura fra l'UE allargata e i suoi vicini. La PEV mira a rafforzare la prosperità, la stabilità e la sicurezza di tutte le parti coinvolte, interessandosi in tal modo anche agli obiettivi strategici definiti nella strategia euro- pea in materia di sicurezza del dicembre 2003.
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lo strumento di assistenza preadesione (IPA II)308 e conformemente a un futuro atto legisla- tivo dell'Unione relativo all'istituzione di uno strumento europeo di vicinato.
Le organizzazioni internazionali o regionali possono cooperare alle attività nell'ambito del meccanismo unionale se previsto da pertinenti accordi bilaterali o multilaterali sottoscritti con l'Unione Europea.
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Lo strumento di preadesione, gestito dalla Direzione Generale Allargamento della Commissione, offre as- sistenza agli Stati impegnati nel processo di adesione all’Unione Europea. Con esso, si intendono facilitare le riforme politiche, istituzionali, giuridiche, amministrative, economiche e sociali necessarie per essere am- messi nell’Unione, allinearsi ai suoi standard e reggere alla pressione competitiva del mercato unico. Tra il 2007 ed il 2013 tale obiettivo è stato perseguito tramite il programma IPA, al quale farà seguito l'IPA II per il periodo 2014-2020
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CONCLUSIONI
E’ stato più volte sottolineato che la società moderna è afflitta da nuove incertezze dovute principalmente al rapido progresso scientifico e tecnologico, fonte di ansie e nuovi rischi e pericoli.
Occorre tuttavia mantenere chiara la distinzione tra rischio e pericolo: entrambi presup- pongono un’incertezza in riferimento a dei danni futuri, ma mentre il rischio è la conse- guenza di un atto decisionale, il pericolo proviene invece dall’esterno, dalla natura, ma an- che dalle decisioni adottate da soggetti terzi.
La società contemporanea tende ad identificare come rischi quelli che in passato erano visti come pericoli: non è vero che i pericoli naturali oggi non esistono più, ma, purtroppo, l’intervento dell’uomo genera spesso conseguenze decisive. Si è visto, ad esempio, il caso del terremoto in Abruzzo, in cui la devastazione non avrebbe avuto la stessa gravità se le zone colpite non fossero state urbanizzate, se le costruzioni in cemento armato non si fos- sero rilevate dei colossi di argilla o se, a seguito delle prime scosse, i centri urbani fossero stati sgomberati adeguatamente e tempestivamente.
Uno fra gli aspetti fondamentali di questo passaggio dal pericolo al rischio è che chi agisce è anche responsabile delle conseguenze, ed è sempre possibile trovare un responsabile. Conseguenza inevitabile è l’espansione delle responsabilità, sia private che pubbliche. I cittadini ripongono nello Stato aspettative di sicurezza e nel caso le stesse vengano disat- tese si diffonde costantemente un sentimento di irritazione e sfiducia, al punto che la classe politica si trova oggi sempre più esposta alla pressione esercitata dai cittadini. Questa cre- scita del bisogno, o per alcuni diritto alla sicurezza, unitamente ad una maggiore responsa- bilità dello Stato nei confronti della protezione della salute e dell’ambiente, provoca una dilatazione dell’intervento pubblico attraverso il potere legislativo e amministrativo, che
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dovrebbe essere il più possibile adesivo al principio di precauzione, nel senso che la ricerca di livelli di sicurezza sempre più elevati fa sì che la tutela divenga oggetto dell’attività di prevenzione non soltanto nei confronti dei rischi conosciuti, ma anche di quelli ignoti. La natura transitoria e flessibile del diritto amministrativo, chiamato a regolare l’incertezza attraverso la procedimentalizzazione, a causa dell’arretramento della soglia dell’intervento pubblico ad un momento in cui non si dispone di conoscenze adeguate, rappresenta una frattura rispetto al modello classico del controllo dei rischi, caratteristico della società pas- sata, in cui dominava la fiducia nel progresso. La regola giuridica ha quindi come obiettivo quello di proteggere da eventi dannosi prima che questi si verifichino e, ancora prima, di individuare come esattamente si andranno a verificare; eventi che non si possono prevedere con certezza poiché non si dispone totalmente delle conoscenze. L’amministratore pubbli- co sarà pertanto tenuto a tenere aperte tutte le alternative possibili. L’ordinamento giuridi- co, pertanto, è chiamato costantemente ad una missione di “adeguamento continuo”, dele- gando agli organi esecutivi il compito di determinare il livello di rischio accettabile dalla popolazione alla luce dei risultati più recenti del progresso scientifico e tecnico.
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