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CAPITOLO II. DALLA PREVEDIBILITA’ DELL’EVENTO ALLA PREVEDIBILITA’ DEL RISCHIO DI EVENTO: IL RUOLO DELLA

1. La prevenzione dei risch

L’organizzazione è fondamentale nelle situazioni di emergenza dal momento che sono la quantità dei mezzi, personali e materiali, a disposizione ed il loro coordinamento a permettere la buona riuscita dell’intervento. Questa, a ben vedere, è soltanto una delle fac- ce dell’amministrazione, cioè quella della gestione; esiste poi l’altra faccia, quella della prevenzione, che accumula tutte le organizzazioni amministrative che si prodigano per la sicurezza delle persone e delle cose, analizzando, studiando e realizzando interventi atti a prevenire o quantomeno a limitare i danni degli eventi catastrofici. Pertanto, mentre la par- te relativa alla gestione è composta da quelle amministrazioni che intervengono nelle fasi successive agli eventi, quella relativa alla prevenzione prevede una partecipazione “circo- lare” delle varie amministrazioni.

La sicurezza dei cittadini e la prevenzione delle emergenze sono affrontate e gestite da molteplici soggetti pubblici, che prevengono i rischi, si organizzano in strutture e collabo- rano seguendo le relazioni organizzative tradizionali.

Il fenomeno dell’amministrazione delle emergenze è molto esteso e complesso; occupa tut- te le aree relative ai fenomeni naturali e sociali che possono in qualche modo rappresentare delle fonti di rischio per le persone e cose, e che possono essere raggruppate in:

• area dei rischi sanitari;

• area dei rischi ambientali e tecnologici; • area dei rischi sociali.

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Il clima sociale risulta sempre più teso, le attività economiche subiscono un’accelerazione continua e la realtà sociale è in continuo mutamento, provocando un’alterazione irreversi- bile dell’habitat umano e soprattutto della sua stabilità; si è diffusa la paura e la credenza che in qualsiasi momento si possa verificare un evento dannoso per la salute, la vita o an- che solo per i beni85.

C’è poi stato anche l’aumento delle fonti di pericolo e del loro grado di nocività che ha portato all’aumento del danno stesso che si verifica quando si presenta l’evento emergen- ziale86; una buona preparazione può quindi limitare o forse anche evitare i danni. Deve poi essere ricordato l’esercizio di un controllo preventivo ed anticipato rispetto alle fonti di pe- ricolo e di danno per l’uomo ed una maggiore attenzione al verificarsi di questi eventi, che sono tutte attività collaterali rispetto a quelle di risposta immediata dopo il verificarsi dell’evento87.

Quando si affronta la valutazione del rischio88 si passa da una logica di soccorso per le conseguenze di un fatto lesivo che si è ormai verificato, ad una logica preventiva, che con- cerne proprio la previsione, cioè lo studio del rischio in un momento antecedente al verifi- carsi dell’evento dannoso, naturale o umano, e dei suoi possibili effetti; indica cioè il grado

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Sul punto, F. De Leonardis, Il principio di precauzione nell’amministrazione di rischio, Milano, Giuffrè, 2005, p. IX, nonché P. Dell’Anno, Principi del diritto ambientale europeo e nazionale, Milano, Giuffrè, 2004, pp. 89 ss. In senso tecnico il rischio si può definire come “il valore atteso di perdite dovuti al verificarsi di un evento di una data intensità, in una particolare area, in un determinato periodo di tempo”.

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Si pensi, ad esempio, ai rischi di incidente rilevante connesso all’esercizio di attività industriali pericolose, previsti dal d.lgs. n. 334/1999 "Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di inci- denti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose"

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J.M. Pontier, La puissance pubblique et la prevention des risques, in Ajda, 33, 2003, p. 179. Pontier ricor- da come la categoria del rischio, nonché i principi che l’accompagnano della prevenzione e della precauzio- ne, possano essere ricondotti alla nozione, ormai desueta, della prudenza che nelle varie sfaccettature lessicali comprende sia la nozione di previdenza, sia quella di prevenzione. La prudenza, anche nel significato di dili- genza, ha, poi, connotati giuridici essendo stata considerata come un principio di comportamento a cui infor- mare le relazioni tra persone.

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Attività importante conseguente alla individuazione e alla definizione di un rischio, consistente nella de- scrizione, in forma quantitativa più o meno precisa, del suo impatto in termini di implicazioni negative sul soggetto o l’impresa o l’istituzione o la comunità che lo subisce e della probabilità che esso si verifichi.

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di esposizione alla alterazione o distruzione dei singoli beni, al verificarsi di uno specifico e determinato evento.

Una funzione delle amministrazioni è proprio la prevenzione, obiettivo dal quale non si prescindere nelle materie che riguardano la sicurezza.

Sono due i fattori che hanno provocato il passaggio alla prevenzione del rischio: il fatto che la valutazione del rischio sia diventato un compito e parametro dell’azione amministra- tiva regolato dalle norme; l’importanza assunta dal principio di precauzione che è diventato principio generale e supporto tecnico-scientifico dell’attività amministrativa.

Quando una norma assegna un compito all’amministrazione, questa deve obbligatoriamen- te attuarlo e per consentire lo svolgimento di attività o la produzione di prodotti, devono valutarne a priori la pericolosità; tutto ciò si può configurare come un allargamento del principio di legalità89. Sicurezza pubblica, protezione dell’ambiente, tutela della salute e affidabilità dei prodotti sono tutte aree tipiche del rischio90.

Il principio di precauzione è oggi qualificato come principio generale del diritto comunita- rio e dell’azione amministrativa in Italia91 tramite il rinvio al rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario previsto dall’art. 1 della legge n. 241/1990 in materia di pro- cedimento amministrativo92.

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La legalità opera non solo come parametro ma anche come obbligo; tutte le amministrazioni sono chiama- te, dunque, nella loro attività ordinaria a valutare la pericolosità di attività o di prodotti al fine, in genere, di consentire il loro svolgimento o la loro produzione.

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Del nuovo approccio preventivo al rischio è testimonianza la legge n. 225/1992 in materia di Protezione Civile, che alla politica di mero soccorso proposta dalla precedente normativa in materia ha sostituito quella della previsione-prevenzione-soccorso-superamento dell’emergenza.

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F. De Leonardis, Il principio di precauzione nell’amministrazione di rischio, Milano, Giuffrè, 2005, p. XIV. L’A. evidenzia come il principio di precauzione intervenga in un sistema in cui l’incertezza tecnico- scientifica incide sulla globalità dell’amministrazione, generando una serie di questioni, tra cui l’alterazione del principio di certezza del diritto e del rapporto tra diritto e fatto. Inoltre, l’esigenza di decidere sempre più in un contesto di incertezza ha comportato la necessità di ridefinire l’ambito del principio di legalità in senso sostanziale.

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Art. 1: 1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economici- tà, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.

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Il principio di precauzione (su cui si rimanda al cap. III per una trattazione più approfondi- ta) trova il suo primo riconoscimento in relazione alle politiche ambientali tra il 1970 e il 198093, e dapprima in ambito internazionale e successivamente sarà annoverato tra i prin- cipi di diritto comunitario posti alla base dell’azione in materia ambientale. E’ stato inoltre identificato dalla giurisprudenza europea come un principio generale del diritto comunita- rio che obbliga le autorità ad adottare provvedimenti adeguati per prevenire i rischi per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente, in modo tale da far prevalere la protezione di tali interessi su quelli economici94, seppur nel rispetto del test di proporzionalità95.

Una definizione di prevenzione può essere l’insieme delle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si abbia la lesione di interessi giuridicamente rilevanti conse- guentemente ad eventi o fenomeni dannosi di origine naturale connessi con l’attività uma- na96.

Connessa con la prevenzione è la previsione, cioè le attività che studiano e determinano gli eventi dannosi, ed indentificano i rischi97.

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Una panoramica sull’origine del principio in M. Franc, Traitment jurisdique du risque et principe de pre-

caution, in Ajda, 8, 2003, pp. 360 ss. Il principio di precauzione è citato dalla Convenzione di Vienna del

1985 sulla salvaguardia dello strato dell’ozono, dalla dichiarazione della Conferenza di Bergen del 1990 sullo sviluppo sostenibile, dalla dichiarazione di Rio del 1992 sull’ambiente e lo sviluppo, dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1992 sui cambiamenti climatici; dalla dichiarazione finale del summit di New York del 1997 sulla terra. L’art. 174, comma 2, del Trattato Ce così si esprime: “la Politica della Comunità in materia ambientale è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio che chi inquina paga.

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Trib. Ce, seconda sez. ampliata, 26 novembre 2002, in cause riunite T-74/00 e altre, Artedogan, punto 184. Conforme tribunale Ce, 21 ottobre 2003, T-392/02, Solvay, punto 121.

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Una critica drastica al principio di precauzione è stata avanzata da C.R. Sunstein, The Laws of Fear: Be-

yond the Precautionary Principle, Cambridge, Mass., Cambridge University Press, 2005. Secondo Sunstein,

infatti, la percezione del rischio nell’opinione pubblica è spesso frutto di una razionalità limitata che porta i cittadini a temere cose di cui non dovrebbero aver paura ed a sottovalutare pericoli seri; significativa per comprendere la sua posizione, è la seguente frase: “if highly representative institutions, responding to pubblic fear, are susceptible to error, then is entirely appropriate to create institutions that will have a degree of insu- lation. Democratic goverments should respond to people’s values, not to their blunders”.

96 Art. 3, comma 3, legge n. 225/1992. La definizione, pur contenuta in un testo di legge dedicato alla Prote-

zione Civile, offre indicazione generalmente valida dei tratti salienti del concetto di prevenzione.

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In materia di Protezione Civile, l’attività di previsione è assicurata da un sistema di reti che collegano la Protezione Civile ai centri nazionali di ricerca scientifica; mette in condizione la Protezione Civile, ai vari livelli, di valutare le situazioni di possibile rischio, allertare il sistema di intervento con il massimo anticipo utile. A titolo esemplificativo, si evidenzia come grazie all’evacuazione preventiva delle aree a rischio

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In ambito di Protezione Civile la legge assegna agli organismi che formano il Servizio na- zionale tutte le attività di prevenzione. Il Dipartimento della Protezione Civile gioca un ruolo primario nel predisporre ed attuare i programmi di previsione e prevenzione relati- vamente alle ipotesi di rischio, mentre la Commissione nazionale per la previsione e pre- venzione dei grandi rischi98 svolge consulenza tecnico-scientifica per lo stesso Dipartimen- to99.

Le Regioni svolgono funzioni di indirizzo, ovvero predispongono programmi di previsione e prevenzione dei rischi, sulla base degli indirizzi nazionali, e formulano gli indirizzi per i piani provinciali di emergenza, mentre gli enti locali svolgono compiti di prevenzione e previsione.

Non sempre si può disporre delle certezze necessarie per combattere l’attuale diffuso sen- timento di incertezza e pertanto si è reso necessario identificare e classificare i rischi, in- trodurre misure per prevenirli e per rimediare ai danni causati.

I rischi possono quindi essere suddivisi in i rischi naturali, tra i quali le inondazioni, il sol- levamento, l’abbassamento e lo slittamento del terreno, le valanghe, i terremoti, le eruzioni vulcaniche e le tempeste, e rischi tecnologici, caratterizzati dall’essere originati dall’azione

l’inondazione che ha colpito il Piemonte nel 2002 non ha provocato vittime, mentre un analogo evento verifi- catosi solo due anni prima si era rivelato fatale per decine di persone.

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La Commissione nazionale per la previsione e prevenzione dei grandi rischi, che si riunisce presso il Di- partimento della protezione civile, è articolata in sezioni e svolge attività consultiva tecnico-scientifica e pro- positiva in materia di previsione e prevenzione delle varie situazioni di rischio; è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero dal Ministro dell'interno da lui delegato ovvero, in mancanza, da un delega- to del Presidente del Consiglio dei Ministri ed è composta dal Capo del Dipartimento della protezione civile, con funzioni di vicepresidente, che sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento, da un esperto in problemi di protezione civile, da esperti nei vari settori di rischio, da due esperti designati dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici e da due esperti designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché da un rappresentante del Comitato nazionale di volontariato di protezione civile, nominato con decreto del Presidente del Consi- glio dei Ministri. Opera nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è costituita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero del Ministro dell'interno da lui delegato; con il medesimo decre- to sono stabilite le relative modalità organizzative e di funzionamento.

99 La Commissione è stata prevista dalla legge n. 225/1992 (art. 9) e dall’art. 3 bis del d.l. n. 343/2001, come

modificato dall’art. 4 del d.l. 30 novembre 2005, n. 245 (convertito in legge 27 gennaio 2006, n. 21). La di- sciplina della sua organizzazione e funzionamento è contenuta nel d.p.c.m. 12 aprile 2002.

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dell’uomo, comprendono i rischi industriali, chimici, nucleari, biologici, il crollo di manu- fatti, la dispersione derivante dal trasporto o dal cattivo stoccaggio di sostanze pericolose o inquinanti. Il confine tra le due categorie tuttavia è spesso incerto.

Sempre più spesso l’amministrazione si confronta col rischio in un nuovo contesto in cui la società aspira alla certezza e rifiuta sempre più la fatalità100.

L’art. 301 del d.lgs. 152/2006, Codice dell’ambiente, prevede espressamente che il rischio probabile è quello accertato a seguito di una valutazione scientifica obiettiva, la quale è as- soggettata ad una sorta di decalogo:

• si deve sempre partire dai dati tecnico-scientifici disponibili101; • i risultati da cui si parte devono essere recenti e rivisti spesso102;

• gli organi che si pronunciano sul rischio devono essere tecnicamente competen- ti103;

• gli organi tecnici devono essere indipendenti104;

• vi deve essere un numero ragionevole di pareri tecnico-scientifici105;

• per la decisione dell’organo tecnico collegiale non vale il principio della maggio- ranza106;

• l’onere della prova in ordine al rischio spetta alla pubblica amministrazione107; • occorre svolgere un’analisi dei costi-benefici108;

• la misura deve essere proporzionata109;

100 M. Brenner, The risk in administrative law, Relazione al seminario di studi dell’Associazione San Giusti- no “Il diritto amministrativo nella società del rischio”, Acireale, 24 giugno 2005.

101 V. Corte EFTA, 5 aprile 2001, Efta Surveillance Authority/Norvegia 102 T.A.R., Toscana, Firenze, I, 20 ottobre 2004, n. 5002

103 Trib. CE, Sez. III, 11 settembre 2002, T-13/99, Pfizer Animal Helath SA/Consiglio. 104 Trib. CE, Sez. III, 11 settembre 2002, T-13/99, Pfizer Animal Helath SA/Consiglio 105

Corte di Giustizia, 21 marzo 2000, C-6/99, Greenpeace France.

106 Corte Giustizia, 13 dicembre 2001, C-1/00, Commissione/Francia. 107 Corte Giustizia, 1 aprile 2004, C-286/02, Bellio.

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• la motivazione deve dare ampio conto di quanto innanzi espresso110.

Fin dall’età liberale la pianificazione ha costituito uno strumento di prevenzione e gestione di pericoli di varia natura per la salute umana111. La maturazione delle tecniche di pianifi- cazione con l’emersione di una funzione di governo del territorio soprattutto nell’ultima parte del secolo breve112, ha progressivamente valorizzato il rapporto tra uso del territorio e gestione delle emergenze legate a fenomeni naturali. La scienza tende a perdere la sua au- tonomia113, si confonde con la tecnica, e fallisce nel fornire certezze sul modo di affrontare e neutralizzare i rischi da essa stessa generati114.

Uno strumento di fondamentale importanza in questo senso è appunto la pianificazione ter- ritoriale, l’insieme di strumenti mediante i quali i pubblici poteri si sforzano di ripartire geograficamente la popolazione e le attività economiche per rendere più omogeneo il terri- torio, accelerare o regolare lo sviluppo, o ancora migliorare la posizione del territorio nel gioco della concorrenza internazionale. L’obiettivo della pianificazione territoriale è cerca- re di arginare fenomeni quali lo sfruttamento incondizionato delle risorse naturali, l’incontenibile corsa tecnologica ovvero la frenesia di un’economia in continua crescita che rappresentano i pilastri delle attuali politiche economiche e dello sviluppo delle mo- derne società115. La pianificazione territoriale consente pertanto di gestire i rischi esogeni,

109 Corte Giustizia, 23 settembre 2003, C-192/01, Commissione/Regno di Danimarca.

110 Corte giustizia, Grande sez., 9 marzo 2010, ERG e a., C-379/08; Cons di Stato, VI, 12 gennaio 2011, n.98. 111 Il riferimento è alla legge 5 gennaio 1885, n. 289, che, nell’anticipare alcuni tratti della successiva evolu-

zione della disciplina urbanistica italiana, mirava fondamentalmente a garantire l’igiene pubblica e l’ordinata convivenza di fronte all’imponente sviluppo della popolazione urbana della città di Napoli; su questi aspetti si rinvia a C. Carozzi, A. Mioni, L’Italia in formazione, Ricerche e saggi sullo sviluppo urbanistico del terri-

torio nazionale, Bari, 1970, p. 423-429. 112

Sulla caratterizzazione del XX secolo come secolo breve cfr. E.J. Hobsbawm, Il secolo breve. 1914-1991:

l’era dei grandi cataclismi, Milano, 1995.

113

S. Amsterdamski, Scienza, in Enciclopedia Einaudi, vol. 12, Einaudi, Torino, 1981, pp. 531-599.

114

U. Beck, La società del rischio, cit., pp. 67 ss.

115

Cristiano D., Pellizzoni A., Valutazione ambientale strategica. Che fare?, Breinza, Le Penseur, 2011; Tira M., Zazzi M., Pianificazione territoriale e difesa del suolo. Quarant'anni dopo la relazione «De Marchi», Roma, Gangemi, 2012

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indipendenti cioè dal processo pianificatorio, e quelli endogeni, ovvero derivanti dall’attuazione del piano territoriale medesimo.

La necessità di associare a politiche e strategie di settore verifiche in merito alla sostenibi- lità ambientale delle scelte, ha tuttavia modificato le procedure di intervento; la direttiva 2001/42/CE ha introdotto in Europa la Valutazione Ambientale Strategica, un’innovazione sostanziale degli strumenti di programmazione e di pianificazione territoriale; attraverso la VAS si realizza un processo sistematico inteso a valutare le conseguenze sul piano ambien- tale delle azioni proposte, ai fini di garantire che tali conseguenze siano incluse a tutti gli effetti ed affrontate in modo adeguato fin dalle prime fasi del processo decisionale, sullo stesso piano delle considerazioni di ordine economico e sociale. La necessità di esaminare le implicazioni ambientali di Piani e Programmi fin dalle fasi preliminari, individua nella VAS una possibile soluzione, in quanto parte integrante delle procedure stesse di pro- grammazione. La valutazione ha come principale obiettivo quello di individuare i potenzia- li impatti prima della loro definitiva elaborazione, incrociando aspetti analitici al coinvol- gimento e la partecipazione diretta degli attori locali. Il documento chiave della procedura di VAS, ovvero il rapporto ambientale, è volto a prendere in considerazione gli impatti si- gnificativi dell’attività di pianificazione sull’ambiente, indicando le misure previste per impedire, ridurre e compensare gli impatti116.

Gli ordinari strumenti di pianificazione urbanistica prevedono oggi l’utilizzo delle scelte precauzionali; non si ha quindi solamente l’apprezzamento del rischio, ma si fissa anche una soglia di rischio accettabile (che è già un momento di gestione del rischio) e, quindi, l’adozione di una o più misure idonee a tutelare l’interesse protetto, contemplando anche l’opzione “zero rischio” (accezione forte del principio di precauzione).

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Durante la fase successiva all’approvazione del piano territoriale, il carattere procedurale della gestione del rischio assume un ruolo centrale per quanto riguarda l’attività di monito- raggio, ed è volto ad assicurare il controllo sugli impatti significativi sull’ambiente deri- vanti dall’attuazione dei piani e dei programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive117.

Con riferimento al rischio idrogeologico, uno dei più importanti per il nostro territorio, la legge ponte urbanistica del 1967118 è stata elaborata in virtù della necessità di inserire la sua valutazione nella stessa pianificazione urbanistica. All’epoca di tale legge la valutazio- ne del rischio veniva effettuata in modo ancora molto embrionale: non si prevedeva un ap- posito documento o piano di valutazione, ma il soggetto pubblico chiamato ad approvare i piani adottati dagli altri Comuni poteva apportare delle modifiche di ufficio allo scopo di proteggere il paesaggio e l’ambiente.

A differenza del passato, oggi il rischio idrogeologico è valutato per mezzo di appositi pia- ni (i piani di bacino). La Pubblica Amministrazione deve valutare e prevenire, tramite la pianificazione, i pericoli di inondazione, quelli di siccità nonché i pericoli di frane, smot- tamenti e simili; deve pertanto fare riferimento ai principi di precauzione e prevenzione, per evitare tutte le possibili conseguenze negative.

Quanto al rischio sismico, un altro rischio di grande importanza per il territorio italiano, la legge n. 64 del 1974119 dispone che i Comuni ubicati in zona sismica, prima di approvare il

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Art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006.

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Legge 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. legge ponte urbanistica), la quale, al fine di prevenire i rischi ambientali sin dalla fase di pianificazione dell’utilizzo del territorio, ha modificato l’art. 10 l.1150/1942 (legge urbani-