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Il referendum abrogativo in Italia: il modello e le recenti esperienze

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Academic year: 2021

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INDICE

Introduzione

Parte I

Capitolo I

IL REFERENDUM IN GENERALE

1.1 Definizione ed origine etimologica del termine

1.2 Gli obiettivi del referendum

1.3 L’uso del referendum

1.4 Vizi del referendum

1.5 Bilancio e futuro dei Referendum

1.6 Tipologie di Referendum

1.7 Il plebiscito

1.8 Differenze tra Plebiscito e Referendum

1.9 Comparazione con altre realtà mondiali

1.10 I Modelli Bottom up e Top Down

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Parte II

L’EVOLUZIONE STORICA DEL REFERENDUM IN

ITALIA

Capitolo II

L’ITALIA PRE-REPUBBLICANA

2.1 I precedenti alla legge n.103 del 29 marzo 1903

2.2 Il referendum amministrativo

2.3 La storia d’Italia verso la Repubblica

Capitolo III

IL PRIMO REFERENDUM DELLA STORIA

3.1 Le prime elezioni a suffragio universale

3.2 Risultati del referendum e vicende successive

Capitolo IV

L’ITALIA REPUBBLICANA

4.1 L’Assemblea Costituente

4.2 Il ruolo dell’Assemblea Costituente per quanto riguarda

il referendum ( il referendum abrogativo)

4.3 Gli altri articoli sul referendum (articoli 123, 132, 138

Cost.)

4.4 Possibilità di referendum sulla Costituzione ed

approvazione della

Stessa

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Parte III

Capitolo V

IL REFERENDUM ABROGATIVO IN ITALIA

5.1 Preambolo

5.2 Il referendum abrogativo: l’istituto

5.3 L’ufficio centrale presso la Corte di Cassazione

5.4 Il controllo della Corte Costituzionale

5.5 Indizione e svolgimento del referendum

5.6 Proclamazione dei risultati e conseguenti effetti giuridici

Capitolo VI

I REFERENDUM ABROGATIVI NELLA STORIA

6.1 1974: il primo referendum abrogativo della storia ed il

conflitto sul divorzio

6.2 1974-1978: dal divorzio ai cosiddetti referendum a

raffica

6.31985: il referendum sulla scala mobile

6.4 I referendum del 1987

6.5 1989: il referendum quasi dimenticato

6.6 1990: i referendum falliti: caccia e pesticidi

6.7 1991: il referendum e la riforma elettorale

6.8 1992-1993: la riforma elettorale tra Parlamento e

referendum

6.9 I referendum televisivi del 1995

6.10 1997: un altro fallimento per Pannella

6.11 Il referendum del 1999: un altro fallimento

6.12 I referendum degli anni duemila

6.12.1 Anno 2000: il primo fallimento

6.12.2 Anno 2003: un altro fallimento

6.12.3

Anno 2005: l’ennesimo fallimento

6.12.4

Anno 2009: l’ultimo fallimento

6.12.5

Anno 2011: un referendum di nuovo valido

Appendice

Bibliografia

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INTRODUZIONE

Nel progetto che ho deciso di realizzare ho cercato di offrire un’analisi, il più possibile completa dell’istituto referendario; per raggiungere tale obiettivo ho suddiviso la mia analisi in tre diverse parti.

Nella prima parte (capitolo I) ho focalizzato la mia attenzione sull’istituto referendario in generale, soffermandomi su definizioni, origine etimologica del termine, ect.

Nella seconda parte (capitoli I, II, III) ho invece focalizzato l’analisi sull’evoluzione storica dell’istituto referendario in Italia, composta dalle tre fasi (Italia pre-repubblicana- il referendum istituzionale del 1946- Italia repubblicana).

Nella terza ed ultima parte ho invece analizzato il susseguirsi dei referendum abrogativi svoltisi in Italia dal 1974 ad oggi.

L’istituto referendario è sicuramente uno dei temi di diritto pubblico di maggior rilievo; è semplice da notare che l’accoglimento di questo strumento di democrazia diretta da parte di un ordinamento statuale valga a caratterizzare l’assetto e la struttura costituzionale dell’ordinamento stesso, sia per quanto riguarda i rapporti Stato-cittadini, sia per quanto riguarda la partecipazione popolare nella formazione e modificazione del sistema normativo.

Il referendum dunque, nonostante sia ancora da qualcuno osteggiato, ha numerosi sostenitori che ritengono che una democrazia non si può definire tale in assenza di tale istituto, visto che quest’ultimo è la massima espressione della sovranità popolare sancita nell’art. 1 Cost. Occorre rendersi conto che il referendum è l’unico strumento in mano al popolo in grado di rompere il dominio della democrazia rappresentativa; infatti, rappresenta il maggiore tra gli strumenti di democrazia diretta che risulta, oggi, rilegata ai margini del sistema. Il tema referendario, da sempre, rappresenta un argomento su cui la dottrina e anche la critica, si divide in maniera abbastanza marcata; se da una lato, infatti, esistono alcuni che ritengono possibile il governo popolare diretto limitatamente a civiltà passate o numericamente esigue ( per esempio le Landsgemeinden svizzere) altri, al contrario, sottolineano l’aspetto innovativo della cosiddetta “democrazia telematica” con le importanti prospettive derivanti dall’utilizzo dei sistemi informatici che permetterebbero, in un futuro prossimo, al cittadino di partecipare alle decisioni sul destino del paese direttamente da casa sua.

Un’altra cosa da sottolineare è sicuramente il fatto che il referendum è notevolmente cambiato rispetto all’idea che avevano i padri costituenti

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nel formare l’art.75 della Costituzione; non è più infatti quello strumento eccezionale diretto a produrre un’abrogazione.

Dalla concezione originaria dei padri costituenti la prassi si è dunque allontanata sotto diversi aspetti; questo cambiamento si manifesta attraverso due diversi aspetti:

 Prima di tutto, il referendum è attualmente impiegato e considerato come un’ordinaria fonte del diritto, del tutto fungibile con le altre fonti primarie di modo che attraverso di esso, con cadenza quasi annuale, si operano delle modifiche normative che non trovano adeguata attenzione nelle istituzioni e nei rappresentanti politici;

 In secondo luogo, in occasione dei referendum elettorali, si è svelata la vocazione dell’istituto a trasformarsi da atto puramente abrogativo in atto potenzialmente manipolativo (causato dalla volontà dei promotori che molto spesso prediligono l’abrogazione di singole disposizioni legislative);

Sono queste le ragioni che hanno in sostanza determinato ed in qualche modo giustificato gli interventi massicci di quella che è la principale “garante” circa il corretto uso dello strumento referendario: la Corte Costituzionale.

Le sentenze della Consulta (tra queste la più importante è sicuramente la “storica” n.16/78) hanno combinato la storia del referendum con la storia delle polemiche tra chi accusa la Corte di essersi autoinvestita di un ruolo di controllo politico che non le compete e chi la difende dicendo che aver respinto tante richieste referendarie è servito a scongiurare un pericolo più grande: lo stravolgimento della forma di governo parlamentare.

Nella storia italiana poi, le consultazioni, come vedremo, sono state numerose e sui temi più svariati ed i risultati raggiunti da affluenza e soprattutto dal quorum sono stati fondamentali nelle successive scelte che i rappresentanti popolari hanno deciso di intraprendere; come vedremo, il quorum ha influenzato in maniera rilevante le decisioni politiche visto che molti dei referendum proposti non hanno ottenuto la tanto voluta (e da molti anche temuta) maggioranza richiesta per la loro validità.

È dunque quella dei referendum una storia densa di aneddoti, speranze, cambiamenti e polemiche che nel progetto da me realizzato, cercheremo di analizzare nella migliore maniera possibile.

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Concludo questa mia introduzione con una dichiarazione di Leonardo Sciascia, importante scrittore, politico, saggista, poeta e giornalista siciliano:

“Considero i referendum come gli avvenimenti più democratici mai verificatisi in Italia. Quelli che hanno dato veramente un’immagine di questo Paese che non si ha mai attraverso i risultati delle elezioni politiche o amministrative. Da queste si ha un Paese in cui nulla si muove , tutto è uguale, si è contenti di come vanno le cose. Dai referendum – anche da quelli persi – si ha invece l’immagine che c’è in questo popolo l’ansia di mutare qualcosa”

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Parte I

Capitolo I

IL REFERENDUM IN GENERALE

1.1 Definizione ed origine etimologica del termine

Il referendum è uno strumento di Democrazia Diretta1, dalla locuzione latina “convocatio ad referendum”2 cioè convocazione per riferire. Tale nome, deriva dal compito che i delegati delle prime Assemblee parlamentari svolgevano, in quanto dovevano portare a Referendum , cioè “per riferire” le questioni nuove, non comprese nel mandato , interrogando i loro elettori.

Si definisce, infatti, come consultazione popolare su questioni dì interesse nazionale. In diritto costituzionale il referendum si presenta specialmente sotto forma di una ratifica e consiste nell’accettazione o nel rigetto di leggi già votate dalle Assemblee rappresentative per parte del popolo3.

1 Dizionari.corriere.it; dizionario italiano del Corriere della Sera.

2 Dalla espressione latina “ad referendum” definibile grammaticalmente come

l’accusativo del gerundio del verbo “refero”, si è dedotto che il termine referendum non possa essere volto al plurale modificandolo in “referenda”.

Relativamente alla lingua inglese nella quale, mancando il sussidio fornito dall’articolo variabile, si deve necessariamente distinguere la forma singolare da quella plurale di ciascun sostantivo, si afferma, autorevolmente, che il plurale preferibile sarebbe “referendums” perché “referenda” indicherebbe più decisioni su cui riferire, e non una pluralità di consultazioni di cui ciascuna sia relativa ad una sola decisione. In francese utilizzando la normale regola grammaticale, si è soliti indicare il plurale del referendum con l’aggiunta della “s” finale; stessa soluzione è applicata in tedesco, ove, utilizzando la normale regola grammaticale che disciplina il plurale dei termini aventi la desinenza finale in “um”, il plurale è quindi espresso con “referenden”. In italiano il termine in oggetto è comunemente utilizzato nella sua forma unica “referendum” sia per il singolare che per il plurale, rispettando in tal modo, correttamente, l’invariabilità dell’espressione da cui deriva. Inoltre, va aggiunto, poiché il termine referendum è direttamente tratto dall’espressione latina “ad referendum”, se ne può dedurre che, in ordine al termine in oggetto sia formalmente corretto il corrente e prevalente uso del carattere tipografico corsivo, carattere utilizzato di norma per i vocaboli appartenenti a lingue diverse da quella in cui si scrive.

(G.M. SALERNO, Il referendum, Padova, 1992, p.16 nota 33).

3 A. BRUNIALTI, Referendum, in Enciclopedia Giuridica Italiana, XIV parte I,

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Il referendum è un mezzo decisionale estremamente potente, in quanto ha il potere di mutare la fisionomia politica, sociale ed economica di un Paese attraverso la scelta operata dai suoi cittadini.

E’ uno strumento d’esercizio della sovranità popolare, sancito all’Art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana4, per mezzo di cui gli elettori, cioè tutti coloro che hanno già ottenuto il diritto di votare nelle normali consultazioni elettorali, sono chiamati ad esprimersi con un si o con un no su una o più tematiche.

L’esito referendario, accertato con Decreto del Presidente della Repubblica5 costituisce, secondo la dottrina prevalente, una fonte del diritto primaria, che vincola i legislatori al rispetto della volontà del popolo.

Naturalmente, se l’alternativa posta all’elettorato è fra due sole opzioni, l’esito non si presterà a interpretazioni manipolative, ma comunque i governanti manterranno una certa discrezionalità nell’adeguarsi al verdetto referendario. Tuttavia, per quanto raramente, le opzioni praticabili possono essere più di due. Ad esempio, gli elettori svedesi furono chiamati per ben due volte a scegliere fra tre alternative: nel 1957 tra differenti sistemi pensionistici, nel 1980 tra la chiusura più o meno totale e immediata o la prosecuzione dell’attività delle centrali nucleari. La conseguenza fu che nessuna delle tre alternative ottenne la maggioranza assoluta, lasciando la responsabilità della decisione al governo. Infatti, abbastanza comprensibilmente, quando l’alternativa non è secca, Governo e Parlamento godono di una riserva interpretativa che potrebbe anche concretizzarsi in una mancata

4 Art. 1 Cost. : “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

5 Nell'ordinamento giuridico italiano il decreto del presidente della Repubblica (in

sigla d.p.r., o anche DPR) è un atto emanato dal Presidente della Repubblica Italiana. Sono emanati con DPR:

 atti di prerogativa costituzionale: nomina dei titolari di funzioni afferenti ad organi costituzionali (ad es. la nomina dei giudici costituzionali; la nomina dei ministri e del presidente del consiglio, ecc.);

 atti normativi: regolamenti governativi: in tal caso, il DPR assume il rango di fonte secondaria nella gerarchia delle fonti;

 atti non normativi (in tal caso, il DPR è un atto amministrativo di natura non regolamentare): 1) atti di conferimento di incarichi dirigenziali, nei casi previsti dalla legge (ISTAT, INPS, ecc.); 2) provvedimenti di scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, disposti su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri; 3) gli altri casi previsti dell'ordinamento (altri atti di natura non regolamentare emanati dal Governo, ecc.).

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osservanza delle preferenze dell’elettorato costretto ad esprimersi in maniera non decisiva.

Svolgendo una ricerca sull’origine del referendum troviamo le sue origini negli antichi Cantoni Svizzeri. Infatti, a partire dal sedicesimo secolo, nel Cantone di Berna, decisioni importanti come l’arruolamento mercenari, le alleanze e altri questioni particolarmente rilevanti venivano sottoposte al voto popolare. Questa è da considerare la prima forma di Referendum. Anche nel Cantone Vallese, due volte all’anno, i deputati delle Decurie si riunivano “ad referendum” cioè per riferire e rendere conto ai loro comuni. Solo in seguito al voto maggioritario del popolo tali decisioni entravano in vigore. Anche nei Grigioni6, nel dodicesimo secolo, i comuni erano riuniti in leghe e rappresentate in una Dieta Federale nella quale i loro rappresentanti deliberavano provvedimenti, i quali dovevano passare dal voto dei singoli comuni. Questa votazione richiedeva non la maggioranza dei votanti ma quella dei comuni, infatti, ogni comune contava per uno o più, in base al contingente dell’imposta fondiaria.

Nonostante ciò, la teoria dell’origine del referendum nella storia Politica Svizzera è stata criticata da più autori, i quali ritenevano che le forme referendarie svizzere passate, fossero paragonabili ad un referendum Internazionale, differentemente dal referendum Svizzero attuale, considerato un istituto di Diritto Costituzionale.

E' proprio con i referendum che si è costruita parte della storia d'Italia; infatti nel corso degli anni gli italiani sono stati chiamati più volte a operare una scelta, le cui ripercussioni sono state sempre importanti. Basti pensare alla consultazione popolare avvenuta all'indomani della seconda Guerra Mondiale quando, il 2 giugno 1946, attraverso il primo Referendum Istituzionale gli italiani furono chiamati a decidere le sorti della fisionomia politica del paese, scegliendo tra Repubblica e Monarchia.

Grazie a un referendum i cittadini per la prima volta hanno potuto pronunciarsi sui grandi temi di coscienza come la famiglia, il diritto alla vita e l’aborto. Sull’onda di un referendum, due partiti, i Radicali ed i Verdi, sono approdati in Parlamento. Sotto la spinta dei referendum il Paese è andato incontro per tre volte ( 1972 / 1976 / 1987 ) ad elezioni anticipate. Ed è stato proprio il referendum ad aprire la prima crepa nei governi di solidarietà nazionale.

Insomma, ripercorrendo la storia ci si accorge, che alcune delle svolte politiche più importanti, sono passate per un referendum, o addirittura per la paura di un referendum, che ha costretto in molti casi il

6 Il Cantone dei Grigioni, è il più grande ed il più orientale dei 26 cantoni della

Svizzera. È anche l'unico cantone ufficialmente trilingue (tedesco, romancio e italiano).

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Parlamento ad uscire dalla sua inerzia ed i partiti a cambiare le loro scelte programmatiche.

Forme e limiti di questa sovranità sono regolati dalla Costituzione, dalle successive norme che stabiliscono le procedure referendarie e le materie che non sono sottoponibili a referendum; tra quest’ultime troviamo:

La Ratifica di Trattati Internazionali ed in particolare “L’adesione ad organizzazioni Internazionali e Sovranazionali” che sono di competenza esclusiva del Parlamento;

Leggi tributarie e di bilancio;

Leggi di amnistia ed indulto;

In presenza di una legge che non rispetti l’esito referendario, i soggetti autorizzati ( magistrati, politici ed associazioni di cittadini ) , possono ricorrere alla Corte Costituzionale per ottenerne l’ annullamento.

In conclusione il Referendum è espressione e specchio delle tendenze di pensiero dominanti ed è regolato, in Italia, dalla Costituzione Italiana (art.75), benché le norme su di esso sono contenute nella legge n. 352 del 25 maggio 19707.

1.2 Gli obiettivi del referendum

Il referendum viene utilizzato solitamente, per realizzare 4 grandi obiettivi perseguibili:

7 Legge 25 maggio 1970, n. 352;Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e

sulla iniziativa legislativa del popolo. (GU n.147 del 15-6-1970 ); in vigore dal 30-06-1970; normattiva.it.

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 Il primo obiettivo riguarda la scelta della forma di Stato, della Costituzione, delle modifiche territoriali e Costituzionali ;  Il secondo obiettivo consiste puramente e semplicemente nella

legislazione su tutte le materie consentite dai vari ordinamenti giuridici, che variano in maniera molto significativa raggiungendo il punto più elevato in termini di quantità e di qualità ;

 Il terzo obiettivo, consiste nell'abrogazione di leggi esistenti, tipica del caso italiano, e in parte di quello svizzero, una sorta di referendum “oppositivo”, pur con tutte le cautele inscritte nella legge di disciplina del referendum abrogativo italiano, che peraltro non sono valse a evitarne un uso distorto.

 Il quarto obiettivo, viene perseguito anche attraverso le iniziative referendarie attuate sia nei singoli Stati degli Stati Uniti che in Svizzera: stimolando le assemblee legislative ad agire in determinati campi secondo le preferenze espresse, più o meno limpidamente, nelle richieste referendarie.

1.3 L’uso del referendum

Il referendum consente di sottoporre a verifica le preferenze dei cittadini ed esplica compiti spesso altrimenti non fungibili nei regimi democratici. Quest’affermazione si rivela tanto più vera quando si guardi alla dinamica delle richieste di referendum e delle consultazioni

referendarie effettivamente tenutesi quando l’ assemblee

rappresentative e legislative non hanno né saputo né voluto intervenire sulle materie oggetto di referendum. Regimi democratici vecchi e nuovi si sono nel corso del tempo dotati della possibilità di fare ricorso al referendum e hanno, molto rapidamente, sfruttato l’opportunità così creata.

Inoltre in alcuni Paesi, come ad esempio l’Italia, il ricorso al referendum è cresciuto in maniera quasi esponenziale, determinando l’aumento complessivo registrato nelle democrazie occidentali.

Poiché, i referendum sono strumenti che servono a prendere decisioni in un Sistema Politico, almeno in prima approssimazione, è possibile sostenere che il loro uso aumenta quando i soggetti politici abilitati a prendere decisioni si rilevano deboli, incapaci o comunque non in grado di soddisfare le esigenze espresse dagli elettori8. Stando così le

8 Come vedremo più avanti, anche in Italia il ricorso all’istituto referendario ha

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cose, si capisce perché il ricorso al referendum è cresciuto e crescerà, tutte le volte che i Governi siano instabili e mostrino delle carenze di decisionalità. Se i governi non sanno oppure non vogliono prendere decisioni, allora saranno gruppi di cittadini che si organizzano, le minoranze che si difendono e contrattaccano a mettere sull'agenda politica tematiche suscettibili di richiedere e di ottenere una consultazione referendaria. Se le assemblee legislative intralciano e rallentano i processi decisionali e se i partiti non dimostrano compattezza, allora si apre lo spazio referendario. Naturalmente questo spazio può essere o no effettivamente colmato non soltanto se i cittadini sono davvero in grado di organizzarsi e di mobilitarsi, ma soprattutto se lo strumento referendario può essere attivato con facilità. Dopodiché, il livello di organizzazione e di mobilitazione dei cittadini e delle minoranze dipenderà, da un lato, dal grado di insoddisfazione nutrito dagli attori rilevanti nei confronti dei processi decisionali e, dall'altro, dalla loro fiducia nelle proprie capacità di influenzare la decisione nel senso desiderato. Il circuito delineato - assemblee legislative, partiti politici, cittadini esigenti e influenti - viene spesso completato dagli atteggiamenti e dai comportamenti delle élites di governo. Molte scelte di politiche pubbliche sono oggi più complesse e controverse che nel passato.

Quando in sede di governo non viene raggiunto nessun accordo, quando persino l'opposizione si presenta divisa su problematiche complesse, quando un processo decisionale viene, più o meno artificialmente, esasperato, allora il ricorso al referendum serve anche a evitare, sia da parte del governo che da parte dell'opposizione e persino dei singoli partiti, peraltro sempre investiti dagli effetti dei referendum, scelte che potrebbero risultare laceranti; serve, infine, un po' a tutti a sfuggire all'assunzione di responsabilità che potrebbero diventare troppo pesanti.

1.4 Vizi del Referendum

Agli occhi degli studiosi dei regimi e delle procedure democratiche, il referendum occupa un posto alquanto controverso.

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I problemi sollevati dal ricorso al referendum, dal suo svolgimento, dalle sue conseguenze sul funzionamento dei regimi democratici sono molti e tutti di grande importanza e di complessa valutazione.

Un primo problema concerne il livello e la qualità delle informazioni disponibili e acquisibili per i cittadini-elettori affinché la loro decisione risulti all'altezza della sfida referendarai9.

I critici del referendum sostengono che la superiorità della democrazia rappresentativa deriva dalle migliori informazioni disponibili e acquisibili dai rappresentanti eletti, sia attraverso i dibattiti nelle assemblee che con apposite udienze conoscitive nelle quali i vari gruppi interessati alla decisione apportano, oltre alla loro posizione specifica, anche elementi indispensabili alla decisione.

I sostenitori dei referendum ribattono che, proprio grazie al clamore e all'interesse suscitati dai referendum, molti cittadini acquisiscono informazioni di livello e di qualità superiori a quelle di partenza, e quindi il referendum ottiene il risultato di educare parte della cittadinanza. Se poi il suo oggetto è formulato con chiarezza, il dibattito referendario consente ai cittadini-elettori di scegliere almeno con la stessa consapevolezza con la quale essi votano per un partito o per un candidato piuttosto che per un altro nelle varie consultazioni elettorali. Chi nega che l'elettore possa acquisire tutta l'informazione desiderata per poter consapevolmente scegliere fra alternative di tematiche, di candidati, di partiti, finisce per colpire al cuore lo stesso processo democratico. I critici del referendum, prendendo in parte lo spunto dalle “presunte” carenze di informazione degli elettori, aggiungono che gli esiti dei referendum sono spesso viziati anche dalla mancanza di competenza degli elettori. Non soltanto essi, almeno quelli cosiddetti 'medi', che sono mediamente interessati alla politica, non avrebbero un'adeguata informazione, ma anche se l'avessero non sarebbero in grado di discriminare fra l'informazione corretta e quella manipolata.

I sostenitori dei referendum affermano invece che spesso neppure i rappresentanti eletti sono tutti in grado di procedere a questa cruciale discriminazione e che, come nelle assemblee legislative ci sono esperti, fra gli eletti e fra i funzionari, in grado di pilotare le decisioni, anche nel processo referendario fanno la loro comparsa opinion makers10, ai quali alcuni o molti elettori si affidano. Naturalmente questi leader

9 Anche qui vedremo più avanti che molto spesso i quesiti proposti all’elettorato sono

risultati lacunosi e di difficile interpretazione. Per cui, il singolo elettore, si è trovato in difficoltà nel poter esprimere un voto conforme all’importanza del quesito stesso.

10Nel linguaggio giornalistico è una persona che, per la carica o la funzione che

ricopre, per il proprio prestigio, per l’autorità di cui gode, è capace di influenzare e guidare in modo determinante l’opinione pubblica; l’espressione è anche usata nel settore del marketing, riferita a persona che ha la mansione di influenzare i gusti e guidare le scelte di mercato dei consumatori.

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dell'opinione possono anche trovarsi nei partiti, cosicché l'elettore medio può sentirsi rassicurato nel seguire l'opinione del suo partito, così come si sente sicuro l'elettore fiducioso nella propria competenza, sia che segua il suo partito sia che lo contraddica, convinto della superiorità delle proprie conoscenze o semplicemente della preferibilità di un'alternativa.

Molte fra le tematiche sottoposte a referendum non richiedono delle competenze particolari. Piuttosto, sollecitano prese di posizione fondate su valori, su criteri etici e/o politici, ad esempio quando si tratta di divorzio e aborto.

La verità, sostengono gli oppositori dei referendum, è che lo stesso processo referendario è inevitabilmente esposto a una serie di distorsioni relative alle materie che possono essere oggetto del referendum, ai soggetti che possono farsene promotori, alle modalità della campagna referendaria, alla stessa validità dell'esito. È risaputo che spesso sono le minoranze che attivano i referendum, sono alcune potenti lobbies11, che intervengono nella campagna elettorale gettando sulla bilancia del voto tutto il denaro necessario, sono ancora minoranze intensamente motivate che, in assenza della soglia percentuale richiesta per la validità del voto (almeno la metà più uno degli aventi diritto al voto), possono imporre a maggioranze divise, poco interessate e poco mobilitate decisioni che le assemblee elettive non produrrebbero mai.

Se le cose stanno così, replicano i sostenitori dei referendum, è possibile e anche auspicabile che l'istituto referendario venga accuratamente regolamentato, con tutte le cautele di cui già è circondato in molti paesi. Affinché venga richiesto, bisogna che un numero di elettori relativamente elevato, ma non troppo elevato per non impedire alle minoranze di difendersi contro l'eventuale tirannia della maggioranza, si esprima con le sue firme. Bisogna che il quesito sottoposto agli elettori sia limpido e univoco, che la campagna elettorale non venga inquinata dal denaro. Occorrono accurati controlli

11Il sostantivo lobby deriva dal latino medievale laubia – tribuna, da cui deriva

loggia, che compare per la prima volta nella lingua inglese, nella seconda metà del XIV secolo; Lobby indica un lungo corridoio posto di fronte ad una stanza, adibita ad accogliere le persone. In ambito politico, il termine compare in Inghilterra nel 1640 a indicare uno spazio aperto, presente all’interno della Camera dei Comuni, in cui si potevano incontrare gli esponenti del governo, in modo tale da poter interloquire senza nessun disturbo. Intorno al 1808 questa parola viene utilizzata anche nel contesto istituzionale statunitense, fino al punto di diventare comune nel linguaggio politico. In particolare, divenne d’uso comune il termine di conio giornalistico lobby-agents, a indicare un gruppo di persone che ricercavano favori dai membri del Congresso. L'attività di questi attori è detta lobbying. Oggi, il lobbying è considerato un processo, posto in essere da un soggetto rappresentativo di un interesse socialmente legittimato, finalizzato a influenzare gli orientamenti e le scelte del decisore pubblico e dei suoi influenti.

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sulle spese sia del comitato promotore che di quello degli oppositori12.

Infine, i critici dei referendum sostengono che, anche qualora venissero soddisfacentemente risolti tutti i problemi di informazione e di competenza dell'elettorato e fosse evitata ogni manipolazione del quesito e della campagna referendaria, si porrebbe comunque il

problema della partecipazione. Infatti, nei referendum la

partecipazione degli elettori risulta sempre più o meno nettamente inferiore alla partecipazione alle “consultazioni politiche nazionali” (o federali e statali). Questo è tanto vero che in molti ordinamenti è stata esplicitamente introdotta la clausola che, affinché l'esito del referendum sia valido, bisogna che partecipi alla consultazione una certa percentuale di elettori, di norma almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto.

Questa clausola esiste, ad esempio, nella legge che disciplina il referendum abrogativo italiano e ha funzionato vanificando nel 1990 i referendum contro la caccia e contro l'uso dei pesticidi.

I sostenitori dei referendum controbattono che la minore partecipazione non è sufficiente a dichiarare il fallimento del referendum in quanto tale, ma dovuta, in buona misura, a una scelta consapevole e spesso deliberata degli elettori, parte dei quali s’astengono poiché non si ritengono adeguatamente informati o sufficientemente competenti per decidere. Paradossalmente, in un certo senso questi elettori astensionisti consapevoli, tenendosi lontani dalle urne, rispondono anche alle obiezioni degli antireferendari poiché non “inquinano” l'esito del voto, proprio come coloro che si astengono perché l'esito del voto appare loro ugualmente irrilevante o ugualmente accettabile.

In sostanza, lo strumento referendario contiene in sé un certo numero di vizi, nessuno dei quali appare però particolarmente grave né più grave dei normali vizi democratici, quelli cioè che attengono allo stesso processo democratico. Soltanto in parte alcuni di questi vizi sono eliminabili e alcuni sono, in parte, ridimensionabili. Ma il referendum contiene anche un certo numero di non piccole virtù democratiche. Sarebbe sbagliato contrapporlo frontalmente alla democrazia rappresentativa e ai suoi strumenti qualificanti, per due ragioni. In primo luogo, perché la democrazia diretta, che pure si nutre anche di referendum, ha bisogno di ben altri apporti e strumenti per essere e rimanere tale ed esclusivamente tale. In secondo luogo, perché la democrazia rappresentativa, che è irrinunciabile in sistemi politici di dimensioni medie e grandi, non può essa stessa rinunciare a quelle integrazioni che solo il referendum riesce a garantire.

12 Il controllo del denaro, che serve sostanzialmente per produrre informazioni di

parte sui mass media, TV in testa, sembra essere la condizione più difficile da garantire.

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1.5 Bilancio e futuro dei Referendum

Fino al 1900 si sono tenuti nel mondo 71 referendum.

Dal 1901 al 1950 se ne sono tenuti 197; dal 1951 al 1970 136; nel solo decennio 1971-1980 177; infine, dal 1981 al 1993 se ne sono tenuti 218.

Nella Quinta Repubblica francese, nella quale il referendum è limitato a materie riguardanti l'organizzazione dei poteri pubblici e ai trattati che incidono sul funzionamento delle istituzioni, dal 1958 al 1996 si sono tenuti 8 importanti referendum.

In Italia, dal 1974 al 1996, se ne sono tenuti 39. Buona parte di questi referendum sono stati richiesti dal Partito Radicale, anche se i più importanti, in sé e per le loro conseguenze politiche, hanno avuto altri proponenti. Così come il referendum sul divorzio, che nel 1974 inaugurò la legge di attuazione del referendum abrogativo, venne richiesto da numerose associazioni cattoliche poi clamorosamente sconfessate dall'elettorato.

Nel 1985 il referendum sulla scala mobile venne richiesto dal Partito Comunista che dovette incassare una dura sconfitta.

Nel 1987 il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati fu fortemente voluto, oltre che dai radicali, dai socialisti e dai liberali, ma fu poi appoggiato anche dal Partito Comunista.

Nel 1991 l'importantissimo referendum sulla preferenza unica venne richiesto, contro la volontà di tutti i partiti del pentapartito13 (PLI-DC-PRI-PSDI-PSI), da un composito Comitato per le Riforme Elettorali, che ebbe anche il merito di richiedere altri due referendum elettorali tenutisi nel 1993. Nello stesso anno si tennero anche referendum sull'abolizione di quattro ministeri, intelligentemente richiesti da numerosi Consigli Regionali e furono tutti approvati dall'elettorato. Infine, nel 1995 i cittadini italiani vennero chiamati a votare simultaneamente il più alto numero di referendum, dodici, fra i quali tre sul sistema televisivo, privato e pubblico, richiesti da appositi

comitati e respinti dall'elettorato.

Non esistono motivi generali e generalizzabili che spieghino perché si sia manifestato in questa fine di secolo e di millennio un accresciuto ricorso al referendum, se non l'accesso di un elevato numero di sistemi politici alla democrazia e a libere competizioni elettorali e l'introduzione nei loro ordinamenti dello strumento referendario.

13 Pentapartito è l'espressione usata per definire la coalizione di governo creata in

Italia dal 1980 fino al 1992, formata dall'intesa tra i partiti del vecchio centro-sinistra con l'aggiunta del PLI (Partito Liberale Italiano).

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Che questo strumento venga poi utilizzato più o meno di frequente

dipende da variabili relative a ciascun sistema politico.

D'altronde, il normale ricorso al referendum, si configura come una prospettiva accettabile. Sbagliano molto coloro che si ingegnano a escogitare ostacoli procedurali e di varia natura (abitualmente l'innalzamento del numero delle firme) per impedire ai cittadini di richiedere consultazioni referendarie. Infatti, in ciascuno dei sistemi politici che hanno utilizzato il referendum - da molto tempo, come in Svizzera, oppure da poco tempo, come in Italia, normalmente a livello statale, come negli Stati Uniti, oppure eccezionalmente a livello nazionale, come in Gran Bretagna e nei Paesi Scandinavi - il bilancio può essere considerato tutto sommato largamente positivo.

Nel corso delle campagne referendarie l'informazione dei cittadini è aumentata e si è diffusa la consapevolezza dell'importanza, più o meno alta, della posta in gioco. Nei diversi sistemi politici l'esito dei referendum, costituzionali, istituzionali, su diritti civili e su politiche pubbliche, è stato pacificamente accolto, sostanzialmente osservato e conformemente applicato.

I referendum hanno rappresentato spesso il modo migliore per ratificare le costituzioni e i mutamenti territoriali. Sono efficacemente serviti per concedere sovranità a entità federali e sovranazionali, con quel quid di legittimità in più che solo un'apposita consultazione generale dell'elettorato può conferire.

Sono stati, e promettono di continuare a essere, talvolta una valvola di scarico delle tensioni politiche, talaltra una modalità decisionale aggiuntiva. In definitiva, appare alquanto improbabile che i sistemi politici che hanno inserito il referendum nei loro ordinamenti intendano prossimamente farne a meno. È probabile, invece, che sistemi politici che ancora non ne dispongono finiscano per accoglierlo presto.

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1.6 Tipologie di referendum

Il referendum è un istituto mediante il quale il corpo elettorale decide circa l’opportunità di determinati atti legislativi o costituzionali. Poiché le tipologie di referendum sono svariate, è molto difficile ricondurle a poche e precise categorie. Tuttavia vi sono tre elementi che permettono di differenziare in modo abbastanza chiaro tali tipologie. Le tre grandi distinzioni si basano su :

La prima grande distinzione riguarda chi ha “il potere di attivare lo strumento referendario”; tale potere viene

variamente attribuito alle autorità istituzionali; ad esempio, al presidente della Repubblica oppure, ai sindaci, ai governanti e al parlamento, in Italia ai Consigli Regionali e comunali e ad un certo numero di cittadini. In qualche caso, però, come in Francia, i cittadini non hanno il potere di attivare i referendum che, può essere fatto solamente dal Governo e dal Parlamento.  La seconda grande distinzione riguarda il “livello politico-territoriale al quale sono indetti i referendum”; tra le grandi

democrazie contemporanee ve ne sono 5 che non hanno mai fatto ricorso al referendum nazionale: Giappone, India, Israele, Olanda e Stati Uniti. Nel secondo dopoguerra la Repubblica Federale Tedesca (poi la Germania unita) ha rinunciato alla possibilità di tenere referendum nazionali, cosicché persino la riunificazione tedesca del 1990 è stata preceduta da un referendum svoltosi soltanto nel Lander della Germania dell’Est. Altro esempio è quello del Belgio che ha fatto ricorso a un solo referendum svoltosi nel 1950 per accettare il favore dei cittadini al ritorno del re, ottenendo l’approvazione.

Si potrebbe pensare, inoltre, che, fondati su una solida concezione della supremazia della democrazia rappresentativa, siano in special modo i sistemi politici legati all’esperienza costituzionale anglosassone (Gran Bretagna in primis) a conoscere solo eccezionalmente referendum nazionali. Però, enunciata la regola, si fa presto a scoprire le eccezioni, tra l’altro molto significative. Gli Stati Uniti sono l’unica grande democrazia anglosassone rimasta fedele alla regola “nessun referendum nazionale”; la Gran Bretagna ha infranto questo precetto nel 1975, quando il governo laburista indisse un referendum relativo alla partecipazione britannica al processo di unificazione europea, allora ancora sotto forma di Mercato Comune.

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Dove non si hanno referendum nazionali si ha spesso, quasi a compensazione, una grande proliferazione di referendum a livello politico-territoriale degli Stati e persino delle contee, per esempio negli Stati Uniti.

La terza grande distinzione riguarda le conseguenze del

referendum; si distinguono i referendum promossi dai

detentori del potere politico, che mirano a rafforzare la loro leadership, dai referendum che, promossi dai cittadini, mirano a ridimensionare il potere e l’arroganza dei poteri politici o comunque tendono a bloccare, impedire o cancellare alcune scelte e decisioni.

A questo punto si pone la necessità di effettuare almeno una ulteriore distinzione relativa agli oggetti dei referendum. Vale a dire, quali tematiche possono essere sottoposte a referendum e quali vengono, invece, esplicitamente escluse?

Le due tematiche classiche dei referendum, quelle che si potrebbero considerare quasi di spettanza obbligatoria, riguardano, da un lato, l’assetto territoriale dello Stato, dall’altro la sua Costituzione. Più precisamente, per annettere territori e popolazione a uno Stato esistente o in formazione, il referendum costituisce lo strumento principale con cui i cittadini dei territori interessati esprimono direttamente la loro adesione (come avvenne nell’Italia che si andava unificando) o la loro ripulsa.

Con il referendum si può inoltre procedere anche all’abbandono di uno Stato esistente da parte di alcuni settori della sua popolazione, sia per creare uno Stato nuovo che per unirsi ad uno già esistente (ad esempio, Nizza e la Savoia decisero nel 1860 di aderire alla Francia). Un altro utilizzo che può essere fatto del referendum è quando questo

viene utilizzato sia per definire la forma di Stato

(repubblica/monarchia), come avvenne in Italia (1946) e Grecia (1974), che per approvare la Costituzione, e quindi anche la forma di governo. Non sempre però, naturalmente, le costituzioni vengono emendate dagli elettori; un esempio di quanto appena detto è rappresentato dalla stessa Italia, la cui costituzione venne approvata solo in sede parlamentare nel dicembre 1947 nonostante le numerose richieste referendarie.

(20)

Ulteriori distinzioni tra i referendum possono essere realizzate in base allo scopo, individuando:

 REFERENDUM PROPOSITIVI: utilizzati per proporre una nuova legge ( vincola il legislatore ad emanare una legge coerente con l’espressione popolare ) ;

 REFERENDUM CONSULTIVI: per sentire il parere popolare circa una determinata questione politica (mera richiesta di parere legalmente non vincolante quanto alla decisione successiva );

 REFERENFDUM CONFERMATIVI: per richiedere il consenso popolare perché una legge od una norma costituzionale possa entrare in vigore;

 REFERENDUM ABROGATIVI: per abrogare una legge esistente o un atto avente forza di legge (decreto legge o decreto legislativo) , rimuovendoli dall’ordinamento.

Ultima ed ulteriore divisione è invece basata su altri tipi di caratteristiche come :

1. La natura dell’atto sottoposto al voto popolare che va a dividere a sua volta il referendum in:

Costituzionale: quando il corpo elettorale viene chiamato ad esprimersi sulla Costituzione;

Legislativo: quando il corpo elettorale viene chiamato ad esprimersi sulla Legislazione Ordinaria , per tali motivi viene anche chiamato Referendum Ordinario ;

Amministrativo: quando il corpo elettorale viene chiamato ad esprimersi su atti di natura amministrativa;

2. In base alla modalità d’esecuzione:

Obbligatorio: Se viene svolto di diritto;

Facoltativo: svolto su iniziativa dei soggetti legittimati;

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Attivo: quando l’iniziativa proviene da una frazione del corpo elettorale;

Passivo: quando l’iniziativa proviene da un organo pubblico;

4. In base all’entrata in vigore dell’atto oggetto del Referendum:

Preventivo: precede l’entrata in vigore; Successivo: successivo all’entrata in vigore;

5. In base all’efficacia giuridica:

Decisionale: efficacia giuridicamente vincolante; Consultivo: senza efficacia giuridicamente vincolante;

Una citazione a parte merita il Referendum per l’indipendenza in cui i cittadini di un territorio sono chiamati a decidere sulla possibilità che il proprio territorio divenga uno Stato Indipendente; tale Referendum viene considerato positivo se i cittadini approvano l’indipendenza e negativo nel caso contrario.

1.7 Il Plebiscito

Per Plebiscito s’intende una forma di consultazione popolare su questioni politiche fondamentali, poste di solito sotto la forma di un'alternativa fra due possibilità.

Il termine stesso, trae le sue origini dall’antica Roma con il significato di “ interrogazione alla classe sociale dei plebei” .

Nel diritto romano , il plebis scitum indica la deliberazione della sola plebe riunita nei concilia plebis. Inizialmente , si trattava di deliberazioni interne con efficacia limitata ai soli plebei; solo successivamente, in seguito all'approvazione della Lex Hortensia14 nel

14 La Lex Hortensia De Plebiscitis (287 a.C.) fu una legge promulgata a Roma ai

tempi della Repubblica, dal dittatore Quinto Ortensio a seguito di un ennesimo conflitto tra patrizi e plebei.

La legge imponeva che le deliberazioni prese durante il Concilium plebis (concilio della plebe) dovessero vincolare tutto il popolo romano. La diretta conseguenza fu

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287 a.C., si affermò il principio secondo cui le decisioni assunte nei concilia plebis vincolassero senz'altro tutti i cittadini.

Il giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni dà la seguente definizione di plebiscitum comparandolo all'istituto della Lex :

(LA)

« Lex est quod populus iubet atque constituit; plebiscitum est quod plebs iubet atque constituit » (IT)

« La Legge è ciò che il popolo comanda e stabilisce. Il plebiscito è ciò che la plebe comanda e stabilisce. »

Nell'età imperiale, venendo meno la distinzione tra popolo e plebe, venne meno anche la differenza tra plebiscito e legge. I due termini furono sempre più utilizzati promiscuamente, al punto che la maggior parte dei provvedimenti legislativi del periodo, sebbene indicati dai giuristi romani come leggi, erano in realtà plebisciti.

Fu chiamato Plebiscito presso i romani ogni norma votata dalla plebe su proposta dei tribuni. In origine ebbe vigore di Legge solo per la plebe, in seguito ad alcune norme, tra le quali anche quella sull’inviolabilità dei magistrati, furono accettate dagli organi della

Repubblica mediante giuramento (si dissero leges sacratae). Più tardi, ma non prima della legge Ortensia del 287 a.C., quando tutte

le pretese della plebe circa la parificazione col patriziato ebbero trionfato, si ottenne che le norme votate dalla plebe nella sua

particolare assemblea vincolassero tutto il popolo. Ne derivò quindi, una sorta di divisione del lavoro, dove , le proposte

di portata politica venivano presentate dai consoli all’assemblea centuriata15, quelle di carattere strettamente tecnico quelle riguardanti la Legislazione ed il diritto privato, erano lasciate all’iniziativa dei

tribuni, che si facevano assistere da esperti giuristi . La plebe era convocata di regola in quella piazza adiacente al Foro, che

aveva appunto il nome di comitium; e votava a tributim, nel senso che ogni tribù contava per un voto, qualunque fosse il numero dei cittadini iscrittivi e dei votanti e qualunque fosse la proporzione dei voti individuali favorevoli o contrari alla proposta.

l'equiparazione dei cosiddetti Plebiscita (le decisioni dei concilia plebis tributa), alle leges rogatae, le quali erano le deliberazioni dei comitia centuriata.

15Assemblea composta da tutti i cittadini romani, patrizi o plebei nelle quali

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Da ciò, la tendenza costante ad ammassare nelle 4 tribù urbane tutti gli elementi deteriori o infidi (libertini, proletari), riservando le 31 tribù rustiche ai soli piccoli proprietari.

Anche in epoca moderna il termine plebiscito ha conservato il significato di voto popolare ed è definito come una scelta popolare di tipo politico o elettorale.

Attualmente per Plebiscito s’intende ogni diretta manifestazione di volontà del popolo e più precisamente di quella parte di esso che gode dei diritti politici .

In senso più ristretto, è la manifestazione di volontà diretta alla creazione dell’ordinamento giuridico. Una volta che questo si è instaurato, la volontà popolare si manifesta con l’esercizio del diritto di voto nelle elezioni o nel referendum, quando questo è ammesso nei limiti consentiti.

La nozione di Plebiscito, fu ripresa con l’affermarsi delle idee contrattualistiche del sec. 18° e di quelle della Sovranità Popolare. Nella pratica il plebiscito è stato usato storicamente più volte, come quando nel 1802 la Francia proclamò con un plebiscito Napoleone Bonaparte console a vita, o la proclamazione ad imperatore nel 1852 di Napoleone III o i plebisciti per il Regno d'Italia e quelli elettorali fascisti, e anche in tempi recenti con il plebiscito cileno del 1988 per avere una legittimazione popolare a situazioni di fatto, con votazioni spesso dall'esito scontato.

1.8 Differenze tra Plebiscito e Referendum

E’ importante effettuare una distinzione tra il Plebiscito ed il Referendum.

Il Plebiscito a causa delle difficoltà riscontrate nella sua definizione , più volte è stato confuso con il Referendum.

Questa difficoltà di definizione non è imputabile agli storici, ma più che altro agli eventi della storia stessa.

Infatti, nella storia questi due istituti sono stati utilizzati molteplici volte indistintamente e questo ha comportato una confusione nella loro catalogazione.

Carlo Lavagnanel suo libro“ Istituzioni di diritto pubblico” sostiene che il Plebiscito è semplicemente una sottospecie del referendum in quanto entrambi vergono su delle consultazioni popolari in merito ad un determinato quesito.

Secondo l’autore il termine plebiscito viene utilizzato in più contesti :

 Per indicare consultazioni di carattere internazionale;

 Per indicare consultazioni per l’annessione od indipendenza di alcuni Stati;

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 Per indicare una manifestazione d’adesione popolare non meditata;

I plebisciti svoltisi nell’ultimo secolo e mezzo hanno riguardato fatti di elevata rilevanza come: l’annessione o incorporazione di altri Stati; le scissioni; le unioni.

Grazie a questo diffuso utilizzo è stato possibile attribuire una definizione precisa e giuridicamente definita al termine plebiscito, di duplice rilevanza sia nel diritto Internazionale che in quello del diritto interno degli Stati.

L’utilizzo di questo istituto di democrazia diretta trae la sua origine dallo sviluppo della concezione democratica avvenuta dal 18° secolo in poi. Queste consultazioni popolari hanno sostituito il principio derivante dal Medioevo di autodeterminazione e della concezione patrimonialistica della sovranità monarchica.

Plebiscito:

"è una convalida popolare a situazioni di fatto, con votazioni spesso dall'esito scontato, da cui il termine plebiscitario è entrato nell'uso comune per indicare un voto a larghissima maggioranza, la maggior parte delle volte ottenuto con mezzi non democratici, con violenze o brogli."

Referendum:

"è uno strumento di democrazia diretta che consente cioè agli elettori di fornire - senza intermediari - il proprio parere o la propria decisione su un tema specifico oggetto di discussione."

Detto questo capiamo che, il referendum viene concepito come diritto del corpo elettorale a pronunciarsi su un testo normativo e la sua connessione a una determinazione di tale natura lo distingue dal plebiscito , che invece , riguarda la pronuncia popolare implicante una scelta politica.

Apparentemente sembrano la stessa cosa perché trattasi entrambi di

"consultazioni della popolazione" ma in realtà:

 il Plebiscito è richiesto dalle persone al potere, dopo aver fatto una vasta propaganda informando il popolo e portandolo a fare delle scelte.

 il Referendum è una richiesta fatta da una parte della popolazione alla popolazione restante perché quest'ultima si

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potere(abrogativo, confermativo o di revisione) o sulle proposte di delibera di una parte della popolazione (di iniziativa)

Teoricamente in una democrazia propriamente detta, dove la sovranità appartiene al popolo, il Referendum dovrebbe essere soltanto indetto dai cittadini, e non dai rappresentanti eletti, altrimenti potrebbe sembrare un Plebiscito.

Nelle varie dottrine moderne la terminologia ed i criteri di differenziazione non sono ancora univoci. Infatti, secondo alcune di esse tali differenze sono:

Il plebiscito sarebbe l'istituto con cui il popolo è chiamato ad approvare o a disapprovare un fatto o avvenimento che riguarda direttamente la struttura dello Stato o del suo Governo, mentre il referendum consisterebbe nell'approvazione o disapprovazione di un atto normativo, sia esso una carta Costituzionale, sia una Legge Ordinaria o comunque un atto giuridico; il referendum sarebbe espressione di Governo diretto ed il plebiscito attribuzione dell'esercizio della sovranità, per delega ad una data persona; o anche il plebiscito sarebbe un atto complesso ed il referendum un atto semplice, nel senso che nel primo, il popolo delibererebbe su una proposta e nel secondo, sulla decisione di un dato organo dello Stato;

il plebiscito sarebbe una manifestazione incondizionata di volontà, mentre il secondo potrebbe essere accompagnato da condizioni o modalità, che ne precisino o limitino la portata in un rapporto di coordinazione o di subordinazione con altre pronunce.

L'unico tipo di referendum che si può considerare simile al Plebiscito è quello di tipo "consultivo" dove appunto chi è al potere o fa parte della rappresentanza eletta chiede il parere della popolazione.

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1.9 Comparazione con altre realtà mondiali

ITALIA

L’approccio adottato nella Costituzione Italiana, prevede che il Referendum sia riservato solo all’abrogazione di Leggi Ordinarie . L’unica eccezione riguarda le modifica alla Costituzione; in questo caso può essere indetto un Referendum Costituzionale (Art. 138 Cost.), di natura confermativa.

In entrambi i casi, il Referendum sembra orientato a proteggere l’ordinamento dello Stato più che a stimolare l’Innovazione Legislativa.

Le richieste di Referendum sono sottoposte a un duplice controllo:

1. Un primo controllo di tipo meramente tecnico, effettuato dall’Ufficio centrale per il Referendum ( organo istituito dalla legge n. 352 / 1970).

2. Segue poi un controllo di giudizio circa l’ammissibilità delle richieste, quest’ultimo viene svolto dalla Corte Costituzionale (come disposto dalla Legge Cost. n. 1 / 1953 ).

La Costituzione Italiana prevede 4 tipologie di Referendum:

 Referendum Abrogativo di Leggi ed Atti aventi forza di Legge (Art. 75);

 Referendum Costituzionale, per Leggi Costituzionali e di revisione costituzionale ( Art. 138);

 Referendum per la fusione di regioni esistenti o la creazione di nuove (Art. 132, c.1 );

 Referendum per il passaggio da una regione a un’altra di Province e Comuni (Art. 132 c.2).

Inoltre, è previsto, dall’Art. 123 c. 1, che gli statuti regionali regolino l’esercizio del Referendum sulle leggi e provvedimenti amministrativi della regione.

Nel 1989 una Legge Costituzionale ha consentito che, in occasione delle elezioni del Parlamento Europeo, si votasse anche per un Referendum Consultivo sul rafforzamento politico dell’Istituzioni Comunitarie.

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SVIZZERA

A livello federale, il Referendum è previsto dalla Costituzione del 1848, rivista poi interamente nel 1999. Il Referendum è facoltativo per ogni progetto di Legge o Decreto adottato dall’Assemblea Federale ( Parlamento ) ; in tal caso se vengono raccolte le firme di 50.000 cittadini che domandano la Costituzione , la questione viene sottoposta al voto popolare. Il Referendum è invece obbligatorio in caso di

modifica Costituzionale o di adesione ad un organismo internazionale. Mentre, nel caso del Referendum Facoltativo è sufficiente la

“maggioranza di popolo”( metà più uno dei votanti ), per le modifiche Costituzionali (Referendum Obbligatorio senza la raccolta delle firme)

in Svizzera viene richiesta una doppia maggioranza:

MAGGIORANZA DI POPOLO E MAGGIORANZA DI CANTONI. Per Cantone s’intende lo Stato che compone la “Confederazione Elvetica” cioè lo Stato Federale Svizzero; ogni cantone ha una sua Costituzione, un suo Parlamento, il suo Governo e i suoi Organi Costituzionali. Non è quindi sufficiente la maggioranza dei voti espressi, ma si valuta anche il risultato della votazione a livello cantonale; per l’accettazione del Referendum è necessario che lo stesso ottenga sia la metà più uno dei voti a livello federale , sia riscontro positivo di 14 cantoni (il totale è di 26).

Dal 1891, inoltre, la Costituzione prevede, come strumento di Democrazia Diretta il DIRITTO D’INIZIATIVA POPOLARE. Questo Diritto permette di sottoporre a voto popolare una modifica di Legge Costituzionale se almeno 100.000 cittadini la richiedono; anche in questo caso viene richiesta la doppia maggioranza ( popolo e cantoni) . In media ogni anno si tengono una decina di Referendum. Dal 1875 ad oggi il popolo svizzero ha votato 537 volte accettando 257

Referendum e rifiutandone 280. Forme di Democrazia semidiretta esistono anche all’interno di ogni

Cantone, con procedure simili, ma con un diverso numero di firme necessarie. Alcuni Cantoni e comuni prevedono un Referendum obbligatorio per l’introduzione di spese non previste nel bilancio preventivo e superiori ad un dato ammontare. In tal caso non è

richiesta la raccolta delle firme. Nel Canton Ginevra, per esempio, anche alcuni Articoli del bilancio

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SAN MARINO

A San Marino, le norme all’esercizio del Diritto dei Referendum, sono contenute nella Legge Qualificata n. 1 del 29 maggio 2013 “Del

referendum e dell’iniziativa popolare”. L’art. 2 della legge 1/2013 prevede 3 tipologie di Referendum:

 Abrogativo, che può portare all’abrogazione, parziale o totale di una legge o di una qualsiasi norma sanmarinese;

 Confermativo, tramite cui i cittadini possono ratificare o meno una legge approvata dal consiglio Grande e Generale (Parlamento monocamerale della Repubblica di San Marino, composto da 60 consiglieri eletti a Suffragio Universale con mandato quinquennale);

 Propositivo, che può proporre criteri o indirizzi esecutivi per la stesura di una legge da parte dell’organo competente

Non possono essere proposti Referendum Abrogativi con oggetto: la soppressione di organi, di organismi e poteri fondamentali dello Stato o l’abrogazione delle leggi o di atti aventi forza di Legge in materia di tasse, imposte e tributi, di bilancio, di amnistia e indulto, nonché di

ratifica delle convenzioni e dei trattati internazionali. Non sono ammessi Referendum Propositivi per materie già vietate

dall’abrogativo, purché non abbiano a oggetto l’introduzione di limitazioni dell’esercizio del diritto al voto, del diritto al lavoro e della libera circolazione e stabilimento delle persone ed in generale

violazione o limitazione dei Diritti dell’Uomo. Nel solo caso in cui i Referendum Confermativo sia d’iniziativa

popolare, è ammesso unicamente per le Leggi riguardanti organi, organismi ed poteri dello Statali previsti dalla Dichiarazione dei Diritti.

Ciascun Referendum può essere proposto tramite richiesta scritta di almeno 60 membri del corpo elettorale o da 5 Giunte di Castello (organi che reggono i Castelli di San Marino, aventi funzioni analoghe alle giunte e ai consigli comunali italiani).

Il Referendum Confermativo può essere proposto anche dal Consiglio Grande Generale tramite l’inserimento di un apposito articolo. In questo caso, la successiva approvazione della richiesta da parte del Collegio Garante della costituzionalità delle norme non è obbligatoria.

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La fase successiva consiste nel “Giudizio d ‘ Ammissibilità” , quest’ultimo viene emesso dal Collegio Garante dopo aver sentito i pareri e motivazioni sia del Comitato promotore che di quello contrario. In seguito, se il Referendum è d’iniziativa popolare, il comitato promotore ha 90 giorni di tempo per raccogliere le firme dell’1.5 % del corpo elettorale e per depositarle presso il Collegio Garante il quale ne deve valutare la regolarità. Se l’esito è positivo, la Reggenza con un Decreto Reggenziale16 definisce la data delle votazioni, da stabilire in una domenica compresa tra il 60° e il 90°

giorno successivo al via libera dell’organo di garanzia. La campagna referendaria si apre il 15° giorno precedente alla

votazione; hanno diritto a parteciparvi: il comitato promotore, il comitato contrario e tutte le forze politiche che hanno preso parte alle elezioni precedenti. Il voto si esprime scegliendo tra il SI e il No

secondo l’esito desiderato. Il quorum dal 1997 al 2014 era del 32% di affluenza, dal 2014 per

convalidare il Referendum sanmarinese deve essere almeno del 25% di affluenza.

In caso di approvazione del Referendum, l’esito varia a seconda della tipologia di votazione effettuata. A seguito del Referendum Abrogativo, la Reggenza, con Decreto, abroga la norma corrispondente che non può essere più riproposta in consiglio Grande e Generale, per almeno tre anni.

Dopo il Referendum Propositivo, invece, il Congresso di Stato deve redigere entro sei mesi un progetto di Legge redatto in articoli. Tale disegno di Legge viene poi depositato all’Ufficio Presidenziale del Consiglio Grande e Generale, sempre a seguito della preventiva deliberazione dell’organo di garanzia., che verifica la corrispondenza del progetto di Legge alle direttive impartite dall’esito della votazione. A seguito del Referendum Confermativo con esito favorevole, la Reggenza promulga la Legge.

16 Reggenza: è il Potere Sovrano esercitato da una personalità detta reggente , che

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FRANCIA

Il Referendum è il principale strumento di Democrazia Diretta previsto dalla Costituzione Francese del 1958. La titolarità del potere nell’indire un Referendum è riconosciuto dall’Art. 11 al presidente della Repubblica ; il ricorso al suddetto istituto da parte del Capo dello Stato è subordinato ad una preventiva proposta del Governo o delle

due Assemblee Parlamentari ( congiuntamente tra loro). L’Art .11 circoscrive inoltre le materie relativamente alle quali può

essere indetto il Referendum: è possibile sottoscrivere a Referendum “ ogni progetto di Legge concernente l’organizzazione dei pubblici poteri comportante l’approvazione di un accordo della comunità o tendente ad autorizzare la ratifica di un trattato che, senza essere

contrario alla Costituzione, potrebbe avere incidenza sul

funzionamento delle istituzioni” .

Se il Referendum è favorevole all’adozione del progetto , il Presidente

della Repubblica promulga la Legge entro 10 giorni. Al Consiglio Costituzionale viene attribuito il compito di sorvegliare la

regolarità delle operazioni del Referendum.

I nove principali Referendum svoltosi in Francia sono :

 Referendum sull’Auto-Determinazione dell’Algeria, svoltosi l’ 8 Gennaio del 1961, dove esce vincitore il si con il 74,99% delle preferenze;

 Referendum sull’allargamento della Comunità Economica

Europea ( CEE ) , svoltosi il 23 Aprile del 1972 con la vittoria del si;

 Referendum sulla riforma del senato e la regionalizzazione, svolto il 27 Aprile del 1969 , la vittoria del no, portò alle dimissioni dopo due giorni del Presidente De Gaulle;

 Referendum sugli accordi di Evian per porre fine alla guerra in Algeria, svoltosi l’8 Aprile del 1962 con la vittoria del si;  Referendum sul Trattato di Maastricht, svolto il 20 Settembre

del 1992, con la vittoria del si;

 Referendum sull’Auto-Determinazione in Nuova Caledonia , svoltosi il 6 Novembre del 1988 con la vittoria del si;

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 Referendum sul quinquennato Presidenziale per ridurre da sette a cinque anni il mandato Presidenziale, svoltosi il 24 Settembre 2000 , con la vittoria del si;

 Referendum sulla 5° Repubblica , svolto il 28 Settembre del 1958 . Proposto sotto la presidenza René Coty e del Governo diretto da De Gaulle. Tale Referendum chiese ai francesi l’ approvazione del progetto di Costituzione realizzato dal Parlamento e dal Comité Consultatif Constitutinnel. La vittoria del si portò all’approvazione della Costituzione, promulgata il 4 Ottobre del 1958 e della proclamazione della 5° Repubblica il giorno successivo;

 Referendum sull’elezione a suffragio universale del Presidente della Repubblica Francese , svoltosi il 28 Ottobre del 1962 , per una modifica costituzionale sull’elezione del Capo dello Stato. Il Referendum venne approvato con una larga maggioranza17.

STATI UNITI

A seguito del periodo storico detto del "progressivismo", durato alcuni decenni tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, e consistente in un movimento democratico finalizzato ad ottenere riforme atte a contrastare la corruzione e la degenerazione dei partiti politici, in molti stati degli USA vennero introdotti strumenti di democrazia diretta. Tra questi stati figura la California, il più popoloso stato USA, dove strumenti di democrazia diretta vennero introdotti nel 1911.

Questi sono in particolare: il referendum abrogativo e le leggi di iniziativa popolare a voto popolare. Le forme di democrazia diretta presenti negli stati americani sono diverse, stato per stato, e sono diverse da quelle esistenti in paesi dove la democrazia diretta è radicata (come la Svizzera). Una sintesi delle differenze è presente nel testo di Bruno Kaufmann "Guida alla democrazia diretta" dove si dice che: "Le iniziative popolari in California aggirano il Parlamento completamente, mentre in Svizzera, una volta depositate le sottoscrizioni necessarie, inizia un processo di consultazioni e negoziazioni molto diverso e

17 Com’è possibile notare , gran parte dei Referendum francesi vennero richiesti

durante il Governo De Gaulle. Nessuno di questi aveva natura abrogativa; infatti , i quesiti posti al popolo francese erano d’approvazione per Leggi e modifiche Costituzionali.

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ampio". Un'altra differenza, consiste nella maggiore presenza (negli stati USA) dello strumento della revoca (detto "recall"), presente solo in pochi cantoni svizzeri. Gli Stati USA dove gli strumenti di democrazia diretta sono più di venti. Per esempio i seguenti stati

ammettono la legge di iniziativa popolare a voto

popolare: Alaska, Arizona, Arkansas, California, Colorado, Idaho, Mai ne, Massachusetts, Michigan, Missouri, Montana,Nebraska, Nevada, N orth Dakota, Ohio, Oklahoma.

AMERICA DEL SUD

Strumenti di democrazia diretta sono presenti in diversi stati dell'America del sud. La "Guida alla democrazia diretta"[3] ci riferisce che il referendum abrogativo e l'iniziativa popolare a voto popolare

sono presenti in: Bolivia, Colombia, Perù, Uruguay e Venezuela.

Il Costarica prevede il referendum abrogativo, e l'iniziativa popolare a

voto parlamentare (situazione simile all'Italia), mentre

l' Equador prevede l'iniziativa popolare a voto popolare, ma non il referendum.

ALTRI STATI EUROPEI

Strumenti di democrazia diretta sono presenti in diversi stati europei soprattutto quelli dell'est, che hanno introdotto di recente forme di democrazia. La "Guida alla democrazia diretta"[3] ci riferisce che il referendum abrogativo e l'iniziativa popolare a voto popolare oltre

che nel Lichtenstein ed in Svizzera, sono presenti

in Lituania, Slovacchia ed in Ungheria.

L'Italia presenta diverse forme di democrazia diretta (già citate precedentemente), sebbene non contempli la legge di iniziativa popolare a voto popolare e sebbene la "Guida" metta in evidenza il fatto che il referendum abrogativo esiga un "quorum" (la cosa è presentata come una anomalia).

Un caso particolare, in Europa, è la Germania: a livello federale non sono di fatto presenti strumenti di democrazia diretta, mentre lo sono in tutte le regioni (Länder) ed a livello comunale. La diffusione della

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