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L’ITALIA PRE-REPUBBLICANA

2.2 Il referendum amministrativo

Abbiamo precedentemente accennato al Parlamento Comune Medioevale, ovvero un’assemblea che riuniva tutti i cittadini del comune che godevano dei diritti politici. Questo importante istituto riuscì, grazie alla legislazione austriaca, nel Lombardo Veneto, a sopravvivere fino all’unità d’Italia.

Secondo l’ordinamento teresiano (1755), i comuni con meno di 3000 abitanti erano retti dalla “convocatio degli estimati” ossia un’assemblea dei possidenti censiti29.

Nel 1859, però, anche queste ultime realtà sopravvissute, seppure con lunghe polemiche, scomparvero. In questo contesto tra gli autori che scrissero su tale argomento troviamo:

 Giovanni Battista Ruggieri; Il Decentramento 187230; nel quale

l’autore non appoggiava il referendum ma era favorevole ad una forma di democrazia diretta basata sull’assemblea popolare per la deliberazione su argomentazioni varie, previa necessaria discussione.

G. Ruggiero teorizzò un controllo diretto da parte dei cittadini sulle finanze per ovviare il problema del debito pubblico; tale proposta venne discussa ed utilizzata dalla Commissione Elettorale il

28 F.S. MERLINO, Pro e contro il socialismo, Milano, Rubettino, 1897.

29 Non si trattava di una assemblea né democratica né tantomeno politica che garantì

comunque un’autonomia mai più vista in Italia.

31/05/1880, la quale sfociò nella richiesta di un referendum di carattere finanziario, successivamente abbandonata.

 Giuseppe Marcora e Felice Cavallotti; sei anni dopo l’opera di G. Ruggiero ampliarono la sua proposta, la quale, ottenne una deliberazione ma nonostante ciò, la Commissione la respinse comunque.

 Antonio di Rudinì negli stessi anni dei precedenti politici il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, aveva in programma una serie di riforme amministrative, come ad esempio, il Referendum Finanziario dei Comuni nominando una Commissione con il compito di preparare un progetto di Referendum Facoltativo limitato però, alle tasse comunali. Progetto, che successivamente, verrà altamente e drasticamente modificato da parte del Consiglio di Stato.

Attilio Brunialti; “ La Legge” 188831; anche con questo

esponente della Politica Italiana di fine 800’ abbiamo dei pareri favorevoli al Referendum Amministrativo, insieme ai suoi contemporanei intendeva estendere il diritto di voto anche agli analfabeti.

Per giungere alla chiusura del dibattito sul Referendum

Amministrativo dovremmo aspettare l’ approvazione del Disegno di Legge di Giolitti , il quale con l’Art N° 13 prevedeva una forma di Referendum obbligatorio .

La prassi del referendum comunale è anteriore alla legge di Giolitti del 1903 ; infatti per esempio già dal 1889 a Milana fu organizzata una consultazione informale per capire come i cittadini la pensassero riguardo all’insegnamento cattolico nelle scuole. Altre consultazioni similari si svolsero tra il 1895 ed il 1896 nella nostra penisola.

Molte polemiche si realizzarono a Parma ed a Cremona dove, nel 1895 con dei referendum extralegali i rispettivi consiglieri comunali tentarono di inviare petizioni al Parlamento per richiedere una legge sul referendum amministrativo; tali petizioni vennero però annullate da parte del prefetto.

La situazione mutò drasticamente con il Governo Zanardelli – Giolitti dove il referendum extralegale divenne libero; anche se, una richiesta di un privato, richiese nuovamente il parere del Consiglio di Stato ( 30/10/1903 ) il quale ne confermo l’illegittimità.

L’età Giolittiana ( inizio del ‘900 ) viene considerata come una nuova fase nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini ;infatti ,

avendo ancora negli occhi il tentativo , poi fallito, della borghesia di comprimere con la forza le agitazioni popolari , Giolitti favorì l’incontro tra il Governo e la forza del lavoro e sviluppando quella che prenderà il nome di Amministrazione Differenziata.

Tale intervento che autorizzava i comuni alla gestione dei pubblici servizi sollecitò moltissimo l’intervento diretto delle popolazioni nei rapporti che prima d’allora erano totalmente gestiti dall’apparato amministrativo.

In tale ambito assunse un’importanza fondamentale la “ Legge 29 marzo 1903 n.103”32, soprattutto dal punto di vista storico.

L’Art .13 della medesima sancisce la possibilità d’ individuare il primo caso di utilizzo in Italia di un istituto molto vicino, se non coincidente, con il referendum . Nonostante ciò, in tale Articolo, il termine referendum non viene mai utilizzato, ma si va comunque a definire uno strumento simile a quello attuale.

L’Articolo 13 sancisce che :

“In seguito al parere favorevole della commissione la deliberazione del Consiglio Comunale è sottoposta al voto degli elettori del Comune convocati con manifesto della Giunta Municipale, da pubblicarsi 15 giorni prima della convocazione stessa.

L’elettore vota pel si o pel no sulla questione dell’assunzione diretta del servizio. Nel caso di risultato contrario alla deliberazione del Consiglio Comunale, la proposta di assunzione diretta del servizio non può essere ripresentata se non dopo tre anni salvo che un quarto almeno degli elettori iscritti ne faccia richiesta nelle forme prescritte dal regolamento; ma anche in questo caso non dovrà essere trascorso meno di un anno dall’avvenuta votazione”33.

Come tutti gli istituti di diritto, anche questo, trovò pareri favorevoli ma anche forti opposizioni.

Coloro che ne erano favorevoli lo consideravano come una forma di sovranità popolare che andava a tutelare maggiormente gli interessi dei cittadini.

Dall’altro fronte, come già detto precedentemente, troviamo una forte opposizione. Gli oppositori sostenevano infatti, che il referendum fosse

32 Legge 29 Marzo 1903 n.103 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del Regno il 3

aprile 1903 n.78.

33 Affinché la procedura di municipalizzazione possa aver seguito occorre che il

parere della commissione reale sia favorevole, altrimenti la proposta del Consiglio Comunale deve ritenersi decaduta. Ottenuto tale parere favorevole, la proposta è al voto degli elettori radunati nei comizi, ossia al referendum popolare.

un regresso e che tale istituzione fosse un qualcosa di pericoloso sia per le varie città che per la stessa Nazione.

Concepivano il referendum come un’espressione delle aspirazioni della maggioranza cittadina e che tale maggioranza andasse a falsare il concetto dell’amministrazione di una società.

Gli oppositori inoltre sostenevano che :

“ se l’individuo ha l’ius utendi et abutendi del proprio, essendo egli il solo a trarne profitto o danno, questo diritto non compete ad una associazione che ha fini determinati da conseguire nell’interesse di tutti, onde gli atti dell’amministrazione non possono avere per scopo gli obiettivi della maggioranza, ma la maggior utilità di tutti.”

L’art.13 in esame stabilisce che, quando il Consiglio Comunale delibera sul progetto di assunzione diretta di un servizio, e questo abbia avuto il parere favorevole della Commissione Reale, tale assunzione diventa obbligatoria dopo essere stata approvata dal voto degli elettori, grazie ad un referendum popolare.

Secondo la legge, la convocazione degli elettori deve essere fatta dalla Giunta Comunale con manifesto da pubblicarsi 15 giorni prima del comizio; possono partecipare solo gli elettori regolarmente iscritti nelle liste elettorali del Comune; l’elettore deve votare per il si o per il no sulla questione dell’assunzione diretta del servizio.

Il regolamento poi, all’art. 91 n. 112, stabilisce le norme per la votazione, seguendo il procedimento che la legge comunale e provinciale stabilisce per l’elezione dei consiglieri comunali e provinciali. La proposta è approvata se il numero delle schede contenenti il si raggiunge la metà più uno dei votanti; in caso di parità si intende respinta (art.109).

Quando il voto degli elettori è contrario all’assunzione del pubblico servizio, questo non può effettuarsi, e la proposta non può essere ripresentata se non dopo 3 anni, salvo che un quarto almeno degli elettori iscritti ne faccia richiesta, decorso un anno dalla data della precedente votazione, al corpo elettorale. La relativa richiesta deve essere presentata al Sindaco con le firme autenticate foglio per foglio, il quale deve pure certificare che le firme siano state apposte dopo aver letto agli elettori il contenuto delle domande, che deve essere ripetuto in ciascun foglio. Il Sindaco presenta l’istanza alla giunta municipale, la quale, riconosciutane la legalità fissa la data della votazione per un giorno festivo, con deliberazione resa esecutoria dal prefetto, e

riferendone al Consiglio nella sua prima adunanza (art.94 e 112 R.). In questo caso si ripete ex novo la procedura per la municipalizzazione. Nel caso che il referendum risulti contrario il Comune deve procedere all’appalto del servizio nelle forme volute dalle leggi comunali e provinciali.

Va anche ricordato che già all’epoca alcuni studiosi, tra i quali il Faraggiana34, discutevano sulla necessità di un’informazione chiara e completa nei confronti dell’elettore e sull’utilizzo parsimonioso e non troppo frequente dell’istituto.

L’art.13 della legge 103/1903 sarà poi confermato in seguito nell’art.12 del T.U. approvato con R.D. 15 ottobre 1925 n.257895. L’art.12 in realtà riporta sostanzialmente le disposizioni del precedente art.13 ma va citato soprattutto per riferirsi all’ultimo comma nel quale viene usato espressamente il termine referendum.