• Non ci sono risultati.

Il referendum del 1999: un altro fallimento

I REFERENDUM ABROGATIVI NELLA STORIA

6.11 Il referendum del 1999: un altro fallimento

All’inizio del 1997 i referendum sono morti ed il tentativo del leader politico radicale Marco Pannella di mobilitare l’elettorato contro il Parlamento e dimostrare che solo con il voto dei cittadini è possibile fare le riforme è fallito.

Intanto la Bicamerale continua i suoi lavori, procedendo con il progetto di riforma costituzionale che è stato definito nel corso di nove mesi di lavoro, dal febbraio all’ottobre del 1997, un progetto sicuramente diverso da quello che era stato ideato all’inizio dei lavori, ma sottoponibile, finalmente, al giudizio ed al voto delle Camere.

I punti principali del progetto di riforma furono i seguenti:

Separazione delle funzioni dei magistrati attraverso uno sdoppiamento del CSM e nuove regole per la giurisdizione;

Federalismo e principio di sussidiarietà;

Elezione diretta del Presidente della Repubblica (con funzioni di garanzia);

Intesa di massima sulla legge elettorale.

Si trattava del famoso “Patto della crostata”280 siglato il 18 giugno

1997 in casa di Gianni Letta.

Nel momento in cui il patto viene proposto alle aule parlamentari, nulla sembra posso farlo saltare; tutte le difficoltà degli anni precedenti (1996) erano state superate con il risultato del 21 aprile 1996281 che

aveva assegnato la vittoria al centrosinistra e dato vita al governo Prodi282.

La situazione però, come sempre in politica, cambia radicalmente nel 1998, quando in aula, alla Camera, cominciano le votazioni. Berlusconi si tira indietro283. Si realizza quindi la drammatica seduta dove vanno all’aria i lavori della terza Bicamerale.

In questo quadro molto caotico si riapre, dunque, la possibilità referendaria che mai si era spente definitivamente.

280 Patto siglato alla presenza di Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Massimo

D’Alema e Franco Marini. Il patto prevedeva un mix di sistema maggioritario a un turno, sistema proporzionale in circoscrizioni plurinominali con voto di lista, doppio turno legato ad un premio di maggioranza.

281 Difficoltà legate al tentativo di Antonio Maccanico di dar vita ad un governo

costituente.

282 Anche la crisi di governo dell’ottobre 1997 (causata da Rifondazione comunista)

rientrò velocemente.

A.CHIMENTI, Storia dei Referendum, Roma, Laterza, 1999, pag.179.

283 Le cause non furono mai chiare ma si pensa che Forza Italia decise di ritirarsi

La raccolta delle firme, infatti, era continuata e subì un’impennata quando alla solita squadra dei referendum elettorali284, si aggiunge un nuovo elemento: Antonio Di Pietro.

L’ex Pm di Mani Pulite285 è in Parlamento in qualità di senatore

dell’Ulivo ed ha costituito un suo movimento chiamato “Italia dei Valori”286; il suo contributo nella raccolta firme sarà molto rilevante.

In Cassazione le firme vengono depositate il 23 luglio 1998. Sei mesi dopo, il 19 gennaio 1999, anche la Corte costituzionale darà il suo “Si”, dopo una breve seduta in Camera di Consiglio287.

Dopo la caduta del suo governo, anche Prodi decide di cavalcare il referendum così come Walter Veltroni288 che ha sostituito D’Alema alla guida dei Democratici di Sinistra. Si crea quindi una situazione analoga a quella del 1993: sono presenti due fronti:

Il fronte anti-partiti, di cui Segni e Di Pietro sono gli arieti e a cui Prodi e Fini danno manforte;

L’altro fronte dove sono presenti il Presidente del Consiglio D’Alema Berlusconi.

D’Alema, dal canto suo, non può non dare appoggio al tentativo di trovare una soluzione ed evitare il referendum; questo tentativo, viene affidato a Giuliano Amato, tornato al Governo come ministro delle riforme istituzionali. Quest’ultimo mette a segno una proposta che prevede un doppio turno con il 90 per cento dei seggi assegnati con il maggioritario e un massimo di 23 seggi assegnati come “diritto di tribuna”, tra i partiti che non riescono a raggiungere il quorum nei collegi289. Il 12 febbraio, sulla proposta di Amato, la maggioranza di centrosinistra in un vertice a Palazzo Chigi raggiunge l’accordo. Si

284 Costituita da Segni, Barbera, Calderisi, Occhetto, ect.)

285 L'espressione Mani pulite indica una serie di inchieste giudiziarie degli anni

novanta del XX secolo in Italia, caratterizzata da una serie di indagini giudiziarie condotte a livello nazionale nei confronti di esponenti della politica, dell'economia e delle istituzioni italiane. Le indagini portarono alla luce un sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti ai livelli più alti del mondo politico e finanziario italiano.

286 L'Italia dei Valori (abbr. IdV), precedentemente conosciuto come Italia dei Valori

- Lista Di Pietro, è un partito politico italiano fondato a Sansepolcro il 21 marzo 1998 da Antonio Di Pietro. Durante l'esecutivo nazionale del 3 ottobre 2014 a Sansepolcro la linea di Di Pietro venne bocciata e fu votata al 95% quella del Segretario Nazionale Ignazio Messina, Di Pietro prende atto e abbandona il partito.

287 Sentenza n. 13 del 1999 (relatore Riccardo Chieppa).

288 Walter Veltroni; 1955; è un politico, giornalista, scrittore e regista italiano, ex

segretario nazionale del Partito Democratico e candidato premier della coalizione PD-Italia dei Valori per le elezioni politiche del 2008. Eletto sindaco di Roma una prima volta nel 2001 è stato poi riconfermato nel 2006 con il 61,8% dei voti, dimettendosi da tale carica il 13 febbraio 2008 per candidarsi alle elezioni politiche dell'aprile successivo.

apre la trattativa con il Polo, con Berlusconi più disponibile e Fini più scettico. Anche stavolta, sia l’accordo che la trattativa durano poco, nessuno se la sente di apparire come avversario del voto popolare. Quindi, si andrà al voto, anche se sulla data, c’è ancora qualche perplessità. Si decide per il 18 aprile.

Con la vittoria del “Si”, che sembrava palese e scontata, la legge Mattarella per l’elezione della Camera verrebbe privata della parte che riguarda il 25% di attribuzione proporzionale dei seggi. In pratica le liste di partito scomparirebbero e i seggi sarebbero assegnati ai non eletti nei collegi uninominali che, nell’ambito di ciascuna circoscrizione, avranno ottenuto le più alte percentuali, quale che sia il partito di appartenenza.

Come detto la vittoria del “Si” sembrava assai scontata e così fu, con una percentuale altissima del 91.5% contro l’8.5% dei “No”; il problema fu che il quorum richiesto dall’art.75 della Costituzione, per la validità della consultazione referendaria, non venne raggiunto. L’affluenza si fermò al 49.6%, una beffa clamorosa visto che mancò soltanto lo 0.4% degli elettori (percentuale irrisoria)290.