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I referendum televisivi del

I REFERENDUM ABROGATIVI NELLA STORIA

6.9 I referendum televisivi del

Sono passate appena due settimane dalle elezioni politiche del 27 marzo 1994 ed una nuova ondata di referendum è pronta ad essere attuata come rivincita degli sconfitti nei confronti del vincitore Silvio Berlusconi.

I nuovi quesiti infatti riguardano le televisioni private e alcuni articoli della legge Mammì267. A promuovere i quesiti referendari è un fronte

composito appartenente ai partiti battuti alle elezioni e alla corrente più radicale del sindacato dei giornalisti (Gruppo di Fiesole)268.

Per la verità l’idea di una consultazione referendaria sulla legge Mammì era nata già da ambienti di centrosinistra nel 1992; nel 1993 l’ipotesi era condivisa anche da Rifondazione Comunista269 e a metà

gennaio 1994 la macchina referendaria si mette in moto.

È del 14 aprile 1975 la legge n. 103, la prima dopo il Regio Codice Postale del 1936 che riordini la materia delle trasmissioni via etere limitatamente al servizio pubblico della Rai. Dopo una lunga serie di decreti e sentenze della Corte costituzionale che chiedevano un intervento del legislatore in un ambito, come quello televisivo, ormai patrimonio anche dei network privati, la legge Mammì n.223 del 6 agosto 1990 viene a legittimare il duopolio Tv Rai-Berlusconi che di fatto operava da quasi un decennio. La volontà del fronte anti berlusconiano era quella di limitare la posizione dominante assunta dal leader di centrodestra:

Con un primo quesito, in caso di vittoria del “Si”, nessun privato potrebbe possedere più di una rete televisiva;

Con il secondo, sempre in caso di vittoria del “Si”, una concessionaria di pubblicità potrebbe offrire al cliente inserzioni solo per un massimo di due reti Tv e non tre.

Con il terzo, l’affermazione del “Si”, porterebbe un drastico abbassamento dell’affollamento pubblicitario: gli spot potrebbero essere trasmessi solo negli intervalli tra un tempo e l’altro dei film.

267 Legge che regola dal 1990 il sistema radiotelevisivo pubblico e privato.

A.CHIMENTI, Storia dei Referendum, Roma, Laterza, 1999, pag.149.

268 È uno schieramento molto vasto che incorpora esponenti cattolici di centrosinistra

(Rosy Bindi), l’ex leader dell’USIGRAI (Giuseppe Giulietti), alcuni membri dei Verdi ed anche Leoluca Orlando.

269 Il Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea (PRC-SE), anche noto

semplicemente come Rifondazione Comunista, è un partito politico italiano di sinistra radicale nato a Roma il 12 dicembre 1991.

Per quanto riguarda gli altri referendum:

Il primo riguarda tre quesiti sulle rappresentanza sindacali, due sull’articolo 19 della legge 5 maggio 1970 n.300 e lo Statuto dei Lavoratori, e un terzo sulle rappresentanze sindacali nel pubblico impiego (art.47 del decreto legislativo n.29 del 1993). L’obiettivo dei promotori è quello di rompere il “monopolio” della rappresentanza di CGIL,CISL E UIL.

Siamo dunque su un terreno che già nel 1985 aveva visto uno scontro referendario sulla scala mobile e il braccio di ferro tra PCI-PSI. Cambiano i protagonisti (PDS-Rifondazione Comunista) ma non la sostanza. La formulazione del quesito non è facile: per Rifondazione e i Cobas occorrerebbe una abrogazione totale dell’art.19; per PDS e CGIL basterebbe un abrogazione parziale.

La raccolta firme si avvia il 2 aprile e si conclude il 30 giugno 1993; le firme raccolte sono rispettivamente 770.000 sul quesito massimale, 670.000 su quello minimale e 740.000 sulla richiesta di abrogazione dell’art.47 della legge sul pubblico impiego. Alla fine i quesiti saranno sei (ai tre sulla rappresentanza sindacale, se ne aggiungono altri tre su provvedimenti del governo Amato). Dunque ciò che emerge è che questo gruppo di referendum si assegna tre distinti scopi: lotta politica interna ai sindacati; competizione tra partiti della sinistra; lotta politica di uno schieramento che va dalla sinistra PDS alla rete e ai Verdi contro il governo Amato.

Al secondo pacchetto di referendum si arriva grazie ad un’inaspettata alleanza tra Radicali e Lega. Pannella mette a punto una serie di quesiti che riguardano le nuove leggi elettorali prevalentemente maggioritarie per Camera, Senato e comuni con più di 15.000 abitanti270. A questi tre quesiti se ne aggiungono altri che puntano all’abolizione/modifica di:

 Del sostituto di imposta per i lavoratori dipendenti;

 Della possibilità di trattenere direttamente sul salario le quote associative del sindacato;

 Della Cassa Integrazione;

 Della disciplina in tema di commercio;

 Della legge di disciplina degli orari dei negozi;  Dell’obbligo di aderire al sistema sanitario nazionale.

La lega da parte sua ha proposto due quesiti sulla Rai e altri tre su soggiorno obbligatori.

Ecco che a novembre 1993 Club Pannella e leghisti convergono su di un unico pacchetto composto da tredici richieste di cui otto radicali, tre leghiste e due comuni. La somma del pacchetto televisivo con quello sindacale creerà ben ventidue richieste referendarie; la Corte costituzionale con due distinte pronunzie271 ne ammetterà soltanto dodici, sulle quali si voterà l’11 giugno 1995.

Analizzando questa tornata referendaria ci accorgiamo che sicuramente è stata la consultazione con il più alto numero di quesiti e, in questa situazione i risultati non furono sicuramente univoci; il quorum per la validità del referendum fu ottenuto in tutti i quesiti, con un’affluenza tra il 57.2% e il 58.1% degli aventi diritto (percentuale più bassa mai registrata dopo il fallimento referendario del 1990)272. I risultati furono, come anticipato, misti: sui dodici quesiti complessivi, i “No” furono 7 mentre i “Si” 5273.

271 Gennaio 1994 e Gennaio 1995. Va sottolineato un aspetto di assoluta novità che

ha contraddistinto questa tornata referendaria dalle precedenti: per la prima volta, la Corte ha riconosciuto espressamente, dichiarandolo nella motivazione della sentenza n.1 del 1995 (punto 3), il carattere propositivo di un referendum che, attraverso operazioni di ritaglio del testo legislativo, introduce una nuova normativa non prevista originariamente nel corpus della legge. E, per la prima volta, afferma, in modo manifesto che la finalità propositiva “non può essere raggiunta con la pura e semplice ablazione dell’ordinamento di una disposizione” normativa.

272 Dove il quorum non fu raggiunto. 273 Vedi tabella 12 in Appendice.

6.10 1997: un altro fallimento per Pannella

Non considerando il 1990, l’elettorato italiano aveva sempre risposto in maniera positiva ai referendum, partecipando alla raccolta firme e alla chiamata alle urne; il referendum, inoltre, era stato individuato come uno strumento anti-sistema ed anti-partiti.

Un primo campanello d’allarme274 però, era già suonato nel 1995 con i

dodici referendum che avevano registrato un misero 58% di affluenza alle urne. Si era capito subito che in assenza di un argomento forte, mobilitante per l’elettorato, i referendum, rischiavano di fare i conti con una crisi di partecipazione popolare. Questa convinzione, diventa realtà solo due anni dopo quando, falliscono i sette referendum del 15 giugno 1997.

Ripartendo da una breve ricostruzione storico-politica, si osserva che il tentativo di rivincita degli sconfitti del 1994 si concluse con la nuova vittoria di Berlusconi; il governo tecnico di Lamberto Dini, dopo le elezioni del 1996, ha ceduto il passo a quello di Romano Prodi, leader della coalizione dell’Ulivo275 e di un centrosinistra che ha conseguito

una vittoria assai risicata alle urne, e per avere la maggioranza in Parlamento deve avvalersi dell’appoggio discontinuo di Rifondazione Comunista. È dunque, una situazione politica difficile, i partiti della Seconda Repubblica faticano a far presa sull’elettorato: i due più grandi (PDS e Forza Italia) oscillano sul 20%.

Nasce in questa “confusione” la volontà da parte del nuovo governo di riprendere il lavoro della Bicamerale per tentare nuovamente di riformare la Costituzione.

Ma anche questa volta, Pannella, è deciso a presentare altre richieste referendarie. Dei trenta referendum che dovevano essere votati nel 1997, dodici erano promossi dai Consigli regionali (decisi ad affermare la loro autonomia rispetto allo Stato centrale) e diciotto da Pannella276.

274 Oltre al già citato fallimento su caccia e pesticidi del 1990.

275 L'Ulivo è stato il nome di un'esperienza politica di centro-sinistra della

Repubblica Italiana presente ininterrottamente, pur sotto forme diverse, tra il 1995 e il 2007, nella XIII, XIV e XV Legislatura. Sulla "radice" dell'Ulivo è sorto il 14 ottobre 2007 il Partito Democratico, che ha deciso di conservare nel proprio simbolo il ramoscello d'ulivo utilizzato già dal 1996.

276 Questi i trenta referendum:

Legge elettorale per la Camera; Legge elettorale per il Senato; Csm; Carriera dei magistrati; Responsabilità civile dei magistrati; Incarichi extragiudiziari dei magistrati; Stupefacenti; Golden Share; Smilitarizzazione della Guardia di Finanza; Obiezione di Coscienza; Caccia; Interruzione di gravidanza; Pubblicità alla Rai; Prelievo fiscale dei dipendenti; Ordine dei giornalisti; Sanità; Istruzione; Pubblico Registro automobilistico; questi i diciotto di Pannella.

Dipartimento Turismo e spettacolo; Ministero dell’Industria, commercio, e artigianato; Ministero della Sanità; Ministero delle risorse agricole; Controllo dello

Dei dodici referendum proposti dai Consigli Regionali solo uno, quello per l’abolizione del ministro delle Risorse agricole, conservava validità. Gli altri erano stati superati da una serie di decreti del governo.

Quanto a Pannella, dopo il 1995 in due distinte campagne non era riuscito a raccogliere il mezzo milione di firme necessarie, e si era lanciato in una terza campagna con venti richieste referendarie. Questa volta però, le firme verranno raccolte277.

Sarà la decisione della Corte costituzionale nel gennaio 1997 a ridimensionare le ambizioni dei promotori e a porre le basi per il fallimento delle consultazioni. Dei trenta proposti, soltanto undici riescono a passare: un “massacro”, secondo la definizione che campeggia sui giornali e che porta Pannella a definire i giudici della Consulta come una “banda di fuorilegge”278.

Quindi, ancora una volta (dopo il 1990) le consultazioni referendarie si conclusero con una grande “flop”, dove il quorum non fu raggiunto e nemmeno avvicinato, visto che l’affluenza si fermò al 30%.

A complicare ancora di più le cose arriva anche la decisione del governo di fissare il voto per il 15 giugno, in pratica l’ultimo giorno possibile tra quelli previsti della legge (15 aprile-15 giugno). L’indifferenza dei partiti e le resistenze corporative delle categorie direttamente colpite dalle richieste referendarie fanno il resto. E a nulla vale la disperata campagna di Pannella, che arriva a presentarsi travestito da fantasma in TV per cercare di scuotere l’elettorato dalla sua indifferenza279.

C’è da notare che la maggioranza dei “Si” è schiacciante (con punte anche dell’85.6%) ma inutile, vista la tagliola del quorum fissato dalla Costituzione.

Com’è inevitabile, si riapre la discussione sulla morte del referendum e sull’opportunità che l’uso di questo strumento di democrazia diretta sia collegato a temi di importanza tale da non svilire la chiamata alle urne dei cittadini. Ma le campane a morto non faranno in tempo a suonare; dietro le quinte, infatti, si prepara una nuova tornata referendaria e un nuovo protagonista, deciso a cimentarsi sul terreno del confronto diretto con gli elettori: Antonio Di Pietro.

Stato sulle Regioni; Segretari comunali; Indirizzo dello Stato su attività regionali; Rapporti internazionali; Regioni e direttive UE; Concorsi ed assunzioni; Controlli del CORECO; Direttive dello Stato su atti delegati; questi i dodici dei Consigli

Regionali.

277 Sarà per il ritorno di protagonismo dei partiti e per la forza della campagna

pannelliana, caratterizzata da un lungo sciopero della fame e della sete che rischiò di compromettere la salute del leader radicale.

278 Tra le proposte bocciate spiccano: l’aborto consentito solo in ospedali pubblici e

con il consenso del medico entro novanta giorni; la rappresentanza proporzionale nell’elezione del CSM; la responsabilità civile dei magistrati; le limitazioni all’uso di droghe leggere ed altri.